Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12981 Anno 2024
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata- avverso la sentenza n. 1036/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/08/2018 R.G.N. 90/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
R.G.N. 6815/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/03/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 12981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6815-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, in riforma della sentenza del tribunale di Monza ha accertato e dichiarato che tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, si era instaurato un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time dal 1/7/2011 al 13/11/2012, con inquadramento al livello terzo del CCNL commercio, ed ha pertanto condannato RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in solido fra loro, al pagamento in favore dell’appellante di € 9.246,49 per differenze retributive e TFR , oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi ai quali ha resistito NOME con controricorso. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si deduce, ex art. 360 c. 1 n. 3 e 5 cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione del d.lgs. 276/2003, artt. 69, 61, 62, nonché degli artt. 1362 c.c. e 1418 c.c. ed articolo 11 delle preleggi e art. 41 Cost., nonché vizio di motivazione per aver la Corte d’Appello di Milano riconvertito iuris et de iure i contratti a progetto, senza avvedersi che la sostanza non era stata accertata per omessa istruttoria e mancata motivazione sulla volontà contrattuale dei contraenti per il medesimo contratto a progetto. La sentenza aveva come errato presupposto per la verifica della legittimità del contratto a progetto l’accertamento della rispondenza del progetto di cui al contratto all’oggetto sociale della società. Nel caso di specie l’attività del RAGIONE_SOCIALE consisteva nell’operare e prestare consulenza su alcuni dei sistemi applicativi di volta in volta individuati nei contratti a progetto susseguitisi, un modus operandi rimesso alla volontà e capacità del collaboratore, tecnico specializzato. La Corte d’appello, pur dando atto della coincidenza dei progetti
assegnati al signor COGNOME con i contratti d’appalto stipulati dalla società con RAGIONE_SOCIALE, il che solo porterebbe ad escludere la mera riconducibilità con l’oggetto sociale della società, non avrebbe adeguatamente valutato tali circostanze di fatto, non dando ingresso peraltro alle istanze istruttorie formulate dalla società. Come è dato evincere dalla visura prodotta, il signor COGNOME si occupava unicamente di una parte dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, strettamente identificata e circostanziata nello specifico contratto d’appalto e nel progetto.
Il motivo è infondato. Esso concerne l’individuazione dell’elemento costitutivo della fattispecie legale ex art. 61 d.lgs. 276/2003, applicabile ratione temporis con le specificazioni successivamente introdotte dalla legge n. 92/2012 nell’art. 61, che si caratterizza proprio in virtù dell’esistenza di uno specifico progetto, con i requisiti e le caratteristiche dettati dalla legge: ipotesi la quale ricorre tanto quando non sia stata provata (mediante la produzione del contratto o l’espletamento delle prove ammissibili) la pattuizione di alcun progetto, tanto quando il progetto effettivamente pattuito non sia conforme alle caratteristiche legali, difettando gli elementi di specificità ed autonomia che sono ritenuti necessari.
Nel caso in esame la Corte d’appello ha basato la propria decisione sulla base dell’esame del testo scritto del progetto (non sussiste perciò alcun violazione di legge per non aver ammesso le prove testimoniali, in quanto il progetto è pure sottoposto dalla norma a requisiti di prova ad probationem ). La definizione legale del contratto a progetto è fornita dall’art. 61 D.Lgs. 276/2003 (abrogato dall’art.52 del d.lgs. 81 del 2015 di attuazione del c.d. Jobs Act) in base al quale per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, è necessario la riconducibilità dell’attività ‘a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa’.
La nozione di specifico progetto, quale deriva dall’esegesi normativa, pur unanimemente ritenuta di non facile lettura e comprensione sul piano sistematico, deve ritenersi consistere -tenuto altresì conto delle precisazioni introdotte nell’art. 61 cit. dalla legge 92/2012 -in una attività produttiva chiaramente descritta ed identificata e ‘funzionalmente ricollegato(a) ad un determinato risultato finale’ cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore.
Mentre non è richiesto che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale o originale o del tutto sconnessa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa. Con le specificazioni successivamente introdotte dalla legge 92/2012 nell’art. 61 è stato escluso che il progetto specifico (divenuta unica ipotesi qualificatoria) possa consistere ‘in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente’, o ‘comportare’ ‘lo svolgimento di compiti meramente esecutivi e ripetitivi’.
A fondamento della gravata sentenza, la Corte d’appello ha accertato che i contratti a progetto stipulati tra le parti -il cui testo ha richiamato in sentenza – non fossero conformi alle previsioni dell’art. 69 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Ciò la Corte ha affermato rilevando che l’obiettivo dei progetti era operare una consulenza nelle attività prestate in ambiente Windows e Linux per il cliente RAGIONE_SOCIALE.it come da offerta da questo accettata per la redazione di un progetto informatico da parte di RAGIONE_SOCIALE denominato RAGIONE_SOCIALE Administration. Secondo la Corte, NOME COGNOME era stato chiamato a svolgere un’attività ordinaria nell’ambito della gestione di progetti di sistemi informatici, il che corrispondeva
alle attività proprie dell’oggetto sociale di RAGIONE_SOCIALE, come da visura in atti. Non si ravvisava quindi nelle attività commissionate al lavoratore alcun progetto inteso nel senso di perseguimento di un obiettivo determinato, quanto piuttosto l’utilizzazione del NOME per ottemperare agli obblighi assunti nell’appalto con RAGIONE_SOCIALE.
