Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15177 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15177 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28930/2020 R.G . proposto da:
FINO 2 RAGIONE_SOCIALE , rappresentata da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in proprio, elettivamente domiciliate in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE PR RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2204/2020 depositata il 7.9.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, tutti fideiussori della società correntista RAGIONE_SOCIALE, hanno proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Milano al decreto ingiuntivo 30871/2011 emesso a favore di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. per l’importo di € 853.230,34, oltre interessi dal 20.7.2011 al saldo, richiesto in forza di scoperto di un conto corrente e di un conto anticipi intrattenuti dalla debitrice principale RAGIONE_SOCIALE, contestualmente ingiunta, che separatamente essa pure si è opposta al decreto.
I fideiussori opponenti hanno eccepito l’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e la nullità della relativa clausola, la non debenza delle somme richieste a titolo di commissione di massimo scoperto, nonché di ulteriori poste addebitate
(commissione utilizzo oltre disponibilità, commissione disponibilità immediata fondi, spese generiche).
NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno altresì lamentato la violazione del limite della garanzia da loro prestata per € 190.000.
La Banca si è costituita in giudizio, chiedendo la conferma del decreto.
Con sentenza non definitiva n.144849/2015 il Tribunale di Milano ha preso atto della rinuncia tacita alle eccezioni di decadenza e prescrizione preliminarmente sollevate dalla Banca, ha revocato il decreto ingiuntivo e ha rimesso la causa sul ruolo per l’accertamento dell’esatto ammontare del debito.
All’esito dell’esperita consulenza tecnica contabile il Tribunale, con sentenza n.4856 del 2017, ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo divenuta RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 190.000,00 oltre interessi; ha condannato la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali soci della cancellata società RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo divenuta RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 679.263,37 oltre interessi; ha dichiarato improcedibile la domanda verso il RAGIONE_SOCIALE; ha condannato i fideiussori al pagamento di metà delle spese processuali alla Banca e ha condannato a sua volta quest’ultima a rifondere le spese al RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta sentenza di primo grado NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME hanno proposto appello, a cui ha resistito l’appellata RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di Milano con sentenza del 7.9.2020, rinnovata la consulenza tecnica, ha accolto il gravame e ha respinto le domande della Banca nei confronti di tutti i fideiussori appellanti, con l’aggravio delle spese del doppio grado.
La Corte di appello ha ritenuto, diversamente dal Tribunale, che l’onere probatorio incombesse sulla Banca, attrice sostanziale, e che essa non avesse prodotto i contratti dei vari conti correnti e i relativi estratti conti, inclusi in particolare quelli dei conti correnti chiusi e i cui saldi negativi erano stati riversati nel conto corrente azionato; in difetto di tale documentazione, la Corte territoriale ha condiviso l’ipotesi di calcolo «B» elaborata dal Consulente tecnico d’ufficio (di seguito: C.t.u.) con eliminazione dell’effetto anatocistico e delle commissioni indebite, partendo dal saldo zero del primo momento di continuità degli estratti conto: il che portava a un saldo favorevole al correntista.
Avverso la predetta sentenza del 7.9.2020, notificata in data 11.9.2020, con atto notificato il 10.11.2020 ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE), sia quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria del credito per atto del 14.7.2017, erroneamente non menzionata in sentenza), sia in proprio, quanto alla condanna in punto spese di lite, svolgendo complessivamente dodici motivi.
I primi otto motivi sono proposti da RAGIONE_SOCIALE nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, gli altri quattro nell’interesse proprio.
5.1. I primi sei motivi di ricorso, tutti proposti nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, sono strettamente connessi e riguardano il tema dei conti correnti estinti e confluiti nei loro saldi passivi nel conto corrente azionato n. 500030440.
5.2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.2697 c.c.
5.3. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli art.167 e 183, comma 6, cod.proc.civ. e degli 24 e 111, comma 1, Cost.
5.4. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.2697 c.c.
5.5. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt.112, 189 e 190 cod.proc.civ.
5.6. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza pe motivazione apparente e/o contraddittoria o irragionevole e violazione dell’art.132, comma 2, n.4, cod.proc.civ.
5.7. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.112 cod.proc.civ.
5.8. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art.112 cod.proc.civ.
5.9. Con l’ottavo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art.112 cod.proc.civ.
5.10. I successivi quattro motivi sono stati proposti da RAGIONE_SOCIALE nell’interesse proprio, in quanto condannata alla rifusione delle spese processuali. Con tutti e quattro i motivi la ricorrente si lamenta di essere stata condannata al pagamento delle spese processuali, benché fosse la mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE 2
5.11. Con il nono motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE -erroneamente esposto nella sintesi inziale per errore materiale – la ricorrente
denuncia nullità della sentenza per incertezza assoluta nell’identificazione delle parti del processo.
5.12. Con il decimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione o falsa applicazione dell’art.94 cod.proc.civ. perché, essa, che aveva agito come rappresentante di RAGIONE_SOCIALE 2, non poteva essere condannata in proprio alla rifusione delle spese di lite, in difetto di gravi ragioni non indicate.
5.13. Con l’undicesimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art.112 cod.proc.civ. e dell’art.132 n.4 e carenza assoluta di motivazione in ordine alla indiscussa veste di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, pervenendo a una sua condanna diretta, del tutto obliterando il dichiarato rapporto procuratorio.
5.14. Con il dodicesimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.1388, comma 3, c.c. consumata con l’imputazione al mandatario con rappresentanza della responsabilità per le obbligazioni gravanti sul mandante.
Con atto notificato il 17.12.2020 hanno proposto controricorso i fideiussori intimati, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione, eccependo specificamente l’improcedibilità o l’inammissibilità del ricorso di RAGIONE_SOCIALE per difetto di procura, diversamente indicata come in calce o allegata al ricorso, ma comunque non oggetto di notifica agli intimati.
Hanno inoltre segnalato che l’intimata NOME COGNOME era deceduta in data 8.5.2020.
Entrambe le parti hanno presentato memoria illustrativa, su cui amplius infra .
RAGIONI DELLA DECISIONE
È necessario esaminare preliminarmente due questioni processuali.
La prima riguarda il decesso dell’intimata NOME che è stato segnalato dai controricorrenti al punto VI-2 del controricorso, con il supporto del doc.10.
7.1. COGNOME era in causa sia a titolo direttamente personale, sia unitamente a NOME COGNOME, quale socia della cancellata società RAGIONE_SOCIALE
Il decesso è avvenuto l’8.5.2020 e cioè nel corso del giudizio di secondo grado e prima della pronuncia della sentenza di appello e non è stato dichiarato in giudizio dal difensore costituito.
Il ricorso per cassazione è stato notificato il 10.11.2020 al difensore AVV_NOTAIO, costituito nel giudizio di appello.
7.2. La predetta circostanza non inficia la validità del procedimento alla stregua del noto principio della ultrattività del mandato difensivo.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che:
la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace;
il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui è richiesta la procura specialein rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace;
è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza aliunde di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante (Sez. U, n. 15295 del 4.7.2014; conformi: Sez. 3, n. 11193 del 6.4.2022; Sez. 5, n. 8037 del 23.3.2021; Sez. 2, n. 20964 del 22.8.2018; Sez. 5, n. 11072 del 9.5.2018).
7.3. La Banca ricorrente con la memoria ex art.380-bis1 cod.proc.civ., vista la dichiarazione della morte della sig.ra NOME nel controricorso, e considerata l’esistenza dei legati, ha chiesto alla Corte termine ex art. 331 cod.proc.civ. per integrare il contraddittorio nei confronti dei legatari e/o dei loro eredi.
Il predetto adempimento cautelativo non appare necessario poiché il contraddittorio è stato a suo tempo correttamente costituito nei confronti di tutte le parti processuali.
I controricorrenti hanno altresì eccepito specificamente con il controricorso l’improcedibilità o l’inammissibilità del ricorso di RAGIONE_SOCIALE per difetto di procura, diversamente indicata come in calce o allegata al ricorso, ma comunque non oggetto di notifica agli intimati.
8.1. Il ricorso è stato proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, successore nel solo lato attivo del rapporto per effetto di atto di cessione dei crediti da parte di RAGIONE_SOCIALE del 1.7.2017 da parte di RAGIONE_SOCIALE, nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE e prima ancora di RAGIONE_SOCIALE, già parte del giudizio di appello, nonché dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in proprio.
Secondo l’epigrafe del ricorso, l’AVV_NOTAIO ha agito in forza di procura speciale alle liti in calce conferita dal AVV_NOTAIO nella qualità di dirigente delegato di RAGIONE_SOCIALE, dotato di una procura notarile del 17.6.2020 a rogito AVV_NOTAIO.
8.2. I controricorrenti rilevano tale circostanza e aggiungono che nella relata di notificazione era stato dato atto che la procura in questione era stata notificata unitamente al ricorso, il che non era vero.
Al contrario, in calce al ricorso notificato non risultava apposta alcuna procura, comunque non inclusa nei files notificati in uno con il ricorso.
In conclusione, i controricorrenti osservano che la controparte aveva indicato diversamente (nel ricorso e nella relata) il luogo di apposizione della procura (in calce o allegata) e comunque che essa non era stata notificata unitamente al ricorso e ne traggono la conseguenza della improcedibilità o della inammissibilità della impugnazione.
8.3. L’eccezione così proposta non merita accoglimento.
Quanto al primo rilievo, effettivamente la procura del 5.11.2020 rilasciata dal AVV_NOTAIO COGNOME è redatta su foglio a parte e non in calce al ricorso, ma ciò rappresenta tuttalpiù un mero errore materiale nell’indicazione.
Inoltre, ai sensi dell’art.83, comma 3, secondo e terzo periodo, cod.proc.civ. la procura si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all’atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.
Infine nella stessa relata di notifica si dava atto che la procura era stesa separatamente dal ricorso.
8.4. Non pare quindi che il ricorso possa essere ritenuto inammissibile per questo motivo, con riferimento all’art.366, comma 1, n.5, cod.proc.civ.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la mancata trascrizione, sulla copia del ricorso per cassazione notificato, degli estremi della procura speciale conferita dal ricorrente al difensore, non determina l’inammissibilità del ricorso ove la procura sia stata rilasciata con dichiarazione a margine, o in calce al ricorso, in quanto in tal caso l’intimato, con il deposito del ricorso in cancelleria, è posto in grado di verificare l’anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notificazione dell’atto di impugnazione (Sez. L, n. 16540 del 19.7.2006).
