LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Consenso informato: prova e onere del paziente

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello che aveva negato il risarcimento per violazione del consenso informato. La Corte ha stabilito che un giudice non può rigettare una domanda per mancanza di prova se prima ha impedito alla parte di fornire quella stessa prova, ad esempio negando una richiesta di testimonianza. Tale comportamento crea una contraddizione insanabile nella motivazione della sentenza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Consenso Informato e Onere della Prova: la Cassazione Chiarisce

Il principio del consenso informato è un pilastro fondamentale del rapporto tra medico e paziente, garantendo il diritto all’autodeterminazione della persona nelle scelte che riguardano la propria salute. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 25824/2025) interviene su un aspetto cruciale: la prova che il paziente, se correttamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento. La Corte stabilisce un principio procedurale di grande importanza: il giudice non può negare il risarcimento per mancata prova dopo aver impedito alla parte di fornirla.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dagli eredi di una paziente, deceduta a seguito di un intervento chirurgico per l’impianto di una protesi valvolare aortica. I familiari avevano citato in giudizio l’azienda ospedaliera per due ordini di motivi: la responsabilità dei sanitari per la morte della congiunta (colpa professionale) e la violazione del diritto all’autodeterminazione per omessa e inadeguata informazione sui rischi dell’operazione.

Il Percorso Giudiziario nei Gradi di Merito

Il Tribunale di primo grado aveva rigettato entrambe le domande. La Corte d’Appello, pur ritenendo tempestiva la domanda relativa alla violazione del consenso informato (a differenza del primo giudice), l’aveva comunque respinta nel merito. La motivazione dei giudici d’appello si basava sul presupposto che gli eredi non avessero dimostrato che la paziente, se fosse stata adeguatamente informata dei rischi, avrebbe preso una decisione diversa, ossia avrebbe rifiutato l’intervento chirurgico. Tuttavia, emerge un dettaglio processuale decisivo: gli stessi eredi avevano chiesto, nel corso del giudizio, di provare proprio questa circostanza attraverso una prova testimoniale, richiesta che era stata rigettata.

Consenso Informato: la Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso degli eredi, censurando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno evidenziato una palese e insanabile contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata. Non è logicamente sostenibile, afferma la Corte, rigettare una domanda per difetto di prova quando alla parte è stata precedentemente negata la possibilità di fornire quella stessa prova attraverso i mezzi istruttori richiesti, come la testimonianza.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio del cosiddetto “minimo costituzionale”. Una decisione giudiziaria la cui motivazione è affetta da una contraddittorietà insanabile è da considerarsi viziata, poiché viola il dovere del giudice di fornire un percorso logico-giuridico comprensibile a sostegno del suo deliberato. La Corte richiama precedenti giurisprudenziali (Cass. S.U. 8053/2014) per sottolineare come una motivazione di questo tipo equivalga a una motivazione assente o meramente apparente. In sostanza, rigettare una domanda ritenendola non provata, dopo aver respinto una richiesta di prova non inammissibile sulle medesime circostanze, costituisce un errore logico e giuridico che impone l’annullamento della decisione.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione in commento rafforza la tutela del diritto all’autodeterminazione del paziente. Essa chiarisce che, sebbene l’onere di provare che si sarebbe rifiutato l’intervento gravi sul paziente (o sui suoi eredi), il sistema giudiziario deve garantire gli strumenti processuali per poter assolvere a tale onere. Un giudice non può creare un cortocircuito probatorio, prima chiudendo la porta all’acquisizione della prova e poi lamentandone l’assenza. Per i pazienti e i loro legali, ciò significa che le richieste istruttorie volte a dimostrare la volontà contraria all’intervento, se adeguatamente articolate, devono essere prese in seria considerazione dal giudice. Per le strutture sanitarie, ribadisce l’importanza non solo di fornire un’informazione completa, ma anche di documentarla accuratamente, poiché le conseguenze di una sua violazione non possono essere eluse da vizi procedurali.

Può un giudice rigettare una domanda di risarcimento per violazione del consenso informato per mancanza di prova, dopo aver negato l’ammissione delle prove richieste dalla parte?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una simile decisione è affetta da un vizio di contraddittorietà insanabile della motivazione, poiché il giudice non può prima impedire a una parte di provare un fatto e poi rigettare la sua domanda proprio perché quel fatto non è stato provato.

A chi spetta l’onere di dimostrare che il paziente, se correttamente informato, avrebbe rifiutato un intervento?
L’onere della prova spetta al paziente o, in caso di decesso, ai suoi eredi. Tuttavia, essi devono avere la concreta possibilità processuale di fornire tale prova, ad esempio attraverso testimonianze o altri mezzi istruttori.

Cosa significa che una motivazione viola il “minimo costituzionale”?
Significa che la motivazione della sentenza è talmente carente, illogica o contraddittoria da non poter essere considerata una vera e propria motivazione. È un vizio gravissimo che rende la decisione arbitraria e ne comporta l’annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati