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Contratto a progetto e novum in appello: la Cassazione

Una lavoratrice con contratti di collaborazione ha richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato. La sua richiesta è stata respinta in primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo inammissibile il motivo relativo alla nullità del contratto a progetto per mancanza del progetto stesso, in quanto sollevato per la prima volta in appello (c.d. ‘novum’). La Corte ha sottolineato l’importanza del principio di autosufficienza del ricorso, che impone di formulare tutte le domande e le relative motivazioni fin dal primo atto del processo.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratto a Progetto e Divieto di Nuove Domande in Appello: L’Analisi della Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema cruciale del diritto processuale del lavoro: i limiti alla presentazione di nuove domande in appello e l’importanza di una corretta impostazione del ricorso iniziale. Il caso riguarda la richiesta di riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato in luogo di una serie di contratti di collaborazione, mettendo in evidenza come la validità di un contratto a progetto debba essere contestata fin dal primo grado di giudizio.

I Fatti di Causa: Dai Contratti di Collaborazione alla Richiesta di Subordinazione

Una lavoratrice, impiegata come operatrice per l’assistenza tiflodidattica presso un ente pubblico, aveva accumulato una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.). Ritenendo che le modalità di svolgimento del lavoro fossero in realtà quelle tipiche del lavoro subordinato, ha agito in giudizio per chiedere l’accertamento di tale natura e la conversione dei contratti in un unico rapporto a tempo indeterminato, con le conseguenti differenze retributive e il risarcimento dei danni.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste. In particolare, la Corte d’Appello ha basato la sua decisione su tre pilastri: l’assenza di prova di un reale vincolo gerarchico, l’impossibilità di convertire il rapporto con un ente pubblico e, punto cruciale, l’inammissibilità di una nuova argomentazione introdotta in appello.

La questione del ‘Novum’ in Appello

La lavoratrice, nel suo appello, aveva censurato la sentenza di primo grado anche sotto il profilo della mancanza di un progetto specifico nei contratti di collaborazione, un requisito fondamentale per la validità del contratto a progetto. La Corte d’Appello ha ritenuto tale motivo una ‘causa petendi’ nuova, ovvero un fondamento giuridico della domanda non sollevato in primo grado, e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 437 del codice di procedura civile.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso della lavoratrice. La motivazione della Suprema Corte si concentra su principi procedurali di fondamentale importanza.

Il Principio di Autosufficienza del Ricorso

Innanzitutto, la Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione deve rispettare il principio di autosufficienza. Ciò significa che l’atto deve contenere in sé tutti gli elementi necessari per consentire alla Corte di decidere, senza dover accedere ad altri documenti. Nel caso specifico, la ricorrente non aveva adeguatamente dimostrato di aver sollevato la questione della nullità del contratto a progetto per assenza del progetto fin dal ricorso introduttivo. Gli stralci riportati non erano sufficienti a configurare una domanda chiara e specifica su quel punto, ma si limitavano a richiamare la natura subordinata del rapporto.

L’Inammissibilità del ‘Novum’ in Appello

La Cassazione ha confermato la valutazione della Corte d’Appello: la questione della mancanza del progetto, essendo stata prospettata in modo esplicito solo in appello, costituiva un ‘novum’ inammissibile. L’interpretazione della domanda iniziale spetta al giudice di merito e, in questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto che la causa fosse incentrata unicamente sull’accertamento della subordinazione ‘di fatto’, e non sulla nullità del contratto per vizi formali come l’assenza di progetto. Di conseguenza, poiché il motivo principale di illegittimità del contratto è stato giudicato inammissibile, anche le domande accessorie di risarcimento del danno (incluso il cosiddetto ‘danno comunitario’) sono state respinte.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per lavoratori e avvocati. Sottolinea la necessità di strutturare il ricorso iniziale in modo completo ed esaustivo, allegando fin da subito tutti i profili di illegittimità del rapporto di lavoro che si intendono far valere. Introdurre nuove argomentazioni in appello, come la nullità di un contratto a progetto per vizi specifici, è una strategia processualmente rischiosa e, come dimostra questo caso, destinata a fallire. La precisione e la completezza dell’atto introduttivo non sono mere formalità, ma elementi sostanziali che determinano l’esito dell’intero giudizio.

È possibile introdurre nuove motivazioni a sostegno della propria richiesta durante il processo d’appello?
No, la Cassazione ribadisce il divieto di ‘novum in appello’. Le questioni giuridiche, come la nullità di un contratto a progetto per assenza del progetto stesso, devono essere chiaramente formulate e argomentate fin dal primo grado di giudizio, altrimenti vengono considerate inammissibili.

Cosa significa il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione?
Significa che il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari (fatti, atti processuali rilevanti, documenti) per permettere alla Corte di decidere la questione senza dover cercare informazioni in altri fascicoli. La parte ricorrente ha l’onere di indicare precisamente dove e come ha sollevato una certa questione nei gradi di giudizio precedenti.

Se un contratto con un ente pubblico è illegittimo ma non può essere convertito in indeterminato, si può ottenere un risarcimento del danno?
In linea di principio sì, è possibile chiedere un risarcimento. Tuttavia, tale domanda deve fondarsi su motivi di illegittimità del contratto che siano stati validamente presentati e accolti nel corso del giudizio. Nel caso di specie, poiché il motivo principale (assenza di progetto) è stato ritenuto inammissibile per ragioni procedurali, anche la conseguente domanda di risarcimento è stata respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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