Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3900 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3900 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 29063 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
Associazione RAGIONE_SOCIALE , con sede in INDIRIZZO (Ct) INDIRIZZO c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore d.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Catania (c.f. CODICE_FISCALE – fax NUMERO_TELEFONO -pec EMAIL), nonché dagli avvocati NOME COGNOME (cod. fisc. CODICE_FISCALE pec: EMAIL) e NOME COGNOME (cod. fisc. NST CODICE_FISCALE, pec: EMAIL), ed elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE – fax NUMERO_TELEFONO -pec EMAIL).
Ricorrente
contro
Comune di Catania , in persona del legale rappresentante pro tempore, p.i. n. NUMERO_DOCUMENTO, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE giusta procura allegata in
atti del pct, con domicilio eletto in Catania, INDIRIZZO, presso la Direzione Affari Legali. Il difensore dichiara di voler ricevere eventuali comunicazioni al fax numero NUMERO_TELEFONO, ovvero al seguente indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n° 437 depositata il 25 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con sentenza n° 3000 del 30 luglio 2014 il Tribunale di Catania -accogliendo l’opposizione proposta dal Comune di quella stessa città al decreto ingiuntivo n° 2640/09 emesso il 29 settembre 2009, su ricorso dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento delle rette di maggio e giugno 2009 per prestazioni di assistenza e ricovero di anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti, rese in forza di apposita convenzione -lo revocava lo stesso e compensava integralmente le spese del giudizio.
2 .- La decisione, appellata da Villa Regina, veniva confermata dalla Corte d’appello con la sentenza indicata in epigrafe.
Per quello che qui ancora interessa, osservava il giudice di secondo grado -relativamente al primo motivo di impugnazione -che l’attività della pubblica amministrazione che comporti un’erogazione di spesa è sempre sottoposta al duplice vincolo della preventiva adozione di una specifica deliberazione di impegno della spesa, con la attestazione della disponibilità della somma in bilancio, e dell’esistenza di un atto scritto, come previsto dall’art. 20 della legge reg. Sicilia n° 22/1986 e dall’art. 1, quinto comma, lettera i), della legge reg. n° 48/1991.
Anche la giurisprudenza di legittimità avrebbe statuito che l’art. 6 della legge n° 328/2000 va contemperato con gli artt. 183 e 191
del d.lgs. n° 267/2000, con la conseguenza che l’obbligo del Comune di provvedere al pagamento delle rette della casa di riposo privata presso la quale l’anziano stesso è ricoverato sarebbe subordinato all’attestazione della relativa copertura finanziaria, donde il divieto di qualsiasi spesa in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione.
Nella fattispecie, le prestazioni di Villa Regina erano state erogate nel 2009, dunque a convenzione già scaduta (31 dicembre 2005).
D’altra parte, le norme inderogabili di legge non potevano nemmeno essere superate dalla previsione dell’art. 18 della Convenzione tra Comune e Villa Regina, prevedente l’obbligo per quest’ultima di erogare il servizio senza interruzione, né dall’atteggiamento di tolleranza da parte del Comune, che aveva pure pagato parte dei servizi, non avendo alcun rilievo tale comportamento concludente.
Di nessun rilievo era il rifiuto dell’odierna appellante di stipulare la nuova convenzione alle condizioni previste dal Comune nello schema contrattuale proposto alla stessa, ritenute non convenienti, poiché l’Amministrazione Comunale nel determinare le condizioni contrattuali con gli enti socio assistenziali iscritti all’Albo Regionale, poteva apportare allo schema tipo previsto dalla Regione Siciliana, tutte le modifiche ritenute opportune e necessarie, anche in considerazione dell’impegno economico da deliberare, propedeutico alla stipula della convenzione stessa.
Per le medesime ragioni era altresì infondato il secondo motivo di appello, col quale la casa di riposo si doleva del mancato riconoscimento dei corrispettivi per gli anni 2007-2009.
Da ultimo, era infondato anche il terzo motivo di gravame, col quale Villa Regina aveva dedotto la violazione delle norme in materia di arricchimento senza causa, in quanto tale domanda era stata inammissibilmente introdotta dall’opposta nella comparsa di risposta, senza che l’opponente avesse introdotto in giudizio un nuovo
tema di indagine tale da giustificare l’esame di una situazione di ingiustificato arricchimento.
3 .- Per la cassazione di tale sentenza, ricorre Villa Regina affidando l’impugnazione a tre mezzi, illustrati da memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Resiste il Comune di Catania, che conclude per la reiezione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 6 l. n. 537/1993, 44 l. n. 724/1994, 23 l. n. 62/2005, 1 l.r. Sic. n. 87/1981, 1 e 54 l.r. Sic. n. 22/1986 e del d.P.R.S. n. 158/1996. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ‘ -la ricorrente lamenta che la sentenza abbia predicato l’inefficacia della convenzione stipulata il 21 dicembre 2002 nella pendenza delle trattative per il suo rinnovo.
Anzitutto, la questione della proroga provvisoria della convenzione era stata sottoposta alla Corte d’appello, che, tuttavia, l’aveva liquidata asserendo che essa non aveva nulla a che vedere col diritto al corrispettivo per le prestazioni erogate dopo la scadenza della convenzione non rinnovata: motivazione inidonea a far comprendere l’ iter logico seguito dal giudice.
Inoltre, l’art. 6 della legge n° 537/1993, pur prevedendo il divieto di rinnovo tacito dei contratti con la PA, non impediva la proroga provvisoria del contratto (come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa).
Peraltro, la legge reg. n° 87/1991 imponeva alla Regione di promuovere i servizi socioassistenziali e tale promozione era stata attuata col d.P.R.S. n° 158/1996, avente natura normativa, che, da un lato aveva escluso il rinnovo automatico dei contratti, ma
dall’altro aveva avuto cura di disciplinare la fase transitoria dopo la scadenza e nelle more dell’eventuale rinnovo mediante la previsione della proroga provvisoria del contratto stesso.
Tale contesto normativo era integrato dalla Convenzione tra casa di cura e Comune, la quale all’art. 18 clausola il cui esame era stato del tutto pretermesso dalla Corte territoriale -prevedeva che la Casa di cura fosse tenuta a garantire la prosecuzione del servizio sino al rinnovo contrattuale o alla effettiva dimissione degli anziani. Da ultimo, era inconferente il precedente di Cass. 24655/2016 citato dalla Corte d’appello a sostegno della decisione.
5 .- Il mezzo è in parte infondato ed in altra parte inammissibile.
È inammissibile nella parte in cui denuncia un difetto di motivazione della sentenza impugnata.
La Corte ha, infatti, precisato che in base all’art. 20 della legge reg. Sicilia n° 22/1986 il diritto al pagamento della retta per il ricovero di anziani è subordinato alla stipula di una convenzione che preveda (tra l’altro) i costi del servizio.
Ha poi aggiunto che la legge reg. Sicilia n° 48/1991, nel richiamare l’art. 55 della legge n° 142/1990, ha previsto anche per le Pubbliche amministrazioni di tale regione il divieto di assumere impegni di spesa senza attestazione della relativa copertura finanziaria.
Benché non specificato nella sentenza qui impugnata, va detto che la legge n° 142/1990 è stata abrogata dall’art. 274 del d.lgs. n° 267/2000 e che l’art. 275 di tale decreto ha disposto che i riferimenti a disposizioni della legge n° 142, contenuti in leggi, regolamenti, decreti o altre norme, si intendono effettuati ai corrispondenti articoli del suddetto d.lgs. n° 267/2000 e, dunque, oggi all’art. 191 del menzionato Tuel.
Sulla scorta di tale premessa in diritto la Corte territoriale è, dunque, giunta alla condivisibile conclusione che la proroga provvisoria non aveva nulla a che vedere col diritto al corrispettivo per le prestazioni erogate dopo la scadenza della convenzione non rinnovata.
Tale passaggio logico -per quanto stringato -è sicuramente idoneo a far capire l’infondatezza della tesi di Villa Regina.
Come è già stato chiarito da questa Corte (Cass., sez. I, 20 settembre 2024, n° 25256), la proroga dei contratti pubblici è generalmente vietata dall’art. 6, secondo comma, della legge n° 537/1993, essendo ammessa solo nei casi particolari delle cosiddette ‘ proroghe tecniche ‘, oggi disciplinate dall’art. 120, comma undicesimo del d.lgs. n° 36/2023 e prima ancora dall’art. 106, comma undicesimo, del d.lgs. n° 50/2016.
Nel periodo ancora anteriore, ossia nella vigenza del d.lgs. n° 163/2006, che parrebbe qui applicabile ratione temporis , non erano espressamente disciplinati i casi di proroga del contratto pubblico, vigendo, dunque, il generale divieto previsto dal citato art. 6, secondo comma della legge n° 537/1993, legittimamente superabile solo nei casi previsti dall’art. 57 del d.lgs. n° 163/2006, ossia, per quello che qui interessa, nel caso previsto dal quinto comma, lettera b), i cui presupposti, però, qui manifestamente difettano.
Trattandosi di proroghe (cosiddette ‘ tecniche ‘) dirette a permettere l’espletamento di una nuova gara da parte della PA, è escluso che tali norme possano trovare qui applicazione, non solo perché successive ai fatti di causa, ma prima ancora perché il tempo in cui vennero rese le prestazioni per cui è causa (maggio e giugno 2009) esclude che si possa trattare nella presente fattispecie di una proroga tecnica di un contratto scaduto (per espressa specificazione della stessa ricorrente) addirittura nel 2005.
Escluso, in conclusione, che vi fossero disposizioni di legge statale che consentivano una proroga della Convenzione 21 dicembre 2002, occorre verificare se, in ipotesi, tali disposizioni esistano o siano esistite per la Regione siciliana.
Anche a tale domanda va data risposta negativa, in quanto l’unico articolo della legislazione regionale che prevedeva una proroga ex lege nella materia del ricovero di anziani era costituito dall’art. 69
della legge n° 22/1986, abrogato dalla legge reg. Sicilia n° 10/1999 e, dunque, ancora una volta, inapplicabile al caso di specie.
Quanto, poi, al d.P.R.S. n° 158/1996, osserva il Collegio che -anche a tacere del fatto che la ricorrente non invoca l’applicazione di clausole contrattuali, ma clausole della convenzione tipo prevista dal predetto decreto, alla quale dovrebbe ipoteticamente essersi uniformato il contratto 21 dicembre 2002 -è lo stesso art. 18 del d.P.R.S citato a prevedere che la proroga contrattuale possa essere disposta con deliberazione dell’assemblea comunale ‘ entro i tre mesi precedenti la sua scadenza ‘, ove ‘ sussistano ragioni di opportunità e di pubblico interesse ‘, con l’obbligo di dare comunicazione alla struttura privata di tale deliberato e di ‘ acquisirne formale accettazione ‘: requisiti che il mezzo in esame non si premura nemmeno di dichiarare sussistenti, con la conseguenza che anche tali disposizioni normative appaiono inapplicabili al caso che ci occupa. Quanto, poi, alla questione della proroga provvisoria del rapporto in base all’art. 18 della Convenzione, il motivo tende a demandare a questa Corte un’interpretazione del contratto diversa da quella fornita dal giudice del merito, che a pagina 5 della sentenza ha ritenuto che il superamento delle norme imperative in materia di finanza pubblica non potesse essere predicato nemmeno in base all’obbligo, posto a carico dell’Associazione appellante e previsto dall’art. 18 della medesima convenzione, di erogare il servizio senza interruzione, anche alla scadenza dell’esercizio finanziario in corso, non avendo tale clausola nulla a che vedere con il diritto al corrispettivo per le prestazioni erogate dopo la scadenza della convenzione non rinnovata.
In conclusione, non vi sono lacune argomentative della Corte territoriale, né il mezzo indica quali canoni ermeneutici sarebbero rimasti in concreto inosservati, con la conseguenza che la censura appare inammissibile.
Da ultimo, osserva la Corte che l’odierno contenzioso riproduce pedissequamente analoghe liti insorte tra la Casa di cura Villa INDIRIZZO ed un altro Comune siciliano (Agira ), nei cui provvedimenti di definizione è stato ben chiarito che il diritto al pagamento delle rette per il ricovero degli anziani in case di cura non sorge nel caso di mancanza di contratto scritto e di previsione di spesa nel bilancio comunale (Cass., sez. I, 10 giugno 2010, n° 14006; Cass., sez. I, 14 giugno 2010, n° 14240; Cass., sez. I, 12 novembre 2013 n° 25376).
Infatti, l’attività della pubblica amministrazione comportante un’erogazione di spesa è sempre sottoposta al duplice vincolo che sia previamente adottata una specifica deliberazione di impegno della spesa con la attestazione della disponibilità della somma in bilancio e che esista un atto scritto.
Posto, dunque, che il motivo non contesta la mancanza di atto scritto e di deliberazione di spesa, ma -come si è visto -si limita a predicare una continuazione del contratto derivante dalla normativa regionale di settore (inapplicabile al caso) o da una diversa interpretazione della convenzione cessata, il mezzo va respinto in toto .
6 .- Col secondo motivo -rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 16, 20 e 54 l.r. Sic.· n. 22/1986 e del d.P.R.S. n. 158/1996. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ‘ -deduce che la Corte avrebbe erroneamente ritenuto legittima la pretesa del Comune di Catania di stipulare una nuova convenzione a condizioni diverse da quelle previste dal d.P.R.S. n° 158/1996.
Sebbene il Comune rimanga libero di fissare la quantità di servizio da rendere, una volta stabilita, i gestori dovrebbero osservare le direttive vincolanti dello schema tipo.
Per contro, lo schema imposto dal Comune non lo impegnerebbe a remunerare un numero fisso di posti, pur richiedendo una dotazione fissa di personale e pur remunerando le spese generali secondo
le effettive presenze, così generando uno squilibrio tra prestazioni e costi delle stesse.
7 .- Il mezzo è del tutto eccentrico, in quanto non aggredisce la ratio decidendi della sentenza impugnata, ma predica a carico della PA un illecito o comunque una condotta illegittima.
È di tutta evidenza, nondimeno, che -anche accedendo alla fondatezza dell’assunto la carenza di atto scritto e la mancanza di previsione di spesa in bilancio comunale non verrebbero emendati.
8 .- Col terzo mezzo (‘ Violazione e falsa applicazione sotto altri profili dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 16, 20 e 54 l.r. Sic. n. 22/1986 e del d.P.R.S. n. 158/1996. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ‘) la ricorrente deduce che, affermata l’efficacia della proroga della Convezione, ne deriva il diritto alla remunerazione, sia delle spese generali per tutti gli ottantasei posti concordati (anche se non occupati), sia dei ricoveri d’urgenza.
Per questi ultimi, in particolare, le contestazioni del Comune relative ad alcuni pazienti (COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, Campagna, La Delfia) vennero presentate tardivamente rispetto al termine previsto dall’art. 2 della Convenzione 21 dicembre 2002 (nel quale si prevede la facoltà del Comune di rigettare la richiesta di ricovero dall’anziano entro quindi giorni) e con motivazioni stereotipate e tautologiche, consistenti in dinieghi fondati sulla sola inesistenza dei presupposti normativi per i ricoveri.
9 .- Il mezzo è assorbito, in quanto parte da un presupposto (l’efficacia della proroga contrattuale) che, per contro, è qui escluso.
10 .- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 68 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va inoltre dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere la spese del presente grado al Comune resistente, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 7 febbraio 2025, nella camera di consi-