Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8753 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6083/2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO per proRAGIONE_SOCIALE speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, al INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale e legale rappresentante pro tempore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliato per la carica in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, in virtù di proRAGIONE_SOCIALE speciale
apposta a margine del controricorso, con i quali elettivamente domicilia presso l’indirizzo pec .
– controricorrente –
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE n. 1581/2019, depositata in data 20 novembre 2019;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 28/3/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
La società RAGIONE_SOCIALE, struttura neuropsichiatrica, erogava in regime di accreditamento provvisorio (per gli anni 2004-2007) prestazioni di ricovero ospedaliero in favore dei soli pazienti che il RAGIONE_SOCIALE) riteneva necessario inviare alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Con riferimento a tali anni la società si era vista applicare una decurtazione sulle tariffe unitarie, sull’assunto che essendo stato superato il tetto di spesa, si sarebbe dovuta applicare la Regressione Tariffaria Unica (RTU); in base a tale sistema, in caso di superamento del tetto di spesa massimo, il rimborso delle prestazioni effettuate oltre tale tetto, non avveniva a tariffa piena, ma a tariffa scontata di una percentuale che veniva stabilita consuntivo dal «Tavolo tecnico».
Tuttavia, la società reputava di non avere mai superato la propria Capacità Operativa Massima (COM), avendo erogato prestazioni esclusivamente in favore di pazienti che, essendo inviati dal CIM, non poteva rifiutare né dimettere in assenza di conforme disposizione dello stesso CIM.
La società chiedeva dunque al tribunale di emettere decreto ingiuntivo per le somme indebitamente trattenute dall’altro.
Avverso tale decreto ingiuntivo emesso proponeva opposizione la RAGIONE_SOCIALE, deducendo – per quel che ancora qui rileva esclusivamente che la trattenuta in decurtazione tariffaria sarebbe stata legittima, essendosi verificato il superamento del tetto di spesa ivi previsto.
Il tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1945 del 2011, per quel che ancora qui rileva, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo, evidenziando: 1) che la RAGIONE_SOCIALE opponente, cui incombeva l’onere probatorio, per il principio RAGIONE_SOCIALE vicinanza alla prova, non aveva dimostrato il superamento dei tetti massimi di spesa; 2) le delibere con cui erano stati fissati tetti di spesa negli anni in questione non risultavano tempestivamente comunicate; 3) non era possibile desumere se i singoli tetti di spesa annuali fossero stati o meno superati con riferimento alla specifica branca e alla singola RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE interessata, avendo la regione omesso di individuare il limite massimo di spesa per ciascuna delle strutture RAGIONE_SOCIALE macro area.
Avverso tale sentenza proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, che solo nella comparsa conclusionale eccepiva la nullità del contratto per difetto di forma scritta.
La Corte d’appello accoglieva il gravame RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rilevando che la società non aveva dimostrato, non solo di aver ottenuto l’accreditamento, ma anche di avere stipulato uno specifico accordo contrattuale, integrante un indispensabile presupposto costitutivo del credito vantato.
Tra l’altro, la società, per sopperire alle lacune istruttorie, aveva fatto, nella memoria di replica, istanza di accesso agli atti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «al fine di estrarre copia dei documenti contrattuali relativi agli anni 2004/2007, ottenendo tuttavia in risposta soltanto l’inoltro RAGIONE_SOCIALE
richiesta ai direttori delle UOC Assistenza accreditata ed affari legali».
In sede di domanda la società non aveva neppure allegato l’esistenza del contratto, essendosi limitata «a dedurre di aver eseguito le prestazioni, di cui ha chiesto il pagamento, in regime di accreditamento provvisorio, senza tuttavia produrre la relativa documentazione».
Non era stata prodotta neppure documentazione «dell’accreditamento e del contratto con la RAGIONE_SOCIALE».
Era, dunque, necessario, ai fini RAGIONE_SOCIALE remunerazione delle prestazioni sanitarie effettuate, la stipulazione di un accordo contrattuale di cui all’art. 8quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, sicché la struttura privata che volesse operare nell’ambito del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva l’onere non solo di conseguire l’accreditamento, ma anche di stipulare gli accordi contrattuali.
I contratti dovevano necessariamente essere redatti per iscritto, trattandosi di rapporti con la pubblica amministrazione, non rilevando i meri comportamenti concludenti.
La Corte territoriale rilevava, poi, che la nullità poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice anche in fase di impugnazione, purché le parti non ne avessero discusso dinanzi al giudice di prime cure.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per non avere la Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE dichiarato inammissibile l’appello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per insussistenza dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Il giudice di prime cure aveva respinto l’opposizione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sulla base di tre distinte affermazioni: l’opponente RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto la documentazione attestante il superamento dei tetti di spesa da parte RAGIONE_SOCIALE società; le delibere con cui erano stati fissati i tetti di spesa non erano state tempestivamente comunicate alla società; non era possibile desumere se i singoli tetti di spesa annuali fossero stati o meno superati con riferimento alla specifica branca e alla singola RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE interessata.
L’appello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha, invece, si era limitata a contestare la decisione di prime cure in punto di giurisdizione, non censurando in alcun modo le «riportate specifiche statuizioni di merito del tribunale».
2. Il motivo è infondato.
2.1. Invero, per giurisprudenza consolidata di legittimità, gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE permanente natura di ‘ revisio prioris instantiae ‘ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., sez. 1, n. 3327 del 2023; Cass., sez.un., 16 novembre 2017, n. 27199; Cass., sez. 6-3, 17 dicembre 2021, n. 40560; Cass., sez. 6-3, 30 maggio 2018, n. 13535).
Da ultimo, i medesimi principi sono stati estesi da questa Corte (Cass., Sez. U., 13 dicembre 2022, n. 36481) anche all’impugnazione
avverso le pronunce del tribunale regionale delle acque pubbliche (TRAP) dinanzi al tribunale superiore delle acque pubbliche (TSAP).
Si è anche aggiunto che, ai fini RAGIONE_SOCIALE specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass., sez. 2, 28 ottobre 2020, n. 23781).
2.2. Trattandosi di error in procedendo è consentito a questa Corte l’accesso agli atti del fascicolo di merito, pur se la ricorrente società non ha provveduto a trascrivere, almeno per stralci, il contenuto dell’atto di appello redatto dall’RAGIONE_SOCIALE, limitandosi ad indicare le pagine del gravame in cui la RAGIONE_SOCIALE ha criticato la sentenza impugnata.
Tuttavia, esaminando l’appello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emerge che le tre argomentazioni del giudice di prime cure sono state tutte censurate, come si legge alle pagine 5 e 6 del gravame (cfr. «con la sentenza appellata con il presente atto il giudice di prime cure ha ritenuto che nel caso di specie l’iter procediRAGIONE_SOCIALE di fissazione del tetto di spesa non sia stato rispettato In particolare, ha affermato che) non risultano superate le COM attribuite alla struttura opposta; 2) le delibere con le quali sono stati fissati i tetti di spesa per gli anni in questione non sono state tempestivamente comunicate; 3) non è possibile desumere se i tetti di spesa annuali siano stati superati, con riferimento alla specifica branca e alla singola RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
interessata. Quanto affermato nella sentenza in oggetto, non è condivisibile per i motivi di cui di seguito».
Vi è, quindi, una analitica e completa ricostruzione del complesso quadro normativo, che fa da sostrato alle censure nei confronti RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
Non vi è, dunque, il vizio di legittimità prospettato.
4.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente società lamenta la «violazione articoli 342,115 e 116 c.p.c.».
In particolare, la ricorrente evidenzia che la Corte d’appello ha rilevato d’ufficio l’eccezione di nullità del contratto stipulato tra la società e la RAGIONE_SOCIALE. In realtà, nessuna delle due parti aveva sollevato sul punto alcuna contestazione, essendo pacifica in causa la piena titolarità ad erogare le prestazioni per conto del RAGIONE_SOCIALE da parte RAGIONE_SOCIALE società. Si controverteva, invece, esclusivamente sulla legittimità o meno RAGIONE_SOCIALE trattenuta sul compenso tariffario unitario, relativamente alle «sole prestazioni erogate oltre un tetto assegnato».
Era del tutto incontestata la sussistenza «di un rapporto giuridico regolarmente instaurato e pacificamente esistente». Pertanto, «non vi era alcun onere RAGIONE_SOCIALE deducente di allegare i titoli abilitativi ad una erogazione che il sistema RAGIONE_SOCIALE ha pacificamente riconosciuto», mentre la controversia atteneva soltanto alla legittimità o meno RAGIONE_SOCIALE trattenuta di quota RAGIONE_SOCIALE tariffa unitaria, per pretesa applicazione di tetti di spesa.
Non solo non vi era stata contestazione sul punto, ma negli atti processuali la RAGIONE_SOCIALE «ha specificatamente dato atto in modo espresso dell’esistenza del rapporto di erogazione tra la struttura deducente e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE».
Tra l’altro, la RAGIONE_SOCIALE aveva depositato in primo grado l’accordo contrattuale siglato il 14/5/2007 con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per
l’anno 2007, allegando il verbale di incontro del 27/4/2007 tra la RAGIONE_SOCIALE e le associazioni RAGIONE_SOCIALE maggiormente rappresentative, oltre alle note RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con cui si comunicava la calcolata RTU.
La sentenza impugnata, allora, aveva pronunciato su «un motivo/eccezione inesistente e in contrasto con pacifiche acquisizioni delle parti».
Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «erronea interpretazione e qualificazione RAGIONE_SOCIALE domanda. Travisamento delle prove. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 99,112,342,167, 345, 115,116 c.p.c. e articoli 1421 e 2697 c.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale muoverebbe da un errore di fondo e, cioè, da un «erroneo inquadramento RAGIONE_SOCIALE fattispecie e dell’individuazione del thema decidendum ».
Il giudice d’appello avrebbe identificato la domanda, deducendo che «in sede di domanda l’esistenza del contratto non è stata neppure allegata dalla società, che si è limitata a dedurre di avere eseguito le prestazioni di cui ha chiesto il pagamento, in regime di accreditamento provvisorio senza tuttavia produrre la relativa documentazione».
Al contrario, la domanda «non atteneva al pagamento di prestazioni sino ad allora mai riconosciute dalla RAGIONE_SOCIALE, ma alla restituzione RAGIONE_SOCIALE differenza tariffaria di prestazioni che la RAGIONE_SOCIALE aveva già per quegli anni riconosciuto e pagato ma a tariffa ridotta, per aver applicato la regressione tariffaria unica».
La RAGIONE_SOCIALE, opponente nel giudizio di primo grado, non aveva mai contestato né il possesso dell’accreditamento provvisorio, né la mancata sottoscrizione degli accordi, ma anzi aveva riconosciuto espressamente il diritto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, quale struttura
provvisoriamente accreditata, ad effettuare ricoveri che la stessa RAGIONE_SOCIALE e inviava e ad essere remunerata per le prestazioni erogate.
Inoltre, era presente l’accordo siglato con la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2007, unitamente al protocollo di intesa siglato con le associazioni maggiormente rappresentative.
La questione del mancato assolvimento dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova di cui all’art. 2697 c.c. era stata sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE solo nella comparsa conclusionale di 2º grado.
Era anche erronea l’affermazione contenuta nella sentenza d’appello, per cui «in sede di domanda l’esistenza del contratto non è stata neppure allegata dalla società».
Con il 4º motivo di impugnazione la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALE «erronea interpretazione e qualificazione RAGIONE_SOCIALE domanda. Violazione e falsa applicazione degli articoli 167,342 e 345 c.p.c. e degli articoli 2909, 2697 e 1421 c.c.».
In realtà, la domanda RAGIONE_SOCIALE società atteneva alla restituzione di una differenza tariffaria su prestazioni riconosciute e comunque pagate dalla RAGIONE_SOCIALE, ma a tariffa più bassa, legata all’applicazione RAGIONE_SOCIALE RTU.
L’eccezione di nullità del contratto sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE solo in sede di comparsa conclusionale era inammissibile, in quanto coperta dal giudicato implicito interno, né poteva essere rilevata d’ufficio dal giudice di secondo grado, perché mai le parti avevano posto in discussione l’esistenza e validità dei contratti.
Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per violazione e falsa applicazione degli articoli 101 e 183, 4º comma, c.p.c., per violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio ex art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, c.p.c.».
La sentenza sarebbe nulla perché non è stato rispettato il principio del contraddittorio.
Infatti, avendo la RAGIONE_SOCIALE ha sollevato l’eccezione del mancato assolvimento dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova dopo la precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello e, quindi, solo nella comparsa conclusionale, il giudice, come espressamente richiesto nella replica dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, avrebbe dovuto «compulsare il contraddittorio, onde consentire una adeguata controdeduzioni in ossequio al diritto di difesa».
