Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14339 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14339 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3696/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 131/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/07/2019 R.G.N. 628/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha riformato la sentenza di primo grado e, in accoglimento del ricorso di NOME COGNOME, ha accertato che il progetto in relazione al quale la lavoratrice aveva prestato la sua att ività quale ‘operatrice vendita e assistenza clienti call center ‘ in favore della RAGIONE_SOCIALE coincideva con l’oggetto sociale della società (cioè la promozione pubblicitaria di case automobilistiche). Per l’effetto ha dichiarato l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di stipulazione del primo contratto a progetto (16.4.2012) con inquadramento nel V livello CCNL Commercio.
Per la cassazione della sentenza ricorre la società che articola due motivi cui resiste con controricorso la lavoratrice. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 62 del d.lgs. n. 276 del 2003 (nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 23, legge n. 92 del 2012) avendo, la sentenza impugnata, adottato una nozione di progetto che non è dettata dalla disposizione normativa, che richiede solamente uno ‘specifico progetto’ senza proibire che coincida con un segmento dell’attività normal mente svolta dal committente, ed ignorando la circolare del Ministero del Lavoro n. 1 dell’8.1.2004 che non prevede questo ulteriore requisito.
Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi avendo, la Corte territoriale, trascurato l’esistenza di un obiettivo caratterizzante il progetto (la realizzazione di leadscontatti commerciali per Renault) e l’esatta dimensione e consistenza dell’oggetto sociale di RAGIONE_SOCIALE (più ampio e variegato di quello di un call center).
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono in parte inammissibili e, per la parte residua, infondati.
Questa Corte ha affermato che il contratto di lavoro a progetto, disciplinato dall’art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003, prevede una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione; ne deriva che il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale (Cass. n. 17636 del 2016; Cass. n. 29888 del 2023).
La sentenza impugnata ha, correttamente, evidenziato – in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale – che il primo contratto a progetto stipulato tra le parti nel 2012 indicava un obiettivo che coincideva con l’oggetto sociale della socie tà RAGIONE_SOCIALE (promozione pubblicitaria di case automobilistiche) considerati i compiti affidati alla lavoratrice che consistevano nell’effettuare telefonate a potenziali clienti per fonrire informazioni sulla politica commerciale, sulle campagne promozionali e sui servizi offerti dalle case automobilistiche (nel caso specifico, Renault); la Corte territoriale, a fronte della genericità del progetto, ha applicato l’arrt. 69, primo comma, del d.lgs. n. 276 del 2003 dichiarando instaurato un rapporto di lavoro indeterminato di natura subordinata sin dalla stipulazione del primo contratto a progetto.
Il ricorso presenta, poi, profili di inammissibilità ove viene censurato l’accertamento – di fatto sulla genericità del progetto e sull’ambito dell’oggetto sociale della società che costituiscono facoltà rimesse all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non possono formare oggetto di censura in sede di legittimità, soprattutto se vi sia stata adeguata motivazione, come nel caso in esame (cfr. Cass. n. 35277 del 2021).
In conclusione il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art.91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 5.500,00 per
compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 aprile 2024.