Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2579 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2579 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14199-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 197/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata l’ 08/04/2022 R.G.N. 43/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. 14199/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 19/11/2024
CC
La Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 197 del 2022, ha riformato la decisione del Tribunale di Torino che aveva qualificato il licenziamento di NOME COGNOME intimato al lavoratore da RAGIONE_SOCIALE il 22 ottobre 2020, quale licenziamento per giustificato motivo soggettivo e, pur dichiarando risolto il rapporto di lavoro, aveva condannato la società al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
La Corte d’Appello ha ritenuto che la genericità e contraddittorietà della lettera di contestazione degli addebiti disciplinari, che non indicava con chiarezza le date degli episodi addebitati né il nominativo del cliente coinvolto, elementi che erano invece nella disponibilità della società, si fosse tradotta in una violazione del diritto di difesa del lavoratore impedendogli di predisporre un’adeguata difesa, e fosse anche in contrasto con il principio di immutabilità della contestazione (Cass. n. 23771/2018, Cass. n. 4879/2020).
Pertanto, ha disposto la reintegrazione di NOME COGNOME nel posto di lavoro e ha condannato RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione di un’indennità pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto ed al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali non corrisposti.
Ha inoltre escluso che la riqualificazione del recesso come giustificato motivo soggettivo fosse sostenibile, poiché la mancanza di chiarezza nella contestazione degli addebiti rendeva insussistenti i presupposti per una legittima risoluzione del rapporto di lavoro.
Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso la RAGIONE_SOCIALE con un unico motivo cui resiste con controricorso il lavoratore; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
4. Con un unico articolato motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello di Torino ha erroneamente valutato i fatti di causa e violato i principi di diritto relativi alla specificità della contestazione disciplinare, nonché omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio.
In particolare, si duole che la Corte ha ritenuto generica la contestazione disciplinare formulata dalla società, omettendo di considerare che nella lettera di contestazione erano stati dettagliatamente indicati data e ora dell’evento (19 giugno 2020, ore 12.12), numeri delle polizze coinvolte (n. 179516179, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA), natura delle condotte contestate, specificatamente il mancato corretto svolgimento delle operazioni di identificazione del cliente.
Evidenzia ancora la ricorrente che la corte non ha adeguatamente valutato il comportamento del lavoratore durante il procedimento disciplinare, che non aveva sollevato alcuna eccezione circa la genericità della contestazione e aveva anzi ammesso le proprie responsabilità, ed ha trascurato il generale quadro probatorio (altre dichiarazioni del lavoratore stesso e dei testimoni), che avrebbe confermato la piena comprensione da parte del dipendente delle accuse a suo carico, così come l’effettiva verificabilità dei fatti contestati tramite gli strumenti messi a disposizione del lavoratore.
Avrebbe errato quindi la corte non applicando correttamente la giurisprudenza di legittimità in materia di specificità della contestazione disciplinare, che ammette la possibilità di integrare le carenze formali della contestazione con il comportamento successivo delle parti, qualora questo non abbia effettivamente leso il diritto di difesa del lavoratore (Cass. n. 4879/2020; Cass. n. 23771/2018; Cass. n. 18279/2010; Cass. n. 7546/2006), non considerando che il requisito della
specificità deve essere valutato in concreto, considerando se il lavoratore sia stato messo in grado di comprendere i fatti contestati e di approntare una difesa adeguata.
Si duole infine la ricorrente in ordine al regime sanzionatorio applicato, poiché nella sua prospettazione, la genericità della contestazione, pur costituendo un vizio, dovrebbe rientrare nell’ambito del sesto comma dell’art. 18 (tutela indennitaria), poiché non determinerebbe un difetto radicale ma un’irregolarità procedurale .
5. Il ricorso è fondato.
Va rammentato che, a norma dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, la previa contestazione dell’addebito ha lo scopo di consentire al lavoratore la sua immediata difesa. La contestazione disciplinare deve delineare l’addebito così come individuato dal datore di lavoro e tracciare i contorni della condotta ritenuta disciplinarmente rilevante, in modo tale da perimetrare anche l’ambito dell’attività difensiva del lavoratore, salva la successiva verifica da parte del giudice dell’idoneità della condotta contestata a costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso. Devono dunque essere fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella loro materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque violazioni dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 cod. civ.
La contestazione inviata al lavoratore, pur senza essere analitica, deve contenere l’esposizione dei dati e degli aspetti essenziali del fatto materiale posto a base del licenziamento, restando la verifica della sussistenza del requisito anzidetto rimessa al giudice del merito, il cui apprezzamento, se congruamente e correttamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità (vedi Cass. 8/4/2016 n. 6898, 12/01/2017 n. 619, ma già 05/08/2010 n. 18279 ed ivi ulteriori richiami).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che la Corte territoriale non abbia correttamente applicato i principi sopra esposti, incorrendo nella violazione di legge denunciata. Nell’apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della contestazione la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare, al di fuori di schemi rigidi e prestabiliti, se al lavoratore erano state fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti addebitati (cfr. Cass. 15/05/2014 n. 10662 e Cass. 09/10/2015 n. 20319) tenendo conto del contesto in cui si erano svolti e verificando in concreto se, la mancata indicazione del nominativo del cliente cui sarebbe stato pagato il sopravanzo e l’errore di data contenuto nella lett era di contestazione (che pur facendo riferimento alle operazioni del 19 giugno 2020, individua come data di ristampa delle polizze il 18 settembre 2020, affermando altresì che la medesima ristampa è del giorno precedente rispetto ai fatti contestati), nonché, l’omessa analitica descrizione della condotta di ricezione della polizza ristampata (risultando semplicemente l’indicazione di avere ricevuto la polizza ristampata), avessero determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto del lavoratore a difendersi.
In definitiva la sentenza sul punto deve essere cassata e rinviata la causa alla Corte di appello di Torino che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame del merito della controversia applicando gli esposti principi di diritto.
Alla Corte del rinvio è demandata altresì la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità,
alla Corte d’Appello di Torino che giudicherà in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 novembre