Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15526 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28786-2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO;
Oggetto
Sanzioni disciplinari pubblico impiego
R.G.N. 28786/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/05/2024
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2160/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/07/2019 R.G.N. 1450/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
c on sentenza del 23 luglio 2019 la Corte d’appello di Roma riformava la decisione del locale Tribunale che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME, dirigente RAGIONE_SOCIALE, di retta all’ annullamento della sanzione pecuniaria inflittagli in misura di €. 200,00;
la Corte territoriale, andando in diverso avviso rispetto al Tribunale -che aveva ritenuto la genericità della contestazione disciplinare -, rilevava che dagli atti si comprendeva «chiaramente e specificamente il fatto addebitato» al Dau, ossia l’aver fatto intendere, nel corso dell’assemblea del RAGIONE_SOCIALE del 22.5.2014, che il segretario generale, precedentemente interpellato dal Dau circa la necessità di ultimare la pratica per l’attribuzione dell’incarico al prof. COGNOME, avrebbe risposto «aspettiamo perché non conosciamo le prospettive dell’istituzione»;
secondo la Corte capitolina, l’addebito consisteva , in definitiva, nell’aver fatto intendere , falsamente, che la fase di stallo della procedura per il conferimento dell’incarico in parola dipendesse da una precisa volontà del segretario generale; su null’altro v’era da statuire essendo il Dau rimasto contumace in appello e non avendo egli riproposto, ex art. 346 cod. proc. civ., tutte le altre ragioni di impugnazione contro la sanzione disciplinare;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione con tre motivi NOME COGNOME assistiti da memoria, cui replica con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di ricorso, il Dau deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 bis del d.lgs. n. 165 del 2001, in relazione agli artt. 1362 e 1324 cod. civ., per essere la Corte di appello incorsa nella violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. e ss. cod. civ. laddove ha ritenuto integrato il requisito della specificità nella contestazione, pur non contenendo quest’ultima l’ esatta indicazione delle affermazioni la cui falsità era stata accertata; il rinvio agli allegati alla contestazione non poteva assumere rilievo, dovendo desumersi l’ incolpazione dalla sola contestazione disciplinare e non aliunde ;
con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione fra le parti, in relazione agli artt. 115-116 cod. proc. civ. (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.); la Corte di appello, nell’affermare ‘la contrarietà al vero’ delle affermazioni del Dau, ha omesso di confrontarle con quelle del presidente del RAGIONE_SOCIALE e della sig.ra NOME COGNOME, il cui tenore corroborava le dichiarazioni rese dal Dau nel corso dell’a ssemblea del 22 maggio 2014;
con il terzo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3 -4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all’art. 132, comma 2 n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte capitolina, anche alla luce dei primi due motivi di censura, adottato una motivazione ‘insufficiente, illogica e contraddittoria’, carente nell’analisi delle circostanze di fatto emerse dall’istruttoria e non coerente con i principi generali che non consentono di poter integrare l’addebito disciplinare con atti estranei alla contestazione;
il primo motivo è inammissibile;
4.1 da tempo questa Corte ha chiarito che la contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore incolpato l’immediata difesa e, quindi, la stessa deve essere specifica, nel senso che deve contenere le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, la condotta addebitata; si è precisato, peraltro, che l’accertamento relativo al requisito della specificità, riservato al giudice di merito, va condotto considerando che in sede disciplinare la contestazione non obbedisce ai rigidi canoni che presiedono alla formulazione dell’accusa nel processo penale né si ispira ad uno schema precostituito, ma si modella in relazione ai principi di correttezza che informano il rapporto esistente fra le parti, sicché ciò che rileva è l’idoneità dell’atto a soddisfare l’interesse dell’incolpato ad esercitare pienamente il diritto di difesa (cfr. fra le tante Cass. nn. 6099/2017, 4622/2017, 3737/2017, 619/2017, 6898/2016, 10662/2014, 27842/2009);
4.2 dal principio già indicato, di carattere generale, è stata desunta l’ammissibilità della contestazione per relationem , in ordine alla quale si è altresì osservato che risultano rispettati i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio qualora gli atti richiamati siano allegati alla contestazione o comunque già a conoscenza dell’interessato, che, quindi, viene posto immediatamente nella condizione di svolgere un’adeguata difesa (Cass. nn. 5115/2010, 10662/2014, 29240/2017; 23771/2018),
4.3 a detto principio di diritto si è puntualmente attenuta la Corte territoriale che ha valorizzato, per escludere la genericità della contestazione, la circostanza che il ‘fatto addebitato’ si evincesse nel suo complesso anche in considerazione degli atti allegati, e che di ciò
vi fosse ulteriore riprova dalle difese assunte dall’incolpato in sede disciplinare;
4.4 d ‘altronde, la contestazione degli addebiti nell’ambito del procedimento disciplinare è rivolta a consentire all’incolpato di difendersi; il grado di precisione della contestazione è, appunto, funzionale all’esercizio in concreto del diritto di difesa (cfr. Cass. 19 agosto 2004 n. 16249) ed è il lavoratore che si dolga della genericità della contestazione e della violazione del principio di immodificabilità a dover chiarire in che modo ne sia risultato leso il suo diritto di difesa (Cass., Sez. L, n. 30271 del 14/10/2022);
4.5 nella specie, con la censura in esame, peraltro generica nella sua formulazione perché avrebbe dovuto riportare per esteso non solo il contenuto della contestazione disciplinare ma anche tutti gli altri atti ad essa allegati e menzionati dal giudice d’appello (i.e., nota del segretario generale del 9.6.2014, resoconto stenografico dell’assemblea del 22.5.2014, nota del segretario generale del 28.5.2014 nonché mail del 29.5.2014 inviata dal Dau al segretario generale), il lavoratore si limita a opporre, alla accertata ricostruzione da parte della Corte territoriale della sufficienza ed adeguatezza della contestazione, una sua diversa lettura del fatto senza dare conto delle ragioni per le quali in concreto si sarebbe verificata una lesione del suo diritto di difesa;
da quanto si evince dalla sentenza, infatti, la contestazione, letta congiuntamente agli allegati, riportava chiaramente il nucleo essenziale dell’addebito, consistente nell’aver e lasciato intendere in assemblea che la fase di stallo della procedura per il conferimento dell’incarico al prof. COGNOME dipendesse da una precisa volontà del segretario generale, invece inesistente;
la Corte di merito ha accertato in fatto che rispetto a tale condotta il lavoratore era stato in grado di difendersi compiutamente in sede disciplinare e per l’effetto ha escluso che la contestazione fosse generica; orbene, la contestazione di tale approdo ermeneutico si traduce, per come formulata, in una inammissibile diversa ricostruzione dei fatti che in questa sede non è consentita;
anche il secondo motivo è inammissibile perché non si confronta con il decisum , dal quale si evince che, esclusa la genericità della contestazione, la Corte distrettuale si è fermata lì, non esaminando più tutte le altre deduzioni difensive del RAGIONE_SOCIALE, e ciò in quanto il Dau, contumace nella fase di gravame, «non aveva riproposto quei motivi di impugnazione della sanzione disciplinare a suo tempo fatti valere col ricorso introduttivo, come sarebbe stato suo preciso onere ex art. 346 cod. proc. civ., e pertanto quegli stessi motivi si intendevano rinunziati»;
d alle considerazioni che precedono si desume l’inammissibilità anche del terzo motivo, giacché la motivazione della sentenza impugnata si appalesa del tutto esente dai vizi di ‘insufficienza, illogicità, contraddittorietà’ pur denunciati dal ricorrente;
6.1 non sussiste, all’evidenza, la denunciata violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. perché, come evidenziato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità, quale violazione di legge costituzionalmente rilevante, attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, e prescinde dal confronto con le risultanze processuali, esaurendosi piuttosto nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa e
obiettivamente incomprensibile» (Cass. S.U. n. 8053/2014 che richiama Cass. S.U. n. 5888/1992);
6.2 i l difetto del requisito di cui all’art. 132 cod. proc. civ. si configura, quindi, solo qualora la motivazione o manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero esista formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum ;
6.3 esula, invece, dal vizio di violazione di legge la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti , implicante, come detto, un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito;
c onclusivamente, il ricorso dev’essere nel suo complesso dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere le spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi €. 1.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7.5.2024.