Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16372 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16372 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: Fallimento – Interruzione – Decorrenza riassunzione – Estinzione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16162/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALEincorporante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in Genova, INDIRIZZO;
e
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME ;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 409/2020 della Corte d’Appello di Genova, pubblicata il 28/4/2020 e notificata il 12/5/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/2/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 16/9/2009 dal Tribunale di Genova in favore di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’importo di euro 536.771,34, evocando in giudizio quest’ultima e RAGIONE_SOCIALE terza chiamata quale cessionaria del credito.
Con sentenza n. 2559 depositata il 26/7/2013, il Tribunale di Genova accolse l’eccezione di estinzione del processo, sollevata dalla curatela del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE per averlo la RAGIONE_SOCIALE riassunto tardivamente, mediante il deposito del ricorso in data 9/3/2011, rispetto al momento in cui la predetta aveva avuto conoscenza legale del fallimento della controparte – intervenuto con sentenza n. 74/10, depositata il 9/8/2010 , ossia all’udienza del 27/9/2010 tenutasi in altro processo pendente tra le stesse parti (R.G. n. 12/2010), dichiarando esecutivo il decreto ingiuntivo.
La Corte d’Appello di Genova, adita in riassunzione dalla RAGIONE_SOCIALE, rigettò il gravame, ritenendo che quest’ultima avesse avuto conoscenza legale dell’intervenuto fallimento all’udienza del 30/11/2010, di cui il giudice di primo grado aveva dato atto a verbale, con la conseguenza che doveva considerarsi tardivo il ricorso in riassunzione depositato dopo il termine trimestrale in data 9/3/2011.
Il giudizio di legittimità, instaurato dalla medesima RAGIONE_SOCIALE, si concluse con l’ordinanza del 11/1/2018, pubblicata il 27/6/2018, con la quale questa Corte accolse il primo motivo, sul presupposto che dovesse distinguersi tra l’automatismo della dichiarazione di apertura del fallimento in relazione all’interruzione del processo e
l’ulteriore profilo della necessità dell’effettiva conoscenza sotto il diverso aspetto del decorso del termine di riassunzione e che la conoscenza dell’evento interruttivo dovesse essere legale, cassando con rinvio la sentenza impugnata.
In seguito a riassunzione del giudizio, notificato il 12/10/2018, ad opera della RAGIONE_SOCIALE, col quale veniva lamentata l’erroneità della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la conoscenza legale del fallimento in seguito alla dichiarazione proveniente dal procuratore della società fallita in diverso giudizio pendente tra le medesime parti, e l’omesso esame nel merito delle pretese, la Corte d’Appello di Genova, nella resistenza della RAGIONE_SOCIALE e della Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, rigettò l’appello con sentenza n. 398/2020, depositata il 28/4/2020, affermando che la dichiarazione del curatore del Fallimento, corredata dell’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento e del provvedimento autorizzativo del G.D., fosse avvenuta all’udienza del 27/9/2010, nell’ambito del giudizio n. 12/2010 pendente tra le medesime parti, consentendone la prosecuzione, ed era stata resa al medesimo difensore dell’odierna appellante, soggetto qualificato e, come tale, in grado di intenderne il significato e di adottare le misure di tempestiva riattivazione del processo, e che la comunicazione al difensore della controparte costituiva conoscenza legale.
Contro la predetta sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati anche con memoria. Fallimento RAGIONE_SOCIALE illustrato anche con memoria, e Monte Dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE si sono difesi con controricorso.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 305 cod. proc. civ., con riferimento alla
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43 L.F. e dell’art. 300, primo, secondo e quarto comma, cod. proc. civ., e degli artt. 2913 cod. civ. e 24 Cost., perché i giudici di merito avevano dichiarato l’estinzione del processo, dando rilievo a quanto accaduto all’udienza del 27/9/2010 nell’ambito del diverso giudizio R.G. n. 12/2010 (anch’esso costituente opposizione a decreto ingiuntivo), nella quale, però, non era comparso il procuratore della società in bonis , che non aveva dunque reso la dichiarazione di cui all’art. 300 cod. proc. civ., né aveva notificato alcun atto in forma autentica, ma si era costituito il curatore del Fallimento, che aveva depositato memoria non recante alcuna menzione dell’esistenza della causa interrotta, ossia quella presente, né contenente, in allegato, alcun atto assistito da fede privilegiata idoneo a concretare la conoscenza legale dell’evento interruttivo (es. copia autentica della sentenza di fallimento o deposito in originale di un certificato camerale), ma aveva allegato due documenti informi, ossia l’autorizzazione a costituirsi nel giudizio e copia del biglietto di cancelleria con cui era stata comunicata la sentenza di fallimento, che non potevano dar luogo alla conoscenza legale dell’evento interruttivo, oltre a non contenere richiami espliciti alla lite pendente e interrotta, necessari, invece, in caso di comunicazione e/o notificazione effettuata al di fuori del giudizio nei riguardi della controparte del fallito, non essendo sufficiente che Nordiconad fosse assistita dal medesimo difensore nei due giudizi.
Col secondo motivo, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 342, 346 e 103 cod. proc. civ., perché i giudici di merito, dopo avere dichiarato l’estinzione del procedimento, avevano ritenuto assorbita la questione che aveva costituito oggetto del terzo motivo d’appello, con il quale si era lamentato il fatto che il Tribunale, dichiarando l’estinzione del
procedimento, avrebbe comunque dovuto circoscrivere la pronuncia al solo rapporto processuale instauratosi tra la RAGIONE_SOCIALE e la cedente RAGIONE_SOCIALE, ma non anche quello, connesso e scindibile, tra RAGIONE_SOCIALE e MPS, con la quale era stato costituito un litisconsorzio facoltativo, rispetto al quale aveva omesso di pronunciarsi.
Infatti, RAGIONE_SOCIALE aveva proposto domanda di accertamento negativo della pretesa vantata dal soggetto privo di titolarità rispetto ai crediti portati in fattura e quindi anche nei confronti della pretesa cessionaria MPS, la quale, costituendosi, aveva invece chiesto a RAGIONE_SOCIALE il pagamento degli importi, mentre tra GSP e MPS non si era instaurato alcun contraddittorio processuale.
Ad avviso della ricorrente, in caso di cessione del credito, non si instaura un rapporto giuridico plurisoggettivo, ma un rapporto obbligatorio nel cui lato attivo il creditore viene sostituito dal terzo cessionario, trasmigrando il diritto di credito dal cedente al cessionario, con tutte le azioni dirette ad ottenere la realizzazione del credito, con la conseguenza che l’esercizio dell’azione contro il debitore ceduto, sia da parte del cedente che del cessionario, non rende indispensabile la partecipazione in giudizio dell’uno o dell’altro, tranne in caso di contestazione, con apposita domanda riconvenzionale, della validità o dell’esistenza della cessione, situazione questa non configurabile però nella specie, atteso che la ricorrente aveva contestato il fondamento della pretesa creditoria rimanendo nell’ambito dell’eccezione.
La ricorrente ha inoltre evidenziato come, nella specie, non fosse neppure intervenuta una valida cessione del credito tra GSP e MPS, atteso che la relativa comunicazione non proveniva dalla cedente ma dalla cessionaria; che la cedente società in bonis aveva contestato la sussistenza di qualsivoglia cessione, arrivando a disconoscere la firma apposta agli atti di cessione notificati al debitore ceduto, siccome non riferibile né alla società, né al suo
legale rappresentante, e a rilevare la responsabilità penale della terza chiamata; che lo stesso disconoscimento aveva operato il Fallimento; che MPS cessionaria non avrebbe potuto avvalersi, in nessuno dei due casi, delle scritture in questione se non proponendo, a sua volta, istanza di verificazione nei termini perentori di legge, e che, non avendovi provveduto e non avendo depositato neppure gli atti relativi, le cessioni dovevano considerarsi inefficaci nei confronti della debitrice.
La condotta posta in essere da RAGIONE_SOCIALE, in quanto illecita, avrebbe dovuto determinare l’accoglimento della domanda di pagamento dei frutti e di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente in via riconvenzionale.
3. Il primo motivo è fondato.
Al riguardo, occorre partire dall’ordinanza n. 16887 del 27/6/2018, con la quale questa Corte, nell’ambito del presente giudizio, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’Appello di Genova proprio con riguardo alla questione della decorrenza del termine per riassumere il giudizio in caso di intervenuto fallimento della parte.
Partendo dalla decisione della Corte Costituzionale n. 17 del 2010, questa Corte ha, in particolare, chiarito che, in seguito all’interruzione automatica, comunque imprescindibile ai sensi del tenore letterale dell’art. 43 della legge fallimentare, il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo decorre dalla “conoscenza legale” dell’evento interruttivo, dovendosi con ciò intendere la conoscenza non già acquisita in via di fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata (Cass. 28/12/2016, n. 27165; Cass. 25/02/2015, n. 3782; Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 11/02/2010, n. 3085), come in caso di deposito in giudizio di copia autentica della sentenza o di
certificazione del registro delle imprese, anche da parte del procuratore di un soggetto diverso dal fallimento.
Come pure chiarito nella citata ordinanza, ai fini del decorso del termine per la riassunzione, non è sufficiente la sola conoscenza dell’evento interruttivo, ma è altrettanto necessaria che la conoscenza avvenga n ello specifico giudizio sul quale l’effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare, sia quando la parte interessata alla prosecuzione del giudizio sia la stessa parte colpita dall’evento interruttivo (Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 28/12/2016, n. 27165), che quando la parte interessata alla prosecuzione sia quella estranea all’evento interruttivo giacché come osservato non solo da questo giudice di legittimità (Cass. 07/03/2013, n. 5650) ma anche dal giudice costituzionale (v., ad es., Corte Cost. 12/12/1967, n. 137) – l’esigenza della conoscenza legale si configura sia in relazione alla parte coinvolta dall’evento interruttivo, sia in relazione alla parte cui l’evento medesimo non si riferisce, la quale deve essere posta in grado di conoscere se esso si sia o meno verificato e, in caso positivo, essere posta in condizioni di sapere se e da quale momento decorre il termine per la riassunzione.
Alla stregua di tali principi, questa Corte, sempre nel medesimo giudizio rescindente, ha affermato che fosse necessaria l’esibizione della sentenza di fallimento e che questa situazione non ricorresse nella specie, avendo il difensore di Monte dei Paschi di Siena Leasing e RAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE depositato l’avviso ai creditori, ai sensi dell’art. 92 della legge fallimentare, con il quale, nell’ambito di un diverso e separato giudizio, il Curatore aveva comunicato al difensore di Monte dei Paschi di Siena l’ammissione al fallimento, e quest’ultimo la domanda di ammissione al passivo nell’ambito del citato differente giudizio.
Nessuno dei due documenti, si è detto, determinava la conoscenza effettiva dell’intervenuto fallimento, atteso che la dichiarazione ex art. 92 legge fallimentare avrebbe potuto costituire strumento idoneo solo nell’ipotesi in cui fosse stata indirizzata al difensore dell’odierna ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito del presente giudizio.
Orbene, i giudici di merito hanno dichiarato, nel giudizio rescissorio, l’estinzione del giudizio in questione, in ragione della tardività dell’atto di riassunzione, ritenendo dirimente, ai fini della individuazione della data di decorrenza del termine trimestrale, la dichiarazione del Curatore del Fallimento, corredata della sentenza dichiarativa di fallimento e del provvedimento del G.D., avvenuta all’udienza del 27/9/2010 nell’ambito del giudizio n. 12/2010 pendente tra le medesime parti, siccome resa nei confronti del medesimo difensore della parte appellante, ‘soggetto qualificato e come tale in grado di intenderne il significato e di adottare le misure per la tempestiva riassunzione del processo’.
Appare allora evidente come i giudici di merito, con tale argomentazione, abbiano del tutto pretermesso i principi espressi da questa Corte nel giudizio rescindente, con i quali era stato dato rilievo, ai fini del calcolo del termine per la tempestività della riassunzione, non soltanto alla conoscenza legale dell’evento interruttivo (e cioè alla sua acquisizione per il tramite di atti muniti di fede privilegiata, quali le dichiarazioni, le notificazioni o le certificazioni rappresentative dell’evento medesimo), ma anche al fatto che detta conoscenza dovesse avere specificamente ad oggetto tanto l’evento in sé considerato, quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i propri effetti, aspetto questo rimasto insindacato nella specie, con conseguente chiara violazione del principio di diritto espresso da questa Corte.
Consegue da quanto detto la fondatezza della censura.
Il secondo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda