LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Contratti a termine: la Cassazione e la non contestazione

Un percussionista, impiegato da una fondazione lirica con numerosi contratti a termine dal 1995, ha fatto causa per ottenere la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso, confermando la legittimità dei contratti a termine. La Corte ha sottolineato come la mancata contestazione da parte del lavoratore delle specifiche ragioni artistiche indicate nel contratto sia stata decisiva. Questo principio, noto come ‘relevatio ad onere probandi’, ha sollevato il datore di lavoro dall’onere di provare tali ragioni. Gli altri motivi di ricorso, relativi alla durata massima e al pensionamento di un collega, sono stati giudicati inammissibili o irrilevanti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratti a termine nelle fondazioni liriche: il valore della non contestazione

L’uso reiterato di contratti a termine è una questione centrale nel diritto del lavoro, specialmente in settori con esigenze produttive particolari come quello delle fondazioni lirico-sinfoniche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla legittimità di tali contratti e, soprattutto, sul valore processuale della mancata contestazione dei fatti da parte del lavoratore. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per lavoratori e datori di lavoro.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un musicista, percussionista di professione, impiegato presso una nota Fondazione Lirica sin dal 1995 attraverso una lunga successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Il lavoratore ha adito il Tribunale per chiedere che venisse accertata l’illegittimità dell’ultimo contratto a termine, stipulato nel novembre 2018, e che il suo rapporto di lavoro fosse trasformato in uno a tempo indeterminato, oltre al risarcimento del danno.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda: pur riconoscendo l’illegittimità del termine per assenza di reali ragioni temporanee, aveva escluso la possibilità di conversione del rapporto (data la natura pubblica della fondazione) e aveva concesso un’indennità risarcitoria. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato completamente la decisione, respingendo tutte le richieste del musicista.

Contro la sentenza d’appello, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi, tra cui la violazione delle norme sui contratti a termine e l’errata valutazione delle prove.

I motivi del ricorso e l’analisi dei contratti a termine

Il ricorrente ha sostenuto principalmente quattro punti:

1. Errata applicazione dell’onere della prova: Secondo il lavoratore, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova, non richiedendo alla Fondazione di dimostrare l’effettiva sussistenza delle ragioni produttive e artistiche indicate nel contratto.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Il giudice di secondo grado non avrebbe considerato un fatto ritenuto cruciale, ovvero il pensionamento di un altro percussionista stabile, che avrebbe reso strutturale e non più temporanea l’esigenza di personale.
3. Mancata applicazione della nuova normativa: Il ricorso lamentava l’omessa applicazione della disciplina più restrittiva introdotta dal cosiddetto “Decreto Dignità” (D.L. n. 87/2018) ai rinnovi contrattuali.
4. Violazione del limite di durata massima: Infine, si contestava il calcolo della durata massima del rapporto a termine, sostenendo che si dovessero considerare tutti i contratti intercorsi e non solo quelli impugnati nei termini di decadenza.

La gestione dei contratti a termine secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni della Suprema Corte sono fondamentali per comprendere la disciplina dei contratti a termine e le dinamiche processuali.

Il Principio di Non Contestazione

Il punto cardine della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.). Il contratto indicava specifiche ragioni giustificatrici: “esigenze di partitura legate alle produzioni programmate nella stagione d’opera 2018/2019, che richiedono un organico imponente e soprannumerario”.

Poiché il lavoratore non ha mai contestato di essere stato effettivamente impiegato per quelle specifiche produzioni, il fatto storico si è considerato come accertato. Questo ha prodotto l’effetto della relevatio ad onere probandi, esonerando la Fondazione dal dover fornire ulteriori prove. In sostanza, se il lavoratore non contesta specificamente i fatti allegati dal datore di lavoro, questi si presumono veri ai fini del processo.

La Pluralità di Ratio Decidendi

Per quanto riguarda la durata massima dei contratti, la Cassazione ha evidenziato come la sentenza d’appello si basasse su una doppia motivazione (una pluralità di ratio decidendi). La prima era che la presenza di una “ragione obiettiva” in ogni contratto era di per sé una misura sufficiente a prevenire gli abusi, in linea con la normativa europea. La seconda era che, anche a voler calcolare la durata, considerando solo i contratti non prescritti, il limite massimo non era stato superato.

Il ricorrente non è riuscito a scalfire la prima ratio. Di conseguenza, anche se le sue critiche alla seconda fossero state fondate, la decisione sarebbe rimasta in piedi, rendendo l’esame di quel motivo irrilevante.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto inammissibili o infondati tutti i motivi di ricorso. Sul primo punto, ha chiarito che l’onere della prova non è stato invertito; piuttosto, il fatto storico è stato considerato provato a causa della mancata contestazione da parte del lavoratore. Questo non è un errore di diritto, ma una corretta applicazione dei principi processuali. Sul secondo punto, il pensionamento del collega non è stato ritenuto un “fatto decisivo” omesso, ma un elemento di contesto non sufficiente a smentire la natura temporanea delle esigenze addotte nel contratto. Il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile per novità, in quanto la questione sull’applicabilità del “Decreto Dignità” non era stata sollevata adeguatamente nei gradi di merito. Infine, il quarto motivo è stato giudicato inammissibile perché non attaccava efficacemente una delle due autonome ragioni che sostenevano la decisione d’appello.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma alcuni principi fondamentali nel contenzioso sui contratti a termine. Innanzitutto, sottolinea l’importanza strategica della contestazione specifica dei fatti: un lavoratore che intende impugnare un contratto a termine non può limitarsi a negare la legittimità delle causali in astratto, ma deve contestare i fatti specifici addotti dal datore di lavoro. In secondo luogo, la pronuncia conferma che, in presenza di una decisione fondata su più ragioni autonome e sufficienti, il ricorso in Cassazione deve contestarle tutte con successo, pena l’inammissibilità. Per le fondazioni liriche e altri datori di lavoro con esigenze flessibili, la sentenza ribadisce che la corretta e dettagliata indicazione delle ragioni oggettive e temporanee nel contratto costituisce la prima e più importante forma di tutela contro future contestazioni.

Quando un datore di lavoro è esonerato dal provare le ragioni di un contratto a termine?
Secondo la Corte, il datore di lavoro è esonerato dall’onere di provare i fatti posti a fondamento della causale del contratto a termine (effetto di ‘relevatio ad onere probandi’) quando il lavoratore, nel suo ricorso, non contesta specificamente che tali fatti si siano verificati. La semplice affermazione generica di illegittimità non è sufficiente.

Il pensionamento di un dipendente stabile rende automaticamente illegittimo un contratto a termine per la stessa mansione?
No. La Corte ha ritenuto che il pensionamento di un lavoratore stabile non è di per sé un ‘fatto decisivo’ che dimostra la natura strutturale, e non più temporanea, dell’esigenza. Un’assunzione a termine potrebbe essere comunque giustificata, ad esempio, per coprire il periodo necessario all’espletamento di un concorso per una nuova assunzione a tempo indeterminato.

Per calcolare la durata massima di 36 mesi dei contratti a termine, si contano anche i contratti per cui è scaduto il termine per l’impugnazione?
La Corte non entra nel merito della questione in modo definitivo, ma respinge il motivo di ricorso perché la sentenza d’appello si basava su una doppia motivazione. Una di queste era che, in ogni caso, la presenza di una ‘ragione obiettiva’ in ogni singolo contratto costituiva una misura sufficiente a prevenire abusi, rendendo secondaria la questione del superamento del limite di durata complessiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati