Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 8653 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 8653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29370-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 1554/2022 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 20/09/2022 R.G.N. 1607/2020;
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 30/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 20 settembre 2022, la Corte d’appello di Bari ha dichiarato, in parziale accoglimento del loro appello, il diritto di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (tutti dipendenti di RAGIONE_SOCIALE da epoca precedente la privatizzazione da Ente Pubblico RAGIONE_SOCIALE Economico con d.lgs. 141/1999) di fruire di ventotto giorni di ferie all’anno e condannato la società datrice al pagamento, in loro favore a titolo di indennità sostitutiva di ferie non godute per il periodo 2013/2018, delle rispettive somme di € 4.169,52 (il primo), di € 4.358,16 (il secondo) e di € 3.417,12 (il terzo): così riformando la sentenza di primo grado, che ne aveva invece rigettato le domande;
2. preliminarmente negato il riferimento alla ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati’ (contenuto nell’art. 28, ultimo comma del CCNL FederGasAcqua 2002) al CCNL del Parastato 1994/1997, anteriore alla privatizzazione dell’Ente, dedotto dai lavoratori appellanti, dovendo essere invece limitato al CCNL FederGasAcqua 1995, la Corte territoriale ha escluso la novità della loro domanda subordinata, in difetto di alcun elemento nuovo, estraneo al dibattito processuale, essendo anzi il riferimento a tale ultimo contratto stato dedotto dalla società datrice nella comparsa di risposta e tempestivamente assunto dai predetti a sostegno della propria pretesa, soltanto ridotta (da dieci a sei giorni di ferie annuali in più di quelle loro attribuite);
nel solco dei propri richiamati precedenti, in esito all’argomentata interpretazione degli artt. 23 e 28 del CCNL 2002 e degli artt. 28 e 29 del CCNL 1995, essa ha ritenuto spettanti ai lavoratori -turnisti su cinque giorni alla settimana -anziché i 22 giorni di ferie del CCNL del 2002, i 28 giorni previsti dal richiamato CCNL 1995 (in essi compresi i due giorni di festività soppresse del 2 giugno e del 4 novembre, successivamente reintrodotta la prima e compensata la seconda da una giornata aggiuntiva di retribuzione), per essere la giornata di sabato considerata lavorativa dal CCNL 1995 (e pertanto computabile ai fini delle ferie), indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro su cinque o sei giorni; diversamente dal CCNL 2002, che tale la qualifica soltanto in ipotesi di ripartizione dell’orario su sei giorni, ma non anche su cinque (i 22 giorni lavorativi di ferie annuali ‘non comprendendo i giorni lavorativi non lavorati per effetto della ripartizione settimanale dell’orario in 5 giorni’ , a norma dell’art. 28 del CCNL 2002);
essa ha pertanto liquidato la somma a ciascuno spettante sulla scorta dei conteggi allegati, non contestati da RAGIONE_SOCIALE;
con atto notificato il 15 dicembre 2022, la società ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui i lavoratori hanno resistito con controricorso;
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
preliminarmente deve essere disattesa la richiesta dei difensori della società di riunione al presente giudizio dei
ricorsi R.G. 17593/22 e R.G. 3961/23, introduttivi di giudizi ancora in attesa di fissazione di udienza e R.G. 13254/23 non ravvisandosene l’opportunità;
la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 437, secondo comma c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente accolto una domanda formulata per la prima volta in grado di appello, in quanto nuova per causa petendi (per il riferimento al CCNL FederGasAcqua 1995, anziché al CCNL del Parastato 1994/1997) e per petitum (28 giorni, anziché 32 di ferie annuali rispettivamente previsti dalle due diverse fonti e pertanto sei anziché dieci giorni di ferie in più di quelli loro attribuiti), non osservando il divieto posto dalla norma denunciata, in quanto non proposta con il ricorso introduttivo né nelle conclusioni finali in primo grado, di mero richiamo di quelle in esso contenute (primo motivo);
3. il motivo è infondato;
è noto che costituisca domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello, quella che, alterando anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introduca una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, inserendo nel processo un nuovo tema di indagine, sul quale non si sia formato in precedenza il contraddittorio (Cass. 11 aprile 2013, n. 8842; Cass. 27 settembre 2018, n. 23415); e che l’interpretazione e la qualificazione giuridica della domanda spettino al giudice di merito, sulla base dei fatti dedotti dall’attore, con la conseguenza che non incorre nel divieto di ‘nova’ in appello la parte che, rimasta soccombente in primo grado, la riproponga in appello, sulla base dei medesimi fatti costitutivi (Cass. 22 maggio 2023, n. 13920, con specifico riferimento alla stessa domanda risarcitoria per illecito extracontrattuale fondata sull’art. 2043 c.c. e quindi sull’art. 2050 c.c.).
Costituisce invece domanda nuova, inammissibile in appello, quella relativa ad un diritto cd. eterodeterminato (ossia determinato attraverso la causa petendi ) o non autoindividuante (ossia determinato attraverso il solo petitum ) quando i fatti storici, allegati in primo grado a sostegno dell’azione, siano sostituiti o integrati da fatti nuovi e diversi, dedotti con i motivi di gravame (Cass. 15 settembre 2020, n. 19186). Sicché, il divieto di jus novorum non concerne soltanto le allegazioni in fatto e l’indicazione degli elementi di prova, ma anche (e soprattutto) la specificazione delle causae petendi fatte valere in giudizio a sostegno delle azioni e delle eccezioni, pur se la nuova prospettazione sia fondata sulle stesse circostanze di fatto, ma non si risolva in una semplice precisazione di una tematica già acquisita al giudizio (Cass. 11 gennaio 2018, n. 535).
D’altro canto, non sussiste una mutatio libelli , quando la parte modifichi l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso il mutamento dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tali da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio (Cass. 28 gennaio 2015, n. 1585). Invece, si ha semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi , in modo che risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum , nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. 17 dicembre 2021, n. 40580; Cass. 22 marzo 2022, n. 9337);
4.1. tanto chiarito, nel caso di specie il vizio denunciato non si configura, in assenza di alcun fatto costitutivo qualificabile come nuovo, che abbia introdotto un diverso tema di
indagine, tanto meno idoneo a disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio: posto che la variazione della fonte contrattuale (CCNL FederGasAcqua 1995, anziché CCNL del Parastato 1994/1997) è stata introdotta nel giudizio di primo grado dalla stessa datrice resistente, odierna ricorrente, con il primo atto difensivo, né comporta variazione della causa petendi (costituita da un trattamento relativo al godimento delle ferie più favorevole ai lavoratori, in base ad una precedente fonte contrattuale applicata), ma una sua mera specificazione (integrante appunto emendatio libelli ), in base alla quale il giudice di merito ha interpretato e qualificato giuridicamente la domanda, in adempimento del compito ad esso esclusivamente riservato.
E così ha esattamente ritenuto la Corte d’appello, con ragionamento congruamente argomentato (al p.to 6.1 di pgg. 7 e 8 della sentenza);
la ricorrente ha poi dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del CCNL GasAcqua 2002, per avere la Corte territoriale erroneamente applicato il suddetto CCNL, nel quale sono confluiti i precedenti CCNL di aree più ristrette (RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE), mai in precedenza applicati ai lavoratori, nonostante l’inequivocabile riferimento alla ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati’ (secondo motivo);
anche tale motivo è inammissibile;
la questione giuridica posta, di cui la sentenza non ha trattato (avendo semplicemente menzionato la confluenza dei suddetti CCNL nel CCNL GasAcqua 2002 per la loro natura privatistica: al penultimo capoverso di pg. 6) né la ricorrente ha indicato in quale at to del giudizio di merito l’abbia prospettata, implica un accertamento in fatto (quale la
verifica di applicazione o meno dei CCNL confluiti in quello oggetto di denuncia di violazione): così caratterizzandosi per un profilo di novità, che ne comporta l’inammissibilità (Cass. 22 dicembre 2005, n. 28480; Cass. 13 dicembre 2019, n. 32804);
8. la ricorrente ha infine dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del CCNL GasAcqua 2002, degli artt. 23, 28 e 29 del CCNL FederGasAcqua 1995, anche con riferimento agli artt. 1 d.lgs. 54/1977, 1 legge n. 366/2000, 1256, 1258 e 1339 c.c., per non avere la Corte d’appello ritenuto il CCNL del 2002 migliorativo, rispetto a quello del 1995, in ragione della previsione di un maggior numero di ferie annuali (22 giorni e 3 giorni compensativi per chi lavori 5 giorni alla settimana e di 26 giorni di ferie e 4 giorni compensativi per chi lavori 6 giorni alla settimana), rispetto al secondo (per tutti di 26 giorni di ferie e 2 giorni per festività soppresse del 2 giugno e del 4 novembre). Essa si duole poi della mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della variazione di disciplina delle festività soppresse, per effetto dell’art. 1 legge n. 336/2000, quale factum principis , di ripristino della festività del 2 giugno, modificante il regolamento pattizio, in quanto ad esso successivo (terzo motivo).
