Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27245 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27245 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9712/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale p.t., elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo procuratore, NOME COGNOME, in qualità di rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 6617/2022, depositata in data 20/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 3614/2019, il Tribunale di Roma rigettava le domande con cui RAGIONE_SOCIALE chiedeva che fosse accertato che non era dovuto il conguaglio preteso con cinque fatture relative ai consumi di energia elettrica e gas nel periodo 2011 -2015 e che la convenuta, la società RAGIONE_SOCIALE, fosse condannata al risarcimento dei danni per mancata tempestiva fatturazione dei consumi; accoglieva, invece, la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE, condannando l’attrice al pagamento di euro 18.437,98, oltre agli accessori di legge, e dichiarava assorbita la domanda di manleva e di garanzia spiegata dalla convenuta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, titolare del misuratore elettronico e responsabile della sua lettura.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, chiedendo l’accoglimento delle domande formulate dinanzi al Tribunale o, in subordine, la riduzione della condanna alle spese di lite ad euro 1.618,00 a favore di ciascuna delle parti appellate.
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 6617/2022, depositata in data 20/10/2022 , ha accolto parzialmente il motivo di appello nella parte in cui chiedeva la riforma del capo della sentenza di prime cure relativa alla liquidazione delle spese di lite, ha confermato per il resto l’impugnata decisione.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a fronte della produzione dei prospetti riepilogativi dei dati di misura dei consumi di energia elettrica e di gas rilevati dai soggetti distributori, sulla base dei quali erano state elaborate le fatture di conguaglio, e dell’analitica ricostruzione del rapporto operarata da RAGIONE_SOCIALE per ciascuna fattura, contenente precisi richiami anche alla normativa di settore e alla disciplina contrattuale, la Corte d’appello ha ritenuto che correttamente il Tribunale avesse reputato dimostrata la pretesa del conguaglio da parte di RAGIONE_SOCIALE, perché l’appellante aveva contestato le prove raccolte solo all’udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di prime cure, senza spiegare perché non avesse proceduto all’autolettura, che avrebbe evitato la fatturazione in base ai dati presunti, e perché non avesse contestato l’eccessività dei consumi, raffrontandoli con quelli medi precedenti.
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando tre motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod.proc.civ., nonchè la violazione dell’art. 132, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuta provata la pretesa creditoria di RAGIONE_SOCIALE, non risultando denunciata l’illegittimità della fatturazione in acconto né l’eccessività dei consumi indicati nelle fatture.
La ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia travisato l’atto di citazione del giudizio di primo grado, la memoria conclusiva, l’atto di appello, di cui riproduce nel ricorso le parti ritenute significative allo scopo di dimostrare di avere invece contestato l’illegittimità della fatturazione, che avveniva sempre attraverso fatture di anticipo, nonostante la presenza del contatore elettronico, e le ripetute comunicazioni tramite telefono della lettura del contatore.
Con il secondo motivo la società ricorrente si lamenta della violazione degli artt. 2697, 2702, 2727 e 2729 cod.civ. nonché della violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. per grave travisamento della prova e dell’art. 1 bis dl 105/10, degli artt. 17 bis , 17 ter , 18 e 19 della delibera AEEG 65/12, dell’art. 22 del dl 1/12 e degli artt. 3, 10 e 11 della delibera Arera 200/99 e, in aggiunta, della nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte d’appello ha confermato la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto provata da parte di RAGIONE_SOCIALE la pretesa creditoria a titolo di conguaglio con addebito dei maggiori consumi riscontrati.
L’errore è asseritamente costituito dalla mancata considerazione degli obblighi imposti dalla normativa vigente al distributore, tenuto a rilevare da remoto i consumi per fasce orarie e a trasmetterli periodicamente al venditore mediante flussi informatici secondo le prestazioni tecniche fissate nel DCO 36/11 per la registrazione, conservazione e pubblicazione dei dati di consumo.
Lamenta che il giudice a quo ha deciso sulla scorta di documentazione formata irregolarmente.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 2697, 2702, 2727 e 2729 cod.civ. nonché degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. per grave travisamento della prova e dell’art. 1 bis dl 105/10, degli artt. 17 bis , 17 ter , 18 e 19 della delibera AEEG 65/12, dell’art. 22 del dl 1/12 e degli artt. 3, 10 e 11 della delibera Arera 200/99 e la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
Lamenta la produzione in giudizio di documentazione cartacea inidonea a provare i consumi effettivi, trattandosi solo di elenchi cartacei che sui fatti oggetto di causa non potevano surrogare la prova richiesta dalla normativa di settore, e comunque del mancato accertamento, da parte del giudice a quo , della corrispondenza dei dati esposti in fattura con quelli trasmessi dal distributore con le fatture di trasporto e poi di questi con quelli effettivamente rilevati dal distributore e trasformati dal venditore in dati monetari.
I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati.
Va anzitutto osservato che al di là della formale intestazione dei motivi tutte le mosse censure tendono in realtà a prospettare una rivalutazione delle prove raccolte nel giudizio di merito.
4.1) Va, in particolare, rilevato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla RAGIONE_SOCIALE dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione: Cass., Sez. Un., 7/04/2014, n. 8053 e 8054. Non può dunque ammettersi una censura che investa la motivazione della sentenza impugnata, traendo argomenti dal confronto tra la motivazione ed elementi estrinseci (cfr. supra § 1).
4.2) Le doglianze di parte ricorrente non sono neppure scrutinabili sotto il profilo del c.d. travisamento della prova, il quale richiede, per essere ammissibilmente denunciato, che venga prospettata non già una verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio controverso, ma una mera svista percettiva del giudice di merito in ordine al contenuto informativo oggettivo della prova in forza della quale ha assunto la decisione e che una tale svista sia affatto decisiva (Cass., Sez. Un., 5/03/2024, n. 5792).
Né può essere sottaciuto che le Sezioni unite (con la citata pronuncia n. 5792/2024), dopo aver delineato storicamente la distinzione travisamento del fatto -travisamento della prova e del fatto, hanno ribadito che «se il travisamento è frutto di errore di percezione, soccorre la revocazione», se il travisamento della prova attiene all’individuazione delle informazioni probatorie desunte per inferenza logica è un «affare del giudice di merito», per questo sottratto al giudizio di legittimità, non essendovi il rischio che si verifichi, «un’inemendabile forma di patente illegittimità della decisione», giacché, una volta che il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, pena la rettifica dell’errore a mezzo della revocazione, ed abbia adottato la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto
sostenuto da una motivazione rispettosa dell’esigenza costituzionale di motivazione, si è dinanzi ad una « statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile. Diversamente opinando, se si ammettesse la ricorribilità per cassazione in caso di travisamento della prova, il giudizio di legittimità si trasformerebbe in un giudizio di terzo grado, nel quale la Corte avrebbe «il potere di rifare daccapo il giudizio di merito».
Nella specie, neppure in astratto sussistono i presupposti per denunciare il travisamento. La verità è che la sostanza della censura si traduce in tutta evidenza in un non riuscito e inaccoglibile tentativo di sovrapporre una propria lettura degli atti processuali e delle emergenze istruttorie a quella del giudice a quo , confidando erroneamente nel fatto che il giudizio di legittimità sia la sede in cui rimettere in discussione la quaestio facti così come emersa e accertata nelle precedenti fasi di merito.
4.3) Gli errores in iudicando denunciati, per essere scrutinati come tali, avrebbero dovuto essere dedotti non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente il motivo è inammissibile, in quanto non consente alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate a favore di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. C ondanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 2.800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a favore dell’ufficio del merito competente, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile