Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21140 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21140 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14047/2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e domiciliat a in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione;
-ricorrente –
contro
Comune di Bologna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Suprema Corte di cassazione ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Corte d’appello di Bologna n. 202/2024, pubblicata il 29 marzo 2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ha promosso davanti al Tribunale di Bologna un giudizio contro il Comune della stessa città, deducendo l’illegittimità dei contratti a termine stipulati con l’ente in diversi periodi, al fine di ottenere il risarcimento del danno c.d. comunitario.
Il Tribunale di Bologna, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 480/23, ha accolto il ricorso.
Nella detta sentenza, mentre nella motivazione era indicata in cinque mensilità l’entità dell’indennità, nel di spositivo era riconosciuto un danno pari a quattro mensilità.
La ricorrente, alla luce della menzionata contraddizione, ha chiesto la correzione dell’errore di cui sopra, ottenendol a con ordinanza che ha dato prevalenza al dispositivo (cinque mensilità).
Il Comune di Bologna ha proposto appello che la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, ha accolto limitatamente al profilo dell’errore materiale e del calcolo degli interessi e della rivalutazione.
La Corte d’Appello ha ritenuto che mancassero i presupposti per esperire la procedura di correzione di errore materiale, che la decisione era nulla per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione e ha stabilito il risarcimento nella misura di quattro mensilità.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
Il Comune di Bologna si è difeso con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 132 e 156 c.p.c. in quanto, a suo avviso, la corte territoriale avrebbe errato a considerare non sussistente un errore materiale nella decisione di primo grado, ma la nullità della sentenza.
In particolare, non vi sarebbe stato un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione.
La censura è fondata.
In effetti, questa Suprema Corte ha chiarito (Cass., Sez. L, n. 23157 del 27 agosto 2024) che, nel rito del lavoro, solo il contrasto insanabile tra dispositivo
e motivazione determina la nullità della sentenza, da fare valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo; tale insanabilità deve, tuttavia, escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda, inoltre, sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l ‘ ipotesi di un ripensamento del giudice); in tal caso, è configurabile l ‘ ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l ‘ esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall ‘ altro, deve qualificarsi come inammissibile l ‘ eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione.
La corte territoriale ha seguito il precedente appena riportato e ha ritenuto che ‘la prevalenza di quanto previsto in motivazione non è, però, in grado di garantire il presupposto (…) di evitare il ripensamento da parte del Giudice, poiché mancano quegli elementi obiettivi per fissare l’ammontare dell’indennità risarcitoria riconosciuta alla ricorrente”.
Nel valutare il contrasto fra motivazione e dispositivo e nel sostenere l’assenza di elementi oggettivi idonei a sorreggere la decisione, però, ha omesso di considerare la circostanza, affermata dal primo giudice in sede di correzione e di per sé certo idonea a evitare il pericolo di un ripensamento del giudice segnalato dalla menzionata giurisprudenza – che la sentenza di primo grado era stata resa con una motivazione contestuale.
Ciò comporta che il principio da applicare era quello, vigente nell’ordinario giudizio di cognizione, per il quale l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che andava ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del dictum giudiziale (Cass., Sez. 2, n. 24867 del 21 agosto 2023; Cass., Sez. 6-1, n. 24600 del 18 ottobre 2017).
Con il secondo motivo la ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 287 e 288 c.p.c., in quanto sussistevano i presupposti per la correzione dell’errore materiale.
Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010 in relazione all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 e alla clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva UE 1999/70 in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel non considerare, ai fini della liquidazione, i contratti a termine relativi al primo triennio.
Con il quarto motivo sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel non considerare che il Tribunale di Bologna aveva ritenuto illegittimo il termine apposto a tutti e sei i contratti da lei stipulati e che questa statuizione non era stata impugnata in appello.
Con il quinto e il sesto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e degli artt. 112 e 342 c.p.c. e 2909 c.c. in quanto la corte territoriale avrebbe disposto la compensazione delle spese illegittimamente e in assenza di un’impugnazione della P.A. sul punto.
Le censure non vanno esaminate e sono assorbite alla luce dell’accoglimento del primo motivo.
Il ricorso è accolto quanto al primo motivo, assorbiti gli altri.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità, in applicazione del seguente principio di diritto:
‘ Nel rito del lavoro, qualora la causa sia decisa con la contestuale lettura in udienza della motivazione e del dispositivo, non trova applicazione il principio per il quale il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, con conseguente impossibilità di avvalersi del procedimento di correzione di errore materiale, ma quello per il quale l’esatto contenuto della medesima sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui essa riveli l’effettiva volontà del giudice, dando prevalenza alla parte del
provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del dictum giudiziale’.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri;
-cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 20