Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9529 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente
avverso la sentenza depositata il 15 febbraio 2023 della Corte di appello di Torino.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2024
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha evocato in giudizio RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Torino, per sentire accertare e dichiarare la nullità del brevetto europeo NUMERO_DOCUMENTO ─ breviter EP ‘TARGA_VEICOLO e accertare la non interferenza con quest’ultimo del proprio sistema videocitofonico IPerVoice: a sostegno della domanda la società attrice ha dedotto l’insussistenza di novità e altezza inventiva del trovato per la presenza di alcune anteriorità rispetto alla data della rivendicata priorità e la predivulgazione dell’invenzione.
Il brevetto europeo EP ‘355 deriva dalla domanda NUMERO_DOCUMENTO rivendicante a sua volta la proprietà del brevetto NUMERO_DOCUMENTO 2003/00208043; esso consiste nell’enunciazione di un metodo e in un apparecchio per la connessione tramite internet di un sistema di monitor ad interfono video ad una stazione di portineria.
NOME si è costituita: ha affermato la validità del brevetto, stante l’asserita sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 46 e 48 c.p.i. (d.lgs. n. 30/2005); ha domandato il rigetto delle domande avversarie e, in via riconvenzionale, l’accertamento della contraffazione, ad opera del sistema IperVoice, con conseguente pronuncia, in danno della controparte, di inibitoria, di ritiro dal commercio e di condanna al risarcimento del danno.
A seguito di espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Torino ha dichiarato la nullità del menzionato brevetto e rigettato le domande riconvenzionali di NOME.
La sentenza di primo grado è stata impugnata da quest’ultima società. Al gravame ha resistito RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza del 15 febbraio 2023 la Corte di appello Torino ha respinto l’impugnazione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per
cassazione RAGIONE_SOCIALE. Il ricorso si compone di due motivi. Resiste con controricorso NOME, che ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 196 c.p.c. Si lamenta, in sintesi, che la Corte di appello abbia «totalmente omesso di giustificare la scelta di negare la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio richiesta dal ricorrente», ignorando i «molteplici profili di dubbio e criticità evidenziati da RAGIONE_SOCIALE in relazione all’elaborato peritale ».
Col secondo mezzo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 48 e 76 c.p.i.. La sentenza impugnata è censurata per il recepimento delle errate valutazioni operate dal consulente tecnico; la Corte di merito avrebbe così mancato di comprendere adeguatamente le caratteristiche innovative del brevetto oggetto del giudizio, male applicando le norme sopra indicate.
─ Entrambi i motivi sono inammissibili.
2.1. ─ Il primo denuncia una violazione e falsa applicazione di legge, ma si risolve, nella sostanza, in una doglianza in cui ad essere censurati sono, piuttosto, il mancato accoglimento dell’istanza di rinnovo della consulenza tecnica e l’omesso apprezzamento delle deduzioni aventi ad oggetto la critica del l’operato del c.t.u..
Va qui evidenziato che il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ex art. 360, n. 3 c.p.c., ricorre (o non ricorre) a prescindere dalla motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione (e, cioè, del processo di sussunzione), rilevando solo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata male applicata, dovendo il ricorrente, in ogni caso, prospettare l’erronea interpretazione di una norma da parte del giudice che ha emesso la sentenza impugnata ed indicare, a pena d’inammissibilità ex art. 366, n. 4 c.p.c., i motivi per i quali chiede la
cassazione (Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307; Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348).
Vero è che nel corpo del motivo la ricorrente deduce, come si è visto, che la Corte di merito avrebbe omesso di argomentare quanto al mancato rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio. Una censura motivazionale siffatta risulta peraltro carente di autosufficienza. Occorre osservare, in proposito, che parte ricorrente non si mostra in grado di spiegare, nel rispetto del principio della detta autosufficienza, come abbia formulato al Giudice di appello l’ istanza di rinnovo della consulenza tecnica di cui è parola nel ricorso. COGNOME riproduce, infatti, le conclusioni rassegnate avanti alla Corte di merito: conclusioni in cui la predetta istanza di rinnovo non compare (è ivi presente, invece, la richiesta di esperimento di una nuova consulenza diretta a ll’accertamento della contraffazione brevettuale lamentata dalla titolare del brevetto). Non si vede, del resto, per quale ragione la Corte di appello avrebbe dovuto pronunciarsi sul rinnovo della consulenza se una richiesta in tal senso non venne formulata dalla parte che assume avervi avuto interesse.
Esula dal perimetro del vizio di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c. anche il tema delle lacune di cui sarebbe affett o l’accertamento peritale . Sul punto non è spendibile nemmeno la censura del vizio di motivazione, che pare annidarsi nel rilievo, svolto in ricorso, per cui il giudice di appello è tenuto a prendere in considerazione i rilievi tecnico-valutativi portati contro la relazione tecnica dell’ausiliario. In realtà, a fronte del recepimento, da parte della Corte di appello, delle conclusioni del c.t.u., le doglianze della ricorrente si concentrano sul merito dell’accertamento tecnico ─ il quale sfugge, in sé, al sindacato di legittimità ─ e sul contenuto, reputato insoddisfacente, delle repliche dell’ausiliario ai rilievi dei consulenti tecnici di parte . A quest’ultimo riguardo è da osservare che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi,
dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Cass. 16 novembre 2022, n. 33742; Cass. 2 febbraio 2015, n. 1815; Cass. 9 gennaio 2009, n. 282).
2.2. ─ Parimenti inammissibile è il secondo motivo , il quale solo nominalmente è diretto a censurare la violazione o falsa applicazione degli artt. 48 e 76 c.p.i.. La ricorrente, lamentando che la Corte di appello abbia mancato di comprendere le caratteristiche innovative del proprio brevetto, fa questione di un accertamento di fatto quanto all’elemento dell’altezza inventiva del trovato: elemento definito, appunto, dall’art. 48 cit.. Si è quindi in presenza della prospettazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta mediante le risultanze di causa, che inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, non della deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge: e solo in questo secondo caso, in cui è implicato un problema interpretativo della stessa (come pure si è sopra rilevato), ricorre la fattispecie dell’art. 360, n. 3, c.p.c. (Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; cfr. pure le citt. Cass. 15 dicembre 2014, n. 26307 e Cass. 24 ottobre 2007 n. 22348).
3 . -In conclusione, il ricorso è da dichiararsi inammissibile 4. ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione