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Contratti veterinari: no a paga da convenzionato

Un veterinario, impiegato da un’azienda sanitaria con contratti a progetto, ha chiesto una retribuzione pari a quella dei medici convenzionati, sostenendo che il rapporto fosse di natura parasubordinata. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’uso improprio di tali contratti per coprire esigenze strutturali, ha negato il diritto alle differenze retributive. La Corte ha stabilito che le condizioni economiche degli Accordi Collettivi Nazionali per i contratti veterinari si applicano solo ai rapporti formalmente istituiti come tali, e non a quelli riqualificati di fatto dal giudice.

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Contratti Veterinari con la PA: la Riqualificazione non Basta per la Paga da Convenzionato

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta un tema cruciale nei rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione: quali sono le conseguenze dell’uso illegittimo di contratti veterinari a progetto per coprire esigenze stabili e durature? La Suprema Corte stabilisce un principio di rigore formale: anche se il rapporto di fatto assume le caratteristiche della parasubordinazione, ciò non comporta l’applicazione automatica del trattamento economico previsto per i professionisti convenzionati.

I Fatti di Causa: un Rapporto a Progetto Lungo Otto Anni

Un medico veterinario ha lavorato per un’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) dal 2002 al 2009 sulla base di una serie di contratti di diritto privato, formalmente legati a specifici progetti di sanità animale (come la sorveglianza sulla BSE o la profilassi della Blue Tongue). Nonostante la natura formalmente temporanea degli incarichi, il rapporto si è protratto senza soluzione di continuità per anni, con un orario di lavoro effettivo superiore a quello contrattuale e con modalità che suggerivano un inserimento stabile nell’organizzazione dell’ente.

Nel 2010, il rapporto è stato finalmente stabilizzato con un contratto a tempo indeterminato in regime di convenzione. Il professionista ha quindi agito in giudizio per ottenere il riconoscimento delle differenze retributive per il periodo 2004-2010, chiedendo che il suo compenso fosse equiparato a quello previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per i medici veterinari convenzionati, sostenendo la natura parasubordinata del rapporto di fatto intercorso.

Le Decisioni di Merito: dal Rigetto all’Accoglimento

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo legittimo l’operato dell’ASP nell’utilizzare contratti a progetto per specifiche finalità, come consentito dall’art. 15 octies del D.Lgs. 502/1992. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’ASP avesse utilizzato tali contratti in modo abusivo, non per far fronte a esigenze temporanee e straordinarie, ma per “colmare carenze strutturali della dotazione interna”.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha riqualificato il rapporto come collaborazione coordinata e continuativa (parasubordinazione) e ha concluso che al veterinario spettasse il trattamento economico previsto dall’ACN, condannando l’ASP al pagamento delle differenze retributive.

Le motivazioni della Cassazione sui contratti veterinari

La Corte di Cassazione, investita del ricorso dell’ASP, ha parzialmente accolto le doglianze dell’ente, giungendo a una conclusione differente. Pur concordando con la Corte d’Appello sulla riqualificazione del rapporto e sull’illegittimità dell’uso dei contratti a progetto per coprire fabbisogni stabili, la Suprema Corte ha negato la conseguenza automatica sul piano economico.

Il principio cardine affermato è quello della formalità dei rapporti con la Pubblica Amministrazione. L’applicazione di un Accordo Collettivo Nazionale, come quello per i veterinari convenzionati, presuppone l’instaurazione di un rapporto formale, avvenuto secondo le procedure previste dalla legge (in particolare, l’art. 48 della L. 833/1978).

La riqualificazione del rapporto da parte del giudice come parasubordinato accerta la natura di fatto della collaborazione, ma non può “convertire” un contratto stipulato illegittimamente in un formale rapporto di convenzione. La PA è tenuta a corrispondere esclusivamente i corrispettivi risultanti da un contratto debitamente formalizzato. L’applicazione di un ACN a un rapporto non nato secondo le sue regole creerebbe una situazione non prevista dalla legge.

In sostanza, l’illegittimità della forma contrattuale scelta dalla PA non può essere sanata applicando retroattivamente la disciplina economica di un’altra tipologia di contratto. Il professionista, secondo la Corte, avrebbe potuto agire per il risarcimento del danno derivante dall’illegittima apposizione del termine o per arricchimento senza causa dell’amministrazione, ma non poteva pretendere l’applicazione di un trattamento retributivo previsto per una categoria contrattuale alla quale non apparteneva formalmente.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso nei confronti dei rapporti di lavoro con la Pubblica Amministrazione. La tutela del lavoratore di fronte all’abuso di forme contrattuali flessibili non si traduce nel diritto a ottenere l’inquadramento economico di un’altra figura professionale, ma si limita, eventualmente, a tutele di tipo risarcitorio. Viene ribadito che i rapporti con la PA seguono una logica formale e non sostanziale: un contratto nullo o illegittimo non può produrre gli effetti economici di un contratto valido e differente. Per i professionisti che si trovano in situazioni analoghe, questa pronuncia chiarisce che la via per ottenere un ristoro non è la richiesta di equiparazione retributiva, ma l’azione risarcitoria per i danni subiti a causa della condotta illegittima dell’ente pubblico.

Un contratto a progetto con la Pubblica Amministrazione, usato per coprire esigenze stabili, può essere equiparato a un rapporto convenzionato?
No. Secondo la Cassazione, anche se il rapporto di fatto viene riqualificato dal giudice come parasubordinato a causa dell’uso improprio del contratto, questo non si trasforma automaticamente in un rapporto convenzionato formale. L’applicazione delle norme economiche della convenzione richiede un atto costitutivo formale.

Se un rapporto di lavoro con la P.A. viene riqualificato come parasubordinato, si ha automaticamente diritto al trattamento economico previsto dal contratto collettivo di riferimento?
No. La riqualificazione del rapporto non comporta l’applicazione diretta della disciplina economica prevista da un Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per un’altra tipologia di rapporto. La P.A. è tenuta a rispettare solo i patti formalmente sottoscritti, e l’illegittimità di un contratto non ne consente la “sostituzione” con un altro ai fini retributivi.

Quali tutele ha un professionista se la P.A. utilizza in modo illegittimo contratti di collaborazione per coprire carenze di organico?
La sentenza chiarisce che il professionista non può chiedere le differenze retributive basate su un contratto collettivo non applicabile. Le tutele possibili sono l’azione per il risarcimento del danno subito a causa della condotta illegittima della P.A. o, in subordine, l’azione generale di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.), qualora ne ricorrano i presupposti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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