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Contratto a progetto: nullo senza un fine specifico

La Corte d’Appello conferma la conversione di una serie di contratti a progetto in un unico rapporto di lavoro subordinato. La decisione si fonda sulla genericità e sulla mancanza di un progetto specifico e autonomo, ritenendo che il lavoratore svolgesse in realtà mansioni ordinarie per l’ente. La sentenza chiarisce che la lunga durata e la continuità del rapporto sono indici di subordinazione, respingendo le eccezioni di decadenza e prescrizione sollevate dal datore di lavoro.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Contratto a Progetto Nullo: La Conversione in Lavoro Subordinato

La distinzione tra lavoro autonomo e subordinato è uno dei temi più dibattuti nel diritto del lavoro. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Firenze offre importanti chiarimenti sul contratto a progetto, una forma contrattuale ormai superata ma i cui strascichi continuano ad affollare le aule dei tribunali. Il caso analizzato riguarda la conversione di una serie di collaborazioni a progetto, protrattesi per quasi un decennio, in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Vediamo nel dettaglio i fatti e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa: Da Collaboratore a Dipendente

Un lavoratore ha prestato la sua attività per un ente dal 2008 al 2016, formalmente inquadrato con quattordici contratti a progetto successivi. Il suo ruolo era quello di coordinare l’attuazione di protocolli d’intesa con la Regione in materia di sanità e servizi per le zone montane. Sostenendo che la sua attività fosse in realtà un lavoro dipendente a tutti gli effetti, il lavoratore ha citato in giudizio l’ente chiedendo la riqualificazione del rapporto e il pagamento delle differenze retributive, del TFR e dei contributi.

Il Tribunale di primo grado ha accolto la sua domanda, dichiarando nulli i contratti per mancanza di un progetto specifico e condannando l’ente al pagamento del TFR e di alcune mensilità non corrisposte. L’ente ha quindi proposto appello, sostenendo la validità dei contratti e sollevando eccezioni di decadenza e prescrizione.

La Decisione della Corte d’Appello e la validità del contratto a progetto

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente il ricorso dell’ente, confermando la sentenza di primo grado. I giudici hanno stabilito che, nonostante le varie argomentazioni della difesa, gli elementi emersi in giudizio provavano in modo inequivocabile la natura subordinata del rapporto di lavoro.

La Corte ha smontato punto per punto le difese dell’appellante, soffermandosi in particolare sulla nozione di “progetto” richiesta dalla legge (D.Lgs. 276/2003) per la validità di questa tipologia contrattuale.

Le Motivazioni: Perché il contratto a progetto è stato invalidato?

La decisione della Corte si basa su una serie di elementi convergenti che, nel loro insieme, delineano un quadro di finta autonomia.

1. Genericità del Progetto: Il cuore della motivazione risiede nella valutazione dei progetti indicati nei contratti. La Corte ha osservato che questi si limitavano ad attribuire al lavoratore funzioni generiche come “coordinatore di fasi progettuali”, “procedure di attuazione” o “rapporti tecnici con soggetti esterni”, senza mai specificare un risultato finale concreto e realizzabile. I “progetti” menzionati erano in realtà i programmi politico-amministrativi della Regione, non un obiettivo specifico affidato al collaboratore. Secondo la giurisprudenza consolidata, anche prima della riforma del 2012, il progetto deve consistere in un’iniziativa distinta dall’attività normale dell’impresa.

2. Continuità e Durata del Rapporto: Un altro elemento cruciale è stata la lunga durata della collaborazione (nove anni) e la prova che il lavoratore percepiva un compenso mensile fisso anche nei periodi non coperti formalmente da un contratto. Questo, secondo i giudici, indicava che il rapporto proseguiva senza soluzione di continuità, mascherando un’esigenza stabile e duratura dell’ente.

3. L’Attività Ordinaria dell’Ente: La Corte ha rilevato come l’ente ricorresse in modo massiccio a collaboratori a progetto (in numero molto superiore ai dipendenti assunti stabilmente), dimostrando che la realizzazione dei progetti regionali non era un’attività eccezionale, ma rientrava pienamente nella sua operatività ordinaria. Lo stesso ente ha ammesso nell’atto di appello che “i costi e la durata dei progetti non permettevano tali assunzioni”, confermando implicitamente che si trattava di una scelta dettata da ragioni economiche e non dalla natura autonoma della prestazione.

4. Inammissibilità dell’Eccezione di Decadenza: La Corte ha dichiarato inammissibile l’eccezione relativa alla decadenza dall’impugnazione (prevista dall’art. 32 della L. 183/2010), poiché non era stata sollevata in primo grado. In ogni caso, ha specificato che tale termine si applica all’impugnazione di licenziamenti o recessi, non all’azione di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro ancora in essere o cessato senza contestazioni sul recesso.

Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: non è il nome dato al contratto (nomen iuris) a definirne la natura, ma le concrete modalità di svolgimento della prestazione. L’abuso del contratto a progetto per coprire esigenze lavorative stabili e ordinarie costituisce una violazione delle norme a tutela del lavoro subordinato. La decisione evidenzia che, per essere valido, un progetto deve essere specifico, autonomo e distinguibile dall’attività corrente del committente. In sua assenza, il rapporto viene convertito in lavoro subordinato con tutte le tutele legali ed economiche che ne conseguono, inclusi il diritto al TFR e alla corretta contribuzione previdenziale. La sentenza serve da monito per i datori di lavoro, sottolineando che l’elusione delle tutele del lavoro dipendente attraverso l’uso di forme contrattuali inappropriate è una pratica destinata a soccombere di fronte a un’attenta analisi giudiziaria.

Quando un contratto a progetto può essere considerato nullo?
Un contratto a progetto è nullo quando manca un progetto specifico, cioè un’attività ben definita e distinta dall’oggetto sociale o dall’attività ordinaria del committente. Se il contratto si limita a descrivere compiti generici e continuativi, senza indicare un risultato finale da raggiungere, viene considerato illegittimo.

L’azione per la riqualificazione di un contratto a progetto è soggetta al termine di decadenza di 60 giorni?
No. Secondo la sentenza, il termine di decadenza previsto dall’art. 32 della Legge n. 183/2010 si applica alle impugnazioni di licenziamenti, trasferimenti o altri atti specifici, ma non all’azione che mira a far accertare la vera natura (subordinata) di un rapporto di lavoro.

Cosa succede se i “progetti” indicati nel contratto coincidono con l’attività ordinaria del datore di lavoro?
Se la realizzazione di tali “progetti” rientra nell’attività ordinaria e istituzionale del committente, come nel caso esaminato, ciò costituisce un forte indizio dell’inesistenza di un progetto autonomo e specifico. Questo elemento, unito ad altri come la lunga durata del rapporto e la continuità dei pagamenti, porta alla conversione del contratto a progetto in un rapporto di lavoro subordinato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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