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Contratti a progetto: quando sono lavoro subordinato?

La Corte di Cassazione conferma la riqualificazione di diversi contratti a progetto in rapporti di lavoro subordinato. La decisione si basa sulla genericità dei progetti, che di fatto coincidevano con l’attività ordinaria dell’azienda, e sulla presenza di chiari indici di subordinazione come orario fisso, controllo costante e retribuzione fissa. L’ordinanza sottolinea che la sostanza del rapporto prevale sulla forma contrattuale, legittimando la richiesta di contributi previdenziali da parte dell’ente preposto.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Contratti a progetto: la Cassazione stabilisce quando diventano lavoro subordinato

L’uso di contratti a progetto è stato per anni al centro di dibattiti legali, soprattutto quando utilizzati per mascherare veri e propri rapporti di lavoro subordinato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non conta il nome dato al contratto, ma la reale modalità con cui si svolge la prestazione lavorativa. Analizziamo questa decisione per capire quali sono i campanelli d’allarme che possono portare alla riqualificazione del rapporto e alle conseguenti richieste di contributi.

I Fatti del Caso: Progetti Standardizzati e Controllo Costante

Una società di servizi si è opposta a un avviso di addebito emesso da un ente previdenziale per il mancato versamento dei contributi relativi ad alcuni collaboratori. L’azienda sosteneva di averli assunti con regolari contratti a progetto. Tuttavia, a seguito di un’ispezione, l’ente aveva riqualificato tali rapporti in lavoro subordinato, ritenendo che i progetti fossero fittizi e che i collaboratori fossero, di fatto, dei dipendenti.

La Corte d’Appello aveva già dato ragione all’ente, evidenziando che i progetti descritti nei contratti erano generici e si limitavano a riprendere l’oggetto sociale dell’azienda, ovvero l’attività di gestione e riscossione tributi. Inoltre, l’istruttoria aveva dimostrato che i collaboratori erano soggetti a un potere direttivo e di controllo tipico del lavoro dipendente: rispettavano un orario fisso, timbravano il cartellino, ricevevano una retribuzione fissa, svolgevano mansioni ripetitive sotto la supervisione di referenti aziendali e venivano ripresi in caso di errori. La società, insoddisfatta, ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione sui contratti a progetto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso, qualificandoli come un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di legittimità. La decisione finale ha quindi consolidato la riqualificazione dei rapporti e l’obbligo per l’azienda di versare i contributi omessi.

Le Motivazioni: la Sostanza Prevale sulla Forma

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali.

In primo luogo, ha confermato la genericità del progetto. Secondo un orientamento consolidato, un contratto a progetto manca del requisito di specificità quando il suo oggetto coincide con la normale attività d’impresa. Nel caso specifico, i progetti indicati come “verifica, accertamento, elaborazione dati, produzione avvisi e ricezione dei contribuenti” non erano altro che l’attività ordinaria e continuativa dell’azienda. I contratti erano inoltre “standardizzati”, quasi identici tra loro, rafforzando l’idea di un’esigenza strutturale dell’impresa piuttosto che di un obiettivo specifico e definito.

In secondo luogo, la Corte ha dato peso agli indici sintomatici della subordinazione emersi durante il processo. Gli elementi raccolti erano inequivocabili:

* Orario di lavoro fisso e timbratura del cartellino.
* Retribuzione fissa e non legata al risultato del progetto.
* Mansioni ripetitive svolte sotto il controllo e le direttive di referenti aziendali.
* Esercizio del potere disciplinare (rimproveri per errori).
* Continuità della mansione: i collaboratori che erano stati successivamente assunti con contratto di lavoro subordinato avevano continuato a svolgere le stesse identiche attività.

La Corte ha chiarito che, di fronte a un quadro probatorio così solido, le argomentazioni della società sulla presunta autonomia dei collaboratori non potevano trovare accoglimento. La presenza di un potere direttivo e organizzativo esercitato da persone che agivano per conto della società era la prova definitiva della natura subordinata del rapporto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Aziende e Lavoratori

Questa ordinanza rappresenta un monito importante per le aziende. La qualificazione formale di un contratto come “a progetto” o come altra forma di lavoro autonomo non è sufficiente a proteggere dal rischio di riqualificazione se le modalità concrete di esecuzione della prestazione rivelano un vincolo di subordinazione. Le imprese devono assicurarsi che i progetti affidati a collaboratori esterni siano realmente specifici, autonomi e non si sovrappongano alla normale attività produttiva. Per i lavoratori, questa decisione rafforza la tutela, confermando che i loro diritti non dipendono dal nome del contratto, ma dalla realtà effettiva del loro lavoro quotidiano.

Quando un contratto a progetto può essere considerato un rapporto di lavoro subordinato?
Un contratto a progetto viene riqualificato in rapporto di lavoro subordinato quando il progetto è generico e coincide con la normale attività dell’impresa e, soprattutto, quando il lavoratore opera sotto le direttive e il controllo del committente, con indici quali orario fisso, retribuzione fissa e mansioni ripetitive.

È sufficiente che un contratto indichi un progetto specifico e una durata per essere valido?
No. Secondo la Corte, anche se il contratto contiene formalmente un progetto, una durata e un corrispettivo, questi elementi non sono sufficienti se nella pratica il rapporto si svolge con le caratteristiche della subordinazione e il progetto è così generico da confondersi con l’oggetto sociale dell’azienda.

La Corte può basare la sua decisione su una valutazione complessiva di più rapporti di lavoro?
Sì. La Corte ha affermato che è possibile compiere una valutazione complessiva, specialmente in casi dove i contratti sono “standardizzati” e sostanzialmente identici tra loro. Non è indispensabile esaminare separatamente le prove per ogni singolo rapporto per motivare la genericità dei progetti e la natura subordinata della prestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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