9. La ricorrente censura pure la sentenza di erroneità ed ingiustizia per vizio motivo, per avere la Corte territoriale riconosciuto ai lavoratori sei giorni di ferie non goduti, omettendo di esaminare la questione relativa alla differenza (di tre giorni) tra i ventotto di ferie (26 di congedo ordinario e 2 a compensazione delle festività soppresse) del CCNL 1995 (art. 29, primo comma) e i venticinque del CCNL 2002 per chi lavori 5 giorni alla settimana, o in subordine alla differenza di quattro giorni, qualora si computino solo i giorni di congedo ordinario (26 del CCNL 1995 e 22 del CCNL 2002).
Ed essa lamenta neppure rispondere al vero la ravvisata propria mancata contestazione dei conteggi dei lavoratori invece specificamente formulata con la memoria di costituzione 3 maggio 2022: in quanto ‘frutto di una unilaterale e fantasiosa pretesa di maggiori giorni di ferie, e conseguenti presunte maggiori remunerazioni disancorate dai presupposti contrattuali del rapporto di lavoro oltre che dai dati analiticamente esposti nella busta paga di ciascuno degli appellanti’ (quarto motivo);
10. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono in via preliminare ammissibili e a fortiori procedibili, in ragione della specifica indicazione della sede di produzione del CCNL GasAcqua 2002 (in allegato sub 14 al ricorso) e del CCNL FederGasAcqua 1995 in allegato sub 15 al ricorso), con la trascrizione delle previsioni d’interesse, in particolare dell’art. 28 del primo dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo di pg. 8 del ricorso) e dell’art. 29 del CCNL FederGasAcqua 1995 (dal primo periodo di pg. 22 al terzo di pg. 23 del ricorso);
10.1. nel merito, essi sono tuttavia infondati;
11. è noto che l’interpretazione delle disposizioni di CCNL denunciate competa direttamente a questa Corte, per la loro parificazione sul piano processuale alle norme di diritto; e che detta interpretazione debba essere compiuta in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale degli artt. 1362 ss. c.c., utilizzate quale criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione (Cass. 19 marzo 2014, n. 6335; Cass. 9 settembre 2014, n. 18946; Cass. 28 maggio 2018, n. 13265; Cass. 18 novembre 2019, n. 29893; Cass. 12 aprile 2021, n. 9583).
E allora, la lettura delle clausole contrattuali deve prioritariamente avvenire secondo il dato letterale, ai sensi
dell’art. 1362 c.c., in combinata disposizione con il dato sistematico, previsto dall’art. 1363 c.c., secondo indirizzo giurisprudenziale di legittimità consolidato (ribadito in particolare da: Cass. 18 novembre 2019, n. 29893, in motivazione sub p.to 3), per il quale il primo criterio (letterale) costituisce il punto di avvio per una corretta interpretazione di ogni clausola contrattuale, mentre il criterio logico – sistematico dell’art. 1363 c.c. assume, in ragione delle particolari caratteristiche connotanti la contrattazione collettiva, un particolare rilievo, ben più accentuato rispetto a quanto accade per i restanti contratti di diritto comune (Cass. 9 marzo 2005, n. 5140). Sicché, sebbene la ricerca della comune intenzione delle parti debba essere operata innanzitutto sulla base del criterio di interpretazione letterale delle clausole, si impone il ricorso anche al criterio logico – sistematico stabilito dall’art. 1363 c.c., per desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, dovendosi altresì tenere conto del comportamento, anche successivo, delle parti (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267): in una considerazione non “atomistica” delle singole clausole, neppure quando la loro interpretazione possa essere compiuta, senza incertezze, sulla base del “senso letterale delle parole”, poiché anche questo va necessariamente riferito all’intero testo della dichiarazione negoziale, onde le varie espressioni che in essa figurano vanno coordinate fra loro e ricondotte ad armonica unità e concordanza (Cass. 14 aprile 2006, n. 8876; Cass. 30 gennaio 2018, n. 2267).
Alla luce dei suenunciati canoni interpretativi, applicati da questa Corte in via diretta, occorre allora verificare, in riferimento alla ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente
applicati, ove superiori ‘ (secondo l’art. 28, ultimo comma del CCNL FederGasAcqua 2002), quale sia il trattamento migliore assicurato ai lavoratori, in esito alla comparazione sul punto del suddetto contratto con il CCNL FederGasAcqua 1995, di precedente applicazione, a seguito della privatizzazione dell’Ente.
