Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 8657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13254-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Oggetto
Indennità ferie non godute
–
CCNL
FederRAGIONE_SOCIALE
–
Conservazione miglior trattamento
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/01/2024
CC
avverso la sentenza n. 367/2023 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 18/04/2023 R.G.N. 1511/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 18 aprile 2023, la Corte d’appello di Bari ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado, di parziale accoglimento delle domande dei lavoratori indicati in epigrafe (suoi dipendenti da epoca precedente la privatizzazione da Ente Pubblico non Economico con d. lgs. 141/1999) di condanna della datrice al pagamento di differenze retributive, calcolate in applicazione del CCNL Enti Pubblici non Economici 1994 -1997, a titolo di indennità di ferie non godute nel periodo 2013 -2018, per le somme specificamente indicate per ognuno, corrispondenti a sei giorni all’anno per sei anni; 2. nel solco dei propri richiamati precedenti, ribadita la conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati (art. 28, ultimo comma del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 2002) limitatamente al CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995, in esito all’argomentata interpretazione, in particolare, degli artt. 23 e 28 del CCNL 2002 e degli artt. 28 e 29 del CCNL 1995, la Corte territoriale ha ritenuto la spettanza ai lavoratori -taluni turnisti su cinque e taluni su sei giorni alla settimana -anziché dei 22 ovvero 26 giorni di ferie del CCNL del 2002, dei 28 giorni previsti dal richiamato CCNL 1995 (in essi compresi i due giorni di festività soppresse del 2 giugno e del 4 novembre, successivamente reintrodotta la prima e compensata la seconda da una giornata aggiuntiva di retribuzione);
e ciò, per essere la giornata di sabato considerata lavorativa dal CCNL 1995 (e pertanto computabile ai fini delle ferie), indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro su cinque o sei giorni; diversamente dal CCNL 2002, che tale la qualifica soltanto in ipotesi di ripartizione dell’orario su sei giorni, ma non anche su cinque (i 22 giorni lavorativi di ferie annuali ‘non comprendendo i giorni lavorativi non lavorati per effetto della ripartizione settimanale dell’orario in 5 giorni’ : art. 28 del CCNL 2002);
essa ha pertanto liquidato la somma a ciascuno spettante sulla scorta dei conteggi allegati, non contestati da RAGIONE_SOCIALE;
con atto notificato il 14 giugno 2023, la società datrice ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui i lavoratori hanno resistito con controricorso;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
preliminarmente deve essere disattesa la richiesta dei difensori della società di riunione al presente giudizio dei ricorsi R.G. 17593/22 e R.G. 3961/23, introduttivi di giudizi ancora in attesa di fissazione di udienza e R.G. 29370/22 non ravvisandosen e l’opportunità;
la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 437, secondo comma c.p.c., per inammissibilità della domanda formulata per la prima volta in grado di appello, in quanto nuova per causa petendi (per il riferimento al CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995, anziché al CCNL del Parastato 1994/1997), nell’inosservanza del divieto posto dalla norma denunciata, in quanto non proposta con il ricorso in primo grado né nelle
conclusioni finali, né in essi implicitamente contenuta (primo motivo);
il motivo è inammissibile;
la questione, di cui la sentenza non ha trattato, né la ricorrente ha indicato in quale atto del giudizio di merito l’abbia prospettata (non risultando dalla laconica illustrazione del suo atto d’appello: all’ultimo capoverso di pg. 11 del ricorso odierno, seguito dalle conclusioni), implica un accertamento in fatto processuale: così caratterizzandosi per un profilo di novità, che ne comporta l’inammissibilità (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28480; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804);
la ricorrente ha poi dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002, per avere la Corte territoriale erroneamente applicato il suddetto CCNL, nel quale sono confluiti i precedenti CCNL di aree più ristrette (RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE), mai in precedenza applicati ai lavoratori, nonostante l’inequivocabile riferimento alla ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati’ (secondo motivo);
anche tale motivo è inammissibile;
la questione giuridica posta, di cui la sentenza non ha trattato, né la ricorrente ha indicato in quale atto del giudizio di merito l’abbia prospettata, implica un accertamento in fatto (quale la verifica di applicazione o meno dei CCNL confluiti in quello oggetto di denuncia di violazione): così caratterizzandosi per un profilo di novità, che ne comporta l’inammissibilità (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28480; Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804);
la ricorrente ha infine dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002, degli artt. 23, 28 e 29 del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995, anche con
riferimento agli artt. 1 d.lgs. 54/1977, 1 legge n. 366/2000, 1256, 1258 e 1339 c.c., per non avere la Corte d’appello ritenuto il CCNL del 2002 migliorativo, rispetto a quello del 1995, in ragione della previsione di un maggior numero di ferie annuali (22 giorni e 3 giorni compensativi per chi lavori 5 giorni alla settimana e di 26 giorni di ferie e 4 giorni compensativi per chi lavori 6 giorni alla settimana), rispetto al secondo (per tutti di 26 giorni di ferie e 2 giorni per festività soppresse del 2 giugno e del 4 novembre). Essa si duole poi della mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della variazione di disciplina delle festività soppresse, per effetto dell’art. 1 legge n. 336/2000, quale factum principis , di ripristino della festività del 2 giugno, modificante il regolamento pattizio, in quanto ad esso successivo; con motivazione apparente o comunque carente ed illogica (terzo motivo);
in via preliminare, esso è ammissibile e, a fortiori , procedibile, in ragione della specifica indicazione della sede di produzione del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002 (in allegato sub 13 al ricorso) e del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995 in allegato sub 14 al ricorso), con la trascrizione delle previsioni d’interesse, in particolare dell’art. 28 del primo dal primo capoverso di pg. 7 al secondo di pg. 9 del ricorso) e dell’art. 29 del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995 (dal terzo capoverso di pg. 20 al penultimo di pg. 21 del ricorso);
9.1. nel merito, il motivo è infondato;
10. è noto che l’interpretazione delle disposizioni di CCNL denunciate competa direttamente a questa Corte, per la loro parificazione sul piano processuale alle norme di diritto; e che detta interpretazione debba essere compiuta in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale degli artt. 1362 ss. c.c., utilizzate quale criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e
della congruità della motivazione (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 9 settembre 2014, n. 18946; Cass. 28 maggio 2018, n. 13265; Cass. 18 novembre 2019, n. 29893; Cass. 12 aprile 2021, n. 9583).
