Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23704 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23704 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 20513 – 2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -c.f. 97059050795 -in persona del presidente pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce a ricorso e di ulteriore procura speciale depositata ai sensi dell’art. 380 bis , 2° co., cod. proc. civ.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE) -c.f. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che disgiuntamente e congiuntamente all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in atti.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 688/2022 della Corte d’A ppello di Roma; udita la relazione nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 del AVV_NOTAIO COGNOME,
RILEVATO CHE
Con atto notificato il 22.6 .1998 la ‘RAGIONE_SOCIALE citava a comparire dinanzi al Tribunale di Catanzaro il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ .
Chiedeva pronunciarsi la risoluzione, per colpa del convenuto, del contratto di appalto in data 14.1.1991, avente ad oggetto la realizzazione della diga sul fiume Melito e la variante S.S. 109 della Piccola Sila dal km 57,4 al km 64,1.
Con transazione siglata il 21.7.2003 dal ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ e dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE (incorporante la ‘RAGIONE_SOCIALE‘) la controversia veniva definita bonariamente.
Con domanda di arbitrato notificata il 28.3.2006 la ‘ RAGIONE_SOCIALE promuoveva, ai sensi dell ‘ art. 11 dell ‘ atto transattivo, giudizio arbitrale, al fine di ottenere la pronuncia di risoluzione, per colpa del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , del contratto di appalto in data 14.1.1991, con condanna della controparte al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo ed al risarcimento dei danni subiti.
Si costitui va il ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda .
Chiedeva in via riconvenzionale accertarsi il grave inadempimento della ‘ RAGIONE_SOCIALE nell’esecuzione dell’opera e pronunciarsi la risoluzione del contratto per colpa dell ‘ appaltatrice, con condanna al risarcimento dei danni sofferti.
Con lodo definitivo sottoscritto il 9.9.2008 il collegio arbitrale dichiarava risolto il contratto di appalto per inadempimento del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , che condannava a pagare all’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ la somma di euro 35.000.000,00 a titolo di risarcimento del danno.
Con sentenza n. 3247/2012 la Corte di Appello di Roma rigettava l’impugnazione ex art. 828 cod. proc. c iv. esperita dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con sentenza n. 17339/2017 questa Corte di legittimità accoglieva in parte il ricorso proposto dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e cassava la pronuncia n. 3247/2012 della Corte d’Appello di Roma.
Per quel che qui rileva, questa Corte, in accoglimento dell’undicesimo motivo di ricorso, statuiva quanto segue:
che ‘ il riparto di attività tra più consulenti operanti in collegio, in ragione della loro specializzazione, costituisce un modus operandi facoltativo, che non inficia il necessario principio di collegialità, ben potendo le conclusioni essere assunte dal collegio unitariamente e collettivamente, purché i risultati dell ‘ attività di ciascuno siano partecipati agli altri e da questi valutati, sicché collegialmente si formino le conclusioni da sottoporre al giudice (Cass. 04/01/2017, n. 96) ‘ ;
che ‘n el caso di specie, per contro, l ‘ impugnata sentenza si è limitata ad asserire, del tutto genericamente, che <> ‘ ;
che ‘l a pronuncia non dà, pertanto, in alcun modo conto delle ragioni per le quali abbia ritenuto che le dimissioni del consulente specializzato in geotecnica non avevano avuto rilevanza alcuna sulla corretta formazione dell ‘ elaborato peritale, per avere gli altri consulenti – in ipotesi – valutato i risultati dell ‘ attività di quello dimissionario, in quanto compiutamente ad essi comunicati ‘ .
che, conseguentemente, ‘ quanto meno sotto il profilo del vizio di motivazione, la censura deve essere certamente accolta ‘ .
Il ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ attendeva alla riassunzione del giudizio in sede di rinvio.
Si costituiva l’ ‘RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 688/2022 la Co rte d’Appello di Roma rigettava i motivi di impugnazione ex art. 828 cod. proc. civ. -per i quali questa Corte aveva cassato la precedente sentenza n. 3247/2012 -e condannava il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a rimborsare a controparte le spese dei gradi tutti di giudizio.
Premetteva la Corte di Roma -per quel che qui rileva – che i due consulenti firmatari della relazione scritta , ovvero l’ingegner NOME COGNOME e l’ingegner NOME COGNOME, avevano , nel corpo dell’elaborato, riprodotto pedissequamente il testo della missiva in data 18.10.2007, con cui il terzo componente del collegio peritale, esperto in geotecnica, ovvero l’ingegner NOME COGNOME, aveva presentato le proprie dimissioni (cfr. sentenza impugnata, pag. 16) .
Premetteva altresì che dal testo della missiva si desumeva che le dimissioni erano state determinate essenzialmente dalla ristrettezza dei tempi accordati per la redazione dell’elaborato (cfr. sentenza impugnata, pag. 16) .
Premetteva ancora che il consulente dimissionario , l’ingegner COGNOME, aveva rappresentato di aver redatto appunti ed espresso pareri rendendoli disponibili ai colleghi, aveva precisato di aver operato ‘in piena armonia ‘ con l’ingegner COGNOME e l’ingegner COGNOME ed aveva chiarito di aver rassegnato le sue dimissioni non già per dissensi interni al collegio peritale (cfr. sentenza impugnata, pag. 17) ; che, del resto, nell’elaborato a chiarimenti datato 16.1.2008, l’ingegner COGNOME e l’ingegner COGNOME avevano confermato che ‘ nessun dissenso era stato espresso dal professor COGNOME rispetto alle conclusioni raggiunte dal Collegio peritale, essendosi limitato il professor COGNOME ad auspicare una soluzione condivisa tra le parti’ (così sentenza impugnata, pag. 17) .
Esponeva quindi – la corte -che doveva reputarsi ‘evidente che le conclusioni contenute nell’elaborato a firma degli ingegneri COGNOME e COGNOME, implicanti fondamentali valutazioni di ordine geotecnico (…) state raggiunte anche con l’apporto del consulente dimissionario, che partecipato a tutte le operazioni peritali esclusa la fase redazionale’ (così sentenza impugnata, pag. 17) .
Avverso tale sentenza i l ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Il AVV_NOTAIO delegato ha formulato proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. datata 25.2.2024 di definizione del giudizio in dipendenza della ritenuta manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
Con istanza datata 12.3.2024 il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha chiesto che la causa venga decisa.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 383 e 384 cod. proc. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.
Deduce che dalle motivazioni dell’impugnata sentenza ‘ non emerge in nessuna parte in cosa sia consistito l’apporto del consulente dimissionario dotato di competenza geotecniche, né emerge il se ed il come i consulenti non dimissionari abbiano considerato il contributo del prof. COGNOME‘ (così ricorso, pag. 11) .
Deduce che la corte di rinvio si è limitata a dare rilievo ad un’asserita ‘armonia’ di lavoro, elemento del tutto irrilevante (cfr. ricorso, pag. 12) .
Deduce ancora che i rilievi della corte distrettuale contrastano con quanto risulta dagli atti, ossia con la posizione assunta dall’ingegner COGNOME che, ‘nella propria lettera di dimissioni, si era esplicitamente espresso in termini totalmente diversi, manifestando in maniera del tutto inequivoca il proprio dissenso rispetto alle modalità di lavoro (…) dei colleghi’ (così ricorso, pagg. 13 – 14) .
Deduce dunque che giammai la corte d’appello ‘avrebbe potuto ritenere provata la ‘condivisione’ delle conclusioni dell’elaborato peritale dal parte del prof. COGNOME‘ (così ricorso, pag. 16) .
Il motivo di ricorso è manifestamente infondato e va respinto; vanno in toto reiterate le ragioni di cui alla proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ.
Si premette che questa Corte, con la sentenza rescindente n. 17339 del 2017, ebbe -per quel che qui rileva -ad accogliere l’undicesimo motivo del ricorso che il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva esperito avverso la sentenza n. 3247/2012 della Corte d’Appello di Roma per vizio di motivazione (‘ne consegue, che quanto meno sotto il profilo del vizio di motivazione, la censura deve essere certamente accolta’) .
Del resto, c on l’undicesimo mezzo del ricorso allora spiegato il ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva denunciato, peraltro, ‘l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia’.
Su tale scorta non possono che formularsi i seguenti preliminari rilievi.
Per un verso, non è propriamente congrua la denuncia di violazione e falsa applicazione altresì dell’art. 384 cod. proc. civ., siccome appunto con la pronuncia rescindente n. 17339 del 2017 – per quel che qui rileva -questa Corte non ebbe ad enunciare alcun principio di diritto.
Per altro verso, sovviene l’elaborazione di questa Corte a tenor della quale, in caso di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, il giudice del rinvio non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, con il solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento impugnato ritenuti illogici ed eliminando, a seconda dei casi, le contraddizioni ed i difetti
argomentativi riscontrati (Cass. sez. lav. 29.5.2014, n. 12102; Cass. sez. lav. 3.7.2009, n. 15692. Cfr. altresì Cass. sez. un. 3.9.2020, n. 18303) .
Per altro verso ancora, i riferimenti giurisprudenziali testé operati connotano come del tutto ingiustificata la doglianza di parte ricorrente a tenor della quale l’indagine della corte territoriale avrebbe dovuto riguardare l’elaborato peritale in sé e non anche atti extra-perizia (cfr. ricorso, pagg. 15 -16; cfr. memoria del ricorrente, pagg. 9 e 10) .
Innegabilmente, la lacuna motivazionale che questa Corte ebbe a rilevare con la statuizione rescindente, è espressa dal passaggio a tenor del quale ‘la pronuncia non dà, pertanto, in alcun modo conto delle ragioni per le quali abbia ritenuto che le dimissioni del consulente specializzato in geotecnica non avevano avuto rilevanza alcuna sulla corretta formazione dell’elaborato peritale, per avere gli altri consulenti – in ipotesi valutato i risultati dell’attività di quello dimissionario, in quanto compiuta mente ad essi comunicati’.
Or dunque, la corte di rinvio ha ben ottemperato alla sollecitazione ‘ rescindente ‘, ‘non si è affatto sottratta al così conferito’ (così proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ., pag. 2) .
Invero, la corte distrettuale ha dato puntuale contezza delle ragioni per cui le dimissioni dell’ingegner COGNOME non avevano ostacolato la corretta e conveniente elaborazione collegiale della relazione di consulenza, siccome, appunto, gli ingegneri COGNOME ed COGNOME avevano valutato e tenuto conto del contributo del componente dimissionario.
Segnatamente, la corte territoriale ha puntualizzato, da un canto, alla stregua del tenore della missiva in data 18.10.2007, che l’ingegner COGNOME non aveva
disconosciuto il lavoro dei colleghi (la decisione dell’ingegner COGNOME ‘non deriva in alcun modo da dissensi con i colleghi c.t.u.’: cfr. sentenza impugnata, pag. 17) e quindi lo aveva recepito e condiviso.
Segnatamente, la corte territoriale ha puntualizzato, d ‘altro canto, alla stregua del riscontro degli ‘appunti’ e dei pareri che l’ingegner COGNOME aveva rimesso ai colleghi , che costoro avevano a loro volta fruito dell’apporto del collega dimissionario, sicché le conclusioni contenute nell’elaborato a firma dell’ingegner COGNOME e dell’ingegner COGNOME, per le fondamentali valutazioni di ordine geo-tecnico che vi erano espresse, erano frutto pur del contributo del consulente dimissionario (cfr. proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ., pag. 3) .
20. In questi termini del tutto ingiustificatamente il ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ricorrente prospetta che la Corte di Roma ha disatteso la sentenza n. 17339/2017 di questa Corte di legittimità e non ha né individuato né chiarito ‘in che modo gli altri consulenti avevano considerato e valutato l’attività del membro dimissionario’ (così ricorso, pag. 10; così memoria del ricorrente, pag. 6) .
21. In pari tempo, allorché assume che , ‘a fronte (…) di una attestazione così esplicita e manifesta (…), giammai si sarebbe potuta desumere (…) una (…) condivisione alle conclusioni degli altri due consulenti’ (così ricorso, pag. 15) , che dalla lettera di dimissioni dell’ingegner COGNOME ‘non era neppure astrattamente – in alcun modo possibile desumere una condivisione delle conclusioni peritali da parte del membro dimissionario’ (così ricorso, pag. 16; cfr. memoria del ricorrente, pag. 10) , il ricorrente in tal guisa sollecita questa Corte al riesame del giudizio ‘di fatto’ e s i duole per l’asserita erronea valutazione delle risultanze di causa.
Cosicché soccorre l’insegnamento a tenor del qual e con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Cfr., altresì, Cass. 10.6.2016, n. 11892, secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante) .
Una finale notazione si impone, peraltro meramente reiterativa dell’identica puntualizzazione cui si è fatto luogo con la proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ.
In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892;
Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-01)) .
In dipendenza della reiezione, per manifesta infondatezza, del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 380 bis , 3° co., cod. proc. civ., se la parte ha chiesto la decisione dopo la comunicazione della proposta di definizione anticipata e la Corte definisce il giudizio in conformità alla proposta, si applicano il 3° co. ed il 4° co. dell ‘ art. 96 cod. proc. civ.
Questa Corte ha specificato che la novità normativa contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, 3° co., cod. proc. civ.) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore a euro 5.000,00 (art. 96, 4° co., cod. proc. civ.) .
E che risulta così « codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale, tant’è che la opzione interpretativa, sulla disciplina intertemporale, ne ha fatto applicazione -in deroga all a previsione generale contenuta nell’art. 35, 1° co., del d.lgs. n. 149/2022 -ai giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non era stata ancora fissata udienza o
adunanza in camera di consiglio; anche ai fini della reattività ordinamentale, l’istituto integra il corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame (che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D. Lgs. n. 149/2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo) » (Sez. U., n. 28540 del 13.10.2023; n. 27433 del 27.9.2023; n. 27195 del 22.9.2023; n.28619 del 13.10.2023; n.37069 del 27.12.2023; n.3727 del 9.2.2024; n.3763 del 12.2.2024) .
Se pur di siffatta ipotesi di abuso, già immanente nel sistema processuale, va esclusa una interpretazione che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, sicché l’applicazione in concreto delle predette sanzioni deve rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie (Cass. sez. un. n. 36069 del 27.12.2023) , nondimeno nell’ipotesi in esame non si rinviene alcuna ragione per discostarsi dalla suddetta previsione legale: è evidente la complessiva piena «tenuta» del sintetico provvedimento di proposta di definizione anticipata rispetto alla motivazione necessaria per confermare la manifesta infondatezza del ricorso.
La ricorrente deve quindi essere condannata al pagamento, a favore di controparte, ex art. 96, 3° co., cod. proc. civ. di una somma equitativamente determinata in misura pari all’importo delle spese processuali nonché, ex art. 96, 4° co., cod. proc. civ. al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma pari ad euro 2.500,00.
25. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrent e, ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, a rimborsare alla controricorrente, ‘ RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 65.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
condanna il ricorrent e, ‘RAGIONE_SOCIALE‘, a pagare alla controricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 96, 3° co., cod. proc. civ. la somma di euro 65.000,00 in tal misura equitativamente determinata;
condanna il ricorrent e, ‘RAGIONE_SOCIALE‘, a pagare alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° co., cod. proc. civ., la somma di euro 2.500,00;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 10 luglio 2024.
Il presidente NOME COGNOME