Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24981 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24981 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30221-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1787/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/06/2022 R.G.N. 1700/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
Sanzioni disciplinari
R.G.N. 30221/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 09/07/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con separati ricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME premesso di essere stati assunti alle dipendenze di Autostrade per l’Italia s.p.a. con mansioni di ‘Esattore’ ed inquadramento nel livello C del C.C.N.L. applicato, e di essere addetti alla gestione delle casse automatiche, di avere subito un procedimento disciplinare relativo ad un ammanco pari ad € 6.623,05 e di essere stati sanzionati con nota del 15 settembre 2016, chiedevano: annullare e dichiarare illegittima la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 10 ai sensi dell’art. 36 , punto 1, Lett. d, del vigente CCNL comminata con provvedimento del 15.09.2016, nonché del provvedimento del 25.10.2016, nonché di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e consequenziale; ordinare la cancellazione della sanzione dal fascicolo personale del dipendente; condannare Autostrade per l’Italia RAGIONE_SOCIALE a restituire i 10 giorni di paga con riserva di procedere con separato giudizio in ordine ai danni.
Riuniti i giudizi il Tribunale di Napoli Nord con sentenza n. 1245/2019 accoglieva parzialmente i ricorsi dichiarando la illegittimità della contestazione disciplinare per difetto di specificità e per l’effetto annullava la sanzione disciplinare.
Con sentenza n. 1787/2022 dell’08/06/2022 la Corte d’appello di Napoli in accoglimento dell’appello proposto da Autostrade per l’Italia, rigettava i ricorsi di COGNOME e COGNOME e dichiarava inammissibile l’appello incidentale da quest’ultimo proposto. La Corte, in particolare, rilevato che ‘ la Società non aveva addebitato a COGNOME e COGNOME solo ed esclusivamente un ammanco del fondo gestito (peraltro provato nel corso dell’istruttoria), bensì una condotta più ampia, consistita: a) anzitutto, nella violazione delle norme e procedure aziendali, non avendo i lavoratori custodito il fondo con la dovuta diligenza; b) nella perdita (ammanco) di una somma di € 6.623,05 dal fondo gestito ed affidato alla responsabilità degli appellati (addebito che non era altro che la conseguenza della
condotta principale consistita nella violazione delle norme e procedure aziendali’ , riteneva che ‘ l’addebito relativo al mancato rispetto delle procedure, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, non può, di certo, ritenersi generico o, comunque, non specifico. Tant’è che gli stessi appellati, in sede di giustificazioni, avevano ampiamente preso posizione sul rispetto delle procedure aziendali tentando, inutilmente, di individuare delle giustificazioni plausibili alle violazioni (confermando, pertanto, indirettamente, il contenuto della contestazione sul punto) ‘ e che in ogni caso non sussisteva alcuna genericità degli addebiti ‘ in quanto: a) il contenuto della contestazione è inequivocabile e specifico (‘ All’esito delle operazioni di verifica contabile protrattasi fino alla fine del mese di aprile, è stato accertato che, rispetto alla consistenza del fondo da lei gestito e custodito, pari ad euro 41.821,00, risultavano mancanti euro 6.623,05 ); b) gli odierni appellati erano perfettamente a conoscenza dei fatti, in quanto avevano proceduto poche settimane prima – alla sottoscrizione dei verbali del 1 e 2 marzo 2016 ‘.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il COGNOME affidato ad un unico motivo.
Si difende con controricorso RAGIONE_SOCIALE lRAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso il COGNOME lamenta, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 l. 300/1970 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ed in relazione all’art 360 n. 5 c.p.c.. Deduce che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che la genericità della contestazione non potesse essere invocata nei casi in cui il dipendente si sia compiutamente difeso in sede di giustificazioni, nonostante il mancato inserimento nella contestazione del dato materiale ed obiettivo dell’ammanco contabile. Il
Giudice d’Appello, aveva erroneamente ritenuto specifica la contestazione per il solo fatto che il lavoratore si fosse difeso in sede di giustificazioni, omettendo, tuttavia, di valutare che egli non aveva mai fatto alcun riferimento ai dati contabili proprio perché la verifica contabile non era stata messa a sua disposizione, incorrendo conseguentemente nel vizio di illogicità ed incongruità delle ragioni che l’hanno indotta erroneamente a ritenere soddisfatti i requisiti di specificità, come sopra delineati, della contestazione disciplinare. Lamenta, poi, che la Corte d’appello avrebbe erroneamente valutato un fatto decisivo per la controversia e oggetto di discussione tra le parti, ossia che il Tribunale aveva ordinato la produzione dell’originale del prospetto contabile e che la società aveva prodotto altro prospetto contabile non sottoscritto dai lavoratori. La Corte territoriale ha poi erroneamente valutato la rilevanza probatoria dei documenti allegati dai quali emergerebbe l’infondatezza dell’assunto secondo il quale ‘la sanzione comminata non sia riferibile, testualmente: ‘solo ed esclusivamente ad un ammanco del fondo gestito, bensì ad una condotta più ampia, consistita a) anzitutto, nella violazione delle norme e procedure aziendali, non avendo i lavoratori custodito il fondo con la dovuta diligenza b) nella perdita (ammanco) di una somma di euro 6.623,05 dal fondo gestito ed affidato alla responsabilità degli appellati (addebito che non era altro che la conseguenza della condotta principale consistita nella violazione delle norme e procedure aziendali)’ atteso che ‘né nella comunicazione del 30.05.2016 né, addirittura, nel provvedimento disciplinare del 15.09.2016 la Società ha fatto riferimento a tali contestazioni, facendo riferimento esclusivamente, ai fini della sanzione, all’ammanco di cui all’asserita verifica contabile’.
Per quanto attiene l’eccezione, sollevata da Autostrade in controricorso, di improcedibilità del ricorso per omessa notifica al COGNOME – parte del giudizio sia di primo che di secondo grado a seguito del provvedimento di riunione disposto in primo grado – essa è infondata. La domanda proposta da più lavoratori nei confronti dello stesso datore di lavoro dà, infatti,
luogo a un litisconsorzio facoltativo improprio, nel quale permane l’autonomia dei titoli e la sentenza che le definisce, sebbene formalmente unica, consta in realtà di tante pronunce quante sono le cause riunite, le quali conservano la propria autonomia ai fini delle successive impugnazioni, che possono svolgersi separatamente le une dalle altre, senza che la tempestiva impugnazione proposta da alcune soltanto delle parti coinvolga la posizione delle parti non impugnanti o determini la necessità di integrazione del contraddittorio nei loro confronti (Cass. Sez. Lav. n. 24928 del 2020, Rv. 659268-01; Cass. n. 19937 del 2004), con conseguente inapplicabilità dell’art. 331 c.p.c., che viene in considerazione nelle diverse ipotesi di cause inscindibili, nelle quali la necessità del litisconsorzio è prevista dalla legge o la sentenza si riferisce ad una situazione giuridica unica, o a situazioni tra loro dipendenti, allorché la decisione di una controversia si estenda necessariamente all’altra, costituendone il presupposto logico-giuridico imprescindibile (Cass. n. 11386 del 2013).
3. Il ricorso è, peraltro, inammissibile per una pluralità di ragioni. In primo luogo, va rilevato come, sulla base del principio di necessaria e completa allegazione del ricorso per cassazione ex art. 366 n. 6 c.p.c. (valido oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5 anche per quelli previsti dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Cass. sez. Lav. n. 9076 del 2006, Rv. 588498); siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi comprovata dall’esame degli atti processuali, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad allegare al ricorso gli atti del processo idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, la sussistenza delle circostanze affermate, non potendo limitarsi alla parziale
e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali propri o della controparte; è appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., sentenza n. 16887 del 5/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum , attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., sentenza n. 28547 del 2/12/2008, Rv. 605631). Rimane in ogni caso pur sempre fermo che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c. quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non sia interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendo tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (v. Sez. U, ordinanza n. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409 – 01).
3.1. Nel caso di specie il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti (la lettera di contestazione, prospetti contabili, documenti prodotti dal lavoratore apparentemente riferiti ad eccedenze di un fondo contabile) che, non solo non vengono allegati al ricorso né in esso riprodotti nemmeno per estratto, ma non viene specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito essi sarebbero stati prodotti.
In ogni caso, anche volendo prescindere dalle suesposte radicali carenze, il singolo motivo in cui l’atto si articola non supera il vaglio di ammissibilità. In primo luogo, ci si trova di fronte ad un motivo c.d. ‘misto’ – deducendosi sia l’omesso esame di fatto decisivo sia la violazione o falsa applicazione di legge – con conseguente applicazione del principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, e ciò in quanto una simile formulazione mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 26874 del 23/10/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7009 del 17/03/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21611 del 20/09/2013; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).
4.1. In secondo luogo, si deve ulteriormente rilevare, quanto alla doglianza ex art. 360, n. 5) c.p.c., che l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono
inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397 del 06/09/2019; Cass. n. 26305 del 18/10/2018; Cass. n. 14802 del 14/06/2017), mentre ciò che il ricorrente lamenta è non l’omesso esame bensì l’errata valutazione, da ciò emergendo che il motivo nel concreto mira a sindacare il merito della motivazione della Corte d’appello.
4.2. Il motivo è, infine, inammissibile anche perché l’apprezzamento del requisito della specificità della contestazione – da condurre secondo i canoni ermeneutici applicabili agli atti unilaterali – costituisce oggetto di un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, la cui valutazione è sindacabile in cassazione solo mediante precisa censura, senza limitarsi a prospettare una lettura alternativa a quella svolta nella decisione impugnata (in tal senso Cass. Sez. L, n. 13667 del 30/05/2018, Rv. 648786-01, cfr. tra le tante Cass. n. 1562 del 03/02/2003 e più recentemente Cass. n. 10154 del 21/04/2017).
Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.
In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente liquidate come da dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente NOME COGNOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio, che liquida
in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Quarta Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 9 luglio 2025
LA PRESIDENTE
NOME COGNOME