E allora, la lettura delle clausole contrattuali deve prioritariamente avvenire secondo il dato letterale, ai sensi dell’art. 1362 c.c., in combinata disposizione con il dato sistematico, previsto dall’art. 1363 c.c., secondo indirizzo giurisprudenziale di legittimità consolidato (ribadito in particolare da: Cass. 18 novembre 2019, n. 29893, in motivazione sub p.to 3), per il quale il primo criterio (letterale) costituisce il punto di avvio per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale, mentre il criterio logico – sistematico dell’art. 1363 c.c. assume, in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, un particolare rilievo, ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune (Cass. 9 marzo 2005, n. 5140). Sicché, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio di interpretazione letterale delle clausole, si impone il ricorso anche al criterio logico – sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c., per desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, delle parti (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267): in una considerazione non “atomistica” delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra
loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267).
Alla luce dei suenunciati canoni interpretativi, applicati da questa Corte in via diretta, occorre allora verificare, in riferimento alla ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati, ove superiori ‘ (secondo l’art. 28, ultimo comma del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 2002), quale sia il trattamento migliore assicurato ai lavoratori, in esito alla comparazione sul punto del suddetto contratto con il CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995, di precedente applicazione, a seguito della privatizzazione dell’Ente.
L’art. 28 del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002 opera una distinzione in base alla diversa modulazione turnaria lavorativa, se su sei giorni ovvero cinque settimanali (per i lavoratori in causa): esso prevede , nel primo caso, 26 giorni lavorativi e 4 giorni compensativi e, nel secondo, 22 giorni lavorativi e 3 giorni compensativi.
L’art. 29 del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995 prevede invece per tutti, indipendentemente dalla diversa articolazione dell’orario di lavoro settimanale, 26 giorni lavorativi e le due giornate supplementari di cui al punto 1 dell’art. 28 (le festività del 2 giugno e del 4 novembre).
L’art. 23, quinto comma del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002 specifica poi che ‘laddove l’orario settimanale sia suddiviso in 5 giorni, il sesto giorno feriale, ancorché non lavorato, è considerato festivo a tutti gli effetti’ , avendo poi cura il citato art. 28 dello stesso contratto, dopo la previsione di un periodo feriale di 22 giorni lavorativi annuali quando l’orario settimanale sia ripartito in 5 giorni, di chiarire ‘ in tale periodo non comprendendo i giorni lavorativi non lavorati per effetto della ripartizione s ettimanale dell’orario in 5 giorni’ .
Dalla critica comparazione delle previsioni dei due contratti appare evidente come, in applicazione dell’art. 28, ultimo comma del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 2002, di ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati, ove superiori ‘, debba essere disposto il mantenimento del regime di ferie stabilito dall’art. 29 del CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995, in quanto maggiore per tutti rispetto a quello previsto dall’art. 28 del CCNL RAGIONE_SOCIALE 2002;
9.1. né una tale valutazione è inficiata dalla censura relativa alla ravvisata ininfluenza della variazione di disciplina delle festività soppresse, per effetto dell’art. 1 legge n. 336/2000, quale factum principis , di ripristino della festività del 2 giugno, modificante il regolamento pattizio, in quanto ad esso successivo, in riferimento al rinvio, da parte dell’art. 29, primo comma CCNL FederRAGIONE_SOCIALE 1995 al diritto del lavoratore (in aggiunta ai 26 giorni lavorativi di ferie annuali) alle due giornate supplementari di cui al punto 1) dell’art. 28, individuate ex lege , tenuto della modifica dell’art. 1 legge n. 54/1977 (di cessazione della festività dei giorni 2 giugno e 4 novembre).
Ed infatti, è illegittima, secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche dalla Corte territoriale, la disapplicazione dell’accordo collettivo nazionale di lavoro, operata con riferimento al contratto individuale di lavoro, diretta a ridurre i giorni di permesso retribuito a seguito della reintroduzione legislativa di alcune festività soppresse, poiché il contratto collettivo costituisce un ‘atto normativo’ con efficacia vincolante per il singolo aderente alle associazioni stipulanti, cui non pertengono poteri modificativi della suddetta regolamentazione (Cass. 4 settembre 2014, n. 18715, in specifico riferimento anche alla festività del 2 giugno; Cass. 3 aprile 2017, n. 8647);
11. il vizio motivo denunciato, appare, infine, esorbitare dai circoscritti limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo di violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, sesto comma Cost., individuabile nelle ipotesi (qui evidentemente non ricorrenti) che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., dando luogo a nullità della sentenza (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);
12. pertanto il ricorso deve rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e distrazione ai difensori antistatari, secondo la loro richiesta e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 30 gennaio 2024
Il Presidente (dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME)