Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 25042 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 25042 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8838-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE MESSINA, in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 721/2022 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 10/10/2022 R.G.N. 777/2016;
Oggetto
IMPIEGO PUBBLICO
R.G.N.8838/2023
COGNOME
Rep.
Ud.15/04/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
Con ricorso depositato il 27/04/2017, NOME COGNOME esponeva di aver stipulato in data 06/12/2002 -previo superamento della selezione pubblica per titoli e colloquio tecnico, bandita dall’RAGIONE_SOCIALE Messina -un contratto ‘di diritto privato’, in qualità di medico veterinario, per l’espletamento del progetto denominato “Sistema di Sorveglianza della BSE, di profilassi della Blue tongue e di eradicazione della BR, TBC e LEB” (delibera n. 3370 del 19/6/2002). Precisava di avere svolto i controlli sanitari previsti dalla normativa di settore con un carico orario contrattualmente previsto di almeno 24 ore settimanali. Detto incarico veniva rinnovato con delibera del gennaio 2004 seguita dalla sottoscrizione di nuovo contratto.
Con delibera n. 367 del 2/2/2005 l’Asl introduceva un nuovo schema contrattuale denominato ‘contratto di prestazioni libero professionali per l’espletamento del progetto specifico’: ‘Sistemi di reti di sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive e infestive degli animali domestici, della tutela igienico sanitaria degli alimenti di origine animale in tutta la filiera’, rinnovando, pertanto, l’incarico libero professionale al ricorrente. Anche se l’orario di lavoro era contrattualmente sempre quello delle 24 ore, il ricorrente riferiva che l’attività da lui svolta era significativamente più estesa, di circa 30 ore settimanali distribuite tra quattro-cinque giorni.
Nonostante fosse intervenuto in data 233 2005 l’Accordo Collettivo Nazionale (A.C.N.) che all’art 13 estendeva il proprio campo di applicazione ‘ai medici veterinari a rapporto convenzionale con le Aziende Usl per l’espletamento di attività
istituzionali’, pure prevedendo con la norma transitoria n. 4 l’adozione delle clausole normative ed economiche del presente Accordo ai rapporti convenzionali a tempo determinato, in corso alla data di pubblicazione del presente accordo e non conformi a quanto disposto dall’art. 2 nonies della legge 26/05/2004 n. 138, deduceva che l’Azienda non aveva apportato alcuna modifica e, anche alla scadenza fissata al 31/12/2005, l’incarico era stato rinnovato al 2006, e, quindi, prorogato per gli anni 2007, 2008 e 2009, mantenendo lo stesso trattamento economico e giuridico.
Solo nel gennaio del 2010 l’Asp trasformava il contratto di diritto privato, di cui era titolare esso ricorrente, in incarico a tempo indeterminato ai sensi dell’art 23 dell’A.C.N..
Pertanto, chiedeva il riconoscimento per il periodo 2002/2010 del trattamento spettante ai medici convenzionati, nella misura prevista dall’ACN 23 marzo 2005 da maggiorarsi con interessi legali e rivalutazione monetaria, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Il Tribunale di Messina rigettava le domande rilevando la legittimità dei contratti intercorsi fra le parti, in virtù dell’espressa previsione normativa di cui all’art. 15 septies, comma 5 bis, D.Lgs. n. 502/1992, secondo cui ‘Per specifici progetti, fina lizzati ad assicurare l’attività libero professionale, le aziende sanitarie possono, altresì, assumere il personale medico necessario, con contratti di diritto privato a tempo determinato….’ Ciò posto il Tribunale non ravvisava alcuna illegittimità nell’azione dell’ASP Messina che ‘ha esercitato la sua discrezionalità nell’avvalersi di professionalità esterne, mediante l’utilizzo di contratti di diritto provato a tempo determinato’.
Ad avviso del giudice di prime cure, il ricorrente veniva assunto per l’attuazione dei c.d. progetti finalizzati la cui natura contingente delle finalità non consente di far discendere l’equiparabilità dei medici convenzionati con quelli facenti parte stab ile della pianta organica interna all’azienda.
La Corte di appello riformava la sentenza del Tribunale rilevando, in primo luogo, che i contratti risultavano stipulati non già ai sensi dell’art. 15 septies, ma ai sensi dell’art. 15 octies del D.Lgs. 502/92, come modificato dall’art. 13 del D.Lgs. 299/99, n onché ai sensi dell’art. 7 comma 6, del D.Lgs. n. 165/01.
La prima delle richiamate disposizioni così recita: ‘Per l’attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell’attività ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 1, comma 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal fine disponibili, assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale, nonché di abilitazione all’esercizio della professione, ove prevista’.
La richiamata disposizione va letta in correlazione con quanto previsto dalla seconda disposizione indicata -art 7 comma 6 la cui formulazione, vigente ai tempi della stipula dei primi contratti, è la seguente ‘Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione’.
Ciò posto, la corte distrettuale rilevava che i contratti a tempo determinato erano stati stipulati per l’assolvimento di un
servizio strettamente connesso all’attività ordinaria dell’amministrazione stessa, nel senso che esso corrisponde alle competenze attribuite dall’ordinamento alla amministrazione conferente, riguardando una parte delle competenze specifiche del Dipartimento di Prevenzione veterinario che ha fra i propri precipui fini quello di innalzare i livelli sanitari di sicurezza delle popolazioni animali, con la riduzione dell’incidenza delle infezioni zoonosiche e di quella maggiore rilevanza zoosanitaria e con l’er adicazione degli allevamenti ovi-caprini della brucellosi e dagli allevamenti bovini della tubercolosi, brucellosi e leucosi bovina enzootica.
La Corte distrettuale riconduceva il rapporto di lavoro nell’ambito delle collaborazioni coordinate e continuative affermando la sua assimilazione anche ai fini economici ai rapporti convenzionati ai sensi dell’art. 2 nonies Legge 138/2004, nonché della norma transitoria n. 4 ACN 2005 ricorrendo congiuntamente i requisiti della continuità, della coordinazione e della natura prevalentemente personale delle prestazioni.
La sentenza veniva impugnata da ASP Messina, con ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui il signor COGNOME resisteva con controricorso.
La Procura Generale rassegnava conclusioni scritte per l’accoglimento del ricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la Azienda Sanitaria Provinciale di Messina deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 15 octies, D.Lgs. n. 502/1992, dell’art. 7. D.Lgs. n. 165/2001 e dell’art. 61 D.Lgs. n. 276/2001 in relazione all’art. 360, co mma 1, n. 3 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente la stipulazione dei contratti ex art. 15 octies, D.Lgs. n. 502/1992 è da ritenersi pienamente legittima in quanto finalizzata all’attuazione di progetti non sostitutivi dell’attività ordinaria, per esigenze cui le aziende sanitar ie locali non possono far fronte con personale in servizio (artt. 15 octies D.Lgs. n. 502/1992 in combinato disposto con l’art. 7, comma 6, D.Lgs. n. 165/2001).
Ciò posto, l’odierna ricorrente deliberava legittimamente la contrattualizzazione di 44 medici veterinari, al fine di attivare ‘un progetto finalizzato alla sorveglianza della Blue Tongue e all’eradicazione della BR, YBC e LEB in ragione della fase emergen ziale dell’epoca D.Lgs. n. 502/1992e dell’assenza di tracciamento in tutto il territorio regionale’.
Pertanto, la Corte distrettuale riteneva erroneamente illegittimi i contratti sottoscritti con il signor COGNOME in quanto relativi ad attività sussumibili nei compiti ordinari dell’amministrazione. Inoltre, ad avviso della ricorrente, la corte avrebbe erroneamente ritenuto che il progetto finalizzato contenuto nei contratti non dovesse rientrare tra le finalità generali ed istituzionali dell’Ente, atteso che, invece, era evidente che l’oggetto del contratto rientrasse tra le attività istituzionali, ma che era stato stipulato per lo svolgimento di attività non ordinariamente svolta dalle figure stabilmente operanti nell’ASP, che non era in grado di garantire con questi ultimi la copertura dell’emergenza sanitaria indicata nei contratti.
Per quanto concerne la valutazione operata dalla Corte relativamente alla esclusione della sussistenza di un progetto finalizzato, la ricorrente lamenta la valutazione operata dalla corte di merito che ha ritenuto l’oggetto dei contratti sostitutivo dell’attività ordinaria, nella misura in cui il ‘progetto’ per essere lecito non deve essere necessariamente del tutto avulso
dall’attività ordinaria a patto che coinvolga un parcellare segmento della stessa, richiamando al riguardo giurisprudenza di questa Corte secondo cui il lavoro a progetto non richiede che il progetto specifico debba inerire ad un’attività eccezionale rispetto a quella ordinaria, ma è necessaria la riconducibilità dell’attività ‘a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa’ (cfr. Cass. Civ. sez. lav., 25 febbraio 2019, n. 5418).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 409, n. 3 c.p.c., dell’art. 2222, c.c. e degli artt. 13 e 21 ACN 2005 dei medici veterinari in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
Ad avviso della ricorrente la Corte territoriale ha erroneamente qualificato il rapporto a progetto ex art 15 octies, D.Lgs. n. 502/1992 nell’alveo dei rapporti disciplinati dall’art. 8 D.Lgs. n. 502/1992 e dell’ACN Medici veterinari 2005.
La censura sottopone a critica la qualificazione del rapporto lavorativo operata dalla corte la quale ha ritenuto la natura parasubordinata dei rapporti intercorsi fra le parti ricorrendo, nel caso di specie, i requisiti della continuità (intesa quale non occasionalità della prestazione) della coordinazione (e cioè della connessione funzionale fra le attività esercitate dalle due parti) e della natura prevalentemente personale delle prestazioni.
Viceversa, la ricorrente evidenzia come il signor COGNOME ha svolto la sua attività in piena autonomia al fine di soddisfare non finalità istituzionali nella loro totalità, come richiesto ai medici convenzionati, ma specifici progetti finalizzati all’obiett ivo di
fronteggiare l’emergenza da Blue Tongue, assolvendo ad un compito afferente ad un segmento parcellare della complessiva attività dell’amministrazione, senza una piena integrazione tra la prestazione resa e la complessiva finalità perseguita dall’ASP. L’assimilazione ai medici convenzionati, inoltre, sarebbe contraria alle previsioni di legge, atteso che questi ultimi hanno assunto le funzioni a seguito di uno specifico processo selettivo, nonché sono tenuti nell’ambito dell’organizzazione distrettuale del servizio a garantire l’attività assistenziale per l’intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana (art. 8 D.Lgs. n. 502/1992).
Inoltre, la corte di merito avrebbe dovuto estendere l’indagine al tipo di impegno profuso e all’attività demandata non potendo la sola natura coordinata e continuativa del rapporto da sola essere sufficiente a ricondurre il rapporto in quello convenzionale.
Con il terzo ed ultimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della norma transitoria n. 4 ACN, dell’art. 13 ACN Veterinari del 2005 e degli artt. 2 nonies, L. 138/2004, 15 octies, D.Lgs. n. 502/1992, e degli artt. 1362, 1363 e 1365 c.c. in r elazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
La sentenza di appello avrebbe erroneamente esteso l’applicazione dell’ACN ai medici veterinari non convenzionati sulla base della norma transitoria di cui al n. 4 che risulterebbe applicabile ai medici già convenzionati.
La predetta norma transitoria dell’ACN 2005 stabilisce al comma 1 che i rapporti convenzionali a tempo determinato devono essere conformi a quanto disposto dall’art. 2 nonies della L. n. 138/2004 ed al comma 2 prevede che i rapporti convenzionali non confo rmi adottano dalla data di pubblicazione dell’Accordo
e fino alla loro scadenza le clausole normative ed economiche del presente Accordo.
Pertanto, ad avviso della ricorrente la norma transitoria troverebbe applicazione solo ed unicamente rispetto ai medici veterinari già convenzionati che in virtù di Accordi Regionali o Aziendali abbiano ricevuto un trattamento deteriore rispetto all’accord o nazionale. Tale regime non potrebbe trovare applicazione invece nel caso di specie in cui il medico veterinario operi come libero professionista per lo svolgimento di progetti specifici e finalizzati ai sensi dell’art. 15 octies citato rispetto al quale non opera la esigenza perequativa sopraindicata.
La corte distrettuale avrebbe interpretato in maniera fuorviante la norma transitoria, senza tener conto della effettiva volontà negoziale delle parti e della lettura sistematica della disposizione in violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.. che imponeva di limitare il trattamento giuridico ed economico ai soli medici già convenzionati.
Con il primo motivo la ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente sovrapposto la nozione di attività ordinaria impiegata dal legislatore con riguardo ai contratti conclusi ai sensi dell’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992 a quella di ‘finalità istituzionali dell’Amministrazione’. Inoltre, contesta che il giudice di appello avrebbe male applicato la legge nella parte della sentenza ove aveva esteso ‘le coordinate’ del contratto di lavoro a progetto ex d.lgs. n. 276 del 2003 al contratto privato previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992, in quanto il d.lgs. del 1992 avrebbe posto come unico limite all’assunzione di liberi professionisti con contratti di lavoro privati da parte della P.A. il divieto di assumere medici per svolgere attività ordinaria integralmente sganciata dalla
realizzazione di un progetto specifico messo in campo dalla medesima P.A.
Ad avviso della ricorrente la Corte d’appello di Messina non avrebbe potuto richiamare il d.lgs. n. 276 del 2003 e, comunque, non avrebbe potuto reputare illegittimi due contratti stipulati con il controricorrente perché sussumibili nei compiti ordinari/istituzionali della P.A..
La normativa, infatti, avrebbe permesso di concludere i contratti in esame con riferimento alle situazioni nelle quali veniva in questione un ambito la cui copertura non poteva essere garantita dalla P.A. con le figure professionali al suo interno.
D’altronde, la giurisprudenza avrebbe interpretato il d.lgs. n. 276 del 2003 nel senso che esso non richiedeva che il progetto specifico inerisse a un’attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto a quella ordinaria e complessiva dell’impres a, ma solo che questa fosse riconducibile a uno o più progetti specifici o fasi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore.
5. La doglianza è inammissibile.
Si premette che il controricorrente aveva stipulato nel 2002 con l’ASP Messina un contratto di diritto privato a tempo determinato ai sensi dell’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, in qualità di medico veterinario, per l’espletamento del progetto de nominato ‘Sistema di sorveglianza della BSE, di profilassi della Blue Tongue e di eradicazione della BR, TBC e LEB’.
Tale contratto era stato prorogato sino al 2004.
A seguito di delibera n. 367 del 2/2/2005 , il lavoratore aveva concluso un ulteriore contratto a termine per l’assolvimento di un altro progetto finalizzato intitolato ‘Sistema di reti di sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive e infestive
degli animali domestici, della tutela igienico-sanitaria degli alimenti di origine animale in tutta la filiera e dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche’, prorogato più volte fino al 31 dicembre 2009.
Infine, nel 2010 tale rapporto era stato stabilizzato per mezzo di un contratto a tempo indeterminato in regime convenzionato. Come risulta dalla sentenza impugnata, il controricorrente, introducendo il giudizio di primo grado, aveva chiesto, per quanto interessa la trattazione del presente motivo, il ‘riconoscimento della natura parasubordinata dei contratti a tempo determinato stipulati, senza soluzione di continuità, a decorrere dal 25 ottobre 2002 e fino al 31 dicembre 2009 (essendo stato successivamente stabilizzato mediante trasformazione dei contratti in contratto ambulatoriale a tempo indeterminato), con l’ASP, per lo svolg imento di attività libero professionale di collaborazione a progetto quale veterinario convenzionato’, affermando che, almeno per il periodo dal 2002 al 2010, vi sarebbe stato, da parte dell’ASP Messina, un ‘uso illegittimo delle forme contrattuali’, ‘in q uanto non conformi alle previsioni di cui all’art. 15 octies del d.lgs. n. 502/92 ed all’art. 36 comma 1 bis del d.lgs. n. 165/2001’.
L’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, nel testo che qui rileva, dispone che:
«Per l’attuazione di progetti finalizzati, non sostitutivi dell’attività ordinaria, le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono, nei limiti delle risorse di cui all’articolo 1, comma 34 -bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, a tal fine disponibili, assumere con contratti di diritto privato a tempo determinato soggetti in possesso, di diploma di laurea ovvero di diploma universitario, di diploma di scuola
secondaria di secondo grado o di titolo di abilitazione professionale, nonché di abilitazione all’esercizio della professione, ove prevista».
Si tratta di disposizione che è comunemente letta alla luce dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001.
In base al menzionato art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo in vigore sino all’11 agosto 2006, «Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione».
Dal 12 agosto 2006 sino al 31 dicembre 2007, il citato art. 7, comma 6, ha previsto, invece, che, «Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti presupposti:
l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e determinati;
l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione».
Nel periodo successivo e fino alla stabilizzazione del controricorrente, avvenuta nel 2010, il disposto dell’art. 7,
comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 non ha subito modifiche che possano rilevare nella presente sede.
Dalla normativa riportata si evince che i contratti dei quali si tratta devono avere degli oggetti ben specifici e possono essere stipulati solo per esigenze cui la P.A. non può fare fronte con personale in servizio.
La loro durata deve essere limitata e gli esperti interessati devono essere dotati di competenze elevate.
La logica del sistema è di consentire alle Amministrazioni di procurarsi dei medici qualificati con dei contratti a termine per affrontare specifiche problematiche non ordinarie che non possono essere subite risolte con i mezzi attualmente a disposizione.
Ciò chiarisce come l’ASP Messina erri nell’affermare che i contratti di cui all’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992 avrebbero potuto essere liberamente stipulati purché ricollegati a un progetto.
Questo è solo uno dei requisiti imposti dalla normativa, ma non possono essere assenti anche gli altri, come il collegamento con le finalità istituzionali della P.A., la particolare qualificazione degli assunti e la temporaneità degli incarichi, da ricollegare alla straordinarietà e contingenza della situazione che doveva essere affrontata e che non consentiva di adeguare immediatamente le dotazioni dell’Amministrazione con personale a tempo indeterminato o convenzionato.
Infatti, la Corte territoriale ha accolto correttamente l’appello dando rilievo alla circostanza che l’ASP Messina aveva utilizzato le forme contrattuali in esame per ‘colmare carenze strutturali della dotazione interna’ e, quindi, ‘non per una ragione leg ata ad un’esigenza contingente’.
Dalla lettura della motivazione si ricava, poi, che la Corte d’appello di Messina non ha assolutamente sovrapposto la nozione di attività ordinaria impiegata dal legislatore con riguardo ai contratti conclusi ai sensi dell’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992 a quella di ‘finalità istituzionali dell’Amministrazione’ e non ha esteso ‘le coordinate’ del contratto di lavoro a progetto ex d.lgs. n. 276 del 2003 al contratto privato previsto dal d.lgs. n. 502 del 1992, essendosi limitata più semplicemente a menzionare, a titolo di esempio, la giurisprudenza in tema di contratti a progetto formatasi nella vigenza del d.lgs. n. 276 del 2003 che, nella specie, non è stata, però, direttamente applicata.
In definitiva, parte ricorrente si confonde nel sostenere che la semplice esistenza di un progetto renderebbe legittimi i contratti conclusi ai sensi dell’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, a prescindere dalla natura contingente e transitoria della problematica da affrontare quando, al contrario, è la non ordinarietà di tale problematica che può giustificare la predisposizione di un progetto e la stipula dei contratti de quibus.
La giurisprudenza si è già espressa sostanzialmente in questo senso, nella misura in cui ha affermato (Cass., Sez. L, n. 37752 del 23 dicembre 2022) che, in tema di dirigenza medica, la facoltà di rinnovo dei contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ex art. 15 octies del d.lgs. n. 502 d el 1992, ratione temporis applicabile – interpretato alla luce della clausola 5 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE sul lavoro a tempo determinato, nel rispetto delle precisazioni fornite dal giudice eurounitario sul tema della repressione degli abusi -, può essere esercitata a condizione che persistano le esigenze temporanee, specificamente accertate.
La Corte territoriale ha, quindi, valutato le risultanze di causa alla luce della normativa menzionata, compiendo un accertamento di merito, non sindacabile nella presente sede, in esito al quale ha ritenuto che non vi fossero i requisiti dalla natura contingente e transitoria della problematica che soli avrebbero potuto, come prima esposto, giustificare la stipula dei contratti oggetto di lite.
Ne deriva l’inammissibilità della censura.
Il secondo e terzo motivo possono essere trattati congiuntamente stante la loro stretta connessione.
Preliminarmente, questo Collegio tiene a precisare che l’ASP Messina ha fondato il proprio ricorso sull’affermazione della natura autonoma ex art. 2222 cod. civ. del rapporto di lavoro con il controricorrente, limitandosi a contestarne l’assimilazione, avvenuta nella sentenza impugnata, a quello con i medici convenzionati, che la giurisprudenza configura come un rapporto privatistico di lavoro autonomo libero-professionale con i connotati della c.d. parasubordinazione (Cass., Sez. L, n. 31502 del 5 dicembre 2018). Non ne ha, invece, sostenuto, in alcun modo, il carattere subordinato che, dunque, non viene in esame nella presente controversia.
Ciò posto, si evidenzia che la seconda contestazione è inammissibile quanto alla ritenuta violazione dell’art. 409 cod. proc. civ., dell’art. 2222 cod. civ. e al riferimento all’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992; per il resto, essa è fondata.
Più precisamente, è inammissibile ove contesta l’accertamento in fatto, operato dalla Corte d’appello, che ‘la forma contrattuale prescelta, rappresentata da un incarico di tipo liberoprofessionale, non appare neppure conforme alla sostanza del rapporto d i fatto venutosi a determinare fra le parti’, ma, piuttosto, ‘ad una maggiore affinità dello schema contrattuale
con la tipologia della collaborazione coordinata e continuativa’, con la conseguenza che si dovevano ‘qualificare i rapporti in oggetto quali parasubordinati’.
L’esistenza di un rapporto di lavoro parasubordinato presuppone che sussistano i requisiti di continuazione, coordinazione e svolgimento di un’attività prevalentemente personale, senza che possa assumere rilievo assorbente il nomen iuris utilizzato (Cass., Sez. L, n. 9783 del 26 maggio 2020).
Nella specie, la Corte territoriale ha verificato non solo l’esistenza di un potere conformativo datoriale, ma anche quella di un orario di lavoro, comprensivo di attività sia esterna sia d’ufficio, di molto superiore al minimo stabilito contrattualmente, con le ore assegnate non correttamente rapportate al tipo di obiettivo individuato.
Lo stesso compenso era corrisposto in misura fissa per 24 ore a settimana, con variazioni in aumento per gli accessi in aziende zootecniche di aree montane o marine, mentre il lavoratore aveva dei limiti alle possibilità di assenza durante l’anno ed era sottoposto a valutazioni semestrali e a una verifica bimestrale ai fini della liquidazione del corrispettivo, con facoltà per l’azienda di variare in qualsiasi momento i termini contrattuali, la programmazione, i carichi delle prestazioni e le procedura assegnate e con assenza di un vero potere disciplinare.
La Corte d’appello di Messina ha, poi, dato grande rilievo alla circostanza che la medesima ASP Messina aveva nominato i medici come il controricorrente come ‘convenzionati’ e al fatto che, nell’arco di otto anni, la P.A. si era avvalsa in maniera massiccia di un numero di dirigenti veterinari ‘secondo un’entità numerica pressocché corrispondente al numero dei dirigenti veterinari presenti in dotazione organica’.
In presenza di questo complessivo accertamento di fatto, deve
ritenersi l’inammissibilità della contestazione di parte ricorrente, nella misura nella quale è finalizzata a rimettere in discussione delle valutazioni di merito.
6.1 Il secondo motivo è, invece, fondato, nella parte ove critica l’avvenuta riconduzione del rapporto de quo all’A.C.N. medici veterinari del 2005, soprattutto agli artt. 13 e 21 dello stesso.
Allo stesso modo, va accolta pure la terza censura, che richiama più specificamente il problema dell’interpretazione della norma transitoria n. 4 dell’A.C.N. medici veterinari del 2005.
A questa conclusione il Collegio giunge dall’esame, innanzitutto, della citata norma transitoria n. 4, che recita:
«1. I rapporti convenzionali a tempo determinato instaurati per lo svolgimento di attività specialistica ambulatoriale o delle altre aree professionali, in corso alla data di pubblicazione del presente Accordo, devono essere conformi a quanto disposto dall ‘art. 2 -nonies della Legge 26.05.2004 n.138.
I rapporti convenzionali non conformi adottano, dalla data di pubblicazione del presente Accordo e fino alla loro scadenza, le clausole normative ed economiche del presente Accordo.
Qualora continuino a sussistere le relative necessità assistenziali, le ore di incarico sono assegnate ai sensi dell’art. 23 del presente Accordo».
Detta norma, come si evince dalla sua lettera, concerne i rapporti convenzionali a tempo determinato nati dichiaratamente come tali e in corso alla data di pubblicazione dell’A.C.N.; la sua utilità consiste nel fatto che, in questo modo, siffatti rapporti devono essere adeguati all’A.C.N. medesimo, qualora contengano prescrizioni deteriori per il lavoratore.
Non è pensata, invece, per i contratti conclusi per realizzare dei ‘progetti finalizzati’ ai sensi dell’art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, trattandosi di ipotesi distinte, nonostante i relativi
rapporti sottostanti siano considerati, in fatto, come convenzionati.
Si riferisce, infatti, a una differente e specifica tipologia di rapporto, formalizzata per iscritto seguendo un’apposita procedura.
Del resto, pure altre disposizioni dell’A.C.N. del 2005 presuppongono chiaramente l’esistenza di convenzioni formalizzate, come, ad esempio, l’art. 13, intitolato ‘Campo di Applicazione’, per il quale «Il presente Accordo Collettivo Nazionale regola, ai se nsi dell’art. 8, comma 1, del D.L.vo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni e sulla base delle determinazioni regionali in materia, il rapporto di lavoro autonomo convenzionato il rapporto di lavoro autonomo convenzionato che si instaura tra le Aziende Sanitarie (…)» e le categorie di medici e professionisti ivi indicate, tra le quali nella versione integrata del 2006 sono espressamente compresi i medici veterinari a rapporto convenzionale con le aziende USL, ma sempre sulla base degli indicati presupposti e, in primis, della esistenza di convenzioni formalizzate.
Né potrebbe essere diversamente, in quanto si discute di convenzionamento di medici per i quali, in termini generali, la disciplina è contenuta nell’art. 48 della legge n. 833 del 1978, prevede la necessaria conformazione dei contratti di collaborazione individuali a quelli collettivi nazionali e stabilisce espressamente, al comma 3, n. 2, che l’accesso alla convenzione possa avvenire solo nel rispetto delle modalità stabilite dall’A.C.N., vietando delle discipline difformi.
Indubbiamente, la Corte territoriale ha riqualificato, come parasubordinato, il rapporto intercorso con il controricorrente,
accertando che, in realtà, egli aveva instaurato una collaborazione coordinata e continuativa con l’ASP Messina, non riconducibile al modello regolato dall’art. 15 octies del d.lgs. n. 520 del 1992.
Ciò, però, non può comportare l’applicazione diretta dell’A.C.N. del 2005 e, soprattutto, il riconoscimento delle somme richieste dal controricorrente a titolo di retribuzione aggiuntiva.
Infatti, la P.A. è tenuta a corrispondere esclusivamente i corrispettivi risultanti da un contratto debitamente formalizzato seguendo una procedura regolamentata e, nella specie, l’unico contratto con tale caratteristica era quello stipulato ex art. 15 octies del d.lgs. n. 520 del 1992.
Di certo, invece, non può, in presenza di irregolarità concernenti la forma contrattuale prescelta, dovere rispettare un accordo nazionale predisposto per una differente tipologia di rapporto, a prescindere dalle modalità con le quali la relazione con il lavoratore si è atteggiata in concreto.
A un esito non dissimile è giunta la giurisprudenza con l’ordinanza di questa sezione n. 30703 del 29 novembre 2024 (non massimata), che ha ritenuto come, in situazioni del genere, i rapporti con la P.A. non possano seguire una logica sostanziale, ma solo formale.
Essa ha così affermato che:
la stipula della convenzione ex art. 48 della legge n. 833 del 1978 richiede il rispetto di un apposito procedimento e il possesso dei determinati requisiti; la P.A. non può concludere accordi se non in forma scritta; solo qualora tali elementi ricorrano tutti può trovare applicazione il disposto dell’art. 48 della citata legge n. 833 del 1978.
In particolare, ha enunciato il principio di diritto per il quale ‘Il
medico non convenzionato con il SSN che abbia eseguito prestazioni attinenti all’erogazione dell’assistenza sanitaria di competenza comunale rientrante nell’ambito delle funzioni in precedenza attribuite all’ONMI non ha diritto alla retribuzione prevista per gli ex dipendenti ONMI dalla legge n. 698 del 1975 e, in generale, a quella riconosciuta dagli accordi collettivi nazionali conclusi ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833 del 1978 per garantire l’uniformità del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale’.
Ne deriva che un’interpretazione della citata norma transitoria n. 4 come quella accolta dalla Corte territoriale esporrebbe la disposizione a una dichiarazione di invalidità, non potendo un accordo collettivo nazionale imporre alla P.A. di corrispondere il trattamento economico da esso previsto a soggetti che non ne rispettino i presupposti formali di applicazione, ossia, nella specie, la presenza di una specifica convenzione, quantomeno in presenza di un diverso titolo contrattuale scritto che disciplini la vicenda perché adottato all’esito di un differente iter procedimentale.
D’altronde, diversamente da quanto sostenuto dal controricorrente, non vi è, (oltre che all’interno) al di fuori dell’A.C.N., alcuna normativa che garantisca a medici non convenzionati con il SSN lo stesso trattamento economico di quelli convenzionati.
Al riguardo, occorre partire dalla premessa che il contratto oggetto di causa si caratterizza, come affermato espressamente dalla Corte d’appello di Messina, per ‘l’illegittimità delle forme contrattuali utilizzate dall’Azienda Sanitaria per il conferiment o degli incarichi’.
La conseguenza, nel nostro caso, non può essere, peraltro, il
riconoscimento di maggiori somme a titolo retributivo, non potendo trovare spazio, ad esempio, l’art. 2126 cod. civ., il quale dispone che «La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto e secuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione».
Infatti, quest’ultima disposizione non può estendersi al di fuori dei casi nei quali sussista un rapporto di lavoro subordinato, come chiarito dalla giurisprudenza secondo la quale, in ipotesi di stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con una P.A., al di fuori dei presupposti di legge, il lavoratore non può mai conseguire la conversione del rapporto in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma solo una tutela risarcitoria, nei limiti di cui all’art. 2126 cod. civ. , qualora il contratto di collaborazione abbia la sostanza di rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto anche alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale (Cass., Sez. L, n. 4360 del 13 febbraio 2023; Cass., Sez. L, n. 9591 d el 18 aprile 2018; Cass., Sez. L, n. 3384 dell’8 febbraio 2017).
Questo ragionamento è fondamentalmente stato seguito, in una vicenda certo differente da quella in esame, atteso che concerneva l’illegittimità di contratti di somministrazione e non interessava incarichi ex art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992 o rapporti convenzionati, da Cass., Sez. L, n. 14127 del 21 maggio 2024, la quale ha chiarito che, in ipotesi di rapporti di somministrazione di lavoro illegittimi, i lavoratori somministrati che hanno partecipato a specifici progetti realizzati dall’utilizzator e hanno diritto agli ulteriori emolumenti premiali
aggiuntivi della retribuzione a tal fine previsti, a parità di mansioni e di raggiungimento degli obiettivi, per il personale dipendente dell’utilizzatore dalla contrattazione collettiva di riferimento, sebbene non in applicazione di quest’ultima ai sensi dell’art. 23, commi 1 e 4, d.lgs. n. 276 del 2003, ratione temporis vigente, ma, stante l’abusività del ricorso alla somministrazione, in forza della norma di chiusura di cui all’art. 2126 cod. civ., operativa anche nel pubblico impiego contrattualizzato.
Nella presente controversia, al contrario, non può farsi ricorso all’art. 2126 cod. civ., per le ragioni esposte e, soprattutto, in quanto nessuna delle parti ha ritualmente prospettato, in questa sede di legittimità, la natura subordinata del rapporto de quo, dopo che il giudice di secondo grado ne ha affermato il carattere parasubordinato.
Alla stessa maniera, non può essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale per il quale, qualora vi sia l’accertamento di un rapporto di lavoro in fatto subordinato (situazione che, qui, non ricorre), così come per i rapporti non tutelati da contratto collettivo (quando il datore di lavoro è, diversamente dalla presente vicenda, privato), si può utilizzare, per quantificare l’adeguamento della retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., quale parametro di raffronto, la retribuzione tabellare prevista dal contratto nazionale del settore corrispondente a quello dell’attività svolta dal datore di lavoro ovvero, in mancanza, da altro contratto che regoli attività affini e prestazioni lavorative analoghe, dovendo considerare le sole componenti integranti il c.d. minimo costituzionale – anche con riguardo alle imprese di non rilevanti dimensioni -, con esclusione delle voci retributive legate all’autonomia contrattuale, come ad esempio i compensi aggiuntivi, gli scatti di anzianità e la quattordicesima mensilità
(Cass., Sez. L, n. 27711 del 2 ottobre 2023; Cass., Sez. L, n. 944 del 20 gennaio 2021).
Infatti, nel caso di un rapporto ricondotto allo schema del lavoro autonomo (come quello de quo) non è applicabile l’art. 36 Cost. (Cass., Sez. L, n. 19308 del 29 settembre 2015).
Neppure può porsi un problema di ricorso agli artt. 2225 e 2233 cod. civ., che prevedono indubbiamente un potere del giudice di determinare il compenso del prestatore d’opera, ma solo ove questo non sia stato pattuito (come, al contrario, è avvenuto nella specie).
Risulta chiaro, quindi, che, nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, all’utilizzo non rispettoso della legge di forme contrattuali regolamentate non può conseguire l’utilizzo, al fine di riconoscere al lavoratore maggiori somme a titolo di retribuzione, di contratti collettivi o accordi nazionali che disciplinino altre tipologie negoziali.
D’altronde, la decisione della Corte territoriale ha provocato la singolare conseguenza che il controricorrente ha percepito una retribuzione per prestazioni ulteriori rispetto a quelle del contratto stipulato senza, peraltro, averne dovuto dimostrare l’esecuzione effettiva.
La giurisprudenza, con riguardo ai dipendenti pubblici, ha affermato, però, che il lavoratore pubblico che pretenda un compenso per prestazioni aggiuntive che esulino dal profilo professionale di appartenenza, oltre ad allegare lo svolgimento di compiti ulteriori rispetto a quelli che il datore di lavoro può esigere in forza dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, è tenuto a fornire anche gli elementi necessari per verificare la inadeguatezza del trattamento economico ricevuto, rispetto al parametro di cui all’art. 36 Cost., nonché l’aggravamento quantitativo o qualitativo della prestazione, con riferimento
all’orario di lavoro o alla maggiore intensità e onerosità della stessa (Cass., Sez. L, n. 3816 del 15 febbraio 2021; Cass., Sez. 6-L, n. 16094 del 2 agosto 2016).
Non si vede perché, allora, le mansioni aggiuntive richieste a un dipendente della P.A. possano essere pagate solo se specificate e in presenza di prova del loro svolgimento, mentre quelle concernenti un collaboratore coordinato e continuativo con la stessa P.A. non debbano essere assoggettate al medesimo onere di allegazione assertiva e istruttoria.
La conseguenza della ‘illegittimità delle forme contrattuali utilizzate dall’Azienda Sanitaria per il conferimento degli incarichi’ non poteva che tradursi, quindi, nella possibilità di esercitare o l’azione risarcitoria o quella generale di arricchimento ex art. 2041 cod. civ., ove ne ricorressero i presupposti.
La domanda di risarcimento del danno era stata avanzata e rigettata dai giudici del merito e, sul punto, si è formato il giudicato.
Quella di arricchimento non è stata, invece, proposta e, pertanto, non vi è stato alcun accertamento al riguardo.
In ogni caso, neanche sotto questo profilo avrebbe potuto essere garantito il trattamento economico previsto per la prestazione professionale validamente resa (Cass., SU, n. 33954 del 5 dicembre 2023; Cass., SU, n. 23385 dell’11 settembre 2008; Cass., Sez. L, n. 7178 del 18 marzo 2024; Cass., Sez. 3, n. 12702 del 14 maggio 2019).
Ne deriva che la domanda relativa alle differenze retributive non poteva essere accolta.
Il ricorso è accolto quanto al secondo motivo, nella parte ove censura l’avvenuta riconduzione del rapporto de quo all’A.C.N. medici veterinari del 2005, e al terzo motivo, dichiarati
inammissibili il primo e il secondo per il resto, e, poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa è decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda del controricorrente, volta al riconoscimento del trattamento economico spettante ai medici convenzionati nella misura prevista dall’A.C.N. del 23 marzo 2005 e al conseguente pagamento delle differenze retributive, in applicazione dei seguenti principi di diritto:
‘I contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ex art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, che possono essere conclusi con personale particolarmente qualificato per lo svolgimento di attività collegate con le finalità istituzionali della P.A., devono avere un oggetto specifico e rispondere ad esigenze cui la P.A. non può fare fronte con personale in servizio. In particolare, la temporaneità di detti incarichi deve dipendere dalla straordinarietà e contingenza della situazione da affrontare, che non consenta di adeguare immediatamente l’organizzazione, la struttura e le dotazioni dell’Amministrazione coinvolta’;
‘La facoltà di rinnovo dei contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ex art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992 può essere esercitata a condizione che persistano esigenze temporanee che non sia stato ancora ragionevolmente p ossibile affrontare adeguando l’organizzazione, la struttura e le dotazioni ordinarie delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere interessate’;
‘La norma transitoria n. 4 dell’A.C.N. del 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali ai sensi dell’art. 48 della legge n. 833/78 e dell’ art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992 e succ. modd. e integrazioni non
regola i rapporti con medici veterinari che, pur essendo stati formalizzati con contratti per l’attuazione di progetti finalizzati ex art. 15 octies del d.lgs. n. 502 del 1992, siano stati qualificati in fatto come rapporti di lavoro autonomo convenzionato. Ne consegue che tali medici non potranno chiedere il pagamento di eventuali differenze retributive, rispetto al compenso previsto in detti contratti, calcolate applicando il menzionato A.C.N. del 2005, ma dovranno, eventualmente, ove ne sussistano i presupposti, o domandare il risarcimento del danno o agire in base al disposto dell’art. 2041 cod. civ.’.
Le spese di lite di tutto il giudizio sono compensate, in ragione della novità della questione trattata.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il secondo motivo di ricorso, nella parte ove censura l’avvenuta riconduzione del rapporto oggetto del contendere all’A.C.N. medici veterinari del 2005, e il terzo motivo, dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo per il resto;
cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del controricorrente volta al riconoscimento del trattamento economico spettante ai medici convenzionati nella misura prevista dall’A.C.N. del 23 marzo 2005 e al conseguente pagamento delle differenze retributive;
-compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile della Corte Suprema di cassazione, il 15 aprile 2015.
La Presidente Dott. NOME COGNOME