Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8838 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8838 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13639/2020 R.G. proposto da:
COMUNE di MOSCHIANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica certificati dei quali è domiciliato per legge
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO NAPOLI n. 1088/2019 depositata il 27/02/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.In data 16 novembre 1988, tra la società RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) e la Regione RAGIONE_SOCIALE intervenne convenzione sulla base della quale, con riferimento alla delibera di giunta n. 6887/1998 (che aveva individuato detta società quale affidataria e mandataria per la riscossione delle somme spettanti alla Regione a fronte dell’esercizio del servizio di depurazione), a detta società fu affidata la riscossione di tutti i crediti dall’ente territoriale vantati (o da vantare) in relazione alle attività ed ai costi di gestione del servizio di depurazione operato a mezzo degli impianti ivi indicati, con costituzione espressa di detta società quale mandataria anche processuale.
2.Diversi anni dopo (e, precisamente, nel 2005) la società RAGIONE_SOCIALE, quale mandataria con rappresentanza della Regione RAGIONE_SOCIALE, conveniva in giudizio il Comune RAGIONE_SOCIALE Moschiano e l’RAGIONE_SOCIALE per sentirli condannare, anche in solido tra loro: in via principale, al pagamento degli interi importi dei canoni di depurazione e della metà dei canoni di fognatura, dovuti a far data dal 1° gennaio 1992 in poi, oltre agli interessi, tenendo conto di quanto eventualmente pagato medio tempore dal Comune o dall’RAGIONE_SOCIALE; e, in via subordinata, al pagamento, a titolo di risarcimento, dei medesimi importi richiesti in via principale.
Istruita la causa mediante c.t.u. (articolata pure su relazione integrativa), il giudice di primo grado: in accoglimento della domanda proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE, condannava il Comune al pagamento in favore di detta società della somma di euro 135.772,66, oltre interessi legali dalla domanda (1° marzo 2005); mentre respingeva la medesima domanda proposta, dapprima, nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e, poi, del relativo Commissario Straordinario, come pure respingeva la domanda risarcitoria proposta contro il suddetto Comune.
La Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 1088/2019, rigettando l’impugnazione del Comune, confermava la sentenza n. 13669/2014 del Tribunale di Napoli e compensava tra le parti le spese processuali.
Il Comune di Moschiano ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte territoriale.
La società intimata non ha resistito al ricorso.
Per l’odierna adunanza camerale il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore del Comune ricorrente ha depositato memoria a sostegno dell’accoglimento del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il Comune di Moschiano articola in ricorso due motivi.
1.1. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia: <> nella parte in cui (p. 13) la corte territoriale, rigettando il quarto ed il quinto motivo del suo atto di appello, non ha rilevato che il giudice di primo grado non aveva tenuto conto delle osservazioni contenute nella comparsa di costituzione e risposta con cui esso comune aveva tempestivamente contestato l’ammissibilità e le risultanze della CTU, che si era fondata su documenti (non prodotti dalle parti, ma) acquisiti direttamente dall’ausiliare del giudice.
Sottolinea che, contrariamente a quanto affermato dalla corte di merito, a seguito del deposito della c.t.u. (avvenuto il 28 novembre 2008), si era costituito, rappresentando che la società attorea non aveva fornito prova della sua pretesa e contestando la legittimità della
c.t.u. per aver utilizzato documenti non prodotti da parte attorea e per aver compiuto valutazioni meramente probabilistiche sui volumi d’acqua immessi nelle reti comunali; e tale doglianza aveva riproposto con il ricorso in appello.
Osserva che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la c.t.u. non può essere disposta né per la ricerca di prove su fatti e neppure per sopperire alla genericità delle allegazioni in fatto della parte.
Aggiunge che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, esso Comune aveva prospettato con il quinto motivo di appello un risultato alternativo a quello a cui era pervenuto il c.t.u., quantificando diversamente le somme dovute ad RAGIONE_SOCIALE.
1.2. Con il secondo motivo, articolato in via subordinata (cioè per il caso in cui non fosse ritenuta valida la contestazione della c.t.u. mossa nella comparsa di costituzione e risposta, depositata nel giudizio di primo grado), il Comune ricorrente denuncia: <>, nella parte in cui la corte territoriale, rigettando i suddetti motivi d’appello, non ha rilevato che il giudice di primo grado non aveva tenuto conto delle osservazioni contenute nella comparsa conclusionale con cui esso comune aveva tempestivamente contestato la nullità della c.t.u.
