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Contratti a termine agricoltura: i limiti per enti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14924/2024, ha stabilito che un ente pubblico non economico non può essere qualificato come imprenditore agricolo. Di conseguenza, non può beneficiare delle deroghe previste per i contratti a termine agricoltura. La Corte ha ribadito che il concetto di ‘stagionalità’ deve essere interpretato in senso restrittivo, escludendo le attività continuative. La sentenza di secondo grado, che aveva giustificato la reiterazione di contratti a termine, è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratti a termine agricoltura: La Cassazione fissa i paletti per gli enti pubblici

L’uso dei contratti a termine in agricoltura è un tema complesso, governato da normative che cercano di bilanciare la flessibilità richiesta dalle attività stagionali con la tutela dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 14924 del 28 maggio 2024, interviene con principi chiari, specialmente quando il datore di lavoro è un ente pubblico non economico. La decisione chiarisce i limiti all’utilizzo di tali contratti, ribadendo un’interpretazione rigorosa del concetto di stagionalità.

Il caso: l’abuso di contratti a termine da parte di un ente pubblico

Un lavoratore agricolo ha prestato servizio per un Ente di Sviluppo Agricolo dal 1990 al 2018, attraverso una serie di contratti a tempo determinato. Le sue mansioni includevano lavori meccanici in agricoltura e attività presso un Centro di Meccanizzazione Agricola. Ritenendo illegittima la reiterazione dei contratti per un periodo così lungo, il lavoratore si è rivolto al Tribunale, che gli ha dato ragione, condannando l’ente al risarcimento del danno per l’utilizzo abusivo di contratti a termine.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. Accogliendo il ricorso dell’ente, ha affermato che nel settore agricolo la stagionalità non è l’unica ragione che può giustificare deroghe alla normativa sui contratti a termine. Secondo i giudici di secondo grado, le caratteristiche intrinseche dell’attività agricola renderebbero compatibile una successione di contratti anche per mansioni non strettamente stagionali. Di conseguenza, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione.

La disciplina dei contratti a termine in agricoltura e la decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso del lavoratore, cassando la sentenza d’appello e delineando principi fondamentali per la gestione dei contratti a termine in agricoltura da parte di enti pubblici.

L’ente pubblico non è un imprenditore agricolo

Il primo punto cruciale chiarito dalla Cassazione è la natura giuridica dell’ente datore di lavoro. L’Ente di Sviluppo Agricolo è un ente pubblico non economico, soggetto alla disciplina del pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001). Come tale, non può essere qualificato come ‘imprenditore agricolo’ ai sensi dell’art. 2135 c.c. Questa distinzione è fondamentale perché le deroghe speciali previste per i contratti a termine nel settore agricolo (come quelle dell’art. 10 del D.Lgs. 368/2001) si applicano solo ai datori di lavoro che rientrano nella definizione di imprenditore agricolo, escludendo quindi l’ente in questione.

L’interpretazione rigorosa del concetto di ‘stagionalità’

La Corte ha specificato che il concetto di ‘attività stagionale’ deve essere inteso in senso stretto. Esso comprende solo le situazioni aziendali legate a cicli naturali e a picchi di lavoro temporanei. Non rientrano in questa categoria le attività che, pur svolgendosi in un contesto agricolo, hanno carattere continuativo e stabile durante tutto l’anno. Attività come la manutenzione di macchinari, la custodia di impianti o la preparazione per la stagione successiva, se svolte in modo permanente, richiedono un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

L’onere della prova grava sul datore di lavoro

Un altro principio ribadito è quello relativo all’onere della prova. Spetta al datore di lavoro dimostrare che le mansioni svolte dal lavoratore erano esclusivamente legate ad attività stagionali. Il contratto stesso deve specificare chiaramente il nesso con la stagionalità. In caso di contestazione, il giudice deve accertare in concreto le mansioni svolte e la loro effettiva natura temporanea. L’incapacità di fornire tale prova comporta l’illegittimità del termine apposto al contratto.

Le motivazioni della decisione

La Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme e di un consolidato orientamento giurisprudenziale. Ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva errato nel considerare le deroghe per l’agricoltura come estensibili a qualsiasi esigenza oggettiva del settore, svincolandole dal requisito imprescindibile della stagionalità. La naturale ciclicità dell’agricoltura non giustifica di per sé la precarizzazione di rapporti di lavoro che rispondono a esigenze permanenti dell’azienda. I lavoratori adibiti stabilmente a mansioni necessarie per tutto l’anno, anche se in un’azienda stagionale, devono essere assunti a tempo indeterminato.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rafforza le tutele per i lavoratori del settore agricolo, specialmente quelli impiegati da enti pubblici. Si stabilisce che un ente pubblico non economico non può avvalersi delle deroghe previste per gli imprenditori agricoli privati. Inoltre, si impone una visione restrittiva della ‘stagionalità’, ancorandola a esigenze effettivamente temporanee e non a necessità operative stabili. La decisione implica che i datori di lavoro, pubblici e privati, devono valutare con estrema attenzione la natura delle mansioni prima di ricorrere a contratti a tempo determinato, poiché l’onere di dimostrarne la legittimità ricade interamente su di loro. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame basato sui principi stabiliti.

Un ente pubblico non economico può essere considerato un imprenditore agricolo ai fini della normativa sui contratti a termine?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ente pubblico non economico non è qualificabile come imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c. e, pertanto, non può beneficiare delle specifiche deroghe in materia di contratti a termine previste per il settore agricolo.

Cosa si intende per ‘attività stagionale’ che giustifica un contratto a termine in agricoltura?
Per ‘attività stagionale’ si intendono solo quelle situazioni aziendali strettamente collegate a un’esigenza temporanea, limitata a una stagione. Attività continuative che si protraggono per tutto l’anno, come la manutenzione di macchinari o la preparazione degli impianti, non sono considerate stagionali e richiedono un contratto a tempo indeterminato.

In caso di contestazione, chi deve provare la natura stagionale delle mansioni in un contratto a termine agricolo?
L’onere di provare che il lavoratore è stato adibito esclusivamente ad attività stagionali grava sul datore di lavoro. Il contratto deve contenere un chiaro riferimento alla stagionalità e il datore deve essere in grado di dimostrare in concreto la natura temporanea delle prestazioni effettivamente svolte dal lavoratore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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