Del resto, ove sia il giudice a rilevare d’ufficio la nullità è previsto l’obbligo di provocare il contraddittorio, come stabilito dagli articoli 183, 4º comma, c.p.c., dell’art. 101 c.p.c., e dall’art. 111 RAGIONE_SOCIALE costituzione.
Il quarto motivo che va esaminato preliminarmente agli altri, per ragioni logiche, è infondato.
Esso attiene alla eventuale formazione di un «giudicato implicito interno», in quanto «mai le parti avevano posto in discussione l’esistenza e validità dei contratti né in primo grado, né con l’atto di appello, ma come estremo tentativo di difesa la RAGIONE_SOCIALE aveva soltanto provato ad eccepire l’asserita violazione dell’art. 2697 c.c. da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE parti opposte in primo grado». Non poteva peraltro farsi applicazione del principio giurisprudenziale proveniente dalla sentenza n. 26242 del 2014 RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, in quanto il giudizio in oggetto non atteneva ad una impugnativa negoziale, né ad un adempimento del contratto, ma al diritto di essere remunerata a tariffa piena.
Per questa Corte, allorquando il giudice di primo grado abbia deciso su pretese che suppongono la validità ed efficacia di un rapporto contrattuale oggetto delle allegazioni introdotte nella controversia, senza che né le parti abbiano discusso né lo stesso
giudice abbia prospettato ed esaminato la questione relativa a quella validità ed efficacia, si deve ritenere che la proposizione dell’appello sul riconoscimento RAGIONE_SOCIALE pretesa – poiché tra i fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE stessa per come riconosciuta dal primo giudice vi è il contratto -, implichi che la questione RAGIONE_SOCIALE sua nullità sia soggetta al potere di rilevazione d’ufficio del giudice, integrando un’eccezione in senso lato, relativa ad un fatto già allegato in primo grado (Cass. Sez.U., 22 marzo 2017, n. 7294; in tal senso anche Cass., sez. 2, 17 ottobre 2019, n. 26495; Cass., sez. 6-3, 19 luglio 2018, n. 19251; Cass., sez. 6-2, 5 aprile 2017, n. 8841; Cass., Sez.U., nn. 26242 e 26243 del 2014).
Ciò del resto risultava e risulta giustificato, in ognuno dei regimi dell’art. 345 c.p.c., succedutisi nella storia del codice di rito, dalla previsione, sempre rimasta vigente, del potere di rilevazione d’ufficio delle eccezioni soggette al rilievo ufficioso (Cass. Sez. U., 22 marzo 2017, n. 7294).
Nel motivo di ricorso la ricorrente si è limitata a dedurre la sussistenza di un «giudicato implicito interno» in ordine alla esistenza ed alla validità dei contratti, per le varie annualità, senza richiamare e trascrivere, anche per stralcio, la sentenza del giudice di prime cure che avrebbe affrontato espressamente, in base alla sua ricostruzione, la questione .
Pertanto, non emerge in alcun modo che la questione sulla validità del contratto sia stata effettivamente prospettata dalle parti ed esaminata dal giudice.
8.1. Ben poteva, allora, la Corte d’appello, in assenza di formazione di un giudicato implicito sulla questione di validità del contratto, sollevarla d’ufficio.
Il secondo motivo è inammissibile.
Risulta inammissibile con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c., in quanto la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto, con specifico riferimento all’anno 2007 (nulla si dice peraltro in relazione agli anni 2004, 2005 2006).
In primo luogo, infatti, non si trascrive neppure il contenuto del contratto invocato.
In secondo luogo, il vizio doveva essere dedotto come omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Inoltre, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia RAGIONE_SOCIALE violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012 (Cass., sez. 3, 12 ottobre 2017, n. 23940).
10. Il terzo motivo è infondato.
Il motivo è, poi, infondato, in quanto il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., non trova applicazione in caso di vizio di nullità del contratto per assenza di forma scritta.
Per questa Corte, infatti, i n materia di appalto di opere pubbliche, il diritto dell’appaltatore alla revisione dei prezzi, sia con riguardo al “quantum” RAGIONE_SOCIALE revisione, sia con riguardo alla responsabilità dell’amministrazione per interessi ed eventuale maggior danno sulla somma dovuta, sorge soltanto dal momento del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE
revisione medesima da parte dell’amministrazione; tale riconoscimento deve provenire dall’organo dell’ente pubblico abilitato a manifestarne la volontà e, per le amministrazioni comunali, non può che perfezionarsi con le forme richieste per la relativa delibera dal R.D. n. 383 dal 1934 e dalle leggi successive in materia, con la conseguenza che tale riconoscimento non può mai considerarsi pacifico tra le parti, e perciò non abbisognevole di prova, anche in mancanza di contestazione, atteso che non possono considerarsi pacifici tra le parti i fatti per i quali la legge richieda un atto scritto ad ” substantiam ” o ad ” probationem ” (Cass., sez. 1, 15 settembre 2000, n. 12178; Cass., sez. 3, 6 agosto 2002, n. 11765).
Deve, invece, essere accolto il quinto motivo di impugnazione.
11.1. Infatti, costituisce principio consolidato di questa Corte quello per cui i contratti con la pubblica amministrazione devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità (Cass., 4 giugno 1999, n. 5448), non essendo consentita alcuna eventuale convalida o ratifica successiva (Cass., 3 gennaio 2001, n. 59).
Si è ritenuto, dunque, che, soprattutto in presenza di accordi specifici complessi con la pubblica amministrazione, la forma scritta sia assolutamente necessaria, «soprattutto al fine di rendere possibili i controlli istituzionali dell’autorità tutoria» (Cass., 3 gennaio 2001, n. 59, in tema di appalto pubblico; Cass., sez. 2, 30 maggio 2002, n. 7913, in tema di conferimento di incarichi a professionista; di recente Cass., sez. 2, 27 marzo 2023, n. 8574).
La forma scritta, allora, va vista come strumento indefettibile di garanzia del regolare svolgimento dell’attività negoziale RAGIONE_SOCIALE PA, sia nell’interesse dei cittadini, in quanto costituisce remora ad arbitri, sia nell’interesse RAGIONE_SOCIALE stessa amministrazione, in quanto agevola l’espletamento RAGIONE_SOCIALE funzione di controllo e la concreta osservanza
dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione (Cass., sez. 1, 12 luglio 2001, n. 9428; anche Cass., sez. 3, 24 giugno 2002, n. 9165).
Per tali contratti, allora, non solo deve escludersi che la manifestazione di volontà delle parti possa essere implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi (Cass., sez. 3, 3 agosto 2002, n. 11649), ma deve ritenersi che, salvo le ipotesi in cui specifiche norme lo consentano, il contratto deve essere consacrato in un unico documento nel quale siano specificamente indicate le clausole disciplinanti rapporto. La volontà RAGIONE_SOCIALE PA di concludere il negozio deve essere manifestata alla controparte dall’organo rappresentativo esterno dell’ente, che è il solo abilitato a stipulare in nome e per conto di questo, e ad essere perciò munito dei poteri necessari per vincolare l’amministrazione per la quale si obbliga (Cass. n. 59 del 2001, cit.; anche Cass., sez. 2, 6 dicembre 2001, n. 15488).
Si è precisato che «il contratto nullo non può essere nemmeno ritenuto suscettibile di convalida, perché attraverso la ratifica o sanatoria, può essere corretto il vizio di un atto annullabile» (Cass. n. 59 del 2001; anche Cass. n. 1615 del 1981). Il contratto privo RAGIONE_SOCIALE forma scritta ad substantiam è nullo ed insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, dovendosi, quindi, escludere l’attribuzione di rilevanza ad eventuali convalida o ratifica successive e non potendosi neppure ammettere la validità di manifestazioni di volontà implicita o desumibile da comportamenti puramente attuativi (Cass., sez. 3, 15 marzo 2004, n. 5234).
Se, dunque, siano del tutto assenti gli elementi essenziali, l’atto non raggiunge il livello minimo indispensabile per la sua nascita sul piano giuridico, così da non consentire il suo perfezionamento, che
presuppone sempre l’esistenza di un quid che non sia solo di parvenza.
Con riferimento all’accreditamento, anche temporaneo o provvisorio, delle società che svolgono prestazioni a favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, valgono le regole di cui agli articoli 8,8bis , 8quater , e 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992.
12.1. L’art. 8bis (autorizzazione, accreditamento e accordi contrattuali) del d.lgs. n. 502 del 1992 (Riordino RAGIONE_SOCIALE disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 RAGIONE_SOCIALE legge 23 ottobre 1992, n. 421) stabilisce che «le regioni assiRAGIONE_SOCIALEno i livelli essenziali e uniformi di assistenza di cui all’art. 1 avvalendosi dei presidi direttamente gestiti dalle aziende RAGIONE_SOCIALE sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e RAGIONE_SOCIALE a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell’art. 8quater , nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
È evidente, come, ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE remunerazione delle prestazioni, siano necessari tre requisiti: l’autorizzazione regionale (art. 8ter ); l’accreditamento (art. 8quater ); la conclusione di specifici accordi (art. 8-q uinquies ).
Ciò trova conferma nell’art. 8bis , comma 3, del d.lgs. n. 105 del 1992, laddove stabilisce che «la realizzazione di strutture sanitarie e l’esercizio di attività sanitarie, esercizio di attività sanitarie per conto del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e l’esercizio di attività sanitaria carico del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all’art. 8-ter, dell’accreditamento istituzionale di quell’art. 8quater , nonché alla stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
12.2. L’art. 8quater , del d.lgs. n. 502 del 1992 (Accreditamento istituzionale), in vigore a decorrere dal 31 luglio 1999, prevede al
comma 1 che «l’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche o private ed ai professionisti che ne facciano richiesta, subordinatamente alla loro rispondenza ai requisiti ulteriori di qualificazione, alla loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale ed alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti».
Al comma 2, si chiarisce che «la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del RAGIONE_SOCIALE a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli accordi contrattuali di cui all’art. 8quinquies ».
Nella norma si fa riferimento anche all’accreditamento «temporaneo» ed a quello «provvisorio».
Si prevede, dunque, al comma 6 dell’art. 8quater , del d.lgs. n. 502 del 1992 che «entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore dell’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, le regioni avviano il processo di accreditamento delle strutture temporaneamente accreditate ai sensi dell’art. 6, comma 6, RAGIONE_SOCIALE legge 23 dicembre 1994, n. 724, e delle altre già operanti».
Al comma 7 dell’art. 8quater , si precisa che «nel caso di richiesta di accreditamento da parte di nuove strutture o per l’avvio di nuove attività in strutture preesistenti, l’accreditamento può essere concesso, in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e RAGIONE_SOCIALE qualità dei suoi risultati. L’eventuale verifica negativa comporta la sospensione automatica dell’accreditamento temporaneamente concesso».
12.3. Di fondaRAGIONE_SOCIALE rilievo e poi l’art. 8quinquies , del d.lgs. n. 102 del 1992 (accordi contrattuali), che prevede al comma 2 che, «in attuazione di quanto previsto dal comma 1, la regione e le RAGIONE_SOCIALE sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative RAGIONE_SOCIALE
qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale ».
Va rilevato che, l’art. 8quinquies , del d.lgs. n. 502 del 1992, in vigore dal 22 agosto 2008, prevede al comma 2quinquies che «in caso di mancata stipula degli accordi di cui al presente art., l’accreditamento istituzionale di cui all’art. 8quater delle strutture e dei professionisti eroganti prestazioni per conto del RAGIONE_SOCIALE interessati è sospeso».
13. Questa Corte ha chiarito che l’obbligo per la struttura privata, già titolare di convenzione esterna ex lege n. 833 del 1978, di stipulare apposito contratto in forma scritta con la ASL territorialmente competente sussiste anche durante il regime di accreditamento provvisorio o transitorio; con esso, per un verso, la struttura accetta e si vincola a rispettare le tariffe, le condizioni di determinazione RAGIONE_SOCIALE eventuale regressione tariffaria, nonché i limiti alla quantità di prestazioni erogabili alla singola struttura, fissati in relazione ai tetti massimi di spesa per l’anno di esercizio; per l’altro, l’ente pubblico assume l’obbligazione di pagamento dei corrispettivi in base alle tariffe previste per le prestazioni effettivamente erogate agli utenti del SSR, vincolandosi ad eseguirla secondo le modalità ed i tempi indicati nel contratto, che siano stati convenzionalmente stabiliti ovvero risultino applicabili in virtù di integrazione legislativa (Cass. sez. 3, 5 luglio 2018, n. 17588; Cass., sez. 6-3, 3 giugno 2014, n. 12392).
Pertanto, ha trovato conferma l’indirizzo giurisprudenziale per cui nessuna erogazione di prestazione sanitaria finanziariamente coperta dalla mano pubblica è possibile ove non sussista un provvedimento amministrativo di competenza regionale che
riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato e al di fuori di singoli specifici rapporti contrattuali (Cass., 25 gennaio 2011, n. 1740; Cass., 19 novembre 2015, n. 23657).
Il principio regolatore dell’attività svolta in regime «transitorio», al pari di quella svolta «a regime», è fondato infatti sulla remunerabilità delle prestazioni rese dal soggetto accreditato, che è però condizionata alla necessaria sottoscrizione di specifici accordi, anche nella fase dell’accreditamento provvisorio (o transitorio), per cui, a maggior ragione, è essenziale un esplicito intervento dell’amministrazione sanitaria per modificare la situazione già oggetto di confezionamento, al fine dell’inserimento nella programmazione sanitaria regionale e conseguente incidenza sul fondo RAGIONE_SOCIALE regionale (Cass., n. 17588 del 2018).
Si è ulteriormente chiarito che non può essere condivisa la tesi per cui, in mancanza degli atti amministrativi necessari a rendere effettivo il passaggio dal regime delle convenzioni a quello dell’accreditamento RAGIONE_SOCIALE regione Campania, si sarebbe instaurata una prassi basata sulla prosecuzione del fatto del regime di accreditamento provvisorio sulla conclusione di accordi contrattuali per facta concludentia .
In realtà, l’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, come integrato dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALE legge n. 724 del 1994, nel prevedere la necessità di un provvedimento concessorio di accreditamento per l’accesso alla qualifica di erogatore del RAGIONE_SOCIALE, comporta che non può essere posto a carico delle regioni alcun onere di erogazione di prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca la su RAGIONE_SOCIALE la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali intesi a regolare il volume massimo delle prestazioni erogate, i requisiti del RAGIONE_SOCIALE e l’ammontare dei corrispettivi, dovendosi, in ogni caso, escludere, ai
sensi dell’art. 8-quinquies del citato d.lgs. n. 502 del 1992, che possono validamente concludersi accordi contrattuali per facta concludentia , atteso che, in base al disposto degli articoli 16 e 17 del regio decreto n. 2440 del 1923, tutti i contratti con la PA devono rivestire, a pena di nullità, la forma scritta (Cass., sez. 1, 4 marzo 2024, n. 5682; Cass., sez. 1, 15 marzo 2022, n. 8383; Cass., sez. 3, 11 marzo 2020, n. 7019; Cass., sez. 1, 6 agosto 2014, n. 1771; Cass., 3 giugno 2014, n. 12392).
14. La nullità può, dunque, essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche in fase d’appello e nel giudizio di cassazione, purché non si sia formato un giudicato espresso in ordine alla validità del contratto, nei gradi precedenti (Cass., sez. 1, 22 giugno 2022, n. 20170; Cass., sez. 6-1, 15 settembre 2020, n. 19161).
La Corte d’appello, dunque, ben può rilevare d’ufficio, in base alle risultanze ritualmente acquisiti al processo, la inesistenza di un provvedimento amministrativo di accreditamento e/o la mancanza di specifici rapporti contrattuali, integrativi o attuativi di detto provvedimento (Cass., sez. 3, 19 novembre 2015, n. 23657).
La questione di nullità del contratto dovrebbe appartenere alle questioni miste, di fatto e di diritto, che richiedono l’obbligo di instaurazione del contraddittorio tra le parti.
Si è ritenuto che, nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura RAGIONE_SOCIALE discussione (c.d. terza via), non sussiste la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza, in quanto (indiscussa la violazione deontologica da parte del giudicante) da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dall'” error iuris in iudicando ” ovvero dall'” error in iudicando de iure procedendi “, la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza solo se tale errore sia in concreto
consumato: qualora invece si tratti di questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi RAGIONE_SOCIALE decisione, sostenendo che la violazione di quel dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini, con la conseguenza che, ove si tratti di sentenza di primo grado appellabile, potrà proporsi specifico motivo di appello solo al fine di rimuovere alcune preclusioni (specie in materia di contro-eccezione o di prove non indispensabili), senza necessità di giungere alla più radicale soluzione RAGIONE_SOCIALE rimessione in primo grado, salva la prova, in casi ben specifici e determinati, che sia stato realmente ed irrimediabilmente vulnerato lo stesso valore del contraddittorio (Cass., Sez.U., 30 settembre 2009, n. 20935).
15. Tuttavia, per questa Corte (Cass., sez. 3, 5 settembre 2023, n. 25849), che si è pronunciata proprio in materia di accreditamento di strutture private, ha errato la Corte d’appello nel sollevare d’ufficio la nullità del contratto stipulato tra la società privata e la RAGIONE_SOCIALE, per assenza di forma scritta.
La Corte territoriale, dunque, pur muovendo da un assunto esatto, relativo alla indispensabilità RAGIONE_SOCIALE forma scritta nei contratti RAGIONE_SOCIALE PA, non ha rispettato gli insegnamenti RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, a sezioni unite, n. 26242 del 12 dicembre 2014, che ha sancito « l’obbligo del giudice di provocare il contraddittorio» sulla questione posta a fondamento dell’eccezione (Cass. n. 25849, cit.).
Tale obbligo implica la facoltà delle parti di «spiegare la conseguente attività probatoria», tale essendo l’unico possibile significato da attribuire al sintagma ‘memorie contenenti osservazioni sulle questioni’, di cui all’art. 101, c.p.c.
Se, infatti, il contenuto di tali memorie si dovesse limitare ad un’attività assertiva, si tornerebbe, in buona sostanza, alle sentenze
RAGIONE_SOCIALE «terza via», e ciò in quanto quelle osservazioni non risulterebbero in alcun modo funzionali a coniugare il diritto di difesa delle parti con quelle esigenze di economia processuale che costituiscono, invece, la ratio dell’art. 101, 2º comma, c.p.c. (Cass., 30 settembre 2020, n. 20870; Cass. Sez.U., n. 26242 del 2014; di recente anche Corte EDU, 29 giugno 2023, COGNOME c. Italia, seppure con opinione dissenziente del giudice COGNOME; per la Corte EDU l’elemento determinante è se una parte sia stata «presa alla sprovvista» dal fatto che il tribunale ha fondato la sua decisione su un motivo invocato d’ufficio o di un’eccezione sollevata d’ufficio).
Pertanto, le parti possono spiegare un’attività probatoria in deroga al sistema delle preclusioni istruttorie, allorché il giudice abbia proceduto al rilievo ufficioso RAGIONE_SOCIALE nullità.
Pertanto, il giudice d’appello, pur avendo correttamente superato la barriera preclusiva di cui all’art. 345 c.p.c., derivante dalla tardività dell’eccezione di nullità, per difetto di forma scritta, del contratto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la società, «avrebbe dovuto nel contempo sollecitare il contraddittorio delle parti in ordine alla assenza di allegazione prova relativamente all’effettiva esistenza (o meno) di tale accordo scritto, consentendo, al riguardo, lo svolgimento di attività assertiva e probatoria» (Cass., n. 25849 del 2023, cit.; in termini anche Cass., sez. 2, 30 settembre 2020, n. 20870).
Nella specie, il rilievo d’ufficio è avvenuto in comparsa conclusionale e la società aveva replicato, presentando anche istanza di accesso agli atti, rimasta inevasa, e chiedendo di «compulsare il contraddittorio, onde consentire una adeguata controdeduzione in ossequio al diritto di difesa». Tuttavia, la Corte di appello non ha consentito alla società di poter esplicare le proprie difese anche con eventuale attività probatoria.
15.1.Pare trovare conferma l’orientamento più rigoroso di questa Corte che svincola la violazione del contraddittorio dal concreto pregiudizio subito dalle parti.
Si è infatti ritenuto che la parte che proponga l’impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello deducendo la nullità RAGIONE_SOCIALE medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito RAGIONE_SOCIALE controversia; invero, la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo (Cass., Sez.U., 25 novembre 2021, n. 36596).
Non trova applicazione, infatti, il nuovo art. 101, secondo comma, c.p.c., come modificato dall’art. 3 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, che si applica ai procedimenti instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, in base al quale «il giudice assiRAGIONE_SOCIALE il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni».
In dottrina, si è ravvisato nella disposizione nuova un non trasRAGIONE_SOCIALEbile dato testuale a sostegno del principio del pregiudizio effettivo e dei suoi corollari.
16. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio degli atti alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il quinto motivo; dichiara inammissibile il secondo motivo; rigetta il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, con rinvio degli atti alla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 marzo 2024