Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8179 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/03/2025
Oggetto: contratti bancari
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6503/2021 R.G. proposto da COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’ avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
Unicredit s.p.a.
-intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 6579/2020, depositata il 18 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, depositata il 18 dicembre 2020, di reiezione dell’appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la sua domanda di accertamento negativo del credito vantato nei suoi confronti, quale fideiussore della SCAT s.r.l., dalla Unicredit s.p.a. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale di quest’ultima, lo aveva condannato al pagamento della somma di euro 91.366,54, oltre interessi, a tale titolo;
la Corte territoriale ha riferito che il giudice di prime cure aveva disatteso le argomentazioni dell’attore evidenziando, in particolare, che era dimostrato il rilascio da parte sua di una garanzia -peraltro, qualificata quale garanzia autonoma -per l’adempimento delle obbligazioni assunte dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della banca e che prive di pregio erano le allegazioni di invalidità delle clausole dei contratti di conto corrente dedotti in giudizio;
ha, quindi, respinto il gravame sottolineando la correttezza della decisione del Tribunale nella parte in cui non aveva ammesso la sollecitata consulenza tecnica d’ufficio, stante la mancata prova di illegittimi addebiti in conto e, dunque, la assenza di necessità di procedere alla rielaborazione del saldo, e provato il credito della banca, pur procedendo a una diversa qualificazione della garanzia prestata nei termini di una fideiussione e non di una garanzia a prima richiesta;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE qual mandataria della Fino
2 RAGIONE_SOCIALE, subentrata nel rapporto controverso alla Unicredit s.p.a. nelle more del grado di appello;
-quest’ultima non spiega alcuna difesa;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata disatteso la richiesta di ammissione della consulenza tecnica d’ufficio di natura
contabile, ritenuta esplorativa;
evidenzia sul punto che nei giudizi che hanno a oggetto rapporti di conto corrente bancario la consulenza tecnica d’ufficio è l’unico strumento idoneo di prova e che soprattutto laddove, come nel caso in esame, la banca agisca per la condanna al pagamento del saldo non possono trarsi elementi dal deposito di documentazione da questa unilateralmente predisposta;
il motivo è inammissibile;
va rammentato che per dedurre la violazione dell ‘ art. 115 cod. proc.
civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre per dedurre la violazione dell ‘ art. 116 cod. proc. civ. occorre allegare che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr. Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
orbene, la doglianza formulata con il motivo in esame non è rispettosa dei riferiti oneri contenutistici;
può, inoltre, osservarsi che la sentenza di appello ha ritenuto di non dover disporre la consulenza tecnica d’ufficio in quanto la documentazione prodotta dalla banca consentiva di apprezzare l’esistenza e la validità del contratto, l’assenza di clausole contrattuale invalide e, conseguentemente, di illegittimi addebiti derivanti dall’applicazione di clausole nulle, nonché la completezza dei relativi
estratti conto;
il motivo non aggredisce puntualmente tale ratio , limitandosi a sostenere la indispensabilità della consulenza tecnica d’ufficio nell’accertamento dei crediti derivanti dai rapporti di conto corrente e rilevando che il Tribunale aveva inizialmente ammesso la consulenza tecnica d’ufficio, salvo poi revoc arla nel prosieguo del giudizio;
può, altresì, aggiungersi che il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione non è censurabile per cassazione per violazione di legge (cfr. Cass. 4 luglio 2024, n. 18299; Cass. 25 agosto 2023, n. 25281; Cass. 13 gennaio 2020, n. 326);
non pertinente è il riferimento al precedente rappresentato da Cass. 15 marzo 2016, n. 5091, il quale non deroga al principio generale, applicabile anche ai contenziosi in cui è controverso il saldo di un conto corrente bancario, per cui la consulenza tecnica d’ufficio non può essere utilizzata per esonerare le parti dalla prova dei fatti posti a fondamento delle rispettive domande o eccezioni (cfr., altresì, in tal senso, successivamente, Cass. 15 giugno 2018, n. 15774) e può legittimamente essere omessa nei casi in cui, quale quello in esame, il giudice accerti la validità delle contestate clausole contrattuali la cui applicazione ha contribuito alla formazione del saldo e rilevi l’assenza di specifiche contestazioni in ordine alla corretta applicazione di tali clausole;
-con il secondo motivo il ricorrente deduce, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che non fosse stato appellato il capo della sentenza di primo grado con cui era stato statuito che le allegazioni espresse nel giudizio di primo grado concernenti sul punto della nullità delle clausole dei conti correnti dedotti in giudizio fossero formulate in modo generico e puntuale;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello, nel respingere il motivo di gravame ha rilevato sia che la statuizione resa dal giudice di primo grado in ordine alla generica allegazione della nullità delle clausole dei contratti di conto corrente non fosse stata impugnata, dando luogo, pertanto, a un giudicato interno, sia che, comunque, l’appellante, grava to del relativo onere probatorio, non aveva dimostrato l’a sserita invalidità delle clausole, limitandosi a una generica contestazione delle voci ritenute indebite;
si è, dunque, in presenza di due autonome e distinte rationes decidendi , con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del motivo (cfr. Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815);
parte ricorrente non ha assolto a un siffatto onere omettendo di aggredire la seconda delle riferite rationes decidendi ;
-con l’ultimo motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione alla mancata considerazione che la banca non aveva dato prova dell’avvenuto invio degli estratti conto al correntista prima dell’in izio del giudizio;
il motivo è inammissibile;
si rileva che nella specie ricorre una ipotesi di cd. «doppia conforme» di cui all’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., per cui è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello onde dimostrare che esse sono tra loro diverse e che, dunque, non trova applicazione la regola preclusiva della censura per omesso esame di fatti decisivi e controversi (cfr. Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774);
parte ricorrente non ha assolto siffatto onere, per cui opera la preclusione all’esame della censura prospettata derivante dalla richiamata disposizione normativa;
in ogni caso, si evidenzia che l’ omesso esame di un fatto controverso
e decisivo per il giudizio deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché è inammissibile la censura, investendo, come nel caso in esame, l’omessa considerazione di un’argomentazione difensiva, irritualmente, estende il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr. Cass. 26 gennaio 2022, n. 2268; Cass. 6 settembre 2019, n. 22397);
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 14 marzo 2025.