Inoltre, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, pur essendo necessario che il mandato al difensore sia stato rilasciato in data anteriore o coeva alla notificazione del ricorso all’intimato, non occorre che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all’altra parte, ben potendosi pervenire d’ufficio, attraverso altri elementi, purché specifici ed univoci, alla certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell’atto. (Sez. 2, n. 15086 del 15.7.2005).
Si è detto altresì che in caso di mancata trascrizione, sulla copia del ricorso per cassazione notificato, degli estremi della procura speciale rilasciata dal ricorrente al difensore, non si versa in ipotesi di inammissibilità del ricorso ove la procura sia stata rilasciata, anziché con atto separato, con dichiarazione a margine o in calce al ricorso, in quanto in tal caso l’intimato, con il deposito del ricorso in cancelleria, è posto in grado di verificare l’anteriorità del rilascio della procura rispetto alla notificazione dell’atto di impugnazione (Sez. 3, n. 13077 del 14.7.2004).
Più recentemente si è aggiunto che ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, qualora l’originale dell’atto rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera
del medesimo, della sottoscrizione della parte che la procura ha conferito, la mancanza di tale firma e dell’autenticazione nella copia notificata non determinano l’invalidità del ricorso, purché la copia stessa contenga elementi, quali l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale. In applicazione del principio, è stato ritenuto ammissibile il ricorso perché proveniente dal difensore munito di mandato speciale, come risultante dall’originale, che, in quanto tale, richiese la notificazione dello stesso ricorso all’ufficiale giudiziario presso la corte d’appello, come dallo stesso attestato (Sez. 5, n. 1981 del 26.1.2018; conforme Sez. 6 – 3, n. 27610 del 3.12.2020).
Le Sezioni Unite hanno poi affermato con sentenza n. 35446 del 19.11.2021 che nessuna delle norme speciali che disciplinano la formazione e il deposito del ricorso per cassazione contengono un riferimento al contenuto della copia notificata del ricorso e rigettando l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura, hanno affermato il seguente principio di diritto: « L’incorporazione della procura rilasciata ex articolo 83 cod.proc.civ., comma 3, nell’atto di impugnazione estende la data di quest’ultimo alla procura medesima, per cui si presume che quest’ultima sia stata rilasciata anteriormente alla notifica dell’atto che la contiene. Pertanto, non rileva, ai fini della verifica della sussistenza o meno della procura, l’eventuale mancata riproduzione o segnalazione di essa nella copia notificata, essendo sufficiente, per l’ammissibilità del ricorso per cassazione, la presenza della procura nell’atto originale.»
8.5. Quanto alla improcedibilità pure eccepita dai controricorrenti, il requisito di cui all’art.369, comma 2, n.3, cod.proc.civ. è da ritenersi rispettato visto che in sede di deposito del ricorso la
RAGIONE_SOCIALE ha provveduto a depositare la predetta procura speciale del 5.11.2020.
Con la memoria ex art.380-bis1 cod.proc.civ. i controricorrenti hanno proposto una diversa e ulteriore censura contestando la validità della procura della parte ricorrente in una differente prospettiva.
9.1. I controricorrenti hanno al proposito osservato che la predetta procura alle liti a favore e autenticata dall’AVV_NOTAIO è stata rilasciata dal AVV_NOTAIO COGNOME, identificato prima come dirigente e poi quale delegato di RAGIONE_SOCIALE in forza di una asserita e non allegata procura generale del 17.6.2020, rep.56707, a rogito del AVV_NOTAIO; inoltre dall’esame del fascicolo, di cortesia, depositato dalla ricorrente si ricava che la procura generale solo richiamata nel testo della procura alle liti non è stata allegata e che il AVV_NOTAIO COGNOME ha sottoscritto la prodotta procura speciale in forza di una procura rilasciata in data 17.6.2020 (ovvero in data successiva alla pubblicazione della sentenza oggetto del presente giudizio di gravame) e dunque mai allegata nei fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio.
Tale omesso deposito sarebbe quindi, in via autonoma, causa di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto da RAGIONE_SOCIALE in quanto non è stata data la possibilità al Supremo Collegio e anche alla difesa dei controricorrenti di operare il dovuto controllo sulla valida rappresentanza sostanziale e processuale del AVV_NOTAIO COGNOME.
9.2. In buona sostanza i controricorrenti con la memoria hanno contestato il potere rappresentativo speso dal AVV_NOTAIO nel conferire la procura alle liti all’AVV_NOTAIO. Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la persona fisica che riveste la qualità di organo della persona giuridica non ha l’onere di dimostrare tale veste e spetta invece alla parte che ne contesta la sussistenza l’onere di formulare tempestiva eccezione e
fornire la relativa prova negativa; principio applicabile anche nel caso in cui la persona giuridica si sia costituita in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante, se tale potestà deriva dall’atto costitutivo o dallo statuto (Sez. U, n. 31963 del 5.11.2021; Sez. 1, n. 23033 del 7.11.2011; Sez. 1, n. 19162 del 13.9.2007). Tuttavia, in tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, ove il potere rappresentativo non derivi da un atto soggetto a pubblicità legale e la controparte lo contesti, la parte rappresentata è tenuta a dimostrare, tramite pertinente produzione documentale anche ex art. 372 cod.proc.civ., la spettanza di tale potere (Sez. 3, n. 11091 del 10.6.2020).
