Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5158 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5158  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 6132 anno 2022 proposto da: NOME  COGNOME  in  proprio  e  quale  legale  rappresentante  della  RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in atti ed elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio di quest’ultimo;
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE,  rappresentato  e  difeso  dall’AVV_NOTAIO NOME  COGNOME  in  virtù  di  procura  speciale  in  calce  al  controricorso, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
controricorrente
avverso  la  sentenza  della  Corte  di  appello  di  Cagliari  n.  590/2021 pubblicata  in  data  15/12/2021  notificata  a  mezzo  pec. in  data 21/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Cagliari il Banco di Sardegna S.P.A. e, premesso la prima, quale titolare del conto corrente ordinario numero 40.990 e del conto anticipi numero 40.995 accesi presso la Banca convenuta, e gli altri, quali suoi fideiussori, deducevano che non erano mai stati stipulati per iscritto i relativi contratti ovvero, se esistenti, la nullità delle clausole relative; in particolare, eccepivano l’addebito di interessi ultralegali mai pattuiti, la capitalizzazione trimestrale di tali interessi e la nullità della commissione di massimo scoperto, nonché della commissione di affidamento, di disponibilità e mancanza fondi, di diritti per l’istruttoria del fido, le spese di tenuta conto e per le singole operazioni, i diritti di segreteria, parimenti mai pattuiti, l’illegittima applicazione dei cosiddetti giorni valuta sulle operazioni in conto corrente, ed anche l’usurarietà del tasso di interesse.
Pertanto, gli attori chiedevano venisse dichiarata la nullità dei contratti  e  delle  clausole  relative  alle  predette  voci,  con conseguente accertamento del saldo reale alla data dell’ultimo estratto conto in atti, calcolato partendo da un saldo pari a zero ovvero, in subordine, dal primo saldo utile.
Il Tribunale di Cagliari respingeva le domande.
La Corte di appello di Cagliari rigettava il gravame dei signori COGNOME, previa affermazione della sussistenza della loro legittimazione attiva.
In particolare, la Corte di appello rilevava la infondatezza della censura di nullità dei contratti bancari per difetto della necessaria forma scritta in quanto sottoscritti da entrambe le parti del rapporto; dichiarava, invece, la nullità per indeterminatezza dell’oggetto della cms in quanto meramente indicata senza alcuna specificazione in ordine al metodo e periodicità di calcolo. Tuttavia, la Corte rilevava il carattere temporalmente limitato di tale pronuncia di nullità, giacché nel corso del rapporto, le parti avevano pattuito la cms in termini specifici sia quanto alla misura dello 0,50% per utilizzi fino a 200.000,00 euro e nella misura dello 0,85% per utilizzi superiori, per cui non se ne poteva ritenere la nullità.
Anche la commissione di disponibilità fondi e la commissione di affidamento erano state specificamente pattuite fra le parti. Per quanto concerne la commissione di istruttoria veloce la Corte rilevava che la censura di mancata pattuizione era stata formulata per la prima volta in appello, per cui, trattandosi di domanda nuova, era da ritenersi inammissibile.
In ordine alla usurarietà dei tassi la C orte distrettuale all’esito di  CTU  escludeva  il  superamento  originario  del  tasso  soglia rilevato solo nel primo trimestre 2005 e nel secondo trimestre 2007, con conseguente ricalcolo per detti periodi del tasso nei limiti di quello soglia.
In conclusione, la Corte di appello, previa affermazione della legittimazione attiva dei garanti della società signori NOME COGNOME  e  NOME  COGNOME,  rideterminava  il  saldo  di  conto corrente  al  12/7/2013  del  c/c  n  40990  in  €  211.242,61  a debito  della  correntista  società  RAGIONE_SOCIALE e del c/c n. 40995 nell’importo di € 8.584,10 a credito della medesima società, compensando per due terzi le spese e condannando nel resto la Banca.
La  sentenza  è  stata  impugnata  dai  signori  COGNOME  e  dalla società, con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la Banca.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, primo comma n. 3 c.p.c. , dell’articolo 117  e  118  TUB  e  degli  articoli  1418,  1346,  1325  c.c.,  con riferimento alla clausola di cms, di commissione disponibilità fondi e di commissione di istruttoria veloce.
In  particolare,  i  ricorrenti  eccepiscono  la  indeterminatezza della clausola di cms, nella misura in cui la predetta clausola si limiterebbe ad indicare che fino ad un determinato valore si applica  una  percentuale,  mentre  oltre  il  medesimo  una percentuale  maggiorata,  senza  chiarire  qual  è  lo  scoperto rilevante a tal fine. Pertanto, non risulterebbe soddisfatto il requisito della determinabilità in relazione al metodo di calcolo da applicarsi in concreto.
In ordine alla commissione di disponibilità fondi si rileva come nel documento richiamato al c/c 40995 si legge testualmente ‘c.d.f. 0,0000%’ , per cui non pare potersi porre in dubbio la volontà delle parti di non prevedere alcun costo a tale titolo. In ordine, infine, alla commissione di istruttoria veloce si pone in evidenza come in nessun documento prodotto si evince una pattuizione in tal senso.
Con  il  secondo  motivo  di  ricorso  si  deduce  la  violazione  di legge ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 c.c. , nonché dell’art. 112 c.p.c..
La Corte di appello non si sarebbe pronunciata sulle doglianze in tema di disciplina antiusura, sebbene risulti un superamento del tasso soglia.
Il primo motivo è inammissibile.
Ed invero, la censura si risolve in un’inammissibile istanza di revisione  delle  valutazioni  e  dei  convincimenti  espressi  dal giudice di merito, finalizzata ad ottenere una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed alle finalità del giudizio  di  cassazione.  La  Corte  distrettuale  ha  ritenuto  le clausole  valide  ed  efficaci,  nella  misura  in  cui  le  stesse risultano  pattuite  per  iscritto  e  specificamente  determinate quanto all’oggetto.
Tale  accertamento  di  merito  non  è  sindacabile  in  sede  di legittimità  soprattutto,  laddove  la  censura  sia  meramente riproduttiva dei motivi di appello già esaminati dalla sentenza impugnata senza specifiche ed ulteriori contestazioni rispetto a quelle già dedotte in sede di merito.
In ordine alla civ. è da rilevarsi che la censura non si confronta con  la  decisione,  nella  misura  in  cui  non  aggredisce  la motivazione  in  ordine  alla  eccezione  avente  ad  oggetto  la novità della domanda in appello.
Il secondo motivo col quale si denuncia l’omessa pronuncia in tema di usurarietà è viceversa infondato.
Al riguardo, è da rilevarsi come la Corte si sia pronunciata in ordine alla eccepita usurarietà, rimettendosi alle conclusioni della  CTU  in  ordine  al  superamento del tasso  soglia  solo  in corso di rapporto; ad ogni buon conto, è da rilevarsi che la sentenza impugnata, limitandosi a riformare la decisione di prime  cure  soltanto  con  riferimento  alle  commissioni,  ha, comunque,  rigettato  implicitamente  la doglianza relativa all’usurarietà dei tassi .
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La  Corte  rigetta  il  ricorso.  Condanna  la  parte  ricorrente  al pagamento delle spese di lite che liquida in € 7.000,00 per compensi professionali oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,