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Confusione tra marchi: la Cassazione decide il caso

Una storica azienda produttrice di surrogati del caffè ha citato in giudizio una nuova società che commercializzava caffè utilizzando un nome quasi identico. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della nuova società, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano ravvisato un’elevata probabilità di confusione tra marchi e denominazioni sociali. La sentenza ha stabilito la nullità dei marchi della nuova azienda, sottolineando come il mercato del caffè rappresenti una ‘naturale espansione’ per un produttore di surrogati e come i prodotti siano affini, giustificando così la tutela del marchio anteriore.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Commerciale, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Confusione tra Marchi: Quando un Nome Simile Porta alla Nullità

La scelta di un nome per la propria azienda e per i propri prodotti è un passo cruciale che può determinare il successo sul mercato. Ma cosa succede quando un’azienda adotta un nome quasi identico a quello di un concorrente già affermato? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sul tema della confusione tra marchi e denominazioni sociali, confermando la nullità di un marchio posteriore e consolidando principi fondamentali in materia di proprietà intellettuale.

Il Caso: Surrogati del Caffè contro Caffè Vero e Proprio

La vicenda legale ha visto contrapposte due società. La prima, una S.p.A. storica, operava da quasi un secolo nella produzione e distribuzione di surrogati del caffè (come orzo e miscele di cereali). La seconda, una S.r.l. di più recente costituzione, aveva intrapreso la produzione e commercializzazione di caffè, utilizzando una denominazione sociale e un marchio che includevano il medesimo cognome distintivo della prima azienda, aggiungendo solo la parola “Caffè”.

La società storica ha agito in giudizio lamentando l’elevato rischio di confusione generato dalla somiglianza dei nomi e dei settori merceologici. La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, le aveva dato ragione, dichiarando la nullità dei marchi della S.r.l. e inibendole l’uso del nome, condannandola anche al risarcimento dei danni. La S.r.l. ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

Il Rischio di Confusione tra Marchi Simili

Il cuore della controversia risiede nel concetto di confondibilità. La ricorrente sosteneva che il suo campo di attività (caffè) fosse distinto da quello della S.p.A. (surrogati) e che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare il caffè come una “naturale espansione” del business dei surrogati, soprattutto dopo quasi cento anni di attività focalizzata su altro. Tuttavia, la Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo i criteri per valutare il rischio di confusione tra marchi.

L’Espansione Naturale del Mercato

La Corte ha stabilito che, ai fini della valutazione della confondibilità, non conta solo l’attività effettivamente svolta, ma anche le potenzialità espansive dell’oggetto sociale. Un’azienda che produce surrogati del caffè può legittimamente e prevedibilmente espandersi nel mercato del caffè vero e proprio. La valutazione del giudice di merito secondo cui il caffè è un’area di naturale espansione per chi produce surrogati è considerata un accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità.

Affinità dei Prodotti e Scelta del Consumatore

Un altro punto chiave è stata l’affinità tra i prodotti. La Cassazione ha confermato che caffè e surrogati, pur essendo diversi, sono prodotti affini. Entrambi rientrano nella stessa classe merceologica (alimenti), sono spesso percepiti come sostituibili dal consumatore e soddisfano bisogni simili. Questa affinità aumenta il rischio che il pubblico, trovandosi di fronte a marchi quasi identici, possa erroneamente associare i due produttori o credere che provengano dalla stessa impresa.

Il Principio di Coesistenza non Applicabile

La ricorrente ha tentato di invocare il principio di “preclusione per coesistenza”, sostenendo che le due imprese avevano operato per un certo tempo in province vicine senza creare problemi. La Corte ha rigettato anche questo motivo, specificando che tale principio richiede requisiti rigorosi: non solo una lunga durata della coesistenza, ma anche la prova della buona fede di entrambi gli operatori e, soprattutto, l’assenza di pregiudizio alla funzione distintiva del marchio anteriore. Elementi che, nel caso di specie, non sono stati dimostrati.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i dieci motivi di ricorso presentati dalla S.r.l. Le motivazioni si basano su principi consolidati. In primo luogo, la valutazione della confondibilità deve essere sintetica e complessiva, considerando la somiglianza dei segni, l’affinità dei prodotti e dei settori merceologici, e le potenzialità di espansione commerciale. Il giudice non deve soffermarsi in modo atomistico sui singoli elementi di divergenza.

In secondo luogo, è stato confermato che la sostanziale identità del nucleo verbale dei marchi (il cognome) è l’elemento dominante che genera il rischio di confusione, rendendo irrilevanti le altre componenti. Infine, la Corte ha sottolineato che l’accertamento sull’affinità dei prodotti e sulla naturale espansione del mercato è una valutazione di merito, che non può essere messa in discussione in Cassazione se logicamente motivata, come nel caso esaminato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti lezioni per le imprese. Prima di scegliere un nome o registrare un marchio, è fondamentale condurre un’analisi approfondita non solo dei marchi identici, ma anche di quelli simili, operanti in settori merceologici affini o potenzialmente tali. La tutela del marchio anteriore si estende infatti anche a prodotti e servizi che, sebbene non identici, possono essere percepiti dal consumatore come parte di una stessa strategia commerciale. Ignorare il rischio di confusione tra marchi può portare a conseguenze gravi, come la declaratoria di nullità del proprio marchio, l’inibitoria all’uso del nome e onerose condanne al risarcimento dei danni.

Quando due nomi sociali o marchi sono considerati a rischio di confusione?
Sono considerati a rischio di confusione quando, per la somiglianza dei nomi, l’affinità dei prodotti o servizi e la vicinanza territoriale, il pubblico potrebbe erroneamente credere che i prodotti provengano dalla stessa impresa o da imprese collegate. La valutazione tiene conto non solo dell’attività attuale ma anche della naturale e prevedibile espansione futura del business.

Il mercato del caffè è una ‘naturale espansione’ per chi produce surrogati come l’orzo?
Sì, secondo la Corte, la valutazione secondo cui il caffè rappresenta un naturale campo di espansione per un’azienda che produce surrogati è un accertamento di fatto corretto, dato che si tratta di prodotti alimentari affini destinati a soddisfare bisogni simili del consumatore.

L’uso prolungato di due marchi simili garantisce la loro coesistenza legale?
No, non automaticamente. Il principio di ‘preclusione per coesistenza’ richiede condizioni rigorose: oltre a una coesistenza di lunga durata, è necessario dimostrare la buona fede di entrambi gli operatori e, soprattutto, che tale coesistenza non causi un pregiudizio alla funzione distintiva del marchio registrato per primo. La prova di questi elementi è a carico di chi invoca il principio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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