Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14433 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14433 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3544/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO , rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
INTESA SANPAOLO SPA, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 725/2019 depositata il 20/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, in due motivi, contro la sentenza con la quale la corte d’appello di Perugia ne ha respinto il gravame teso a sostenere l’avvenuta applicazione (esclusa dal tribunale di Spoleto) di interessi usurari a quattro contratti di mutuo ipotecario stipulati con Intesa Sanpaolo tra il 2004 e il 2006;
la banca ha resistito con controricorso e memoria.
Considerato che:
col primo motivo, i ricorrenti denunziano la violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ. e 132 cod. proc. civ. perché la sentenza avrebbe posto a base del convincimento una prova (in ordine all’assenza di maggiorazione dei tassi applicati ) che nessuno aveva dedotto o fornito;
col secondo, denunziano la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e degli artt. 113, 115, 116 e 132 cod. proc. civ. per la mancata ammissione di una c.t.u. e per la conseguente carenza o contraddittorietà della motivazione della sentenza medesima;
il ricorso è inammissibile;
si comprende che l’appello era stato affidato all’ esistenza di un errore logico della sentenza di primo grado nella parte relativa alla non comulabilità del tasso corrispettivo con quello di mora e con ogni ulteriore voce di costo comunque rinvenibile nel contratto (spese di istruttoria, di estinzione anticipata e via dicendo);
la corte d’appello, premesso che il tribunale aveva ritenuto non r iscontrata (neppure in termini di allegazione) l’avvenuta applicazione di spese di tal genere, ha fatto applicazione del principio per cui, in linea generale, ai fini dell’usura non è corretto sommare gli interessi corrispettivi e moratori;
dopodiché, rapportando gli interessi ai tassi-soglia vigenti (in base alla decretazione ministeriale) nei diversi periodi, separatamente considerati, ha concluso che la soglia usuraria non era mai stata superata, anche considerando come vera l’applicazione delle commissioni di anticipata estinzione;
ha infine condiviso la valutazione del primo giudice a proposito della natura esplorativa della c.t.u., tenuto conto della mancanza di elementi specifici circa il momento al quale associare, anche in base alla consulenza di parte, il calcolo dell’interesse usurar io;
il primo motivo di ricorso non coglie la ratio decidendi , visto che nessun dato probatorio è stato sottratto, nella logica della corte territoriale, al principio dispositivo ; mentre la critica all’esito del ragionamento stesso, in cui in effetti il primo motivo si risolve, è inammissibile perché critica di merito;
il secondo motivo si infrange col noto principio per cui il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito (v. Cass. Sez. 1 n. 7472-17, Cass. Sez. L n. 25281-23); tale giudizio è, di regola, incensurabile in cassazione, salvo che in base alla nuova formulazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; ma in tal caso è necessario che sia puntualmente specificato l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, e abbia carattere decisivo;
nel caso concreto la motivazione della corte territoriale non è apparente e nessun vizio ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. risulta dedotto;
le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 EUR, di cui 200,00 EUR per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione