Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24901 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24901 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10939/2021 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente principale e controricorrente ai ricorsi incidentali- contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale- nonché contro
STUDIO COGNOME AVVOCATI E COMMERCIALISTI, nonché COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
– controricorrenti e ricorrenti incidentali- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 662/2020 depositata il 27/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 27.10.20 corte d’appello di Milano, in parziale riforma di sentenza del tribunale della stessa sede del 2019, ha condannato lo studio di professionisti in epigrafe al pagamento di € 57.491 in favore del collaboratore COGNOME per inadempimento degli accordi contrattuali che si erano succeduti nel tempo (due in particolare).
La corte territoriale ha ritenuto la natura parasubordinata del rapporto, essendo questo da ritenersi personale continuativo e coordinato sulla base delle prove testimoniali raccolte; ha affermato l’inapplicabilità della clausola arbitrale che devolveva al tribunale delle imprese ogni controversia; ha ritenuto la responsabilità solidale dei soci dello studio professionale che avevano agito ritenendo irrilevante l’intestazione della fattura allo studio in sé; ha rilevato che erano stati stipulati due accordi che
disciplinavano periodi diversi, sicché il secondo non poteva essere novazione del primo; ha escluso la prescrizione presuntiva perché vi era ammissione di non pagamento (invocando la novazione) e perché vi erano comunque contratti scritti; ha riconosciuto parte degli emolumenti accertati come dovuti in primo grado, ritenendo il compenso annuo previsto dal secondo contratto aumentabile solo discrezionalmente dallo studio ove ricorressero certi parametri; ha escluso la violazione del patto di non concorrenza derivante dalla titolarità di alcune cariche sindacali e l’applicazione della penale pattuita al riguardo.
Avverso la sentenza ricorre per un motivo Orrù, resistono con distinti controricorsi lo Studio COGNOME e, distintamente rappresentati, gli avvocati COGNOME in proprio, i quali tutti propongono separati ricorsi incidentali per diversi tre motivi ciascuno, cui resiste a sua volta il lavoratore con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il motivo unico del ricorso principale deduce violazione dell’articolo 1355, nonché 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c., per avere la sentenza impugnata trascurato la nullità della clausola che rimette alla mera discrezionalità del debitore l’attribuzione del maggior compenso e interpreta le somme 105.000 quali acconti e non quale minimo garantito, in relazione al criterio sistematico e letterale.
Il Collegio ritiene il motivo inammissibile quanto al profilo della nullità per novità della questione, che non risulta in alcun modo dalla sentenza e che non risulta proposta dal ricorrente nei precedenti gradi. E’ poi infondato quanto al secondo profilo sollevato relativo all’interpretazione dell’accordo, essendo l’interpretazione seguita dalla corte territoriale una delle possibili
del testo, senza che vi stata alcuna violazione dei criteri legali di interpretazione richiamati dalla parte.
Il ricorso incidentale, proposto congiuntamente dallo Studio e dall’avv. COGNOME Paolo in proprio, propone tre motivi.
Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la corte territoriale ritenuto generica la contestazione degli emolumenti dovuti quali derivanti dai conteggi proposti, sebbene le somme fondate su prospetti del ricorrente non erano state accompagnate da documentazione a supporto.
Il motivo è inammissibile per la sua genericità a fronte della specificità delle affermazioni del ricorrente; non si parametra comunque alla sentenza che non ha modificato in alcun modo l’onere della prova.
Il secondo motivo lamenta violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale fondato la decisione sulla non contestazione delle parti.
Anche tale motivo è privo di pregio, atteso che la corte ha opportunamente distinto i crediti supportati da documenti e per i quali non vi è stata contestazione da parte dei convenuti, dai crediti per i quali il ricorrente aveva depositato conteggi specifici e per converso la contestazione del convenuto era del tutto generica; questa Corte, invero, ha già affermato in tema di principio di non contestazione (Sez. 1 – , Ordinanza n. 10629 del 19/04/2024, Rv. 670885 – 01), che il relativo onere, in ordine ai fatti costitutivi del diritto, si coordina con l’allegazione dei medesimi e, considerato che l’identificazione del tema della decisione dipende in pari misura dall’allegazione e dall’estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l’onere di contribuire alla fissazione del thema decidendum opera identicamente rispetto all’una o all’altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente
non può che essere altrettanto generica e, dunque, idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte, essendo per converso una contestazione generica insufficiente a far fronte a deduzioni attoree specifiche.
Il terzo motivo lamenta violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c., per mancata applicazione della clausola penale ad attività quale quella di sindaco svolta dall’Orrù.
Il motivo è infondato non solo perché, anche a prescindere dalla questione della nullità dei patti che non prevedono corrispettivo, la penale fa riferimento si ad attività di qualsiasi tipo, ma comunque riconducibili al rapporto di clientela (non essendo tale quella inerente la carica sindacale); peraltro, la corte ha seguito una interpretazione corretta, rispettosa dei criteri legali di interpretazione, e non sindacabile in questa sede.
Il ricorso incidentale dell’avv. COGNOME COGNOME lamenta con il primo motivo vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. e violazione degli artt. 115-116 c.p.c. e 2712 c.c.
Il motivo è inammissibile in quanto sovrappone profili incompatibili di doglianza, da un lato senza peraltro indicare i fatti asseritamene omessi dalla valutazione del giudice e, dall’altro lato, richiamando un disconoscimento di una email operata in modo del tutto generico.
Il secondo motivo deduce omesso esame di fatto decisivo in relazione agli artt. 4 l. 247/12 e 38 c.c., nonché 116 c.p.c.., per aver affermato la responsabilità dell’avvocato in proprio.
Il motivo è inammissibile, sia per la sua novità, posto che non era stata sollevata la relativa questione (ed in particolare quella fattuale del coinvolgimento dell’avvocato nel rapporto) nei precedenti gradi di giudizio, e che la sentenza ha comunque
affermato al responsabilità dell’associato sulla base della valutazione, qui insindacabile, delle risultanze di prove testimoniali. Il terzo motivo deduce violazione dell’art. 91 c.p.c. nella regolamentazione delle spese di lite.
Anche tale motivo è infondato, avendo la corte applicato il principio della soccombenza nella regolamentazione delle spese, per di più operando una compensazione parziale di cui la parte ivi soccombente non ha titolo per lamentarsi.
Ne consegue il rigetto del ricorso principale e di quelli incidentali. Le spese di lite vanno compensate per la soccombenza reciproca. Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta i ricorsi e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 maggio 2025.