Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20200 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20200 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20598/2023 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ORISTANO n. 112/2023, depositata il 6/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Giudice di Pace di Oristano, con la sentenza n. 71/21, accoglieva parzialmente la domanda di NOME COGNOME e per l’effetto annullava l’ingiunzione di euro 1.023,40 per il mancato pagamento della somministrazione d’acqua per l’anno 2014, ritenendo RAGIONE_SOCIALE priva del potere di emettere ingiunzioni fiscali ai sensi del r.d. n. 639/10, rigettava l’eccezione di prescrizione formulata dall’ingiungente, disponeva che RAGIONE_SOCIALE adeguasse la pretesa per il periodo oggetto di fatturazione tenendo conto del consumo medio riferito all’utenza e dei componenti del nucleo familiare residenti nell’abitazione e facendo applicazione delle tariffe vigenti.
Il Tribunale di Oristano ha pronunciato la sentenza n. 112/2023 pubblicata il 6/03/2023, con la quale ha accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALE e riformato la pronuncia di primo grado.
Ai fini che qui interessano, ha ritenuto: a) RAGIONE_SOCIALE legittimata ad emettere ingiunzioni fiscali; b) non dimostrato il cattivo funzionamento del contatore; c) provata la perdita d’acqua derivante dall’impianto dell’utente.
NOME COGNOME ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente denunzia il travisamento della prova e la conseguente violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 2697 cod. civ., nonché, ai sensi dell’art. 360 1°
comma, n. 5 cod.proc.civ., per difetto di motivazione in ordine all’omesso esame di fatti e di documenti decisivi per il giudizio.
Il ricorrente denunzia l’omesso accertamento da parte del giudice a quo che il credito, in base al quale era stato emesso l’ordine di pagamento, fosse certo, liquido ed esigibile, dovendo la sua individuazione, la sua quantificazione e le sue condizioni di esigibilità derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, rispetto ai quali la pubblica amministrazione dispone di un mero potere di accertamento (Cass., Sez. Un., n. 11992/2009).
A tale scopo precisa che l’opposizione regolata dall’art. 3 del r.d. n. 639/1910 (nonché dall’art. 32 del d.lgs. n. 150/2011) ha ad oggetto l’accertamento della fondatezza nel merito della pretesa vantata dal soggetto intimante e fatta valere con l’ingiunzione fiscale, sicché il giudice era tenuto ad accertare il rapporto sostanziale dedotto in giudizio a prescindere dall’illegittimità del provvedimento opposto (Cass. n. 2355/2019).
Al tribunale rimprovera in aggiunta: i) di non aver considerato che la materia del contendere non verteva sulla discordanza tra il dato di consumo rilevato e trascritto in fattura, ma sulla correttezza dei consumi stessi, da considerarsi anomali e imputabili ad un non corretto funzionamento dell’impianto di proprietà del gestore, con onere a carico di quest’ultimo di dare la prova del corretto funzionamento del contatore; b) di non avere accertato l’inadempimento dell’obbligo di segnalazione cui era tenuta RAGIONE_SOCIALE a fronte di consumi enormemente superiori a quelli precedentemente rilevati. In caso di contestazione (dei consumi o dei corrispettivi) esposti nella bolletta/fattura, spetta alla somministrante provare il quantum del bene o del servizio somministrato e la conformità dei corrispettivi applicati a quelli concordati, in ragione del fatto che quanto attestato dalle bollette emesse è assistito da mera presunzione di veridicità e deve essere
oggetto di specifica contestazione da parte dell’utente, il quale può far valere elementi idonei ad inficiare l’attendibilità delle misure comunicate dal distributore, ad esempio perché recanti dati tra loro obiettivamente incoerenti, in assenza dei quali dette misure debbono reputarsi sufficienti a fondare la corrispondenza al dato reale dei consumi esposti in fattura (Cass. n. 23699/2016.).
Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che: i) avendo contestato le letture indicate nella fattura oggetto dell’ingiunzione di pagamento emessa da RAGIONE_SOCIALE, allegando che l’incoerenza dei dati ivi riportati sarebbe stata provata dall’obiettiva abnormità dei consumi addebitati e deducendo il malfunzionamento del contatore n. 10/026619 (sostituito dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2015: indizio dell’effettivo malfunzionamento del contatore precedente), spettava ad RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE fornire la prova della funzionalità del contatore; ii) la sostituzione senza preavviso del contatore gli aveva impedito di effettuare tutte le verifiche sui consumi; b) l’esistenza di una perdita occulta nel proprio impianto privato non giustificava i consumi abnormi in quanto nessun danno visibile era stato riscontrato nell’abitazione e il guasto era stato prontamente riparato; c) RAGIONE_SOCIALE aveva tenuto un comportamento scorretto, non avendo adempiuto all’obbligo di segnalargli il verificarsi di consumi anomali, così da consentirgli di attivarsi tempestivamente per evitare l’aggravamento del danno (Cass n. 24904/2021; Cass. n. 19154/2018).
2) Con il secondo motivo il ricorrente prospetta l’illegittimità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2697 cod. civ. e dell’art. 115 cod.proc.civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ. cod.proc.civ., per difetto di motivazione in ordine all’omesso esame di documenti e fatti decisivi per il giudizio.
Segnatamente, il Tribunale di Oristano avrebbe omesso di considerare che dall’esame della fattura oggetto dell’ingiunzione si evinceva chiaramente che il gestore si ero reso inadempiente all’obbligo di letture periodiche e di tempestiva fatturazione.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, ormai del tutto prevalente, ha riconosciuto che ben può sussistere la responsabilità -concorrente od esclusiva – dell’ente gestore idrico in caso di consumi eccessivi là dove l’ente non abbia tenuto un comportamento conforme a buona fede, di talché il ricorrente insiste nel ritenere che il giudice a quo abbia omesso l’applicazione al caso di specie del principio del concorso del fatto colposo del creditore di cui all’art. 1227, 2° comma, cod. civ., ai sensi del quale il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, con la conseguenza che se l’ente gestore non rispetta il suo obbligo di emettere fatture con cadenza almeno semestrale -non curandosi del fatto che esse giungano nell’effettiva conoscenza dell’utente -e/o omette comunque di segnalare consumi anomali, deve ritenersi responsabile o corresponsabile dei maggiori vengano tempestivamente scoperte.
Inoltre, rimprovera al tribunale di avere applicato erroneamente al caso di specie il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod.proc.civ., addebitandogli il mancato assolvimento dell’onere della prova. Denunzia, nello specifico, che «il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod.proc.civ. ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può riguardare le conclusioni ricostruttive desumibili dalla valutazione di documenti» (Cass. n. 6172/2020; Cass. n. 35037/2021), sicché il giudice a quo avrebbe errato, applicando il suddetto principio non a circostanze, ma all’interpretazione e interpolazione di documenti prodotti da RAGIONE_SOCIALE
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
3.1) Avendo il giudice del gravame ritenuto la società RAGIONE_SOCIALE legittimata ad emettere l’ingiunzione fiscale (sul punto v. Cass. 19/03/2024, n. 7365, con riferimento alla riscossione coattiva di canoni idrici), nel modificare la decisione del giudice di prime cure ha evidentemente accertato che il credito fosse certo, liquido ed esigibile.
Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare, per lo speciale procedimento disciplinato dal r.d. n. 639 del 1910 è utilizzabile, da parte della pubblica amministrazione, «purché il credito in base al quale viene emesso l’ordine di pagare la somma dovuta sia certo, liquido ed esigibile, per tale dovendo intendersi quello fissato con atto amministrativo meramente ricognitivo di tariffe prestabilite in conformità alle norme legislative statali e regionali vigenti», restando affidata al giudice del merito la valutazione, in concreto, dell’esistenza dei suindicati presupposti ( v. Cass., Sez. Un., 1°/2/2025, n. 2448 ).
Il riconoscimento della legittimazione della società RAGIONE_SOCIALE ad emettere ingiunzione fiscale ha implicato l’accertamento da parte del giudice dell’appello in ordine alla sussistenza nella specie dei presupposti perché il gestore del servizio idrico si avvalesse dello speciale procedimento in argomento.
3.2) Dalla motivazione dell’impugnata sentenza emerge che il tribunale ha ritenuto provato da parte di RAGIONE_SOCIALE il corretto funzionamento del contatore e dimostrato, per converso, che il consumo anomalo fosse da imputare a una perdita di impianto privato, di cui il gestore idrico non era chiamato a rispondere.
Pur essendo in errore là dove ha sostenuto che l’opponente, dopo aver sostenuto genericamente l’esistenza di consumi ingiustificati, non aveva fornito nemmeno un principio di prova in merito (affermazione che può avere indotto il ricorrente a ritenere che il
tribunale abbia invertito l’onere della prova ) è evidente che l’accoglimento dell’appello di RAGIONE_SOCIALE è derivato dall’accertamento del corretto funzionamento del contatore e dall’individuazione della causa della perdita occulta nell’impianto del l’odierno ricorrente.
Costituisce ius receptum che sulla società erogante gravi l’onere di provare i consumi effettivi, giacché la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità, sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante l’onere di provare il regolare funzionamento degli impianti di misurazione, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero con la prova di avere diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi.
Detta regola è riconducibile a quella più ampia, di portata generale, della vicinanza della prova (cfr. Cass. 6/5/2015, n. 8989; Cass. 5/12/2014, n. 25759), in forza della quale la prova del fatto allegato spetta alla parte contrattuale che abbia maggiore contiguità rispetto allo stesso.
Nel caso di specie -come risulta dalla impugnata sentenza- il consumo abnorme di acqua è stato cagionato da una perdita nella parte dell’impianto sotto la custodia dell’utilizzatore, perché il contatore aveva regolarmente registrato il consumo.
Ne derivano due conseguenze dirimenti:
il contatore registrava correttamente i consumi;
l’inconveniente che ha provocato l ‘ enorme fuoriuscita di acqua riguardava l’impianto privato dell’utente , né di proprietà né in custodia della società erogatrice.
A fronte della prova presuntiva della regolare registrazione dei consumi da parte del contatore e dell’insussistenza di rotture cagionanti dispersioni d’acqua nel l’impianto idrico di proprietà della società erogatrice, non vi era la possibilità per l’utente di chiedere una correzione a proprio favore della fatturazione, con riduzione del preteso importo all’ammontare dovuto per i consumi relativi all’arco temporale di una fisiologica fatturazione, né di invocare la responsabilità della società somministrante (cfr., con riferimento a vicenda analoga, Cass. 10/2/2020, n. 3128 ).
3.3) Le ulteriori censure del ricorrente risultano invero del tutto genericamente e apoditticamente formulate: ad esempio, quando sostiene, a p. 11 del ricorso, che il contatore era stato sostituito da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE perché non era funzionante e che detta circostanza non era stata contestata da RAGIONE_SOCIALE, la quale, al contrario, nel controricorso, a p. 4, sostiene di aver negato tanto l’asserito guasto del contatore quanto l’avvenuta sua sostituzione; quando denunzia il travisamento della prova e l’omesso esame di fatti decisivi: in ordine al travisamento della prova non ha neppure dedotto in cosa sarebbe consistita l’erronea «percezione» della «informazione probatoria» che comunque -anche senza considerare i ristretti termini entro cui è possibile dedurre tale vizio dopo Cass., Sez. Un., 4/03/2024, n. 5792 – avrebbe richiesto la denuncia di un errore sul significante tradottosi nell’utilizzo di un elemento di prova inesistente (o incontestabilmente diverso da quella reale); in ordine all’omesso esame di un fatto decisivo è sufficiente rilevare che la censura non soddisfa l’onere di indicare il dato extratestuale dal quale evincere la esistenza del fatto asseritamente omesso nonché il come e il quando tale fatto fosse stato oggetto di discussione tra le parti; ciò non consente di attribuire a detto fatto i caratteri del tassello mancante alla
plausibilità cui è giunta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario (Cass. 20/06/2024, n. 17005).
