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Conoscenza effettiva fallimento: onere della prova

Una società di gestione crediti presentava una domanda tardiva di ammissione al passivo di un fallimento. Il Tribunale la respingeva, ritenendo che la società avesse avuto conoscenza del fallimento tramite il deposito della sentenza in un’altra procedura esecutiva. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che, in assenza della comunicazione formale, spetta al curatore dimostrare la conoscenza effettiva del fallimento da parte del creditore. Il mero deposito di un atto in un altro fascicolo, senza notifica alle parti, non costituisce prova sufficiente.

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Conoscenza Effettiva del Fallimento: Non Basta un Atto in un Altro Fascicolo

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nelle procedure fallimentari: la prova della conoscenza effettiva del fallimento da parte di un creditore che presenta una domanda di ammissione al passivo in ritardo. La Corte stabilisce un principio fondamentale a tutela del creditore: in assenza della comunicazione formale prevista dalla legge, spetta al curatore dimostrare, senza ricorrere a mere presunzioni, che il creditore era certamente a conoscenza della procedura concorsuale. Vediamo i dettagli.

I Fatti di Causa

Una società di gestione crediti, subentrata a un istituto bancario in una procedura di espropriazione immobiliare, si trovava di fronte al fallimento della società debitrice. Il curatore fallimentare, pur essendo a conoscenza della procedura esecutiva, non inviava alla società creditrice l’avviso previsto dall’art. 92 della legge fallimentare per l’insinuazione al passivo.

Successivamente, la società creditrice presentava una domanda di ammissione tardiva. Il Tribunale, tuttavia, la escludeva, ritenendo il ritardo imputabile alla stessa creditrice. La motivazione del Tribunale si basava sulla presunzione che la società fosse a conoscenza del fallimento, poiché un estratto della sentenza dichiarativa era stato depositato, a cura della cancelleria, nel fascicolo telematico della procedura esecutiva pendente. Secondo il giudice di merito, la creditrice, essendo parte di quel procedimento, avrebbe dovuto conoscere tutti gli atti ivi presenti.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Conoscenza Effettiva Fallimento

La società creditrice ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. In particolare, ha sostenuto che il semplice deposito di un documento in un altro fascicolo processuale, non seguito da alcuna comunicazione formale alle parti, non può equivalere a una prova della conoscenza effettiva del fallimento.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando il decreto del Tribunale e rinviando la causa per un nuovo esame. Il collegio ha affermato un principio di diritto molto chiaro: quando il curatore omette l’invio dell’avviso formale, non può limitarsi a dimostrare la mera ‘conoscibilità’ del fallimento, ma deve fornire la prova rigorosa che il creditore ne ha avuto conoscenza effettiva in una data certa.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’onere della prova della non imputabilità del ritardo si sposta sul creditore solo dopo che quest’ultimo è stato messo formalmente a conoscenza della procedura. Se il curatore non adempie all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 92 l.fall., grava su di lui l’onere di dimostrare che il creditore ha comunque ricevuto una notizia certa e legale dell’apertura del fallimento.

Secondo gli Ermellini, un ‘fatto equipollente’ all’avviso formale deve assicurare la stessa conoscenza legale garantita dalla comunicazione ufficiale. Il mero inserimento di un estratto della sentenza di fallimento nel fascicolo telematico di un’altra procedura, su iniziativa della cancelleria e senza alcuna notifica alle parti, non soddisfa questo requisito. Si tratta di un atto che non garantisce che il creditore ne venga effettivamente a conoscenza.

La Corte ha ribadito che non si può ricorrere alla prova presuntiva per dimostrare un fatto così rilevante. La conoscenza non può essere desunta da circostanze indirette, come la presenza di un documento in un fascicolo che la parte avrebbe potuto consultare. È necessaria la prova di un evento specifico che abbia portato la notizia direttamente al creditore o al suo difensore in modo inequivocabile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza significativamente la posizione dei creditori nelle procedure fallimentari. Il principio affermato è che la tutela del diritto di partecipare al concorso non può essere indebolita da presunzioni di conoscenza. Il curatore che non invia l’avviso si assume il rischio e l’onere di dover provare, in modo certo e documentato, che il creditore ha acquisito la conoscenza effettiva del fallimento attraverso un canale alternativo ma altrettanto affidabile. Per i creditori, ciò significa che il semplice fatto che una notizia sia teoricamente accessibile non è sufficiente a far scattare la preclusione per la presentazione di una domanda tardiva.

Chi deve provare la conoscenza del fallimento se il creditore non ha ricevuto l’avviso formale?
In caso di mancato invio dell’avviso previsto dalla legge, l’onere della prova grava sul curatore fallimentare. Egli deve dimostrare che il creditore ha avuto conoscenza effettiva e certa dell’apertura della procedura concorsuale.

Il deposito della sentenza di fallimento nel fascicolo di un’altra causa è sufficiente a provare la conoscenza del creditore?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il mero inserimento di un atto, come la sentenza di fallimento, nel fascicolo telematico di un’altra procedura, non seguito da una comunicazione formale alle parti, non costituisce una prova sufficiente della conoscenza effettiva da parte del creditore.

Che tipo di prova è richiesta per dimostrare la conoscenza effettiva del fallimento?
È richiesta la prova di un atto o di un fatto ‘equipollente’ all’avviso formale, che dimostri in maniera certa e in una data specifica che il creditore ha avuto tempestiva notizia dell’apertura della procedura. Non è sufficiente una mera conoscibilità o una prova basata su presunzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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