L’art. 28 del CCNL GasAcqua 2002 opera una distinzione in base alla diversa modulazione turnaria lavorativa, se su sei giorni ovvero cinque settimanali (per i lavoratori in causa): esso prevede , nel primo caso, 26 giorni lavorativi e 4 giorni compensativi e, nel secondo, 22 giorni lavorativi e 3 giorni compensativi.
L’art. 29 del CCNL FederGasAcqua 1995 prevede invece per tutti, indipendentemente dalla diversa articolazione dell’orario di lavoro settimanale, 26 giorni lavorativi e le due giornate supplementari di cui al punto 1 dell’art. 28 (le festività del 2 giugno e del 4 novembre).
L’art. 23, quinto comma del CCNL GasAcqua 2002 specifica poi che ‘laddove l’orario settimanale sia suddiviso in 5 giorni, il sesto giorno feriale, ancorché non lavorato, è considerato festivo a tutti gli effetti’ , avendo poi cura il citato art. 28 dello stesso contratto, dopo la previsione di un periodo feriale di 22 giorni lavorativi annuali quando l’orario settimanale sia ripartito in 5 giorni, di chiarire ‘ in tale periodo non comprendendo i giorni lavorativi non lavorati per effetto della ripartizione s ettimanale dell’orario in 5 giorni’ .
Dalla critica comparazione delle previsioni dei due contratti appare evidente come, in applicazione dell’art. 28, ultimo comma del CCNL FederGasAcqua 2002, di ‘conservazione ad personam delle quantità di ferie spettanti in forza dei CCNL precedentemente applicati, ove superiori ‘, debba essere disposto il mantenimento del regime di ferie stabilito dall’art. 29 del CCNL FederGasAcqua 1995, in quanto maggiore per
tutti rispetto a quello previsto dall’art. 28 del CCNL GasAcqua 2002;
11.1. né una tale valutazione è inficiata dalla censura relativa alla ravvisata ininfluenza della variazione di disciplina delle festività soppresse, per effetto dell’art. 1 legge n. 336/2000, quale factum principis , di ripristino della festività del 2 giugno, modificante il regolamento pattizio, in quanto ad esso successivo, in riferimento al rinvio, da parte dell’art. 29, primo comma CCNL FederGasAcqua 1995 al diritto del lavoratore (in aggiunta ai 26 giorni lavorativi di ferie annuali) alle due giornate supplementari di cui al punto 1) dell’art. 28, individuate ex lege , tenuto della modifica dell’art. 1 legge n. 54/1977 (di cessazione della festività dei giorni 2 giugno e 4 novembre).
Ed infatti, è illegittima, secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche dalla Corte territoriale, la disapplicazione dell’accordo collettivo nazionale di lavoro, operata con riferimento al contratto individuale di lavoro, diretta a ridurre i giorni di permesso retribuito a seguito della reintroduzione legislativa di alcune festività soppresse, poiché il contratto collettivo costituisce un ‘atto normativo’ con efficacia vincolante per il singolo aderente alle associazioni stipulanti, cui non pertengono poteri modificativi della suddetta regolamentazione (Cass. 4 settembre 2014, n. 18715, in specifico riferimento anche alla festività del 2 giugno; Cass. 3 aprile 2017, n. 8647);
12. il vizio motivo, denunciato con il quarto motivo, appare, infine, esorbitare dai circoscritti limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sindacabile in sede di legittimità sotto il profilo di violazione del ‘minimo costituziona le’ richiesto dall’art. 111, sesto comma Cost., individuabile nelle ipotesi (qui evidentemente non ricorrenti) che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma,
n. 4 c.p.c., dando luogo a nullità della sentenza (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940).
Ciò vale anche in riferimento alla supposta contestazione dei conteggi, in quanto relativa ad un profilo (i presupposti contrattuali di loro applicazione) diverso da quello pertinente, una volta individuato il regime contrattuale applicabile al rapporto, al piano aritmetico e della retribuzione assunta a base di calcolo, in ordine alla mera quantificazione oggetto di valutazione dalla Corte d’appello (come esattamente osservato al secondo capoverso, sub p. to 6.6, di pg. 10 della sentenza);
13. pertanto il ricorso deve rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e distrazione ai difensori antistatari, secondo la loro richiesta e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 30 gennaio 2024