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Continuità rapporto di lavoro: dimissioni e riassunzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la continuità rapporto di lavoro si interrompe con le dimissioni effettive del lavoratore, anche se seguite da una riassunzione a breve distanza di tempo. In questo caso, una dipendente che aveva lavorato per decenni per aziende collegate, si era dimessa per accedere alla pensione e poi era stata riassunta. La Corte ha confermato la decisione d’appello, rigettando la tesi della simulazione delle dimissioni e dichiarando prescritti i crediti retributivi maturati prima della cessazione del primo rapporto, poiché il nuovo contratto non sospende i termini di prescrizione precedenti.

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Continuità rapporto di lavoro: cosa succede in caso di dimissioni e riassunzione?

La continuità rapporto di lavoro è un tema cruciale quando un dipendente cessa la propria attività per poi riprenderla con lo stesso datore di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che delle dimissioni volontarie e non simulate, anche se seguite da una rapida riassunzione, interrompono effettivamente il rapporto. Questa interruzione ha conseguenze significative, soprattutto sulla prescrizione dei crediti maturati nel periodo precedente.

I fatti del caso: un rapporto di lavoro lungo una vita

Una lavoratrice, assunta nel 1980, ha prestato servizio per quasi quarant’anni presso una serie di società riconducibili alla stessa famiglia imprenditoriale. Il 31 dicembre 2009, la dipendente si è dimessa per accedere al trattamento pensionistico, ma è stata riassunta l’8 febbraio 2010, continuando a lavorare fino al licenziamento nel 2017.
Successivamente, la lavoratrice ha citato in giudizio i suoi ex datori di lavoro, sostenendo che le dimissioni del 2009 fossero simulate e che il suo rapporto di lavoro dovesse essere considerato come un unico e ininterrotto periodo dal 1980 al 2017. Di conseguenza, ha richiesto il pagamento di differenze retributive, TFR e altre indennità relative all’intero arco temporale.

Il percorso giudiziario: decisioni opposte

In primo grado, il Tribunale ha dato ragione alla lavoratrice, riconoscendo l’unicità del rapporto di lavoro e condannando le società al pagamento di ingenti somme. La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la lavoratrice non aveva fornito prove sufficienti a dimostrare che le dimissioni fossero simulate. Al contrario, le prove testimoniali e documentali suggerivano una scelta volontaria per ottenere la pensione. Di conseguenza, il rapporto di lavoro si era effettivamente interrotto il 31 dicembre 2009, e i crediti maturati fino a quella data erano da considerarsi prescritti.

L’analisi sulla continuità rapporto di lavoro della Cassazione

La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: la violazione delle norme sulle presunzioni, l’errata applicazione della prescrizione e il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sentenza d’appello.

La valutazione delle prove e delle presunzioni

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione delle prove e l’utilizzo delle presunzioni sono compiti esclusivi del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se il ragionamento del giudice appare palesemente illogico o contraddittorio, cosa che in questo caso non è avvenuta. La Corte d’Appello aveva correttamente analizzato le testimonianze e i documenti, concludendo in modo plausibile che le dimissioni erano state un atto genuino e volontario, seguito da una successiva richiesta di riassunzione che ha dato vita a un nuovo contratto.

Prescrizione e la non continuità rapporto di lavoro

Il punto centrale della decisione riguarda la prescrizione. La ricorrente sosteneva che la riassunzione avrebbe dovuto sospendere il decorso della prescrizione per i crediti maturati nel primo rapporto. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che le cause di sospensione della prescrizione sono tassative e non possono essere estese per analogia. Un nuovo contratto di lavoro, seppur con lo stesso datore, non rientra tra le ipotesi previste dalla legge per sospendere la prescrizione relativa a un rapporto precedente e concluso. Pertanto, i crediti anteriori al 31 dicembre 2009 erano legittimamente stati ritenuti prescritti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta separazione tra i due rapporti di lavoro. Una volta accertata l’effettività delle dimissioni del 2009, ogni legame giuridico tra il primo e il secondo periodo lavorativo viene meno. La Corte ha sottolineato come nella lettera di dimissioni la lavoratrice non avesse avanzato alcuna pretesa, ma avesse anzi ringraziato per l’opportunità ricevuta. Inoltre, il fatto che per sette/otto anni dopo la riassunzione non avesse mai rivendicato crediti pregressi è stato considerato un elemento significativo a sfavore della tesi della simulazione. La prescrizione dei diritti e la reiezione delle relative domande sono quindi la logica conseguenza del riconoscimento della cessazione del rapporto originario.

Conclusioni e implicazioni pratiche

L’ordinanza stabilisce un principio chiaro: le dimissioni volontarie, se reali e non simulate, interrompono la continuità rapporto di lavoro. La successiva riassunzione dà vita a un nuovo e distinto contratto, che non ha l’effetto di ‘congelare’ i termini di prescrizione per i crediti maturati nel periodo precedente. Per i lavoratori, ciò significa che eventuali rivendicazioni economiche relative a un rapporto di lavoro cessato devono essere avanzate entro i termini di legge, anche se si viene riassunti dallo stesso datore. Per i datori di lavoro, questa decisione conferma che, in assenza di prove di simulazione, la chiusura di un rapporto di lavoro tramite dimissioni è giuridicamente efficace e fa decorrere i termini di prescrizione.

Le dimissioni seguite da una rapida riassunzione significano automaticamente che il rapporto di lavoro è continuato senza interruzioni?
No. Secondo la sentenza, se le dimissioni sono effettive e volontarie (ad esempio, per accedere alla pensione), interrompono il rapporto di lavoro. La successiva riassunzione crea un nuovo e distinto rapporto contrattuale. La continuità va esclusa se non viene provata la natura simulata delle dimissioni.

Se vengo riassunto dallo stesso datore di lavoro, la prescrizione per i crediti del precedente rapporto si interrompe o si sospende?
No. La Corte ha stabilito che la stipula di un nuovo contratto di lavoro con lo stesso datore non determina una sospensione della prescrizione per i crediti retributivi maturati nel rapporto precedente. Le cause di sospensione della prescrizione sono tassative e questa ipotesi non è prevista dalla legge.

Come valuta un giudice se delle dimissioni sono reali o simulate?
Il giudice valuta l’insieme degli elementi probatori, come le testimonianze, i documenti (es. la lettera di dimissioni) e il comportamento delle parti. In questo caso, è stato ritenuto decisivo che la lavoratrice avesse un interesse concreto a dimettersi (accedere alla pensione) e che non avesse avanzato alcuna pretesa per molti anni dopo la riassunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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