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato che il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, e, qualora la contestazione avvenga in sede di legittimità, la prova della sussistenza del potere rappresentativo può essere data ai sensi dell’art. 372 cod.proc.civ. Tuttavia, qualora il rilievo del vizio in sede di legittimità non sia officioso, ma provenga dalla controparte, l’onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto, giacché sul rilievo di parte l’avversario è chiamato a contraddire (Sez. U, n. 4248 del 4.3.2016; Sez. 1, n. 29244 del 20.10.2021).
Tali pronunce da ultimo citate peraltro riguardano un vizio di rappresentanza processuale relativo al giudizio di merito ed eccepito in sede di legittimità: il caso in esame concerne un vizio di rappresentanza processuale eccepito con riferimento alla procura speciale conferita per il ricorso in cassazione.
9.3. Nella specie la contestazione dei poteri del AVV_NOTAIO COGNOME da parte dei controricorrenti è avvenuta solo con la memoria ex art.380-bis1 cod.proc.civ., dopo che essi avevano contestato con il controricorso la validità della procura alle liti solo sotto diversi
profili (e cioè la sua collocazione e la sua mancata notificazione), ma ha messo in evidenza una carenza nella documentazione della legittimazione processuale del AVV_NOTAIO.
Nulla ha replicato la parte ricorrente che, tra l’altro, si era ormai vista scadere il termine (15 giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio) per eventuali produzioni ex art.372 cod.proc.civ., come modificato dall’art. 3, comma 27, lett. h) d.lgs. 10.10.2022, n. 149, secondo la disciplina transitoria di cui all’ art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall’art. 1, comma 380, lettera a), l. 29.12.2022, n. 197, che prevede che l’art. 372 novellato si applichi anche ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
9.4. Il problema processuale proposto dall’eccezione dei controricorrenti è in sostanza il seguente: il difetto di allegazione del documento attributivo della rappresentanza volontaria ai fini della legittimazione processuale è rilevabile d’ufficio, sicché la segnalazione della controparte non è soggetta a termini e preclusioni, in quanto meramente rivolta a sollecitare un doveroso controllo officioso comunque spettante alla Corte, o è necessaria l’eccezione di parte?
9.5. Certamente la parte ricorrente avrebbe dovuto produrre fin dall’inizio con il ricorso la procura a rogito AVV_NOTAIO a favore di NOME COGNOME, in quanto costui non era rappresentante legale di RAGIONE_SOCIALE ma, come si è ricordato, il ricorrente, a fronte dell’eccezione avversaria, avrebbe potuto rimediare con una tempestiva produzione integrativa ex art.372 cod.proc.civ., trattandosi di documento dimostrativo dell’ammissibilità del ricorso. In tal senso si sono espresse chiaramente le Sezioni Unite con la sentenza n. 20596 del 2007, affermando che in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di
dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa (Sez. U, n. 20596 del 1.10.2007, non smentita da Sez.U. 24179 del 16.11.2009 che attiene a un caso di non corrispondenza dei poteri processuali a quelli sostanziali del procuratore).
La già ricordata sentenza delle Sezioni Unite n.4248 del 2016, pur se con riferimento alla questione di legittimazione processuale relativa al giudizio di merito, si è mossa nella stessa logica, escludendo il rilievo d’ufficio e ritenendo necessaria l’eccezione di controparte.
9.6. Nella specie la contestazione dei poteri del AVV_NOTAIO COGNOME da parte dei controricorrenti è avvenuta tardivamente solo con la memoria ex art.380bis1 c.p.c., fra l’altro dopo aver contestato la validità della procura alle liti sotto ben diverso profilo (e cioè la sua collocazione e la sua mancata notificazione).
Secondo il Collegio, nel rito camerale del processo di cassazione (in questo caso applicato) la contestazione relativamente alla legittimazione processuale del rappresentante del ricorrente deve essere proposta con il controricorso e non può essere sollevata solo con la memoria ex art.380-bis1 c.p.c., come conferma decisivamente anche il fatto che lo sfalsamento del termine per il deposito ex art.372 c.p.c. (dieci giorni prima della camera di consiglio, la prima, quindici il secondo) non consente alla controparte, destinataria del rilievo, di replicare attivamente.
Il difetto di tempestiva contestazione solleva quindi la ricorrente dall’onere di produrre in giudizio l’atto legittimante, ossia il predetto rogito AVV_NOTAIO.
I primi sei motivi di ricorso, tutti proposti nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE, sono strettamente connessi e debbono perciò essere affrontati unitariamente, sia pure con la necessaria attenzione ai vari profili critici da essi segnalati in ordine alla estensione, asseritamente erronea dell’oggetto della controversia ai conti correnti estinti e confluiti nei loro saldi passivi nel conto corrente azionato n. 500030440.
10.1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.2697 c.c.
In particolare, esse sostengono che gli opponenti avevano agito in giudizio contestando esclusivamente la illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi, la nullità della clausola relativa alla metodologia di calcolo, la non debenza degli importi addebitati di commissioni di massimo scoperto e delle analoghe commissioni bancarie nonché delle spese generiche il tutto con riferimento al credito dei contratti di conto corrente azionati con il decreto ingiuntivo. Queste sole erano, secondo le ricorrenti, le contestazioni mosse tempestivamente, il che induceva a ritenere la somma richiesta come indiscussa sotto ogni altro profilo.
Solo con la memoria di cui all’articolo 183, comma sesto, numero 2, c.p.c. era stata introdotta la pretesa degli opponenti, ora controricorrenti, di integrazione della prova dei movimenti bancari relativamente ai quattro contratti di conto corrente da tempo chiusi (n.500061682; 500061992, 4721443, 3942103) i cui saldi negativi finali erano stati inseriti nel conto corrente azionato in giudizio (n.500030440).
Siffatta questione era decisiva ai fini della determinazione del credito, come risultava dall’esame della c.t.u., che distingueva le due ipotesi di conteggio denominate «A» e «B» proprio alla luce della considerazione o meno delle modalità di formazione dei saldi finali dei conti correnti confluiti nel conto corrente azionato.
In tal modo -secondo le ricorrenti – la Corte territoriale aveva violato il principio in base al quale l’onere probatorio sussiste nei soli limiti dell’oggetto della causa e cioè attribuendo indebito rilievo all’assenza della produzione degli estratti conto dei quattro conti correnti chiusi e confluiti nel conto corrente numero 500030440.
10.2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli art.167 e 183, comma 6, c.p.c. e degli 24 e 111, comma 1, Cost.
Le ricorrenti si dolgono altresì della motivazione solo apparente della sentenza impugnata sotto il profilo dell’incertezza delle ragioni della decisione della Corte; non era infatti chiaro se il decisum si fondasse o meno sulla ravvisata tempestività dell’eccezione formulata dagli opponenti con la predetta memoria ex articolo 183, comma 6, numero 2. Al riguardo, se così fosse, siffatta statuizione sarebbe contraria alle regole processuali e violerebbe in modo clamoroso il principio del contraddittorio sancito dagli articoli 24 e 111 della Carta costituzionale per l’introduzione di un nuovo argomento di discussione dopo lo spirare del termine per il deposito della documentazione in funzione probatoria.
10.3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.2697 c.c.
La pretesa della Corte d’appello che la banca creditrice dovesse provare come era giunta a determinare l’importo dei conti correnti chiusi e addebitati sul conto corrente azionato non era corretta in quanto con il decreto ingiuntivo era stato azionato unicamente il contratto di conto corrente n. 5000341440 ed il contratto di conto corrente 30022589, irrilevante peraltro ai fini della presente questione. I quattro conti confluiti e il conto azionato erano diversi e nel conto corrente azionato la banca si era limitata ad appostare la voce di debito così determinata in sede di chiusura dei conti correnti estinti e confluiti, che costituiva una posta totalmente neutra come tutte le altre annotate in conto.
10.4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione degli artt.112, 189 e 190 c.p.c.
Le ricorrenti lamentano ulteriore vizio della sentenza di appello per non aver considerato la circostanza che in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado le parti attrici opponenti non avevano riproposto la loro contestazione in ordine alla necessità di provare la debenza derivante dai conti confluiti nel conto azionato in giudizio.
10.5. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per motivazione apparente e/o contraddittoria o irragionevole e violazione dell’art.132, comma 2, n.4, c.p.c.
Aggiungono le ricorrenti che la sentenza impugnata si era limitata a porre l’onere della prova in capo alla parte creditrice senza considerare le argomentazioni da questa proposte nel corso del processo ed esplicitate nella comparsa conclusionale in tal modo risultando viziata da una motivazione meramente apparente.
10.6. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.112 c.p.c.
Le ricorrenti si dolgono altresì del vizio di ultra petizione perché i limiti della controversia erano stati fissati dalla domanda di parte convenuta opposta, attrice sostanziale, esplicitata nel ricorso per decreto ingiuntivo e reiterata nel giudizio di opposizione e dai motivi contenuti nell’atto di citazione in opposizione mentre la Corte d’appello aveva considerato una eccezione mai proposta e in conseguenza aveva ritenuto come contestate circostanze che invece avrebbe dovuto considerare come meramente pacifiche.
La problematica investita dai predetti motivi è già stata affrontata recentemente da questa Corte in un caso molto simile, in cui è stato enunciato il seguente principio:« In tema di rapporti bancari di conto corrente, l’estratto conto che inizi con il saldo negativo di un rapporto precedente non può dirsi incompleto e solo a fronte di una specifica contestazione del correntista, in ordine alla veridicità ed effettiva debenza di quanto dovuto in forza del conto secondario o precedente, scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta negativa di cui trattasi, prova che consiste, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo iniziale .» (Sez. 1, n. 15601 del 16.5.2022).
