Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14856 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14856 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10801/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 146/2021 depositata il 10/02/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 504/2016 il Tribunale di Ancona accoglieva, per quanto ora di interesse, l’opposizione all’ingiunzione prot. n. 16150 del 19.05.2000, notificata il 21.06.2000 emessa nei confronti di NOME COGNOME, a cui erano subentrate le eredi NOME COGNOME e NOME COGNOME, e rigettava la domanda riconvenzionale del Comune di Jesi diretta ad ottenere il pagamento della somma asseritamente dovuta a titolo di conguaglio ex art.35 l.n.865/1971, in relazione alla convenzione di assegnazione di aree già appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE, dovendosi individuare il conguaglio nella differenza tra la somma già corrisposta dal Comune all’atto della stipula della convenzione di acquisizione dell’area dalla RAGIONE_SOCIALE e la stima della stessa area secondo i criteri dettati dalla sopravvenuta legge sull’espropriazione.
Con sentenza n. 146 del 2021, pubblicata il 10 -2 -2021, la Corte d’Appello di Ancona, per quanto ora rileva, rigettava l’appello del Comune di Jesi avverso la citata sentenza. La Corte rilevava che la richiesta di pagamento aveva mera natura di diffida, e non di provvedimento amministrativo, sicché era privo dei caratteri di efficacia, esecutività ed esecutorietà. La Corte di merito richiamava il consolidato orientamento di legittimità in tema di espropriazione per la realizzazione di alloggi popolari, di cui alla Legge 865/1971, applicabile ratione temporis , rimarcando il principio del perfetto
pareggio economico tra il corrispettivo di cessione, che dev’essere inderogabilmente contenuto nella convenzione di cui all’art. 35, comma 8, della stessa legge, e i costi dell’acquisizione delle aree (Cass. 14782/2020; Cass. 13595/2020), ma sull’imprescindibile presupposto che i costi fossero stati effettivamente sostenuti per |’esecuzione di detti piani, il che non era avvenuto nella specie. La Corte di merito, inoltre, rilevava che, a seguito alla estinzione dell’RAGIONE_SOCIALE, si era realizzata la confusione dei patrimoni tra il Comune appellante e l’RAGIONE_SOCIALE estinta, ai sensi dell’art. 1253 cod. civ., e pertanto la dedotta obbligazione dei terzi per garanzia in ogni caso si era estinta.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di Jesi, affidato a tre motivi, resistito con controricorso da NOME COGNOME. E’ rimasta intimata NOME COGNOME.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia: i) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 35, commi 8 e 12, L. 22.10.71 n. 865, dell’art. 2 della convenzione di cessione di aree dell’RAGIONE_SOCIALE al Comune di Jesi e dell’art. 2 del contratto di assegnazione alla RAGIONE_SOCIALE 11.10.83 nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 1253 c.c. ; deduce che la Corte ha mal applicato il principio di pareggio di bilancio delle pubbliche amministrazioni volto a limitare il depauperamento del pubblico danaro e rileva che non è applicabile l’estinzione del credito per confusione al caso di specie; ii) con il secondo motivo la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 112 e 180 (ora 183) c.p.c. in relazione alla preclusione dell’eccezione di confusione del credito dell’RAGIONE_SOCIALE e del corrispettivo debito del Comune, nonché
alla rilevanza nella specie dell’art. 6 L.R. Marche 18.12.91 n. 36 (art. 360 n. 4 c.p.c.); in particolare, il ricorrente lamenta che l’eccezione di compensazione del credito non sia stata dedotta in giudizio dalle controparti nell’atto introduttivo del giudizio; iii) con il terzo motivo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (artt. 6 L.R. Marche 18.12.91 n. 36 e 360 n. 5 c.p.c.); in particolare, il ricorrente lamenta l’omesso esame del fatto della permanenza del vincolo di destinazione del patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE, trasferito al Comune.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
La Corte di merito ha affermato, correttamente, che, poiché il conguaglio non era mai stato pagato al soggetto espropriato, non poteva operare il meccanismo di conguaglio ex art.35 citato, che presuppone il recupero di un costo sostenuto. Questa ratio decidendi , rispetto all’altra con cui è stata affermata l’estinzione del credito per confusione, è autonoma e idonea da sola a sostenere la decisione, e non è stata compiutamente ed efficacemente censurata.
RAGIONE_SOCIALE il costante orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi , né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum , insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi , ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente
onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso ( tra le tante Cass. 10185/2019).
Sotto ulteriore profilo, va aggiunto che il ricorrente si limita solo a dedurre genericamente che il conguaglio era previsto nella convenzione con le cooperative, senza allegare che la clausola ‘salvo conguaglio’ era stata inserita nel titolo di acquisto dei soci assegnatari, sì da trasferirsi ad essi. L’Ente ricorrente non espone compiutamente il contenuto degli atti di assegnazione, non esplicita se e in che precisi termini fosse stato espresso in quegli atti l’impegno assunto dagli assegnatari, neppure precisa se e come la convenzione ‘a monte’ fosse stata richiamata negli atti di assegnazione, né, infine, indica se, come e quando avesse compiutamente dedotto nei giudizi di merito il fatto del vincolo di destinazione del patrimonio dell’RAGIONE_SOCIALE.
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente COGNOME, come in dispositivo, mentre nulla va disposto circa le spese di lite nei confronti della parte rimasta intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. 23535/2019).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore di NOME COGNOME delle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.200,00, di cui €200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione