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Contestazione stima CTU: è una difesa, non nuova domanda

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13103/2025, ha chiarito un importante principio in materia di divisione immobiliare. La Corte ha stabilito che la contestazione della stima del valore dei beni elaborata dal Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), anche se sollevata per la prima volta in appello, non costituisce una domanda nuova inammissibile, ma una mera difesa. La vicenda riguardava la divisione di aree comuni (portico e cortile) tra comproprietari. La Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato inammissibile il motivo di gravame sulla congruità della stima. La Cassazione ha accolto questo specifico motivo, cassando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Contestazione Stima CTU: è una Mera Difesa, non una Domanda Nuova in Appello

Introduzione: Un Principio Chiave nelle Divisioni Giudiziali

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13103 del 2025, ha affrontato una questione cruciale nei procedimenti di divisione immobiliare: la natura della contestazione stima CTU. La Corte ha stabilito che criticare la valutazione economica del consulente tecnico, anche se per la prima volta in appello, non costituisce una domanda nuova inammissibile, bensì una legittima difesa. Questo principio ha importanti implicazioni pratiche, garantendo alle parti una maggiore tutela nel delicato processo di divisione dei beni comuni.

I Fatti di Causa: Dalla Rivendicazione alla Divisione

La controversia nasceva dalla richiesta di due comproprietari di rivendicare la loro quota di alcuni beni immobili (un portico e un cortile esterno) e di procedere allo scioglimento della comunione. Le controparti, madre e figlia, si erano opposte, sollevando tardivamente un’eccezione di usucapione.

Il Percorso Giudiziario: Tribunale e Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda di rivendicazione, disposto la divisione delle aree comuni e condannato le convenute al pagamento di un conguaglio in denaro. La Corte d’Appello, successivamente adita, aveva confermato la decisione di primo grado, respingendo l’impugnazione. In particolare, la Corte territoriale aveva dichiarato inammissibile il motivo d’appello con cui si contestava la congruità del valore delle quote stimato dal CTU, ritenendola una questione nuova e, come tale, preclusa in secondo grado.

L’Analisi della Cassazione: La Contestazione Stima CTU in Appello

Le soccombenti hanno quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a nove motivi. Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nell’accoglimento del secondo motivo, che censurava proprio la dichiarazione di inammissibilità della critica alla perizia. Secondo le ricorrenti, contestare il progetto di divisione elaborato dal consulente, inclusa la stima del valore dei beni, non è una domanda nuova, ma una mera difesa volta a garantire la correttezza delle operazioni divisionali. La Cassazione ha pienamente condiviso questa impostazione.

Altri Motivi di Ricorso Esaminati

Tra gli altri motivi, la Corte ha respinto quello relativo al presunto difetto di integrità del contraddittorio, così come quello sulla nullità della perizia per mancato deposito telematico. La Corte ha chiarito che il deposito cartaceo non aveva violato il diritto di difesa, poiché le parti avevano avuto modo di presentare le proprie note critiche. Sono stati invece dichiarati inammissibili i motivi relativi a un presunto travisamento delle prove e a un difetto di motivazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato, affermando che nei giudizi di divisione, le contestazioni relative alla stima del bene rappresentano un’attività finalizzata a verificare la legittimità e l’esattezza delle operazioni divisionali. L’obiettivo della parte che contesta non è introdurre una nuova domanda, ma perseguire il risultato della domanda originaria di divisione, assicurandosi che avvenga in modo equo e corretto. La Corte ha spiegato che, anche se una parte non ha mosso specifiche contestazioni in primo grado, non le è preclusa la possibilità di sollevare critiche alla stima attraverso un specifico motivo di appello. Tale attività rientra pienamente nel diritto di difesa e non viola il divieto di domande nuove sancito dall’art. 345 c.p.c. La statuizione della Corte d’appello, che aveva bollato la critica come ‘questione nuova’, è stata quindi ritenuta errata e in contrasto con i principi procedurali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza in esame consolida un importante principio a tutela delle parti coinvolte in una divisione giudiziale. Stabilisce chiaramente che il diritto a una divisione equa prevale su un’interpretazione eccessivamente restrittiva delle preclusioni processuali. In pratica, una parte può contestare il valore attribuito dal CTU ai beni da dividere anche per la prima volta in appello, poiché tale contestazione è considerata un’estrinsecazione del diritto di difesa e non una domanda inammissibile. La decisione della Cassazione ha quindi comportato l’annullamento della sentenza d’appello sul punto, con rinvio a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame che tenga conto delle critiche mosse alla stima del consulente.

È possibile contestare la stima del valore di un immobile fatta dal CTU per la prima volta in appello?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la contestazione della stima del consulente tecnico d’ufficio (CTU) in un giudizio di divisione costituisce una mera difesa e non una domanda nuova. Pertanto, può essere sollevata anche per la prima volta con un motivo di appello, senza incorrere nel divieto di cui all’art. 345 c.p.c.

Il mancato deposito telematico della consulenza tecnica (CTU) rende nulla la sentenza?
No, secondo la sentenza, il deposito della CTU in formato cartaceo anziché telematico non determina la nullità della sentenza se non ha causato una concreta violazione del diritto al contraddittorio. Se le parti hanno avuto comunque modo di conoscere la perizia e formulare le proprie osservazioni, lo scopo dell’atto è stato raggiunto e non vi è nullità.

Quando un processo di divisione è nullo per mancata partecipazione di tutti i comproprietari?
Un processo di divisione è nullo se non vi partecipano tutti i comproprietari (litisconsorzio necessario). Tuttavia, la parte che solleva tale vizio in Cassazione ha l’onere di provare in modo inequivocabile, sulla base degli atti già acquisiti nel processo, sia l’esistenza di altri comproprietari sia i presupposti di fatto che rendono necessaria la loro partecipazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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