Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25847 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 25847 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31930/2019 r.g., proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elett. dom.ti in INDIRIZZO, rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 1538/2019 pubblicata in data 19/04/2019, n.r.g. 3688/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 19/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- Gli odierni controricorrenti avevano lavorato presso RAGIONE_SOCIALE in virtù di contratti di lavoro a progetto per il periodo dal 06/03/2009 al 28/12/2015, sebbene ad intervalli fra un rapporto di lavoro e l’altro.
Rivendicavano la natura subordinata dei rapporti di lavoro.
OGGETTO:
contratto di lavoro a progetto – conversione in rapporto di lavoro subordinato -inquadramento -accertamento in concreto delle mansioni svolte e riconduzione alle previsioni del CCNL
Adìvano pertanto il Tribunale di Roma per ottenere l’accertamento dell’esistenza di un unico ed unitario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché del loro diritto all’inquadramento nel 7^ livello previsto dal ccnl per il settore RAGIONE_SOCIALE, l’ordine alla società di riammetterli in servizio, la condanna della società al risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite dall’11/03/2015 fino alla decisione e al pagamento delle differenze retributive, da liquidarsi in separata sede, fra quanto loro spettante e quanto percepito.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale accoglieva le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dalla società.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
il primo contratto di lavoro a progetto (stipulato sotto il vigore dell’originaria formulazione dell’art. 61 d.lgs. n. 276/2003) contiene solo una più che generica indicazione di attività di supporto all’amministrazione e dunque manca lo ‘specifico progetto’ richiesto dal legislatore e manca altresì il riferimento al risultato, indicato come coincidente con l’attività di assistenza predetta, con assoluta genericità di tali indicazioni;
soccorre al riguardo Cass. n. 24379/2017, secondo cui lo ‘specifico progetto’ deve essere un’attività produttiva chiaramente descritta e identificata e funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale, al quale il collaboratore partecipa con la sua prestazione; tutto ciò manca nel caso di specie;
è vero che la norma, nella sua versione originaria, prevedeva che il contratto potesse essere riferito anche ad una ‘fase di lavoro’, ma in concreto lo stesso contratto indica che viene stipulato per lo svolgimento di un ‘progetto’;
comunque, anche a voler accertare se fosse stata specificata la ‘fase di lavoro’, l’esito non muta, poiché manca anche tale specificazione;
sul piano delle conseguenze è corretta la conclusione tratta dal Tribunale, che ha applicato l’art. 69, co. 1, d.lgs. n. 276/2003, in quanto conforme alla giurisprudenza di legittimità;
quanto all’inquadramento, i lavoratori hanno depositato le relazioni mensili che inviavano alla società, riepilogativa delle attività svolte;
ebbene si tratta di attività che rientrano a pieno titolo nel 7^ livello ccnl gas-acqua, trattandosi di lavoratori che gestiscono informazioni complesse, interpretandole ed elaborandole in funzione degli obiettivi da raggiungere, con approfondite conoscenze teoriche corrispondenti alla laurea o almeno al diploma;
peraltro, gli appellati, entrambi laureati, sono stati selezionati dalla società a seguito di interpello pubblicato sul ‘Corriere della Sera’ che prevedeva l’invio di curriculum vitae e quale titolo preferenziale la precedente esperienza di collaborazione con la RAGIONE_SOCIALE in materie analoghe o similari.
4.Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
5.- COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
6.- I controricorrenti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3), 4) e 5), c.p.c. la ricorrente articola plurime censure:
‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 61 e 69 d.lgs. n. 276/2003, 11 disp.prel.c.c.,
‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c.,
omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione fra le parti,
nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 115, 116 e 132, n. 4, c.p.c.
Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
E’ inammissibile laddove sollecita a questa Corte una rivalutazione del primo contratto a progetto stipulato con i collaboratori, attività interdetta in sede di legittimità e riservata al giudice di merito.
Il motivo è altresì inammissibile in relazione alla censura di ‘omesso esame di fatto decisivo’ (ossia la circostanza per cui i rapporti di collaborazione coincidevano, quanto a durata, con le convenzioni stipulate di
volta in volta dalla società con il Ministero committente), in quanto precluso dalla c.d. doppia conforme (art. 360, penult. co., c.p.c.).
Il motivo è infine infondato in relazione alla denunziata omessa pronunzia, dal momento che l’eccezione di novazione del rapporto sollevata dalla società in primo grado e riproposta come motivo di appello -è stata implicitamente ma univocamente rigettata dalla Corte territoriale in conseguenza della conferma della declaratoria di sussistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ab origine . Dunque l’omessa pronunzia non sussiste.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3) e 5), c.p.c., la ricorrente articola una pluralità di censure:
‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 2103 c.c. e 18 ccnl gas -acqua dell’11/02/2011, 1362 ss. c.c.;
‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 414, 115 d 116 c.p.c.,
‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 2697 c.c.,
omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti.
Il motivo è inammissibile in relazione all’ultima censura, in quanto preclusa dalla c.d. doppia conforme (art. 360, penult. co., c.p.c.).
Per il resto il motivo è infondato.
Come questa Corte ha già ritenuto in controversia di identico oggetto (Cass. n. 31171/2021), ‘… l’ interpretazione dell’art. 18 c.c.n.l. in tema di declaratoria relativa al 7^ livello, condivisa dalla Corte di merito, è del tutto coerente con il dato testuale della pattuizione collettiva secondo la quale al 7^ livello appartiene “il personale che: – svolge funzioni direttive, di coordinamento e controllo di unità organizzative importanti in relazione alla struttura aziendale e/o funzioni professionali di contenuto specialistico; opera con autonomia di iniziativa sulle variabili e/o innovazioni da introdurre nel processo di lavoro, anche non in conformità a procedure e metodi standard; – ha responsabilità sui risultati tecnici, amministrativi e gestionali delle funzioni presidiate, nonché sulle risorse umane, ove affidate; – gestisce informazioni complesse, interpretandole ed elaborandole in funzione degli obiettivi da raggiungere; – possiede approfondite conoscenze teoriche, corrispondenti alla laurea o almeno al diploma e conoscenze pratiche
acquisite con specifica formazione ed esperienza, relative a processi e sistemi di lavoro. La struttura sintattica del periodo ed in particolare l’uso della disgiuntiva “o” rendono, infatti, evidente che al 7^ livello sono riconducibili sia le funzioni direttive, di coordinamento e controllo di unità organizzative importanti sia, in via cumulativa o alternativa alle prime, le funzioni professionali di contento specialistico … è inammissibile la deduzione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. la quale non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, come in concreto avvenuto, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 1229/2019, 27000/2016), censure estranee alla concreta prospettazione della società ricorrente; … è inammissibile, per difetto di specificità, la denunzia di violazione e falsa applicazione dell’art. 414 cod. proc. civ. non sorretta dalla concreta illustrazione dell’errore di diritto ascritto in tesi al giudice di appello, risultando piuttosto le censure articolate, non supportate, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., dalla integrale trascrizione dell’atto introduttivo, intese a sollecitare un diverso apprezzamento nel merito del contenuto delle mansioni della originaria ricorrente; … parimenti inammissibile il richiamo al principio dell’onere della prova che si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, così come verificatosi nella specie (Cass. 05/09/2006, n. 19064; Cass. 17/06/2013, n. 15107; Cass. 21/02/2018, n. 4241); COGNOME (Cass. n. 31171/2021 cit.; in termini analoghi Cass. n. 36944/2021).
3.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge, con attribuzione ai difensori dei controricorrenti.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in