Per la Corte quindi il progetto era generico e coincideva con l’oggetto sociale del committente già sul piano formale; e tanto basta per le reiezione delle censure con le quali si sostiene che la Corte d’appello avrebbe sbagliato a identificare il progetto con l’attività ordinaria di RAGIONE_SOCIALE, mentre semmai il progetto sarebbe stato equivalente e coincidente con il contratto d’appalto, cioè con l’attività richiesta dal cliente. Il che, tuttavia, non esclude che rientrando la gestione dei sistemi informatici o l’assistenza in materia informatica nell’oggetto sociale dell’attività, la Corte d’appello abbia comunque accertato che quella descritta nei progetti fosse la normale ed ordinaria attività d ell’impresa e che in carenza dei requisiti di specificità del progetto, come attività ben delimitata assegnata al collaboratore, non fossero comunque rispettati i requisiti della fattispecie legale previsti dalla normativa sopra richiamata.
2.Con il secondo motivo si denuncia l’omessa pronuncia nonché l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione: specifica contestazione in punto di mansioni ed inquadramento del sig. COGNOME di cui al punto T pag. 22 della memoria difensiva in ap pello e violazione dell’ art. 2697 c.c. ed art. 100 CCNL Commercio (secondo motivo di gravame nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c. 1 n. 4 cpc ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n°5 cod.proc.civ. e violazione di legge ex art. 360 n.3 cod. proc. civ.) perché il ricorso di primo grado e quello d’appello del signor COGNOME non specificava nessuna delle mansioni se non con un rimando ai contratti a progetto; solo
un’accurata e scrupolosa istruttoria avrebbe potuto determinare il corretto inquadramento ex CCNL applicato; mentre, mancando l’istruttoria, non si comprendeva come si potesse indicare la categoria, la qualifica ed il livello.
Con il presente motivo si censura il fatto che sulla scorta delle attività indicate nel progetto sia stato preso in considerazione solo il secondo e il terzo livello e non anche il quarto livello della disciplina contrattuale in materia di inquadramento dei lavoratori.
Per quanto riguarda il livello di inquadramento, spettante al lavoratore in base al CCNL, la Corte d’appello ha ritenuto di poter ricondurre l’attività svolta dell’appellante nella declaratoria più bassa del livello terzo, cui appartengono i lavoratori che svolgono mansioni di concetto che comportano adeguate conoscenze tecniche ed esperienze con condizione di autonomia operativa, piuttosto che nel livello secondo, contrassegnato da maggiore autonomia e soprattutto dalla creatività con cui vengono svolte le mansioni.
Il motivo di ricorso non ha perciò fondamento avendo la Corte di appello individuato le mansioni assegnate al lavoratore sulla base del progetto ed il livello di inquadramento spettante in base al CCNL da questi invocato, senza contestazione da parte delle appellate; ed ha infine riconosciuto l’inquadramento al terzo livello in considerazione delle mansioni assegnategli, indicate nei singoli contratti a progetto e delle declaratorie contrattuali; secondo il corretto accertamento trifasico che presiede al corretto inquadramento del lavoratore, da parte del giudie di merito.
3. Col terzo motivo si prospetta l’omessa pronuncia su specifiche eccezioni, puntuale contestazione in punto di conteggi allegati al ricorso del sig. COGNOME di cui al punto U pag. 22 della memoria difensiva in appello, nonché omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (terzo motivo di gravame nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360
c. 1 n. 4 cpc ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n°5 cod.proc.civ.).
Il motivo è inammissibile non essendo stato indicato alcun fatto sostanziale o processuale mancando altresì la trascrizione, la produzione e l’indicazione degli atti di RAGIONE_SOCIALE di cui genericamente si addebita l’omessa pronuncia e l’omesso esame alla Corte. Manca anche l’indicazione di fatti decisivi, tali non potendo essere gli atti di parte richiamati; e neppure una presunta contestazione.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 2729 c.c., nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere la Corte d’appello nemmeno motivato l’irrilevanza delle istanze istruttorie formulate da RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) in punto di mansioni e conteggi con richiesta specifica di CTU contabile (quarto motivo di gravame violazione di legge ex art. 360 n°3 cod.proc.civ. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 n°5 cod.proc.civ.).
Il motivo presenta profili di inammissibilità e profili di infondatezza. La Corte ha ritenuto fondati i fatti di causa sulla scorta dei documenti e delle generiche o carenti contestazioni delle appellate ed ha respinto in modo motivato la richiesta ctu ( ‘non risultano sollevate altre contestazioni il che rende inammissibile la richiesta di ctu contabile formulata da RAGIONE_SOCIALE‘). Così facendo il giudice di appello ha esercitato in modo corretto e conforme a legge i propri poteri discrezionali di selezione e valutazione del materiale probatorio che non possono essere sottoposti di per sé a sindacato in questa sede di legittimità, tanto meno sulla scorta delle generiche doglianze sollevate dalla ricorrente che non ha neppure trascritto le istanze di prova che sarebbero state dichiarate irrilevanti.
5.- In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91
c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 2.800,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio 13.3.2024