Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9639 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9639 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 175/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in PARMA INDIRIZZO DOMICILIO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in PARMA INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1056/2022 depositata il 08/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia trae origine dall’opposizione della C.I.RAGIONE_SOCIALE al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Parma a favore di Emiliambiente per il pagamento di € 38.201,82 a titolo di corrispettivo per servizio di fornitura idrica, fognatura e depurazione.
Si opponeva la COGNOME contestando: a) la debenza dell’importo; b) il presunto difetto di forma scritta del contratto di somministrazione di servizi idrici; c) la eccessiva ed ingiustificata quantificazione dei consumi indicati nella fattura; d) la violazione dei principi generali di correttezza e buona fede.
Con sentenza n. 1583/2019, il Tribunale di Parma rigettava l’opposizione proposta dalla COGNOME e per l’effetto confermava e dichiarava esecutivo il D.I. n. 164/11.
Con la sentenza n. 1056 del 9 maggio 2022, la Corte d’appello di Bologna, rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a 1 motivo.
Resiste con controricorso NOME.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, C.I.I. prospetta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1176 e 1375 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
La Corte d’appello, così come il Tribunale, avrebbe escluso qualsivoglia responsabilità di NOME sull’erroneo presupposto dell’esistenza di un dovere anche di diligenza dell’utente di controllare i suoi consumi ed effettuare letture periodiche del contatore, ancor più a fronte del fatto che, per quattro anni, le relative fatture recavano le diciture ‘acconto’ e ‘salvo conguaglio’.
Secondo tale prospettazione, invece, la statuizione de qua integrerebbe la violazione delle norme di diritto richiamate e, quindi, dei principi generali di buona fede, diligenza e leale collaborazione, in quanto, nei contratti di somministrazione, graverebbe sul gestore l’obbligo di segnalare all’utente consumi anomali, a prescindere dall’onere di quest’ultimo di verificare la regolarità del funzionamento dell’impianto e del contatore, nonché di effettuare l’autolettura. Ciò, troverebbe conferma nell’ordinanza della Corte di Cassazione del 15 settembre 2021 n. 24904.
Il motivo di ricorso è inammissibile, per inosservanza dei requisiti di contenutoforma prescritti dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., oltre che dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.
L’esposizione degli accadimenti processuali, rilevanti ai fini del decidere, è frammentaria e lacunosa, incentrandosi l’intero ragionamento di parte ricorrente sul rilievo attribuito all’istruttoria testimoniale e alle fatture, nel cui contesto, pur prospettando formalmente una violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1375 c.c., in realtà, mira a sollecitare la rivalutazione delle circostanze fattuali operata dal giudice di merito, al fine di ottenere ‘una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito’, così incorrendo nella violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (cfr. da ultimo, fra tutte, Cass. civ., Sez. lav., 7 agosto 2024, n. 22358; Cass. civ., Sez. V, Ord., 8 luglio 2024, n. 18556; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 febbraio 2023, n. 4247).
Secondo orientamento di legittimità costante e unanime, infatti, il vizio di legge, giusto il disposto anche dell’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., ‘dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni contenute nella sentenza impugnata, che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione’ (cfr. Cass. civ., Sez. III, 26 luglio 2024, n. 20870; nello stesso senso, Cass. civ., Sez. V, Ord., 3 settembre 2024, n. 23540; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 4979).
Parte ricorrente ha il diritto di addurre propri argomenti difensivi, ma tale potere deve essere esercitato nel rispetto delle regole del processo e veicolando le censure del ricorso per cassazione in modo rituale. Il che, non accade quando le doglianze si sostanziano in apprezzamenti sugli esiti probatori del processo, inerendo un compito riservato al giudice di merito, insindacabile in cassazione se, come nel caso in esame: (i) per un verso, risulta logico e coerente il valore preminente attribuito, da detto giudice, agli elementi utilizzati e posti a fondamento della sua decisione, avuto riguardo al complessivo quadro probatorio in atti, gravando, come noto, solo su di lui il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2025, n. 976; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21
dicembre 2024, n. 33820; Cass. civ., Sez. lavoro, Ord., 21 dicembre 2024, n. 33759; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 dicembre 2024, n. 33412; Cass. civ., Sez. I, Ord., 18 ottobre 2024, n. 27123; Cass. civ., Sez. Lav., Ord., 27 dicembre 2023, n. 35980); (ii) per altro verso, le argomentazioni svolte nel ricorso sono inadeguate e insufficienti a superare tale valore attribuito (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20254; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22 luglio 2024, n. 20079; Cass. civ., Sez. III, Ord., 5 ottobre 2023, n. 28120; Cass., Sez. lav., 20 luglio 2023, n. 21681; Cass., Sez. lav., Ord., 9 luglio 2023, n. 21343; Cass., Sez. II, Ord., 20 giugno 2023, n. 17560; Cass., Sez. I, Ord., 28 marzo 2023, n. 8764; Cass., Sez. I, Ord., 20 marzo 2023, n. 7942; Cass., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2023, n. 1466 Cass., Sez. VI-2, Ord., 24 settembre 2021, n. 25941; Cass., Sez. VI-5, Ord., 4 dicembre 2017, n. 28929).
In particolare, C.I.I. censura l’accertamento dei giudici di merito per non aver rilevato, nella condotta della società somministrante durante l’esecuzione del contratto ed anche in sede di emissione della fattura n. 64399 del 17 ottobre 2010 (a conguaglio dei consumi rilevati e oggetto del decreto ingiuntivo opposto), l’inadempimento ai suoi obblighi di informazione e, quindi, la violazione degli artt. 1176 e 1375 c.c., facendo leva per sostenere tali deduzioni sull’ordinanza n. 24904/2024 resa da codesta Sezione.
Si tratta di un precedente analogo unicamente per il fatto che riguarda una fattura relativa a consumi idrici anomali. Tuttavia, per il resto, non è pertinente, in quanto, in quella circostanza, la Corte ha sanzionato la condotta del gestore per violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, avendo comunicato tardivamente all’utente l’esistenza di consumi anomali, nonostante questi fossero stati rilevati due mesi prima dell’invio della fattura.
La sentenza impugnata, sul punto, con un percorso logico e coerente nella valutazione degli elementi di giudizio, pur attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune prove, rientrando ciò nel suo legittimo potere di apprezzamento delle risultanze istruttorie, comunque ha evidenziato che ‘l’appellante non contesta l’avvenuta chiusura del contatore a seguito di verifica di perdite nella conduttura dell’opponente effettuata da NOME COGNOME, operaio dipendente opposta, con conseguente fatturazione dei consumi rilevati dalla lettura del contatore’, ad ottobre 2010 (cfr. p. 3, sentenza n. 1056/2022 impugnata). Il riferimento logico alle ulteriori evidenze vagliate nel loro complesso dal giudice del merito, anche a quelle testimoniali in termini di obbligo di custodia dell’impianto idrico (in primis, il punto di perdita accertato a valle del contatore), giustificano le conclusioni raggiunte dalla Corte di appello, mentre le doglianze di parte ricorrente, per come articolate, non sono idonee a sollecitare correttamente un diverso apprezzamento in questa sede, atteso che non indica, da quali atti e documenti, risulterebbe il tardivo invio, da parte di NOME, della fattura n. 64399 del 17 ottobre 2010, rispetto al momento in cui la società somministratrice ha rilevato i consumi anomali, né ne trascrive il contenuto, con conseguente violazione, come detto, pure dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., che determina, di fatto, un ‘non motivo’, da sanzionarsi con la declaratoria di inammissibilità (v. Cass. civ., Sez. V, Ord., 15 luglio 2024, n. 19345; Cass. civ., Sez. III, Ord., 7 giugno 2024, n. 16008; Cass. civ., Sez. III, Ord., 12 gennaio 2024, n. 1341).
7. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza