Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23784 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23784 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20548-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 964/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/03/2021 R.G.N. 1171/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Contratto a progetto
R.G.N. 20548/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Milano, con la sentenza impugnata, respingeva l’appello della società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Como n. 81/2019, dichiarativa della nullità dei contratti di collaborazione a progetto stipulati con NOME COGNOME, del successivo contratto di apprendistato, della sua risoluzione il 12.5.2016; dichiarativa della sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e parziale al 50%, con inquadramento nel IV livello CCNL RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 26.11.2009; di condanna della società al ripristino del rapporto di lavoro, riammettendo in servizio la lavoratrice; di condanna della società al pagamento della somma di € 5.167,74 a titolo di differenze retributive e al pagamento dell’indennità risarcitoria mensile di € 924,25 dalla risoluzione del rapporto di apprendistato fino all’effettiva riammissione in servizio, oltre rivalutazione e interessi legali;
inoltre, la Corte di Milano, in accoglimento dell’appello incidentale della lavoratrice, condannava la società al pagamento dell’ulteriore somma di € 4.762,24 lordi a titolo di differenze retributive lorde relative al periodo dal 3.6.2013 al 2.7.2016, oltre accessori; e disponeva, ferma restando l’indennità risarcitoria, la detrazione dell’ aliunde perceptum nella misura di € 8.498,36 lordi (con riferimento ai redditi da lavoro percepiti dalla lavoratrice, rigettando la domanda di detrazione dell’indennità di disoccupazione – NASPI);
la società propone ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, affidato a cinque motivi, illustrati da memoria; resiste
con controricorso la lavoratrice; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 61, primo comma, d. lgs. n. 276/2003, 2094, 2222 ss. c.c. in relazione all’art. 2697 c.c., per erroneo accertamento di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, senza un’attenta e corretta distinzione tra questo e il lavoro autonomo professionale, alla luce delle scrutinate risultanze della prova orale, deponenti per l’assenza di un penetrante potere direttivo (tanto meno disciplinare, né conformativo della prestazioni) datoriale, ma per la presenza di semplici direttive programmatiche rispettose dell’autonomia del prestatore d’opera; viene censurata l’applicazione della conversione del contratto per la presenza nel rapporto degli indici della subordinazione;
con il secondo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2094 c.c., 115, 116, 409, n. 3, c.p.c., per la natura effettivamente parasubordinata dei rapporti instaurati tra le parti, corrispondenti alla volontà formalizzata a norma degli artt. 61, 62 d. lgs. n. 276/2003, congruente con la collaborazione, variabile e flessibile (appunto a programma), necessaria alla società; viene censurata la conversione automatica del contratto di assenza di specifico progetto;
i predetti motivi, connessi, non sono meritevoli di accoglimento;
4. la Corte di Milano ha, in proposito, richiamato la ricostruzione del Tribunale, fondata sulla giurisprudenza formatasi in materia di successione di contratti a termine, secondo la quale, se uno dei contratti a termine sia convertito in contratto a tempo indeterminato, la stipulazione dei successivi contratti a termine non incide sulla già avvenuta trasformazione del rapporto; nella specie, poi, l’ultimo contratto stipulato tra le parti, di apprendistato, risultava travolto, ab origine , dall’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti, essendo stata esclusa l’esistenza, nei contratti impugnati, di un progetto nei termini delineati dalla normativa in materia; in ogni caso, ha osservato che, anche ritenendo sussistente il progetto, l’istruttoria svolta aveva dimostrato l’assenza in concreto dell’autonomia della lavoratrice;
5. in realtà, la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro, da individuare sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, costituisce un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, tanto più in situazione di pronuncia di merito cd. doppia conforme; la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito rimane censurabile in sede di legittimità soltanto limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelino l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto e che siano idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce un apprezzamento di fatto delle risultanze
processuali (cfr. Cass. n. 30648/2024, n. 18254/2023, n. 3407/2022, n. 5436/2019, n. 14434/2015);
nel caso in esame, per quanto riguarda il giudizio di fatto, la Corte d’Appello ha effettuato la tipica valutazione di merito che le competeva, con valutazione scevra da vizi logici e giuridici che, nella complessiva valutazione del materiale istruttorio, resiste alle censure con le quali parte ricorrente pretende, in realtà, di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, laddove, invece, tutti gli elementi riportati, unitariamente considerati, sono ampiamente sufficienti a sostenere la conclusione assunta dalla Corte di merito;
con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 36, comma 5, d.lgs. n. 165/2001 e 2697 c.c. e falsa applicazione dell’art. 32, comma 5, legge n. 183/2010, censurando l’applicazione, da parte della Corte territoriale, del parametro di cui all’art. 8 della legge n. 604/1966 e non di quello previsto dalla legge n. 183/2010;
il motivo non è accoglibile, perché non si confronta compiutamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata;
come osservato da parte controricorrente, nella fattispecie in esame l’indennità risarcitoria non è conseguita alla conversione dei contratti a progetto, ma alla mancata conferma della lavoratrice allo spirare del contratto di apprendistato professionalizzante, intervenuto dopo la cessazione del rapporto illegittimamente qualificato come parasubordinato; si tratta di un fenomeno diverso, appunto di contratto di apprendistato nullo e di recesso dallo stesso parimenti nullo, in relazione al quale è stata applicata la tutela di diritto comune, e non quella di cui all’art. 8 legge n. 604/1966, né quella di cui all’art. 32, comma 5, legge n. 183/2010; né tantomeno risulta applicabile
la tutela di cui all’art. 36, comma 5, del T.U. sul pubblico impiego, vista la natura privata della società e del rapporto di lavoro con l’odierna controricorrente;
10. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1241 ss. c.c. in relazione alla legge n. 183/2010 e al d.lgs. n. 165/2001; censura la detrazione a titolo di aliunde perceptum solo delle retribuzioni percepite e non dalla NASPI;
11. il motivo non è fondato;
12. la statuizione censurata è, invero, conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la Nuova prestazione di Assicurazione sociale per l’Impiego (NASpI) è una prestazione previdenziale non pensionistica (Cass. n. 11659/2024), sicché, in tema di aliunde perceptum , le somme percepite dal lavoratore a tale titolo non possono essere detratte da quanto egli abbia ricevuto come risarcimento del danno per il mancato ripristino del rapporto, atteso che detta indennità opera su un piano diverso dagli incrementi patrimoniali che derivano al lavoratore dall’essere stato liberato, anche se illegittimamente, dall’obbligo di prestare la sua attività, dando luogo la sua eventuale non spettanza a un indebito previdenziale, ripetibile dall’INPS nei limiti di legge (cfr. Cass n. 7794/2017, n. 11989/2018, richiamata nella motivazione della sentenza impugnata);
13. con il quinto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 420, 175 c.p.c., nonché 1227 c.c. in relazione all’art. 111, secondo comma Cost., e agli artt. 6 e 17 CEDU, sostenendo che la lavoratrice ha aggravato il danno non proponendo una procedura d’urgenza;
14. il motivo non è ammissibile;
15. in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass n. 18018/2024);
16. del resto, risulta dagli atti la tempestiva impugnazione del recesso con offerta di prestazioni, e va escluso che vi sia un dovere processuale di proporre ricorso d’urgenza (al contrario, sottoposto a stringenti requisiti di ammissibilità) e che la durata del processo sia valutata contro il creditore;
17. in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore di parte controricorrente dichiaratosi antistatario;
18. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 12 giugno