In particolare, in motivazione questa Corte ha chiarito: « Inoltre il motivo asseritamente ignorato deduceva l’incompletezza degli estratti conto forniti dalla Banca solo perché non sarebbero stati parimenti forniti gli estratti conto completi di altri conti correnti precedentemente intrattenuti dalle società garantite e successivamente estinti e azzerati, senza dimostrare che anche tali altri conti fossero oggetto di causa. Né può ritenersi incompleto un estratto conto solo perché la prima posta passiva registrata si riferisce ad un debito del correntista riveniente dalla chiusura di un altro rapporto bancario. 5.6. Beninteso, ciò non significa che una
banca possa inserire nell’estratto conto il saldo negativo di precedenti conti chiusi senza che il cliente possa al riguardo articolare alcuna difesa al riguardo. Certamente l’estratto conto che inizi con il saldo negativo di un precedente conto non può dirsi incompleto. La completezza, però, non significa necessariamente veridicità. È anche vero, cioè, che detta posta, come tutte le poste di un conto, può essere oggetto di contestazione da parte del correntista (il quale ha appunto l’onere di contestare le varie poste del conto nell’ambito della dialettica fra le parti voluta dal legislatore per giungere all’accertamento del saldo) e, se una contestazione vi sia, scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta di cui trattasi: prova che in un caso come quello oggetto del giudizio consisterebbe appunto, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo negativo. I ricorrenti sostengono appunto di aver contestato, nel giudizio di merito le poste iniziali di quei conti in quanto costituite dal saldo negativo di altri conti nei quali era stati applicati interessi anatocistici e addebitate spese non dovute. Se una tale contestazione fosse stata effettivamente sollevata, i giudici di merito avrebbero dovuto pretendere dalla banca la produzione anche degli estratti conto per così dire «secondari». Sennonché la deduzione dei ricorrenti di aver contestato nel merito, per la ragione appena detta, la correttezza dei saldi negativi dei conti secondari, è oltremodo generica, visto che essi non indicano quando e come l’avrebbero sollevata nel giudizio di merito, e dunque inammissibile, dato che anche la sentenza impugnata non vi fa alcun cenno. Inoltre il motivo asseritamente ignorato deduceva l’incompletezza degli estratti conto forniti dalla Banca solo perché non sarebbero stati parimenti forniti gli estratti conto completi di altri conti correnti precedentemente intrattenuti dalle società garantite e successivamente estinti e azzerati, senza dimostrare che anche tali altri conti fossero oggetto di causa.»
Questi principi, già richiamati in parte dall’ordinanza del 10.3.2023 n.7172, sono condivisi dal Collegio e meritano di ricevere continuità, seppur con le precisazioni e integrazioni richieste dal caso concreto e dai motivi di ricorso.
Alla stregua dei principi enunciati il primo motivo, con la denuncia di violazione dell’art. 2697 c.c., è da ritenersi infondato.
Infatti anche la posta confluita e originata dal saldo negativo di un altro conto corrente estinto (« secondario » nella terminologia usata dall’ordinanza 15601/2022), come tutte le poste di un conto, può essere oggetto di contestazione da parte del correntista nell’ambito della dialettica prevista dall’istituto per giungere all’accertamento del saldo) e, se la contestazione c’è stata, scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta con la produzione degli estratti conto da cui risulti il saldo negativo contestato.
Il secondo motivo chiama questa Corte a chiarire i tempi e le modalità processuali di deduzione della contestazione che il correntista e nel caso anche i suoi fideiussori debbono proporre per ampliare il tema del contendere anche ai conti «secondari».
In questa controversia, infatti, la contestazione è stata proposta, ma secondo la ricorrente tardivamente, solo con la memoria di cui all’art.183, comma 6, n.2, c.p.c., quando ormai si era formato il thema decidendum , mentre avrebbe dovuto essere proposta al più tardi con la prima memoria ex art.183 c.p.c.
Il sesto comma dell’art.183, nella formulazione all’epoca vigente disponeva:
« Se richiesto, il giudice concede alle parti i seguenti termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un
termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali; 3) un termine di ulteriori venti giorni per le sole indicazioni di prova contraria ».
Il motivo appare inammissibile perché le ricorrenti non dimostrano – e neppure deducono – di aver prodotto gli estratti conto del conto corrente principale n. 500030440, da cui risultava la confluenza dei saldi negativi dei conti secondari, con la comparsa di risposta e neppure per vero con la prima memoria ex art.183, comma 6.
Al contrario, le stesse parti ricorrenti (cfr ricorso pag.7, § 2.7.) deducono di aver chiesto di essere rimesse nel termine con la seconda memoria ex art.183, comma 6, per produrre la documentazione necessaria.
La contestazione di correntista e fideiussori potrebbe ritenersi tardiva solo se la Banca avesse prodotto anteriormente l’estratto conto da cui risultava la confluenza dei saldi negativi dei conti secondari. Il che, pacificamente non è avvenuto in sede monitoria, nella quale la Banca aveva agito sulla base del certificato ex art. 50 d.lgs.385 del 1993 e non risulta che sia avvenuto né con la comparsa di risposta, né con la prima memoria ex art.183, comma 6, in difetto di specifica deduzione delle ricorrenti ed anzi in presenza di ammissione di segno contrario ut supra.
L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per
cassazione, per il principio di autosufficienza di esso. Pertanto, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Sez. 5, n. 22880 del 29.9.2017; Sez. L, n. 11738 del 8.6.2016; Sez. L, n. 23420 del 10.11.2011; Sez. 1, n. 20405 del 20.9.2006; Sez. U, n. 28332 del 5.11.2019;Sez. U , n. 156 del 9.1.2020).
Deve quindi ritenersi, a fronte della inammissibilità della incompleta censura, che la contestazione sia avvenuta tempestivamente nel termine previsto per proporre le eccezioni consequenziali e per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali, tanto più che si verteva in tema di fatti secondari; e, soprattutto, comunque prima che la Banca integrasse le sue produzioni documentali relative all’andamento del conto principale.
Lo stretto collegamento fra l’art.183 e le preclusioni istruttorie e le produzioni giudiziali da parte della Banca è stato di recente, in una particolare prospettiva, ribadito da questa Corte, allorché ha affermato che la scelta del correntista circa il momento – anteriore all’instaurazione del giudizio da promuoversi contro la banca (con le eventuali conseguenze sull’istanza ex art. 210 c.p.c. se formulata, ricorrendone i presupposti, nel medesimo giudizio) o in pendenza dello stesso – in cui esercitare la facoltà di richiedere all’istituto di credito la consegna di documentazione ex art. 119, comma 4, del d.lgs. n. 385 del 1993, deve tenere conto, necessariamente, al fine del successivo, tempestivo deposito di detta documentazione, oltre che del termine (novanta giorni) spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello, diverso e prettamente processuale, sancito, per le
preclusioni istruttorie, dall’art. 183, comma 6, c. p.c. con le relative conseguenze ove esso rimanga inosservato, fatta salva, tuttavia, in quest’ultima ipotesi, la possibilità di valutare, caso per caso, se la condotta del correntista possa considerarsi meritevole di tutela mediante l’istituto della rimessione in termini. (Sez. 1, n. 12993 del 12.5.2023).
Non sovverte le conclusioni attinte l’assunto delle ricorrenti circa una pretesa lesione del loro diritto alla prova sia perché ben avrebbero potuto produrre i documenti rilevanti con la terza memoria ex art. 183, comma 6, sia e soprattutto perché, come esse stesse riconoscono, erano state espressamente rimesse in termini su loro richiesta avanzata con la seconda memoria.
Il rigetto del terzo motivo, inerente la diversità dei conti secondari rispetto a quello principale azionato consegue de plano alle sopra esposte considerazioni.
Non così quanto al quarto motivo, con cui le ricorrenti sostengono che le controparti avrebbero abbandonato la loro contestazione in sede di precisazione delle conclusioni definitive di primo grado.
Il motivo appare infondato, innanzitutto perché il mancato espresso richiamo della contestazione delle risultanze dei conti secondari non possiede inequivoca valenza abdicativa in presenza di una generale premessa che fa riferimento a tutti i motivi indicati per dichiarare non dovute e non provate le somme pretese (allora) da RAGIONE_SOCIALE e di conclusioni indifferenziate e non circoscritte ai soli conti correnti azionati monitoriamente.
In secondo luogo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, di una domanda in precedenza formulata non autorizza alcuna presunzione di rinuncia in capo a colui che ebbe originariamente a presentarla, essendo necessario, a tale fine, che, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, possa
desumersi inequivocabilmente il venire meno del suo interesse a coltivare siffatta domanda (Sez. 3, n. 723 del 18.1.2021; Sez. 1, n. 31571 del 3.12.2019; Sez. U, n. 1785 del 24.1.2018).
Non può essere condivisa neppure la censura di nullità per mera apparenza della motivazione (mossa con il quinto motivo), dal momento che il fondamento logico e giuridico della decisione assunta dalla Corte territoriale appare ben chiaro (mancata prova dello svolgimento dei conti correnti secondari le cui poste negative finali sono confluite nel conto corrente principale) ed è stato infatti aggredito con plurime censure sostanziali e processuali da parte delle ricorrenti.
Così è appunto anche per il sesto motivo, che denuncia utrapetizione e violazione dell’art.112 c.p.c., sull’assunto, ut supra confutato, che la domanda e la contestazione delle risultanze dei conti correnti secondari confluiti non fosse mai stata proposta, o tempestivamente proposta o se proposta abbandonata.
Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art.112 c.p.c.
16.1. Con il motivo le ricorrenti ricordano che il Tribunale aveva emesso dapprima una sentenza non definitiva (n. 14849 del 2015) e successivamente in data 3.5.2017 la sentenza definitiva (n.4856 del 2017); le ricorrenti quindi sostengono che nella prima sentenza erano state decise tutte le questioni oggetto del processo con eccezione di una singola questione relativa alla necessaria eliminazione dai saldi dei due conti correnti oggetto di causa della capitalizzazione trimestrale; che pertanto la causa era stata rimessa in istruttoria con la sentenza non definitiva solo al fine di definire questo precipuo aspetto sicché la parte sul punto soccombente, e cioè gli opponenti, avrebbero dovuto proporre rituale riserva d’appello cosa non effettuata; che cioè la sentenza non definitiva aveva definito la misura del credito tranne che per
l’aspetto unicamente posto all’attenzione del supplemento di consulenza; che il passaggio in giudicato di queste statuizioni avrebbe dovuto impedire la pronuncia resa in grado d’appello.
16.2. Il motivo appare inammissibile perché la ricorrente non riproduce e non sintetizza adeguatamente il contenuto della sentenza non definitiva del Tribunale che conterrebbe, a suo dire, la statuizioni coperte dal giudicato interno asseritamente violato.
Il che è tanto più grave se si considera che alla sentenza non definitiva in questione nella sentenza impugnata viene attribuito ben diverso contenuto (peraltro contraddittoriamente confermato dalle stesse ricorrenti nel § 2.18) e cioè : accertamento della rinuncia alle eccezioni preliminari di decadenza e prescrizione sollevate dalla Banca, revoca del decreto ingiuntivo 30871/2011, rimessione della causa in istruttoria per la quantificazione dell’esatto ammontare del credito in capo alla parte opposta.
Con l’ottavo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano nullità della sentenza per omessa pronuncia e violazione dell’art.112 c.p.c.
17.1. La ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sulla domanda relativa al credito riveniente dal conto corrente n.300022589, per cui il C.t.u. aveva accertato un saldo negativo di € 66.622,15, somma derivante dalla differenza dal saldo a sofferenza rappresentato dalla Banca (€ 98.640,99) e gli importi illegittimamente addebitati (€ 32.018.84), che era stata oggetto di condanna in primo grado, mentre la c.t.u. esperita in appello aveva riguardato solo il c/c 5000304440 e i vari conti chiusi e in esso confluiti.
17.2. Il motivo è infondato.
L’omessa pronuncia denunciata non sussiste affatto e la Corte di appello ha rigettato integralmente la domanda della Banca anche con riferimento al conto anticipi n.300022589, sul presupposto
della rideterminazione del saldo dei conti correnti in questione (entrambi, evidentemente) che vedeva la società correntista garantita non già debitrice ma creditrice della Banca.
L’appello investiva la decisione con riferimento a tutti e due e i conti e la Corte di appello non ha omesso di pronunciarsi, visto che ha rigettato tutte le domande proposte nei confronti degli appellanti.
I successivi quattro motivi sono stati proposti da RAGIONE_SOCIALE nell’interesse proprio, in quanto condannata alla rifusione delle spese processuali
18.1. Con il nono motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE -erroneamente esposto nella sintesi inziale per errore materiale – la ricorrente denuncia nullità della sentenza per incertezza assoluta nell’identificazione delle parti del processo.
In particolare, RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, sottolinea che la causa era stata radicata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che essa non era destinataria di alcuna domanda e in grado di appello si era costituita non già in proprio, ma solo ed esclusivamente nella dichiarata veste di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE a sua volta successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE.
Nonostante ciò, la Corte milanese l’aveva condannata, essa sola, alle spese di lite quale soggetto del tutto estraneo alla vicenda sostanziale riferita e senza che fosse intervenuto alcun fenomeno successorio nei rapporti fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
18.2. Con il decimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 94 c.p.c. perché, essa, che aveva agito come rappresentante di RAGIONE_SOCIALE 2, non poteva essere condannata in proprio alla rifusione delle spese di lite, in difetto di gravi ragioni non indicate.
18.3. Con l’undicesimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.4, cod.proc.civ., RAGIONE_SOCIALE denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art.112 c.p.c. e dell’art.132 n.4 e carenza assoluta di motivazione in ordine alla indiscussa veste di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, pervenendo a una sua condanna diretta, del tutto obliterando il dichiarato rapporto procuratorio.
18.4. Con il dodicesimo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., le ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art.1388, comma 3, c.c. consumata con l’imputazione al mandatario con rappresentanza della responsabilità per le obbligazioni gravanti sul mandante.
18.5. Con tutti e quattro i motivi la ricorrente si lamenta di essere stata condannata al pagamento delle spese processuali, benché fosse la mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE e non avesse agito quindi in proprio.
La ricorrente quindi si duole della condanna che, secondo lo sviluppo logico delle sue argomentazioni, avrebbe dovuto semmai vedere come destinataria la mandante RAGIONE_SOCIALE, con cui peraltro ha agito congiuntamente in giudizio con unico ricorso.
18.6. Prima ancora di ogni questione circa un possibile conflitto di interessi tra mandante e mandataria o addirittura circa l’insussistenza dell’interesse, vista la proposizione congiunta del ricorso con unico difensore, appare assorbente il rilievo della cessazione della materia del contendere emergente dalle dichiarazioni rese dai controricorrenti, secondo cui RAGIONE_SOCIALE si era fatta carico delle spese legali liquidate in sentenza e le aveva corrisposte ai controricorrenti, che a loro volta avevano rinunciato alla richiesta di rimborso degli onorari liquidati a favore dei consulenti tecnici di ufficio (controricorso, § VII-9, pag.26).
Il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE deve essere complessivamente rigettato; quanto invece al ricorso
proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
La ricorrente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, parte rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, deve essere condannata alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
Meritano invece compensazione le spese nel rapporto fra RAGIONE_SOCIALE e i controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE e condanna la ricorrente RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate nella somma di € 12.000,00 per compensi, € 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge;
dichiara cessata la materia del contendere quanto al ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE in proprio, a spese compensate;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE nella qualità di rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione