Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6340 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6340 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
sul ricorso 15766/2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo stu dio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso, unitamente all’AVV_NOTAIO, per procura speciale in atti; -ricorrente –
-contro-
FALLIMENTO della RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t.; -intimato- avverso la sentenza del Tribunale di Udine, n. 324/21, pubblicata in data 2.04.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12.12.2023 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza del 2.4.21 il Tribunale di Udine rigettava la domanda di revocazione di NOME COGNOME, ex art. 393, n.5, c.p.c.,
del decreto del medesimo Tribunale del 2.4.20, emesso nell’ambito del procedimento di amministrazione straordinaria della RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la liquidazione del compenso del commissario giudiziale per la somma di euro 30.000,00.
Il ricorrente lamentava che tale decreto era contrario al precedente provvedimento di ammissione al passivo emesso dal giudice delegato al fallimento della suddetta società, avente efficacia di giudicato.
Premesso che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano cassato il provvedimento di difetto di giurisdizione del Tribunale sull’istanza di liquidazione del compenso del commissario giudiziale, in fase di riassunzione il Tribunale osservava al riguardo che: non sussistevano i presupposti della revocazione, in quanto il decreto di liquidazione era stato emesso nella procedura di amministrazione straordinaria; l’istante, nel chiedere la liquidazione, non aveva invocato il giudicato esterno, né il Tribu nale l’aveva rilevato, dando atto del precedente provvedimento d’ammissione al passivo al solo fine di escludere la necessità del contraddittorio con il curatore; il giudicato afferente a quest’ultimo decreto aveva natura endofallimentare e non di giudicato esterno, con la conseguenza che non era configurabile un contrasto con il giudicato formatosi sul decreto di liquidazione impugnato, essendo in sostanza diversi i soggetti e l’oggetto dei due giudizi.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria. Non si è costituita la parte intimata.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 96 l.fall., 395, c.1, n.5, c.p.c. per non aver il Tribunale accertato il contrasto di giudicati emerso tra il decreto di liquidazione e il decreto di ammissione al passivo.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 395, c.1, n.5, c .p.c., per avere la Corte d’appello escluso il presupposto della revocazione inerente all’identità dei soggetti dei due procedimenti.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 96 l .fall., per avere la Corte d’appello ritenuto indeterminato l’importo del credito oggetto dell’ammissione al passivo, ma determinabile nel quantum secondo il criterio indicato dal giudice delegato (cioè con il rinvio all’emanando provvedimento di liquidazione).
Il ricorso è infondato.
Va premesso che il decreto di liquidazione del compenso al commissario giudiziale è decisorio e definitivo, e quindi ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. 1394/2019).
Tanto premesso, con i tre motivi di ricorso -esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi- il ricorrente impugna la sentenza del Tribunale di Udine che ha rigettato la revocazione ex art. 395 n. 5 c.p.c. per contrasto di giudicati, tra il decreto di ammissione al passivo, in data 3 ottobre 2017, con il quale il compenso dell’ist ante – commissario giudiziale della RAGIONE_SOCIALE tra la dichiarazione di insolvenza ed il successivo fallimento era stato ammesso, a suo dire, in prededuzione per euro 210.923,53, ed il successivo decreto del 2 aprile 2020, emesso ai sensi degli artt. 15 e 47 del d.lgs. 270/1999, con il quale era stata liquidata allo stesso commissario la somma di euro 30.000,00.
Orbene, il contrasto di giudicati – come esattamente affermato dal giudice a quo – non sussiste , per due ordini di ragioni.
La prima è che l’ammissione del credito allo stato passivo non fa stato fra le parti fuori dal fallimento, poiché il cd. giudicato endofallimentare, ai sensi dell’art. 96, comma 6, l. fall., copre solo la statuizione di rigetto o di accoglimento della domanda di ammissione precludendone il
riesame (Cass. 11808/2022; Cass. 22709/2020; conf. Cass. 18591/2023), p er cui è evidente che l’ammissione al passivo del 2017 non poteva vincolare il successivo decreto di liquidazione del 2 aprile 2020.
La seconda ragione dell’assenza di un contrasto di giudicati è che la statuizione endofallimentare è stata resa in via condizionata alla determinazione del compenso da parte del giudice dichiarato competente dalle Sezioni Unire, ai sensi degli artt. 15 e 47 d.lgs. n. 370/1999.
Al riguardo, va osservato che, in tema di formazione dello stato passivo fallimentare, l’espressione “crediti condizionati” di cui all’art. 96 l. fall. ricomprende in sé, quale categoria più ampia, anche i “crediti condizionali” ex art. 55 l. fall. – compresi quelli che non possono farsi valere nei confronti del fallito se non previa escussione del debitore principale -giustificandosi, pertanto, l’ammissione al concorso fallimentare con riserva di quei crediti, pur preesistenti, la cui esigibilità dipenda da un evento futuro ed incerto realizzatosi in corso di procedura (Cass. 21813/2023).
Tale evento futuro ed incerto era rappresentato, nella specie, dalla liquidazione del compenso in sede di giudizio, ai sensi delle disposizioni succitate degli artt. 15 e 47 d.lgs. n. 370/1999, nei cui limiti l’ammissione – che era stata disposta per un tetto massino di euro 210.923,53, come si evince dalla nota allo stato passivo, in cui il credito risultava escluso per tale importo, salvo la previsione condizionale suindicata – era espressam ente effettuata.
In altri termini, l’ammissione condizionata e condizionale del credito sarebbe divenuta determinata e definitiva solo all’esito dell’unico organo deputato alla liquidazione del compenso, costituito dal Tribunale in sede ordinaria, non fallimentare, come già avevano
affermato le Sezioni Unite – nel decidere sulla giurisdizione nel presente giudizio (Cass., S.U. 32974/2019).
Successivamente, si è ribadito che, in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 15 e 47 del d.lgs. n. 270 del 1999 e dell’art. 39 l. fall., la disciplina per la determinazione del compenso spettante al commissario giudiziale va individuata, quanto ai parametri di liquidazione, in un decreto di carattere generale del Ministro dello sviluppo economico, cui rinvia l’art. 39 l. fall., mentre spetta al Tribunale, di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 270 del 1999, determinare l’entità del compenso spettante a ciascun commissario, caso per caso, in relazione all’attività svolta (Cass. 10972/2021).
Pertanto, la complementarità tra la sede ordinaria della liquidazione del compenso e la sede fallimentare, per la sua ammissione al passivo, esclude in radice la possibilità del contrasto di giudicati.
Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione della curatela intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 12 dicembre 2023.
Il Presidente