3.4) Quanto, invece, alla dedotta violazione dell’obbligo di cooperazione di RAGIONE_SOCIALE è sufficiente rilevare che il tribunale non se ne è occupato; il che espone la censura a una declaratoria di inammissibilità per novità della questione. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 1°/07/2024, n. 1818).
3.5) In merito alla denunziata violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. in ordine al principio di non contestazione, va rilevato che il tribunale ha ritenuto correttamente individuati i consumi ed ha identificato la causa della perdita d’acqua in un fatto non imputabile ad RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE; ciò che è stato considerato non contestato è la prova di funzionalità del contatore e non il verbale agli atti, come erroneamente suppone il ricorrente. Di qui la inammissibilità della censura che risulta eccentrica rispetto alla ratio decidendi e quindi dedotta in violazione dell’art. 366, n. 4 cod.proc.civ.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 10 – 15 -91 e 96 cod.proc.civ. in quanto il Tribunale di Oristano, a fronte dell’importo ingiunto di euro 1.023,40, lo ha condannato alla refusione delle spese
processuali per la somma complessiva di euro 2.435,00, oltre agli accessori, violando l’art. 10 cod.proc.civ. che, ai fini della liquidazione delle spese, impone di determinare il valore della causa, adottando i medesimi criteri operanti ai fini della determinazione del valore da cui dipende il radicamento della competenza ex art. 10 cod.proc.civ.
Si duole non essersi dal giudice dell’appello considerato che Il criterio da applicare è quello del disputatum .
Lamenta di essere stato altresì erroneamente condannato al pagamento di somma ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ., in difetto dei relativi presupposti di legge nonché del riscontro di una sua condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente.
Il motivo è infondato nella parte in cui deduce la violazione degli artt. 10 e 91 cod.proc.civ.
A vendo accolto l’appello di RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, modificato la sentenza di primo grado, il giudice del gravame non era tenuto a condannare la parte risultata soccombente, in relazione all’esito finale della lite, ricalcolando le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
La condanna di cui si duole il ricorrente è relativa al rimborso delle spese processuali dei due gradi di giudizio (a p. 5 della sentenza si legge, infatti, che il giudice a quo ha condannato lo Scintu «al rimborso delle spese processuali dei due gradi di giudizio, che si liquidano in complessivi 2.435 €, oltre accessori di legge»), sicché la doglianza è infondata.
Non essendosi nell’impugnata sentenza il giudice del gravame invero attenuto al principio di diritto a mente del quale «La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. richiede un accertamento -da effettuarsi caso per caso e in base al parametro indefettibile della correttezza, distinto da quella della lealtà -dell’esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in
modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionatamente in relazione all’utilità effettivamente conseguibile, da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dalla inammissibilità o dall’infondatezza della impugnazione» (Cass. 30/09/2021, n. 26545), la declaratoria di condanna dell’odierno ricorrente ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ. recata nell’impugnata sentenza va pertanto cassata,
Nella specie, l’odierno ricorrente ha visto in primo grado accolte, sia pure parzialmente, le proposte domande: il che costituisce un argomento ulteriore a conferma del l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice del gravame ha condannato il medesimo al pagamento di euro 528,00 ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ., « in relazione all’opposizione di primo grado ».
All’accoglimento nei suindicati termini e limiti del terzo motivo di ricorso, inammissibili il primo e il secondo motivo, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, 2° comma, cod.proc.civ., con l’annullamento della condanna dello COGNOME al pagamento dell’importo di euro 528,00 a titolo di responsabilità processuale aggravata. Fermo il resto.
Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso nei termini e limiti di cui in motivazione; dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, elimina la condanna dello Scintu ex art. 96, 3°
co., c.p.c.; inalterato il resto. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di Consiglio dell11 luglio 2025 dalla