Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27531 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
U.P. 18/9/2025
SENTENZA
Vendita -Esecuzione specifica -Conformità catastale -Sufficienza della mera dichiarazione o attestazione sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE);
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2502/2020, pubblicata il 25 settembre 2020, notificata 19 ottobre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18 settembre 2025 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
esaminata l’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 364/2025, depositata l’8 gennaio 2025, che ha rinviato la causa a nuovo ruolo per la trattazione in udienza pubblica, in ragione della evidenziazione della questione nomofilattica ivi articolata;
viste le conclusioni rassegnate nella memoria depositata dal P.M. ex art. 378, primo comma, c.p.c., in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; conclusioni ribadite nel corso dell’udienza pubblica;
sentito , in sede di discussione orale all’udienza pubblica, l’AVV_NOTAIO per il ricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. –NOME conveniva, davanti al Tribunale di Verona, NOME, quale erede di NOME, chiedendo che fosse disposto, in suo favore, il trasferimento dell’immobile ad uso abitativo sito in Verona, INDIRIZZO, con le relative pertinenze (cantine e posto auto), in forza del contratto preliminare concluso il 18 gennaio 1997 e della successiva integrazione del 23 gennaio 2003 tra l’attore promissario acquirente e il de cuius del convenuto promittente alienante.
Si costituiva in giudizio COGNOME NOME, il quale contestava la conformità all’originale dei documenti prodotti, disconosceva le sottoscrizioni apposte sui contratti posti a base della domanda
attorea ed eccepiva la nullità dei contratti per violazione del divieto di patto commissorio, concludendo per il rigetto della domanda proposta.
Nel corso del giudizio i documenti contestati erano prodotti in originale e sottoposti a verificazione, all’esito della quale era accertata l’autenticità delle firme apposte da COGNOME.
Con ordinanza del 3 febbraio 2017 era sollevata, d’ufficio, la questione relativa alla prova della regolarità urbanistica e catastale dei beni oggetto della domanda.
Per l’effetto, l’attore depositava, dapprima, il 13 ottobre 2017, dichiarazione sostitutiva di atto notorio circa la conformità dello stato di fatto ai titoli abilitativi nonché alle planimetrie e ai dati catastali e, successivamente, il 23 novembre 2017, attestazione di conformità a firma di un architetto.
A seguito di richiesta di sequestro giudiziario proposta dall’attore dopo la precisazione delle conclusioni, la causa era rimessa in istruttoria, con la disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio atta ad acclarare la regolarità urbanistica ed edilizia dei beni oggetto del preliminare nonché la coerenza catastale.
Quindi, rigettata la richiesta di rilascio di misura cautelare assicurativa, il Tribunale adito, con sentenza n. 307/2019, depositata il 13 febbraio 2019, accoglieva la domanda spiegata e, per l’effetto, disponeva il trasferimento, in favore dell’attore, della proprietà degli immobili riportati nel preliminare.
2. -Proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado NOME, il quale lamentava: 1) l’erronea interpretazione e la falsa applicazione dell’art. 40, secondo comma, della legge n.
47/1985 e dell’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985, in ordine all’asserita inidoneità delle accertate difformità tra lo stato di fatto dell’immobile e le planimetrie catastali ad incidere sulla libera commerciabilità del bene; 2) l’omessa decisione in merito alle spese del procedimento di sequestro giudiziario promosso in corso di causa; 3) l’omessa decisione in merito all’assunzione delle prove richieste dalle parti.
Non si costituiva nel giudizio di impugnazione NOME NOME, di cui era dichiarata la contumacia.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, rigettava la domanda di esecuzione specifica del preliminare in ordine alla contestata conformità catastale e alla conseguente incoerenza catastale, tale da inibire l’invocato effetto traslativo.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che l’attestazione della coerenza catastale dei beni costituiva condizione dell’azione di adempimento del contratto in forma specifica e, pertanto, doveva sussistere al momento della decisione; b ) che la circolare n. 2 del 9 luglio 2010 dell’RAGIONE_SOCIALE imponeva la verifica della rendita catastale effettiva, la quale non poteva essere calcolata se non con un raffronto tra la realtà rappresentata con la mappa catastale depositata e lo stato di fatto dell’immobile oggetto di trasferimento; c ) che, in difetto di tali menzioni o all’esito dell’accertamento che esse erano difformi dalla realtà, non poteva essere emanata la sentenza di trasferimento coattivo prevista dall’art. 2932 c.c., avendo essa
funzione sostitutiva di un atto negoziale dovuto; d ) che, nel caso di specie, era stato lo stesso Tribunale ad attestare la c.d. incoerenza catastale dei beni compromessi attraverso la previsione dell’obbligo dell’acquirente di procedere alla regolarizzazione catastale dell’immobile dopo il trasferimento.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, NOME.
È rimasto intimato NOME NOME.
4. -Con ordinanza interlocutoria n. 364/2025, depositata l’8 gennaio 2025, in seguito all’adunanza camerale dell’8 novembre 2024, questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza, in ragione della mancanza di evidenza decisoria sulla seguente questione: ‘Se il sindacato rimesso al giudice di merito in materia di accertamento della coerenza catastale dell’immobile da trasferire sia limitato alla sola verifica della presenza delle dichiarazioni attestanti la conformità catastale del bene ovvero se esso si estenda al controllo del contenuto delle stesse, soprattutto in presenza di un compendio istruttorio dal quale emergano risultanze contraddittorie circa la sussistenza o meno della riferita coerenza’.
5. -Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex art. 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985,
per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto la difformità tra lo stato di fatto degli immobili controversi e le planimetrie catastali -come sussumibile nella fattispecie di nullità comminata dalla norma indicata -e, conseguentemente, considerato tale difformità impeditiva della pronuncia traslativa della proprietà.
Obietta l’istante che la nullità non avrebbe potuto essere dichiarata in ragione dell’accertamento che le menzioni catastali versate in atti fossero difformi dalla realtà, come da perizia del 26 settembre 2018 svolta in corso di causa, né tale accertamento in fatto avrebbe potuto impedire l’emanazione della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., poiché la natura formale e testuale della nullità avrebbe consentito la produzione dell’effetto traslativo alla stregua della dichiarazione dell’intestatario contenente gli elementi identificativi dell’immobile nonché dell’attestazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985, per avere la Corte territoriale ritenuto impeditiva dell’emissione della sentenza ex art. 2932 c.c. l’impossibilità di effettiva verifica della rendita catastale, in presenza di difformità tra le planimetrie catastali e lo stato di fatto dell’immobile.
Osserva, in proposito, l’istante che l’inciso ‘sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale’, introdotto in sede di conversione dell’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, non poteva intendersi nel senso richiamato dall’appellante, secondo cui sarebbe stato necessario verificare l’incidenza della rendita catastale sullo stato di fatto effettivo dell’immobile da trasferire, a
pena di nullità dell’atto e, quindi, di rigetto della domanda di trasferimento coattivo -, bastando che la dichiarazione resa contenesse, oltre che l’identificazione catastale e il riferimento alle planimetrie, anche i dati informativi incidenti ai fini tributari.
Deduce, ancora, il ricorrente che sarebbe stata necessaria non già la sostanziale conformità del dato della rendita, così come degli altri dati informativi, allo stato di fatto dell’immobile, quanto piuttosto la dichiarazione degli intestatari contenente anche l’indicazione della rendita, così come degli altri dati informativi.
-Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale mancato di esaminare la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio del 10 ottobre 2017, a firma autenticata, depositata in atti il 13 ottobre 2017, contenente tutti gli elementi necessari a riscontrare la libera commerciabilità dell’immobile controverso.
Rileva l’istante che tale dichiarazione avrebbe consentito la produzione dell’effetto traslativo.
-I motivi -che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanti avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica -sono fondati nei termini che seguono.
4.1. -Ora, l’art. 29 della legge n. 52/1985 dispone:
‘1. Negli atti con cui si concede l’ipoteca o di cui si chiede la trascrizione, l’immobile deve essere designato anche con l’indicazione di almeno tre dei suoi confini.
1bis . Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari (comma aggiunto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010).
1ter . Se la mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto o della dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, ovvero dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato non siano dipese dall’inesistenza delle planimetrie o dalla loro difformità dallo stato di fatto, l’atto può essere confermato anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che conteng a gli elementi omessi. L’atto di conferma costituisce atto direttamente conseguente a quello cui si riferisce, ai sensi dell’art. 10, terzo comma, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23′ (comma
aggiunto dall’art. 8, comma 1 -bis , del d.l. n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2017).
Tanto premesso, il comma 1bis , in relazione alle formalità da osservare in ordine alla c.d. conformità o coerenza o allineamento catastale degli immobili, si suddivide, a sua volta, in due distinti periodi (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20520 del 24/07/2024):
-il primo periodo attiene alla ‘conformità oggettiva’ degli immobili (o ‘coerenza oggettiva’, come definita nella Circolare dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE n. 2/2010 del 9 luglio 2010), ossia alla conformità degli immobili esistenti alle risultanze del catasto, stabilendo che gli ‘atti pubblici’ e le ‘scritture private autenticate’ tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali (ad esclusione dei diritti reali di garanzia) debbono contenere, a pena di nullità, l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie catastali depositate in catasto e la dichiarazione di parte di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (dichiarazione che può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato);
-il secondo periodo concerne la ‘conformità soggettiva’ degli immobili (o ‘coerenza soggettiva’, come definita nella suddetta Circolare dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE n. 2/2010 del 9 luglio 2010), ossia la corrispondenza tra le risultanze del catasto e le risultanze dei registri immobiliari, la cui sussistenza deve essere, invece, verificata precipuamente dal notaio.
Nel caso in cui difetti la dichiarazione o attestazione circa la conformità catastale oggettiva è comminata la nullità dell’atto. Per contro, la norma non detta alcuna sanzione per il caso di inadempimento dell’obbligo di «verifica» soggettiva, non specifica se l’obbligo di verifica, conclusosi con un riscontro negativo, si tramuti in un obbligo di non stipulare oppure divenga un obbligo di realizzare l’allineamento, ante o post stipula, né impone alcun obbligo di menzione in atto dell’attività di verifica svolta.
In questa prospettiva (e in termini omologhi) si è rilevato che, nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad un fabbricato già esistente, la ‘conformità catastale oggettiva’ di cui all’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985, costituisce una condizione dell’azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che non può accogliere la domanda ove la presenza delle menzioni catastali difetti al momento della decisione; viceversa, il giudice non è tenuto a verificare la ricorrenza della c.d. ‘conformità catastale soggettiva’, consistente nella coincidenza del promittente venditore con l’intestatario catastale del bene, in quanto essa non costituisce una condizione dell’azione e la sua mancanza non impedisce l’emissione di una sentenza costitutiva di trasferimento del fabbricato ex art. 2932 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20526 del 29/09/2020).
Dal tenore letterale della previsione emerge che condizioni indispensabili per l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 29, commi 1bis e 1ter , della legge n. 52/1985 sul c.d. allineamento, sono le seguenti:
( i ) quanto alla tipologia di atti, deve trattarsi di atti tra vivi aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali (con l’esclusione dei diritti reali di garanzia), e non già dei contratti che obbligano al futuro trasferimento, quali i preliminari di vendita (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19897 del 18/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 7521 del 08/03/2022);
( ii ) con riguardo alla forma, deve trattarsi di contratti redatti mediante atto pubblico ovvero scrittura privata autenticata;
( iii ) in relazione all’oggetto, deve trattarsi di atti riguardanti fabbricati già esistenti -recte unità immobiliari urbane -(in sostanza fabbricati agibili già censiti o censibili nel catasto fabbricati) e non già terreni (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20666 del 22/07/2025).
In proposito, quale requisito legittimante, la norma allude alla dichiarazione di parte di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, quali elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene rilevanti ai fini fiscali, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale (sull’estensione della dichiarazione anche ai dati catastali Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27181 del 15/09/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 21828 del 29/08/2019; Sez. 2, Sentenza n. 29894 del 20/11/2018; Sez. 2, Sentenza n. 20465 del 11/10/2016; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014); ovvero, in sua sostituzione, ad un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
In riferimento a questo specifico requisito, secondo cui è prescritta -in alternativa -o la dichiarazione di parte ovvero l’attestazione del tecnico, non è necessario che l’affermazione di parte sia resa nella forma di ‘dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà’, stante che la norma non detta espressamente il modo attraverso cui essa deve essere resa.
Orbene, quando il legislatore ha richiesto che determinate dichiarazioni debbano essere rese nella forma di ‘dichiarazione sostitutiva di atto notorio’, tanto è avvenuto a mezzo di specificazione espressa (così all’art. 40 della legge n. 47/1985, circa la dichiarazione di avvenuta costruzione in data anteriore al 1° settembre 1967, ovvero all’art. 35, comma 22, della legge n. 248/2006, di conversione del d.l. n. 223/2006, circa la dichiarazione sulle modalità di pagamento del prezzo e della fruizione dell’attività di mediazione).
Inoltre, la dichiarazione è resa dagli intestatari degli immobili negoziati. Pertanto, detta asserzione deve essere rilasciata da coloro che dispongono del diritto (alienanti, costituenti di diritti reali, condividenti, ecc., ossia dai disponenti), anche se -in ipotesi -diversi dagli intestatari catastali. Infatti, nel primo periodo dell’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985 si richiamano semplicemente gli ‘intestatari’, mentre nel secondo periodo si evocano più specificatamente gli ‘intestatari catastali’. Sicché i ‘disponenti’, legittimati al rilascio della dichiarazione di conformità, il più delle volte coincidono con gli intestatari catastali e/o con gli intestatari effettivi degli immobili. A tal fine la dichiarazione non può che essere rilasciata da chi nell’atto interviene per disporre del diritto.
La predetta dichiarazione del disponente può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. È, pertanto, riconosciuta la facoltà al disponente di sostituire la dichiarazione con l’attestazione di un tecnico (ciò può essere utile nei casi in cui il disponente non conosca effettivamente lo stato degli immobili: come nel caso di cessioni di alloggi di ERP da parte di Comuni, ATER, enti pubblici, di riscatti di leasing, di cessioni da parte di procedure fallimentari).
La norma non esige un’attestazione giurata, né prescrive altre specifiche formalità redazionali per tale attestazione (ad esempio non è richiesta un’autenticazione delle firme). Quindi è sufficiente una relazione scritta, debitamente sottoscritta da un tecnico abilitato all’aggiornamento del catasto (architetto, geometra, ingegnere).
L’attestazione del tecnico non costituisce un atto di parte, bensì di un terzo abilitato, sicché l’iniziativa per la sua redazione può essere assunta da ognuna delle parti.
Dovendo sostituire la dichiarazione di parte che, altrimenti, dovrebbe essere riportata in atto, detta attestazione scritta deve essere allegata all’atto, su richiesta del disponente stesso oppure dell’acquirente del diritto. Non è esclusa, peraltro, la possibilità di una costituzione in atto del tecnico (che, pertanto, dovrà sottoscrivere l’atto traslativo o divisionale), tecnico che attesterà, con dichiarazione resa nell’atto medesimo, la conformità.
Proprio mutuando la disciplina in materia di certificato di destinazione urbanistica, si reputa opportuno accompagnare l’allegazione dell’attestazione tecnica con una ‘dichiarazione di
vigenza’ ad opera del disponente e riprodotta in atto (con la quale il disponente dichiari che sulle unità negoziate, successivamente alla data di rilascio dell’attestazione tecnica, non sono state apportate variazioni tali da richiedere, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia catastale, la presentazione di un atto di aggiornamento catastale).
4.1.1. -Mediante l’emendamento approvato con la legge n. 122/2010, di conversione del d.l. n. 78/2010 (con il quale è stato modificato l’art. 29 della legge n. 52/1985, introducendovi il nuovo comma 1bis ), si è precisato che la dichiarazione di conformità deve essere resa ‘sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale’.
Con tale inciso si è inteso chiarire che gli adempimenti imposti dalla normativa di cui trattasi debbono essere espletati tenendo conto delle prescrizioni desumibili dalla disciplina vigente in materia catastale ed in particolare delle disposizioni che stabiliscono quando è obbligatoria la presentazione di un atto di aggiornamento catastale e quando, al contrario, sono integrate mutazioni negli immobili da considerarsi irrilevanti, tali cioè da non imporre l’obbligo della denuncia di variazione.
In sostanza, la conformità o meno dei dati catastali e delle planimetrie catastali allo stato di fatto deve (ed è questo il senso che deve essere attribuito al predetto inciso) essere valutata alla luce delle disposizioni vigenti in materia catastale, relative alle difformità che rendono obbligatorio procedere all’aggiornamento catastale.
Segnatamente, dagli artt. 17 e 20 del r.d. n. 652/1939 nonché dall’art. 19, nono comma, del d.l. n. 78/2010 si desume
che le difformità più lievi non compromettono affatto la conformità allo stato di fatto e che, quindi, tale conformità deve essere esclusa solo in presenza di variazioni che incidano sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, ossia sulle situazioni dalle quali dipende la rendita catastale.
Sul punto si è espressa anche l’RAGIONE_SOCIALE nella sua circolare n. 2 del 9 luglio 2010, ove si afferma:
( a ) che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste nei casi in cui la variazione incide sullo stato, sulla consistenza, sull’attribuzione della categoria e della classe, a seguito di interventi edilizi di ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, oppure per effetto di annessioni, cessioni o acquisizioni di dipendenze esclusive o comuni, cambio di destinazione d’uso, etc.;
( b ) che l’obbligo della denuncia di variazione sussiste anche nel caso in cui siano stati effettuati interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze;
( c ) che non assumono, quindi, rilievo le variazioni dei toponimi, dei nomi dei confinanti e di ogni altro elemento, anche di carattere grafico-convenzionale, non influente sulla corretta determinazione della rendita (in tali evenienze l’RAGIONE_SOCIALE non ritiene dovuta la dichiarazione di variazione, fatta salva l’opportunità dei soggetti interessati di richiedere comunque l’allineamento attraverso gli usuali canali informativi, quali, ad esempio per l’adeguamento della toponomastica, la segnalazione in front-office o tramite contact-center );
( d ) che non hanno neppure rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità;
( e ) che, analogamente, per le unità immobiliari ordinarie per le quali la consistenza è calcolata in metri quadrati o in metri cubi, le modifiche interne di modesta entità, non incidenti sulla consistenza dei beni iscritta negli atti catastali ovvero sulla destinazione dei singoli ambienti, non comportano l’obbligo della presentazione di una nuova planimetria in catasto; di contro, è necessaria la presentazione della dichiarazione di variazione nei casi in cui la mutazione incide sulla consistenza o sulla classe.
Nel giudizio di conformità richiesto dalla normativa in questione debbono, pertanto, essere presi in considerazione solo gli aspetti che influiscono sulla consistenza ovvero sull’attribuzione della classe e della categoria e ciò ‘sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale’, come previsto espressamente dalla norma. Si tratta, dunque, dei seguenti dati:
la classe (che è attribuita in relazione alla diversa capacità di reddito);
la categoria (che è attribuita in relazione alla destinazione d’uso);
la consistenza (numero dei vani e/o la superficie e/o la cubatura, a seconda della diversa categoria);
la rendita catastale (che dipende dai tre dati precedenti: classe, categoria e consistenza, in relazione alla tariffa d’estimo stabilita per gli immobili ricompresi nello stesso Comune ovvero
nella stessa zona censuaria, in collegamento con la categoria e con la classe di appartenenza);
-l’eventuale zona censuaria (per la rilevazione della tariffa d’estimo da utilizzare per il calcolo della rendita).
4.2. -Passando alla disamina della patologia del negozio traslativo, costitutivo e divisionale, la disposizione prevede che l’atto debba contenere, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale e al riferimento alla planimetria, la dichiarazione degli intestatari o l’attestazione del tecnico incaricato.
Sicché la nullità prevista dalla normativa in materia di conformità catastale si configura come nullità di carattere formale e testuale ex art. 1418, terzo comma, c.c. (e non già virtuale ex art. 1418, primo comma, c.c. o strutturale ex art. 1418, secondo comma, c.c.), che discende dalla mancata osservanza delle prescrizioni poste da detta normativa, attinenti alle modalità redazionali degli atti traslativi, costitutivi e divisionali (sulla natura formale della nullità Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8989 del 04/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 641 del 12/01/2023; Sez. 2, Sentenza n. 4216 del 09/02/2022; Sez. 2, Sentenza n. 39403 del 10/12/2021; Sez. 2, Sentenza n. 16519 del 31/07/2020; Sez. 2, Sentenza n. 14765 del 19/07/2016; Sez. 2, Sentenza n. 11507 del 03/06/2016; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014; Sez. 6-3, Sentenza n. 5913 del 11/03/2011).
Al pari della nullità prescritta nell’ipotesi di irregolarità urbanistiche -ove la previsione di nullità è volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile, sicché in presenza
nell’atto della dichiarazione dell’alienante circa gli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8230 del 22/03/2019; nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10360 del 19/04/2025; Sez. 3, Ordinanza n. 538 del 15/01/2020) -, così anche nel caso di incoerenza catastale la nullità è comminata allorché difetti nell’atto la dichiarazione o attestazione di conformità riferibile all’immobile, indipendentemente dall’effettività di detta conformità.
Si ricade perciò nell’ambito dell’invalidità collegata ad un an (ossia alla assenza della dichiarazione o dell’attestazione) e non già connessa al quomodo (ossia alla verifica dell’effettiva conformità).
La novella, infatti, ha principalmente finalità fiscali, essendo stata prevista all’interno del progetto di attivazione della c.d. anagrafe immobiliare integrata, consistente in una banca dati contenente quelli relativi a ciascun soggetto proprietario di diritti reali immobiliari, nonché i dati relativi agli immobili ricompresi nel territorio nazionale (sulla finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale perseguita dalla norma, tale da determinare la nullità assoluta dell’atto, da cui consegue la responsabilità disciplinare del notaio rogante, ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge n. 89/1913, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27181 del 15/09/2022; Sez. 2, Sentenza n. 8611 del 11/04/2014).
Sicché si tratta dello strumentario che il legislatore ha apprestato per l’emersione dei cosiddetti fabbricati ‘fantasma’, ossia degli edifici mai dichiarati in catasto oppure degli edifici
bensì dichiarati in catasto, ma con una rappresentazione, d’uso o di consistenza, diversa da quella effettivamente in atto, e ciò indipendentemente dal fatto che la situazione attuale del fabbricato sia o meno il frutto di interventi effettuati legittimamente sotto il profilo edilizio/urbanistico.
4.2.1. -Peraltro è ora prevista la sanabilità della nullità con atto di conferma, anche unilaterale.
Condizioni per procedere alla conferma dell’atto nullo sono le seguenti:
che la nullità dipenda dalla mancanza del riferimento in atto alle planimetrie depositate in catasto;
ovvero che la nullità provenga dalla mancanza della dichiarazione, resa in atto dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto;
-ovvero che la nullità scaturisca dalla mancanza dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato.
4.2.2. -Ne consegue che è sufficiente che in atto ci siano le menzioni e dichiarazioni prescritte dalla legge, nonostante, in ipotesi, non veridiche. Anche una dichiarazione/attestazione non corrispondente al vero (inesatta o falsa) sarebbe, per tali motivi, idonea ad evitare la nullità dell’atto, salvo che si tratti di una falsità conclamata, cioè tale da essere rilevabile ictu oculi anche da un soggetto tecnicamente inesperto, caso nel quale la dichiarazione/attestazione può essere ritenuta inesistente e l’atto nullo.
Analogamente all’ipotesi di nullità per irregolarità urbanistica -in cui basta la menzione nell’atto del titolo abilitativo
affinché l’invalidità sia esclusa, purché detto titolo esista realmente e sia riferibile proprio a quell’immobile , nel caso di irregolarità catastale è sufficiente a garantire la validità la dichiarazione di conformità o la sostitutiva attestazione di conformità, sempre che l’incoerenza con lo stato di fatto non emerga in modo palese.
La dichiarazione mendace, pur non determinando la nullità dell’atto, espone peraltro chi l’ha resa a responsabilità civile per i danni cagionati alla controparte, nonché a responsabilità penale, qualora fosse ravvisabile, nel caso di specie, il reato di ‘falso ideologico commesso da privato in atto pubblico’ ex art. 483 c.p. (Cass. pen. Sez. 5, Sentenza n. 5178 del 12/12/2017, depositata il 02/02/2018; Sez. 5, Sentenza n. 11628 del 30/11/2011, depositata il 26/03/2012; Sez. 5, Sentenza n. 35999 del 03/06/2008, depositata il 19/09/2008).
Dunque, la mendacità della dichiarazione o dell’attestazione non incide sulla validità dell’atto: dalla formulazione della norma si ricava, infatti, in modo perentorio, che la nullità è comminata per la mancanza nell’atto pubblico o nella scrittura privata autenticata della dichiarazione/attestazione di conformità; sicché qualora dovesse riscontrarsi, successivamente alla stipulazione, una non conformità sul piano sostanziale, l’atto è da considerarsi valido ed efficace, fermi restando gli eventuali riflessi sanzionatori di tipo penale e tributario per il dichiarante.
In effetti, l’assenza della conformità non rende l’immobile incommerciabile, ma espone le parti all’accertamento da parte dell’amministrazione.
Ne discende che la nullità (formale) dell’atto si determina solo nel caso in cui manchino sia la dichiarazione di parte, sia l’attestazione ‘sostitutiva’ del tecnico.
Né la qualificazione in termini di nullità esclusivamente formale è in antitesi con la disposizione di cui all’art. 29, comma 1ter , della legge n. 52/1985. Quest’ultima disposizione, infatti, va letta nel contesto in cui è inserita: segnatamente è previsto che l’atto è nullo, ma confermabile, in caso di mancanza del riferimento alle planimetrie, ovvero di mancanza della dichiarazione di conformità ovvero di mancanza dell’attestazione del tecnico, ma non anche in caso di dichiarazioni e/o menzioni false e/o di planimetrie difformi dallo stato di fatto. Tuttavia, per potersi avvalere della conferma, è necessario che le planimetrie fossero esistenti all’epoca della stipula dell’atto da confermare.
Ebbene, ai soli fini della conferma, il legislatore considera inesistenti anche quelle planimetrie, che pur risultando depositate in catasto all’epoca della stipula, siano state successivamente sostituite da altre e nuove planimetrie presentate per l’adeguamento allo stato di fatto; se successivamente alla stipula dell’atto venga accertata dalle parti la difformità delle planimetrie dallo stato di fatto, al punto di procedere alla loro sostituzione, non potrà certo ritenersi che al momento della stipula esistevano valide ed idonee planimetrie relative agli immobili negoziati. In pratica, al momento della stipula dell’eventuale atto di conferma, le planimetrie che rappresentano lo stato di fatto originario, in quanto presentate dopo la stipula dell’atto da confermare, non possono considerarsi ‘esistenti’ al momento della stipula dell’atto in questione.
A ciò consegue che, se le prescritte menzioni e dichiarazioni siano state rese in atto (e ciò anche nel caso in cui le planimetrie non fossero conformi allo stato di fatto), non vi è, comunque, alcuna nullità da sanare; l’atto stipulato è e rimane valido. Tant’è vero che l’art. 29, comma 1 -ter , prevede la conferma solo per il caso di mancanza del riferimento alle planimetrie depositate in catasto ovvero di mancanza della dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto ovvero di mancanza dell’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato e non anche per il caso in cui la dichiarazione, comunque presente, non sia veritiera.
4.3. -Per le stesse ragioni sussiste la condizione per la disposizione dell’effetto traslativo, ai sensi dell’art. 2932 c.c., allorché vi sia la dichiarazione dell’intestatario o l’attestazione del tecnico incaricato circa la conformità catastale, senza alcun onere di verifica dell’effettività di tale coerenza (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12654 del 25/06/2020).
È infatti ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità che -a fronte della previsione secondo cui per gli atti pubblici o le scritture private autenticate traslativi, costitutivi o divisionali, aventi ad oggetto fabbricati già esistenti, sono necessari, a pena di nullità, l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie e la dichiarazione o attestazione di conformità catastale oggettiva -, allorché l’effetto traslativo sia invocato a mezzo dell’azione giudiziale di esecuzione specifica, tali elementi costituiscono una condizione (e non già un presupposto) di detta azione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8117 del 27/03/2025; Sez. 2, Ordinanza n. 2373 del 31/01/2025; Sez. 2, Sentenza n. 1700 del 23/01/2025; Sez.
2, Ordinanza n. 29581 del 22/10/2021; Sez. 2, Sentenza n. 20526 del 29/09/2020).
E questo allo scopo di omologare i requisiti prescritti, a pena di nullità, per la produzione dell’effetto traslativo in via negoziale a quelli esigibili per la produzione del medesimo effetto per via giudiziale.
Non è, perciò, richiesto che il giudice dell’azione di esecuzione specifica esplichi un’indagine tecnica allo scopo di verificare che la dichiarazione o l’attestazione siano veritiere, come accaduto nel caso di specie.
Al riguardo, infatti, la Corte distrettuale ha reputato che la disposizione dell’effetto traslativo fosse preclusa in difetto di tali menzioni (menzioni, nel caso in esame, sussistenti) o ‘all’esito dell’accertamento che esse erano difformi dalla realtà’.
È sufficiente, per converso, al fine di garantire la ‘possibilità’ della produzione dell’effetto traslativo, che nel giudizio sia allegata la dichiarazione di conformità dell’intestatario promittente venditore o l’attestazione sostitutiva di un tecnico.
Tali adempimenti costituiscono ragione satisfattiva atta a permettere la disposizione della traslazione per via giudiziale, sempre che l’incoerenza non risulti dagli atti.
5. -In definitiva, il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione.
La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
‘La nullità comminata dall’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985, comma introdotto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, in legge n. 122/2010, va ricondotta nell’ambito dell’art. 1418, terzo comma, c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità ‘formale’ e ‘testuale’, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti della dichiarazione di parte disponente o dell’attestazione sostitutiva del tecnico circa la conformità catastale oggettiva del cespite. Pertanto, in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante o dell’attestazione del tecnico, il contratto è valido a prescindere dalla veridicità della conformità dichiarata o attestata, purché la difformità non emerga in modo palese allo stato degli atti’.
‘Nel giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di trasferimento immobiliare relativo ad un fabbricato già esistente, la conformità catastale oggettiva di cui all’art. 29, comma 1 -bis , della legge n. 52/1985, comma introdotto dall’art. 19, comma 14, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, in legge n. 122/2010, costituisce una condizione dell’azione e deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice, che può accogliere la domanda in presenza della dichiarazione o attestazione di conformità al momento della decisione, senza alcun onere di verifica dell’effettività della coerenza catastale, salvo che si tratti di una falsità conclamata, cioè tale da essere rilevabile ictu oculi anche da un soggetto
tecnicamente inesperto, caso nel quale la dichiarazione o attestazione può essere ritenuta inesistente e l’effetto traslativo è precluso’.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 18 settembre 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME