Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21067 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21067 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15372/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CATANIA n. 4767/2019, depositata il 06/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
In occasione di un sopralluogo, i tecnici dell’RAGIONE_SOCIALE avevano riscontrato una manomissione del contatore/misuratore dell’energia elettrica a servizio dell’abitazione in Catania di NOME COGNOME, a seguito del quale quest’ultimo veniva invitato a regolarizzare la sua posizione, pagando la somma di euro 3.346,81, determinata attraverso una ricostruzione dei consumi sottratti alla fatturazione, dovuta alla manomissione del contatore, relativa al periodo marzo 2006 -marzo 2011.
Deducendo che, pur avendo riscontrato la manomissione del contatore, i tecnici dell’RAGIONE_SOCIALE non avevano accertato errori di misurazione, il COGNOME agiva in giudizio contro RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la restituzione dell’importo pagato o in subordine l’accertamento dei minori consumi.
Con la sentenza n. 1557/2014, il Giudice di pace di Catania accoglieva la domanda di NOME COGNOME avente ad oggetto la ripetizione della somma di euro 3.346,81 pagata a RAGIONE_SOCIALE (chiamata in causa da RAGIONE_SOCIALE), a titolo di conguaglio per fornitura di energia elettrica e
condannava RAGIONE_SOCIALE a restituire all’attore quanto indebitamente percepito.
Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 4767/2019, depositata il 06/12/2019, ha accolto gli appelli principali, poi riuniti, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, ha riformato la sentenza del giudice di prime cure, rigettando la domanda restitutoria del COGNOME.
In particolare, il Tribunale ha disposto la rinnovazione della CTU, nominando un altro professionista, il quale riteneva il contatore al momento dell’esame non misura sse erroneamente i consumi, ma che la tipologia di manomissione riscontrata faceva ipotizzare che in passato, e in particolare, prima del 2010 e, a ritroso, a far data dall’1 dicembre 2009, data la manomissione del circuito amperometrico, il contatore avesse erroneamente misurato i consumi. Provvedeva, quindi, a rideterminare i consumi, i quali risultavano maggiori (2738 Kwv) rispetto a quelli fatturati (2.165 Kwh), per un totale di energia ancora da fatturare pari a 573 Kwh, pari ad euro 73,62 oltre a Iva, cui aggiungere i danni all’apparecchio danneggiato quantificati in euro 66,00 e il rimborso per l’attività di verifica del contatore, indicato in euro 191,00, oltre a IVA al 10. Il Tribunale ha aderito alle conclusioni del CTU e, ritenuta inammissibile, perché nuova, la domanda di RAGIONE_SOCIALE diretta ad ottenere la condanna dell’appellato al pagamento degli ulteriori consumi e di ulteriori voci di spesa (di verifica, di danni al contatore, ecc.), ha ritenuto provato che gli importi fatturati e già riscossi erano dovuti dal COGNOME e, di conseguenza, ha riformato la sentenza del Giudice di Pace che aveva ritenuto meritevole di accoglimento la domanda restitutoria.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, basandosi su un solo motivo.
Resistono con distinti controricorsi, di analogo contenuto, RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Tutte le parti in causa hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente si duole della ‘nullità della sentenza per violazione del’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ. in combinato disposto con l’art. 111 Cost., anch’esso violato. Contrasto irriducibile tra affermazioni contenute in sentenza e oggettiva incomprensibilità. Nullità della sentenza per motivazione apparente, perplessa e/o incomprensibile e/o contraddittoria ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.’
La tesi del ricorrente è che il Tribunale abbia per un verso richiamato e condiviso gli esiti della nuova CTU espletata nel giudizio di appello, i quali, a suo avviso, dimostrerebbero la debenza ad RAGIONE_SOCIALE di soli euro 73,62, oltre a IVA, per poi concludere che gli importi fatturati e riscossi da RAGIONE_SOCIALE -euro 3.346,831, di cui alla fattura per cui è causa -erano risultati effettivamente dovuti, con conseguente rigetto della domanda restitutoria.
Si tratterebbe di ‘un chiaro errore di lettura degli atti legato forse alla fretta, ovvero ad una confusione mentale in cui è incorso il magistrato al momento della redazione della scrittura della sentenza’, la cui origine il ricorrente si sforza di ipotizzare (p. 19), che renderebbe impossibile ‘scovare la ratio della decisione’.
Il motivo va rigettato.
Anche senza considerare che per giurisprudenza conforme (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 7053) il vizio di motivazione se c’è
deve emergere dalla sentenza in sé e per sé considerata e non dal confronto tra essa ed elementi estrinseci – in questo caso, la CTU e che ciò già condanna all’infondatezza il motivo, va osservato che le doglianze del ricorrente non sono neppure scrutinabili sotto il profilo del c.d. travisamento della prova, il quale richiede, per essere ammissibilmente denunciato, che venga prospettata non già una verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio controverso, ma una mera svista percettiva del giudice di merito in ordine al contenuto informativo oggettivo della prova in forza della quale ha assunto la decisione e che una tale svista sia affatto decisiva (Cass., S.U., 5/03/2024, n. 5792).
Nella specie, non è dedotta alcuna mera svista percettiva del contenuto oggettivo della CTU – nonostante in tal senso paiano orientate alcune deduzioni del ricorrente (cfr. p. 19) -bensì una diversa interpretazione delle conclusioni alle quali il consulente è giunto; ciò che, per l’appunto, rende del tutto evidente che non sussistono i presupposti neppure per denunciare un travisamento della prova.
La verità è che la sostanza della censura si traduce in tutta evidenza in un non riuscito tentativo di sovrapporre una propria -lettura degli esiti della CTU (peraltro, del tutto insostenibile, giacché gli esiti della CTU sono del tutto chiari, soprattutto se si ponga attenzione ai quesiti che erano stati sottoposti all’ausiliario e alle ragioni per le quali era stato nominato un nuovo consulente in appello: erano stati fatturati 2.165 Kwh, i consumi riscontrati erano superiori di 573 Kwh) a quella del Tribunale, confidando erroneamente nel fatto che il giudizio di legittimità sia la sede in cui rimettere in discussione la quaestio facti così come emersa e accertata nelle precedenti fasi di merito.
Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. In considerazione del fatto che la linea difensiva
adottata per le due società controricorrenti è identica, e identici sono i controricorsi, questa Corte ritiene di procedere ad una liquidazione unitaria delle spese processuali loro dovute, in applicazione del principio di diritto fissato da Cass. 27/08/2015, n. 17215, secondo il quale : “In tema di liquidazione delle spese del giudizio, in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, è dovuto un compenso unico secondo i criteri fissati dagli artt. 4 e 8 del d. m. n. 55 del 2014 (salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate dalla prima delle disposizioni citate), senza che rilevi la circostanza che il comune difensore abbia presentato distinti atti difensivi (art. 4 del d. m. cit.), né che le predette parti abbiano nominato, ognuna, anche altro (diverso) legale, in quanto la “ratio” della disposizione di cui all’art. 8, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, è quella di fare carico al soccombente solo delle spese nella misura della più concentrata attività difensiva quanto a numero di avvocati, in conformità con il principio della non debenza a delle spese superflue, desumibile dall’art. 92, comma 1, c.p.c.”. Nell’esercizio della facoltà sopra prevista, di dimensionare la liquidazione delle spese legali all’attività effettivamente svolta, si ritiene quindi di compiere un’unica liquidazione delle spese in favore delle due controricorrenti, avendo esse svolto una difesa sostanzialmente unitaria.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore delle controricorrenti, liquidandole in euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, a favore dell’ufficio del merito competente, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile