Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14437 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14437 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1715/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE , con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrenti- contro
COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dal l’avvocato COGNOME NOME (CSTNDR66B11L483B) , con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrenti-
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dal l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
nonché contro
DEL COGNOME NOME, EREDI di DEL COGNOME NOME, DITTA NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 409/2023 depositata il 20/9/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/1/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, dopo avere ottenuto un accertamento tecnico preventivo che nell’immobile dei convenuti aveva accertato l’assenza di realizzazione di un giunto sismico come normativamente imposto quando nel 1981 tale immobile era stato ricostruito, nel 2016 conveniva davanti al Tribunale di Udine NOME e NOME COGNOME, quali proprietari di un edificio in Forni Avoltri situato in adiacenza ad un proprio edificio, lamentando lesioni provocate a quest’ultimo dall’altro perché ricostruito senza giunto sismico e denunciando altresì invasione di una porzione della sua proprietà; chiedeva pertanto la retrazione dell’edificio dei convenuti e il risarcimento dei danni, nonché la realizzazione del giunto.
I convenuti si costituivano, resistendo e, in via riconvenzionale, chiedendo di dichiarare usucapita la porzione di proprietà in cui si era esteso il loro immobile; chiamavano inoltre in manleva il progettista dei lavori NOME COGNOME e il D.L. Edi COGNOME – i quali si costituivano resistendo – nonché NOME COGNOME, titolare della ditta che aveva eseguito lavori negli anni 2011-2013 – il quale rimaneva contumace -. Il COGNOME chiamava a sua volta la sua compagnia RAGIONE_SOCIALE, che si costituiva resistendo.
Esteso il litisconsorzio necessario ad altre proprietarie, NOME e NOME COGNOME e disposta consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale, con sentenza dell’11 agosto 2020, rigettava le domande attore e dichiarava l’usucapione.
NOME COGNOME proponeva appello, cui resistevano NOME e NOME COGNOME, il COGNOME e il COGNOME, le altre parti rimanendo contumaci.
La Corte d’appello di Trieste, disposta un’ulteriore consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 20 settembre 2023, in parziale accoglimento, condannava NOME e NOME COGNOME a installare il giunto, a chiudere le lesioni patite dall’immobile dell’appellante e a risarcire i danni da questa subiti.
Hanno presentato ricorso, articolato in quattro motivi, NOME e NOME COGNOME; si è difesa con controricorso NOME COGNOME; si sono difesi con controricorso pure il COGNOME e il COGNOME. Tali parti hanno tutte depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo.
1.1 Il giudice d’appello avrebbe omesso ‘di considerare tutti i rilievi sollevati’ dagli attuali ricorrenti e dal consulente tecnico di parte.
‘In primo luogo’ si sostiene che sarebbe stato ‘dedotto e dimostrato che la realizzazione di un giunto sismico sarebbe ampiamente peggiorativa per l’edificio A’; al riguardo il consulente
tecnico di parte avrebbe effettuato rilievi specifici ai quali il consulente tecnico d’ufficio non avrebbe ‘formulato specifiche risposte’.
‘In secondo luogo’ mancherebbe ‘ogni passaggio argomentativo e tecnicamente fondato’ sul nesso causale tra le lesioni e l’assenza del giunto tecnico, considerato pure il ‘diverso esito delle tre perizie’, cioè dell’accertamento tecnico preventivo, della consulenza tecnica d’ufficio di primo grado e della consulenza tecnica d’ufficio di secondo grado.
‘In terzo luogo’ si osserva che nella conclusionale e nella replica d’appello sarebbero stati ‘rilevati numerosi elementi decisivi’ non considerati dalla C orte territoriale, di cui si effettua l’elenco nelle pagine 18-19 del ricorso.
‘In quarto luogo’ si afferma che ‘non si condivide’ la giurisprudenza, risalente (Cass. 15318/2001, Cass. 3093/2001 e Cass. 6792/1996), che il giudice d’appello ha invocato a pagina 16 della sentenza impugnata, per cui in caso di contrasto fra consulenze tecniche di diversi gradi l’accoglimento da parte del giudice d’appello della consulenza di secondo grado non richiede motivazione. Inoltre si rimarca che Cass. 8460/2020 ha riconosciuto che il giudice di secondo grado non può omettere di tenere conto delle conclusioni di consulenza tecnica d’ufficio, dovendo considerare i rilievi di consulenza tecnica di parte.
1.2. Il motivo è scindibile in due submotivi.
1.2.1 Il primo submotivo costituisce una serie di censure direttamente fattuali o comunque argomentate contro le valutazioni fattuali del giudice, come se si trattasse nell’ambito di un terzo grado di merito: lungi dal riferimento all’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c. compiuto nella rubrica, si è dinanzi a quello che avrebbe potuto essere una censura in atto di appello, incorrendo quindi in evidente inammissibilità.
1.2.2 Il secondo submotivo attiene alla questione della scelta fra più consulenze tecniche d’ufficio e al necessario contenuto della motivazione diretta a spiegare questa scelta. La giurisprudenza citata dal giudice d’appello a pagina 16 della sua pronuncia, che il submotivo contrasta, afferma che, quando nel secondo grado si dispone una seconda consulenza tecnica d’ufficio, non è necessaria motivazione che spieghi l’adozione degli esiti della seconda consulenza tecnica d’ufficio anziché di quelli della prima consulenza tecnica d’ufficio.
Si tratta, non è discutibile, di una giurisprudenza risalente, come infatti rileva il submotivo. In tema, la giurisprudenza di questa Suprema Corte si è evoluta, integrando l’obbligo motivazionale che la precedente linea interpretativa non aveva riconosciuto in corretta misura, trasformando in effetti la disposizione di ulteriore consulenza dall’esercizio di un potere di discrezionalità – che deve essere limpido e razionale – in una decisione apodittica. Solo l’ultima consulenza tecnica, con tale metodo, risultava valorizzata, nonostante che le precedenti non fossero incorse in alcun vizio. Ampia, tuttavia, è stata la giurisprudenza, per così dire, correttiva rispetto a questa impostazione, comprimente, in ultima analisi, il diritto di difesa delle parti dinanzi agli accertamenti tecnici.
Già Cass. 1577/2004 esige che, in caso che sia disposta una seconda consulenza tecnica d’ufficio in appello, il giudice che ne segue gli esiti ‘non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente’; e apre completamente una nuova lettura, poi, Cass. 23063/2009 dichiarando che, se nel giudizio di merito si effettuino più consulenze tecniche in tempi diversi e con risultati difformi, ‘il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento’, e in particolare, se vuole
uniformarsi alla seconda consulenza, ‘non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che questi risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione’ (conforme Cass. 19572/2013). Prosegue, tra la giurisprudenza massimata, Cass. 5148/2011, per cui, se nel giudizio di merito si effettuano più consulenze tecniche d’ufficio, in diversi tempi e con diverse soluzioni, il giudice che voglia seguire la seconda consulenza dovrà ‘valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, senza limitarsi ad un’acritica adesione ad essa’. E sotto il profilo della concreta modalità difensiva Cass. 13922/2016 insegna che il mancato esame delle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio integra vizio della sentenza denunciabile ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di fatto discusso e decisivo: il che è stato confermato da Cass. 13399/2018, Cass. 13770/2018, Cass. ord. 18598/2020, Cass. ord. 14599/2021 e Cass. ord. 31511/2022 (si discosta, non condivisibilmente per questo collegio occorrendo mantenere uno specifico strumento di difesa in relazione ad un elemento di massimo rilievo quale la consulenza tecnica, Cass. ord. 12387/2020; e cfr. pure Cass. ord. 18886/2023 e Cass. ord. 7716/2024).
Tuttavia, la Corte territoriale non si è limitata a invocare quell’abbandonato orientamento giurisprudenziale – che infatti, a pagina 16 della sentenza, introduce come ‘sotto altro profilo’ -, ma ha anche ampiamente motivato sull’accertamento tecnico cui aderisce (si vedano le pagine 12 ss. della sentenza, in particolare le pagine 13-16 e poi pagina 17), ragion per cui il submotivo cade.
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2051 c.c.
2.1 Si osserva che l’azione è stata proposta ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e non dell’articolo 2051 c.c.; con l’atto d’appello, poi,
contro
parte avrebbe effettuato mutatio libelli , e su questo il giudice d’appello nulla avrebbe detto ‘nonostante l’eccezione di parte’. Comunque – si sostiene , applicando l’articolo 2051 c.c. ‘con la consegna della res all’appaltatore’ il custode perderebbe la sua responsabilità.
Si torna poi ad argomentare sulla causa delle lesioni dell’edificio, criticando la consulenza tecnica d’ufficio del secondo grado come l’unica che l’avrebbe identificata nella ‘mancanza del giunto sismico’, per di più asserendo la necessità ‘di una legatura ancora più stretta tra i due edifici a livello dei solai’.
2.2 È vero che nel primo motivo d’appello la sentenza di primo grado è stata censurata per avere affermato ‘non raggiunta la prova’ della fattispecie ex articolo 2043 c.c. ‘omettendo di considerare, in base a quanto allegato e provato, altre qualificazioni giuridiche’ come la responsabilità di cui all’articolo 2051 c.c.; tuttavia il giudice d’appello, premesso che esamina insieme i primi tre motivi, giunge a ritenere responsabili gli attuali ricorrenti in base alla ricostruzione divergente dell’accertamento del primo giudice, che è indiscusso sia stato compiuto in relazione all’articolo 2043 c.c. effettuata dalla seconda consulenza tecnica d’ufficio, non inserendo in realtà una qualificazione ai sensi dell’articolo 2051 c.c. Pertanto il motivo risulta privo di interesse, se non eccentrico.
Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’articolo 2 L.R. 16 gennaio 1978 n.1 e del d.m. 3 marzo 1975.
3.1 In sintesi, il giudice d’appello avrebbe errato perché, violando tali norme, ‘ha ritenuto non sussistente … continuità strutturale’, affermando che manca la ‘presenza di elementi strutturali comuni attraverso i quali si trasmettono gli sforzi mutui generati dal sistema di carichi previsto per l’organismo strutturale complessivo soggetto alle azioni sismiche’: quindi, appunto, secondo il giudice d’appello vi sarebbe assenza di continuità strutturale.
3.2 A tacer d’altro, questo ragionamento è illogico: la Corte territoriale ritiene che non sussista la continuità strutturale, e pertanto afferma che si sarebbe dovuto porre il giunto antisismico tra i due edifici; e qui si sostiene proprio che le norme prevedono, nel caso opposto – ovvero quando sussiste la solidarietà strutturale -l’esonero dal giunto. Non vi è dunque alcuna violazione normativa da parte del giudice d’appello, e la critica risulta del tutto contraddittoria.
Il quarto motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione o falsa applicazione degli articoli 343 e 346 c.p.c. 4.1 La Corte d’appello, ‘a pag. 18 della sentenza’, avrebbe ritenuto le lesioni dell’edificio ‘correlate alla mancata realizzazione del giunto nell’ambito dei lavori eseguiti nel 1981’, per cui, essendo stata esclusa la loro responsabilità in primo grado, ‘gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto svolgere un autonomo gravame incidentale nei loro confronti, non limitandosi ad una mera riproposizione dell’originaria pretesa’. Ciò tuttavia condurrebbe al contrasto con gli articoli 346 e 343 c.p.c. perché ‘manca della sentenza di primo grado una esclusione di responsabilità dei terzi chiamati’ onde ‘gli attuali ricorrenti non avrebbero comunque potuto procedere con un appello incidentale condizionato’. Quindi il giudice d’appello avrebbe errato nelle pagine 19 -20 della sentenza laddove ‘ha ritenuto che gli appellati, sul punto, dovevano necessariamente svolgere un autonomo gravame incidentale e non potevano limitarsi ad una mera riproposizione dell’originaria pretesa’.
4.2 Il motivo è stato dettagliatamente riportato perché è sufficiente una prima lettura per percepire che non ha base alcuna.
In primis , a pagina 18 nella sentenza, il giudice d’appello afferma sì che ‘le lesioni al secondo piano della parete a nord del fabbricato a proprio sono incontrovertibilmente correlate alla mancata realizzazione del giunto di separazione tra i due edifici nell’ambito
dei lavori di ricostruzione … nel 1981′; però non si comprende – e infatti non se ne trova traccia nella pagina 18 della sentenza come la C orte territoriale ne avrebbe dedotto che, ‘stante l’esclusione della loro responsabilità in primo grado, gli odierni ricorrenti avrebbero dovuto svolgere un autonomo gravame incidentale nei loro confronti’. Ovvero, gli attuali ricorrenti avrebbero dovuto proporre avverso se stessi un appello incidentale autonomo. Si tratta, evidentemente, di un argomento incomprensibile.
È privo di collegamento e fondamento giuridico, allora, sostenere che il giudice d’appello abbia così violato gli articoli 346 e 343 c.p.c. ‘in quanto manca nella sentenza di primo grado una esclusione di responsabilità dei terzi chiamati, di talché gli odierni ricorrenti non avrebbero comunque potuto procedere con un appello incidentale condizionato’: critica rivolta a quanto argomentato nelle pagine 19-20 della sentenza impugnata, dove il giudice ha ritenuto inammissibile la riproposizione della domanda di manleva da parte di NOME e NOME COGNOME verso i chiamati, dichiarando che ‘gli odierni appellati non potevano limitarsi ad una mera riproposizione dell’originaria pretesa, ma dovevano necessariamente svolgere un autonomo gravame incidentale, del quale nel caso di specie non sono tuttavia ravvisabili i presupposti, non essendo la riproposizione di tale domanda di manleva stata accompagnata da alcuna argomentazione critica rivolta a confutare la motivazione contenuta decisione ( sic ) di primo grado’.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna, in solido per il comune interesse processuale, dei ricorrenti a rifondere a ciascuno dei controricorrenti le spese di lite, come liquidate in dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012,
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti a rifondere a ciascuno dei controricorrenti le spese processuali, liquidate in un totale di € 5 .000,00, oltre a € 200 ,00 per gli esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 16 gennaio 2025