Sottolinea che, come affermato in detta comparsa, era onere della parte attrice dimostrare il fatto storico, posto a fondamento della pretesa azionata in giudizio, mentre quella non soltanto non aveva assolto detto onere ma non aveva neppure provato l’allacciamento del Comune di Moschiano all’impianto di depurazione di Nola.
Osserva che la società attorea avrebbe dovuto acquisire i dati a fondamento della propria pretesa (non da esso Comune, ma) dalla società RAGIONE_SOCIALE, quale gestore del servizio idrico comunale.
I due motivi – che, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente – non sono fondati.
Vero è che il Comune ricorrente, nel costituirsi nel giudizio di primo grado, oltre a sostenere che i fatti posti a fondamento della domanda non erano provati (e, in particolare, non era provato l’allacciamento del Comune dall’impianto di depurazione di Nola), aveva contestato l’ammissibilità ed il contenuto della c.t.u., espletata prima della sua pur tardiva costituzione, per aver utilizzato documenti non prodotti da parte attore, nonché l’attendibilità dei risultati a cui era pervenuto il c.t.u., essendo gli stessi fondati su valutazioni meramente probabilistiche sui volumi d’acqua immessi nelle reti del Comune di Moschiano. Come pure è vero che, non essendovi stata alcuna pronuncia sul punto da parte del giudice di primo grado, la doglianza era stata proposta dall’odierno ricorrente con il quarto ed il quinto motivo di appello.
Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, il Comune non è incorso in alcuna preclusione. D’altronde, le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n 5624/2022 hanno avuto modo di precisare che <>.
Pur tuttavia i motivi non possono essere accolti.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 3086/2022 – dopo aver affermato che: <> – hanno posto come condizione che detti documenti <>.
Tale principio di diritto è stato rispettato dalla corte di merito, in quanto la ricostruzione dei volumi idrici è stata da essa operata in base ad elementi fattuali, che erano stati allegati dalla società attorea.
Quest’ultima, infatti, aveva dedotto il comportamento omissivo del Comune (che non aveva fornito i dati relativi ai volumi idrici, che erano stati effettivamente forniti agli utenti e sui quali avrebbe dovuta essere calcolata la misura dei canoni dovuti) ed aveva indicato i criteri da prendere in considerazione per pervenire alla quantificazione della somma dovuta in difetto dei suddetti dati: di talché l’espletata c.t.u. è stata correttamente intesa dalla corte territoriale non esplorativa, ma percipiente.
Pertanto, senza incorrere in alcun vizio emendabile in questa sede di legittimità, la corte territoriale, nella sentenza impugnata ha ritenuto che la ricostruzione dei volumi idrici, effettuata dal c.t.u. in relazione al periodo in contestazione (1° agosto 1998 – 1° marzo 2005), <>, rilevando che: a) il giudice di primo grado aveva correttamente non tenuto conto dei pagamenti relativi ad altro periodo (precisamente dal 30 maggio 1995 al 30 aprile 1997), <>; b) la somma di euro 26.709, 34 euro, indicata in sentenza, corrisponde a quella dei canoni maturati dal c.t.u. in relazione al sopra indicato periodo in contestazione; c) attiene al rapporto tra il Comune ed il soggetto gestore del servizio idrico (RAGIONE_SOCIALE) ogni eventuale circostanza relativa al fatto che il Comune riscuote i canoni di depurazione e fognatura tramite il suddetto gestore, nonché relativa ad eventuali inadempimenti dei canoni da parte degli utenti finali.
Sotto altro profilo, vero è che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, il Comune con il quinto motivo di appello aveva prospettato diversi risultati alternativi a quelli a cui era pervenuto il c.t.u.
Senonché, contrariamente a quanto deduce il Comune ricorrente, la corte territoriale, avendo ritenuto inevitabile (sostanzialmente per fatto del Comune, che non aveva reso le prescritte dichiarazioni) un’attività ufficiosa di completamento ed avendo ricostruito in positivo la correttezza della conclusione del c.t.u., non è incorsa nel vizio di omessa pronuncia, avendo implicitamente concluso per la non condivisibilità delle alternative tardivamente prospettate dalla parte.
Deve qui ribadirsi che, da un lato, il giudice di merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma è sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, come per l’appunto è avvenuto nel caso di specie, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata; e, dall’altro, non rientra nel sindacato di legittimità la facoltà di riesaminare e valutare il merito della causa, essendo stato demandato dal legislatore a questa Corte il controllo della sentenza
impugnata sotto l’esclusivo profilo logico-formale della correttezza giuridica.
3. Al rigetto del ricorso non consegue alcuna condanna in punto di spese, non essendosi difesa la parte intimata, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2024, nella camera di consiglio