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Congedo dottorato: no alla retribuzione a tempo determinato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1070/2024, ha stabilito che il congedo dottorato retribuito non spetta ai dipendenti pubblici con contratto a tempo determinato. La Corte ha chiarito che il requisito normativo della prosecuzione del rapporto di lavoro per almeno due anni dopo il conseguimento del titolo è incompatibile con la natura dei contratti a termine, accogliendo così il ricorso del Ministero.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Congedo Dottorato e Lavoro a Termine: La Cassazione Nega la Retribuzione

L’accesso al congedo dottorato retribuito per i dipendenti pubblici è un tema di grande interesse, che interseca il diritto allo studio e le tutele del lavoro. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo, stabilendo una netta distinzione tra lavoratori a tempo indeterminato e quelli con contratto a termine. La Suprema Corte ha affermato che la retribuzione durante tale congedo non spetta ai dipendenti assunti con contratto a tempo determinato, a causa di un’incompatibilità strutturale con la normativa di riferimento.

I Fatti del Caso: Docente a Termine e Dottorato di Ricerca

Il caso ha origine dalla richiesta di un docente, assunto con un contratto a tempo determinato dal 9 dicembre 2015 al 30 giugno 2016, di usufruire del congedo straordinario retribuito per frequentare un corso di dottorato di ricerca. Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’appello di Firenze avevano dato ragione al lavoratore, riconoscendogli il diritto a percepire gli emolumenti durante il periodo di assenza.

Secondo i giudici di merito, la legge non operava una distinzione esplicita tra le due tipologie di contratto. Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, non condividendo questa interpretazione, ha presentato ricorso per Cassazione, sostenendo che il beneficio fosse riservato esclusivamente ai dipendenti con un rapporto di lavoro stabile.

La Decisione della Corte: il Congedo Dottorato è per i Rapporti Stabili

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero, ribaltando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno chiarito che l’aspettativa retribuita per dottorato, disciplinata dall’art. 2 della legge n. 476 del 1984, è stata pensata dal legislatore per i soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Incompatibilità tra Contratto a Termine e Obbligo di Prosecuzione

Il punto centrale della decisione risiede nell’obbligo, previsto dalla stessa legge, per il dipendente di proseguire il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica per un periodo minimo di due anni dopo il conseguimento del dottorato. In caso contrario, è prevista la restituzione degli importi percepiti.

La Corte ha evidenziato come tale condizione sia strutturalmente incompatibile con un contratto a termine, la cui durata è predefinita e non garantisce la prosecuzione del rapporto lavorativo per il biennio richiesto. Pertanto, la natura stessa del contratto a tempo determinato impedisce di soddisfare uno dei requisiti fondamentali per l’accesso al beneficio.

Eventi Successivi Irrilevanti

I giudici hanno inoltre precisato che eventuali vicende successive, come la trasformazione del contratto a termine in uno a tempo indeterminato, non possono sanare questa incompatibilità originaria. La valutazione sulla spettanza del diritto va fatta con riferimento alla situazione contrattuale esistente al momento della richiesta del congedo.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione teleologica della norma, volta a comprenderne lo scopo. Il legislatore, nel concedere il congedo dottorato retribuito, ha inteso investire sulla formazione avanzata del proprio personale stabile, con la prospettiva di un ritorno a lungo termine per l’amministrazione. L’obbligo di permanenza biennale post-dottorato è la clausola di garanzia di tale investimento. Un contratto a termine, per sua definizione, non offre questa garanzia. La Corte ha inoltre escluso che tale interpretazione violi il principio di non discriminazione sancito dalla direttiva europea 1999/70/CE, poiché la differenza di trattamento tra lavoratori a termine e a tempo indeterminato è giustificata da una ragione oggettiva: l’impossibilità per i primi di rispettare una condizione essenziale del beneficio.

Le Conclusioni: Implicazioni per i Lavoratori a Tempo Determinato

L’ordinanza della Cassazione delinea un quadro chiaro e restrittivo per i dipendenti pubblici a termine. Essi possono essere ammessi al congedo per dottorato, ma senza retribuzione. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché limita l’accesso alla formazione avanzata retribuita per una vasta platea di lavoratori del settore pubblico, come i docenti precari. La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale che privilegia la stabilità del rapporto di lavoro come presupposto per l’accesso a specifici benefici, confermando che la natura del contratto è determinante per definire l’ambito dei diritti del lavoratore.

Un dipendente pubblico con contratto a tempo determinato ha diritto al congedo dottorato retribuito?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il congedo straordinario retribuito per dottorato di ricerca è riservato ai soli dipendenti con contratto a tempo indeterminato, poiché la normativa richiede la prosecuzione del rapporto di lavoro per almeno due anni dopo il conseguimento del titolo, condizione incompatibile con un contratto a termine.

Perché l’obbligo di proseguire il lavoro dopo il dottorato è cruciale per la decisione?
Questo obbligo è considerato dalla Corte una condizione essenziale per ottenere la retribuzione durante il congedo. Poiché un contratto a tempo determinato ha una scadenza predefinita e non garantisce la continuità del rapporto per il biennio richiesto, il lavoratore a termine non può soddisfare tale requisito fondamentale.

L’eventuale successiva assunzione a tempo indeterminato cambia la situazione?
No. La Corte ha chiarito che la valutazione deve basarsi sulla natura del rapporto di lavoro esistente al momento della richiesta di congedo. Le vicende successive, come la stabilizzazione del rapporto, sono irrilevanti ai fini del riconoscimento del diritto alla retribuzione per il congedo già fruito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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