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Contratti bancari: nullità per indeterminatezza clausole

Una società di costruzioni e i suoi fideiussori hanno contestato la validità di alcuni contratti bancari, lamentando la nullità di clausole relative a commissioni e interessi per indeterminatezza e presunta usurarietà. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo inammissibile la richiesta di riesame dei fatti e infondata la censura di omessa pronuncia sull’usura, confermando così la decisione della Corte d’Appello che aveva solo parzialmente corretto il saldo dei conti correnti.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratti bancari: la Cassazione sulla validità delle clausole e i limiti del ricorso

I contratti bancari sono spesso al centro di contenziosi legati alla trasparenza e alla determinatezza delle clausole economiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile contestare tali accordi, sottolineando la differenza tra un errore di diritto e una semplice richiesta di riesame dei fatti, non ammissibile in sede di legittimità.

I Fatti di Causa

Una società di costruzioni, insieme ai suoi fideiussori, citava in giudizio un istituto di credito chiedendo di accertare la nullità dei contratti di conto corrente e di conto anticipi. Le contestazioni principali riguardavano la presunta assenza di forma scritta, la nullità di diverse clausole relative a costi e commissioni, e l’applicazione di tassi di interesse usurari.

In particolare, i ricorrenti lamentavano:
* L’addebito di interessi ultralegali non pattuiti.
* La capitalizzazione trimestrale degli interessi.
* La nullità della commissione di massimo scoperto (CMS) per indeterminatezza.
* L’illegittimità di altre commissioni (affidamento, disponibilità fondi, istruttoria fido) e spese.
* L’applicazione di giorni valuta sfavorevoli.

L’obiettivo era ottenere un ricalcolo del saldo del conto, partendo da un saldo zero o, in subordine, dal primo saldo utile documentato.

La Decisione dei Giudici di Merito

Il Tribunale di primo grado rigettava completamente le domande. La Corte di Appello, invece, accoglieva parzialmente il gravame. Pur confermando la validità generale dei contratti, sottoscritti da entrambe le parti, dichiarava la nullità della clausola sulla CMS per indeterminatezza dell’oggetto, ma solo per un periodo limitato. La Corte rilevava, infatti, che nel corso del rapporto le parti avevano successivamente pattuito in modo specifico le percentuali della commissione, sanando l’originaria indeterminatezza.

Per quanto riguarda l’usura, la Corte, basandosi su una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), escludeva un superamento originario del tasso soglia, rilevandolo solo in due specifici trimestri. Di conseguenza, disponeva un ricalcolo limitato a quei periodi. Infine, rideterminava il saldo dei due conti correnti, compensando parzialmente le spese di lite.

L’Analisi della Cassazione e i limiti dei contratti bancari

La società e i fideiussori proponevano ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. La violazione di legge in riferimento all’indeterminatezza delle clausole su CMS e altre commissioni.
2. L’omessa pronuncia della Corte d’Appello sulle doglianze in materia di disciplina antiusura.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo inammissibile e il secondo infondato, respingendo integralmente il ricorso.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito un punto fondamentale del processo civile: il giudizio di cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo scopo non è rivalutare i fatti o le prove, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge. Il primo motivo del ricorso, secondo la Corte, si risolveva in una richiesta di nuova valutazione delle clausole contrattuali, un’attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già accertato che le commissioni erano state pattuite per iscritto e determinate, e tale accertamento di fatto non era sindacabile.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla presunta omessa pronuncia sull’usura, la Cassazione ha ritenuto la censura infondata. La Corte d’Appello, pur non dedicando un capitolo specifico della sentenza alla questione, si era di fatto pronunciata rimettendosi alle conclusioni della CTU e riformando la decisione di primo grado solo per quanto concerneva le commissioni. Questo, secondo gli Ermellini, equivale a un rigetto implicito della doglianza sull’usurarietà dei tassi, che quindi era stata esaminata e decisa.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che il ricorso per cassazione deve concentrarsi su precise violazioni di legge e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito. Le contestazioni fattuali devono essere esaurite in appello. In secondo luogo, chiarisce che una pronuncia può essere anche implicita: quando un giudice riforma una sentenza solo su alcuni punti, si presume che abbia rigettato le altre censure non accolte. Per i correntisti, emerge l’importanza di formulare in modo chiaro e completo tutte le contestazioni fin dal primo grado di giudizio, poiché le omissioni o le nuove domande in appello possono essere dichiarate inammissibili.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il suo giudizio è di legittimità, non di merito. Non può quindi effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti. Un ricorso che mira a un riesame dei fatti è considerato inammissibile.

Una clausola su una commissione bancaria inizialmente indeterminata può diventare valida?
Sì. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che, sebbene una clausola sulla commissione di massimo scoperto fosse inizialmente indeterminata, le parti l’hanno successivamente resa specifica attraverso pattuizioni scritte, sanando così il vizio originario e rendendo la clausola valida per il periodo successivo.

Se un giudice d’appello non si pronuncia espressamente su un motivo di gravame, la sentenza è nulla?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che una pronuncia può essere anche implicita. Se la Corte d’Appello riforma la sentenza di primo grado solo su alcuni punti, si considera che abbia implicitamente rigettato tutti gli altri motivi di gravame che non sono stati accolti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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