Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8539-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5579/2017 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 12/09/2018 R.G.N. 3270/2014;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/04/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda di NOME COGNOME di accertamento dello svolgimento di un rapporto di lavoro di natura subordinata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per il periodo 1.12.2005 -30.7.2007 con conseguente declaratoria di sussistenza di un rapporto di lavoro tra le parti a tempo indeterminato e condanna al pagamento di differenze retributive e risarcimento del danno da ll’1.2.2011 alla data di emissione della sentenza;
la Corte territoriale, rilevato che tra le parti sono stati stipulati cinque contratti (1.12-31.12.2005; 1.3-31.3.2006 di collaborazione occasionale; 1.5.2006-30.6.2007; 1.731.8.2006; 1.3-30.6.2007 contratti a progetto), ha sottolineato che la società non ha contestato l’allegazione (contenuta nel punto 2 del ricorso introduttivo del giudizio) della continuità dell’attività lavorativa durante i periodi intercorrenti tra i primi due contratti, con conseguente illegittimità dei successivi contratti finalizzati a simulare un rapporto di lavoro subordinato già in essere; la Corte ha rilevato che durante tutto il periodo di lavoro la COGNOME ha svolto i medesimi compiti (aggiornare e sviluppare il sito ) e la descrizione dell’attività svolta dalla stessa società ha consentito di accertare elementi idonei ad acclarare un coordinamento della suddetta attività (anche nel periodo intercorrente tra il 5.12.2005 e il 30.6.2007); non potendosi, pertanto, rinvenire -nel periodo continuativo 5.12.2005 e il 30.6.2007 -delle prestazioni occasionali come
previsto dall’art. 61, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 (mancando il requisito temporale della durata massima di 30 giorni) e rinvenendosi una prestazione coordinata e continuativa priva di progetto, doveva applicarsi l’art. 69 del medesimo d.lgs. n. 276, con accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; ha, poi, ritenuto inquadrabile l’attività nell’ambito del 2° livello del CCNL applicato dalla società con conseguente condanna delle differenze retributive maturate (pari a euro 10.503,95) e al risarcimento del danno decorrente dalla messa in mora alla decisione (parametrato alla somma mensile di euro 2.019,72);
per la cassazione della sentenza propone ricorso la società con due motivi; la lavoratrice ha resistito con controricorso;
al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 115 cod.proc.civ., 2697 cod.civ., 61 e ss d.lgs. n. 276 del 2003 (ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, applicato il principio della relevatio ad onere probandi dettato dall’art. 115, primo comma, cod.proc. con riguardo all’affermazione (contenuta nel punto 2 del ricorso introduttivo del giudizio proposto dalla lavoratrice) della continuità della prestazione lavorativa tra un contratto e l’altro, non ostante la società avesse affermato, nella propria memoria di costituzione in giudizio, una serie di circostanze incompatibili con lo svolgimento di attività nei periodi intermedi decorrenti tra un contratto e l’altro, avesse infine contestato ‘ogni altra deduzione contenuta nel ricorso
introduttivo del giudizio, in quanto difforme dalla narrativa che precede…’, avesse chiesto prova contraria rispetto alla prova richiesta dalla ricorrente.
con il secondo motivo si denunzia violazione dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010 (nel significato chiarito dall’art. 1, comma 13, legge n. 92 del 2012) avendo, la Corte territoriale, errato nel condannare la società al pagamento di tutte le retribuzioni maturate dalla data di messa in mora alla data della sentenza, dovendo circoscrivere il danno all’indennità omnicomprensiva prevista dall’art. 32 cit.
3. il primo motivo di ricorso è inammissibile;
il motivo risulta inammissibile perché mira a porre in discussione l’apprezzamento della sussistenza o della insussistenza della non contestazione compiuta dal giudice di merito: tale apprezzamento esige l’interpretazione della domanda e delle deduzioni delle parti ed è perciò riservato al giudice di merito, essendo sindacabile in cassazione solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa;
va , invero, ribadito il principio di diritto, secondo cui l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione (Cass. n. 27490 del 2019; Cass. n. 10182 del 2007; Cass. n. 27833 del 2005; principio ribadito anche di recente da Cass. n. 5014 e 3959 del 2024); spetta, infatti, solo al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non
contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass., Sez. 6 – 1, n. 3680 del 2019);
nella specie, la Corte territoriale ha spiegato che la società, con la memoria difensiva in primo grado, non ha svolto nessuna contestazione all’affermazione contenuta nel punto 2 del ricorso introduttivo del giudizio (in cui testualmente veniva detto: ‘la ricorrente è stata assunta in data 5.12.05 e ha prestato servizio continuativamente sino al 30.6.07’) e, solamente in sede di appello, ha genericamente rilevato che l’affermazione contenuta nel punto 2 del ricorso introduttivo non era idonea a sostenere la prosecuzione ininterrotta del rapporto di lavoro, ritenendola una deduzione tardiva ed insufficiente; la motivazione della sentenza impugnata sul punto è esente da vizi logici e giuridici e rimane, perciò, insindacabile in sede di legittimità;
il secondo motivo di ricorso relativo ad error in iudicando per non corretta liquidazione del danno risarcibile al lavoratore nel periodo tra la cessazione della prestazione in fatto e la sentenza d’appello sulla base delle retribuzioni maturate e non dell’indennità omnicomprensiva ai sensi dell’art. 32, quinto comma I. 183/2010, è fondato;
questa Corte ha affermato che il regime indennitario istituito dall’art. 32, quinto comma, della legge n. 183/2010 va applicato a tutte le ipotesi in cui ricorra il duplice presupposto della natura a tempo determinato del contratto di lavoro dedotto in giudizio e della sua “conversione”, estensibile all’accertamento di ogni ragione che comporti la stabilizzazione del rapporto, con conseguente applicazione anche al contratto di collaborazione a progetto illegittimo (Cass. n. 24100 del 2019); invero, la temporaneità (da intendersi non soltanto nel senso di predeterminazione
cronologica espressamente individuata dall’apposizione di un termine finale, ma di intrinseca limitazione nel tempo di un’attività, destinata a cessare con il raggiungimento di un obiettivo chiaramente predefinito) è caratteristica ontologica del contratto di lavoro a progetto, in quanto predefinito dall’individuazione di uno o più progetti, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale; la perdita della caratteristica coessenziale del “progetto” introduce la seconda condizione necessaria, ossia la presenza di un fenomeno di conversione;
in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo; la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, in