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Conflitto di interessi: l’amico di tennis va escluso

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di una procedura di selezione interna a un ente pubblico a causa di un conflitto di interessi. Un rapporto di frequentazione abituale (nella specie, giocare a tennis) tra il presidente della commissione e il candidato vincitore è stato ritenuto sufficiente a ledere il principio di imparzialità. La Corte ha però negato il risarcimento al dipendente escluso, poiché la sua richiesta di danno da perdita di chance era stata formulata in modo generico e non specificamente provata.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Conflitto di Interessi: la Cassazione Annulla la Nomina dell’Amico di Tennis

Un conflitto di interessi, anche se derivante da un semplice rapporto di frequentazione abituale come quello tra partner di tennis, può invalidare una procedura di selezione all’interno della Pubblica Amministrazione. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, che ribadisce la centralità del principio di imparzialità e correttezza anche nelle scelte di natura privatistica compiute da un ente pubblico. La decisione offre importanti spunti di riflessione sull’obbligo di astensione dei commissari e sulla necessità di provare in modo specifico il danno da perdita di chance.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla domanda di un dipendente di un’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, il quale aveva impugnato la procedura selettiva per il conferimento di una Posizione Organizzativa. Il dipendente sosteneva l’illegittimità della selezione che aveva portato alla nomina di un altro collega, evidenziando un rapporto personale tra quest’ultimo e il Presidente della commissione esaminatrice: i due erano soliti giocare a tennis insieme dopo l’orario di lavoro.

In primo grado, il Tribunale aveva respinto la domanda, ritenendo la procedura legittima e il rapporto personale irrilevante. La Corte d’Appello, invece, aveva riformato la sentenza, annullando la procedura selettiva. Secondo i giudici di secondo grado, il legame extra-lavorativo tra il presidente e il vincitore integrava una situazione di incompatibilità tale da compromettere l’imparzialità della scelta. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva rigettato le richieste del dipendente di ottenere la nomina, di indire una nuova selezione (essendo l’incarico ormai scaduto) e di ottenere il risarcimento, giudicando la domanda di danno troppo generica.

Sia l’ente pubblico che il dipendente hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Conflitto di Interessi

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, confermando la decisione della Corte d’Appello ma con importanti precisazioni. Il punto centrale della pronuncia riguarda l’estensione dei doveri di imparzialità, tipici dell’azione amministrativa, anche agli atti di gestione del rapporto di lavoro compiuti dalla P.A. con poteri di datore privato.

Secondo la Suprema Corte, quando un ente pubblico adotta una procedura comparativa per l’attribuzione di un incarico, è tenuto a rispettare i principi di correttezza e buona fede, che implicano il dovere di assicurare l’imparzialità della selezione. Un rapporto di “frequentazione abituale”, come quello esistente tra il commissario e il candidato, è stato considerato idoneo a far sorgere il “lecito dubitare della serenità e della imparzialità” della commissione. Questo configura un conflitto di interessi riconducibile alle “gravi ragioni di convenienza” previste dall’art. 51 del codice di procedura civile, che impongono un dovere di astensione.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione su due fronti principali.

Da un lato, ha respinto le argomentazioni dell’ente, secondo cui le regole sull’incompatibilità dei giudici non si applicherebbero a una selezione fiduciaria. I giudici hanno chiarito che il principio di imparzialità, sancito dall’art. 97 della Costituzione, pervade tutta l’azione della Pubblica Amministrazione, anche quando agisce iure privatorum. La presenza di un solo membro in posizione di potenziale conflitto di interessi è sufficiente a viziare l’intera procedura, a prescindere dal fatto che la commissione fosse composta da tre persone.

Dall’altro lato, la Corte ha respinto il ricorso del dipendente sul risarcimento del danno. I giudici hanno sottolineato che l’annullamento della procedura non comporta un automatico diritto al risarcimento. Il danno da “perdita di chance” non è mai presunto (in re ipsa), ma deve essere allegato in modo specifico dal ricorrente, il quale ha l’onere di dimostrare che, in assenza dell’illegittimità, avrebbe avuto una concreta e non meramente ipotetica possibilità di ottenere l’incarico. Nel caso di specie, la richiesta era stata formulata in termini generici di “danni morali, esistenziali e professionali subiti”, senza una puntuale allegazione della perdita di chance.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione fissa due principi di notevole importanza pratica. In primo luogo, rafforza il dovere di imparzialità nelle selezioni pubbliche, chiarendo che un conflitto di interessi può sorgere anche da rapporti personali non professionali, se questi sono caratterizzati da una frequentazione abituale. Chiunque sia chiamato a far parte di una commissione di selezione deve quindi valutare con estremo rigore l’esistenza di legami che possano minare, anche solo in apparenza, la sua imparzialità. In secondo luogo, la sentenza costituisce un monito per chi agisce in giudizio: le richieste di risarcimento per perdita di chance devono essere formulate in modo dettagliato e supportate da elementi concreti, altrimenti rischiano di essere respinte per genericità.

Un rapporto di amicizia, come giocare a tennis regolarmente, può essere considerato un conflitto di interessi in una selezione pubblica?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che un rapporto personale di “frequentazione abituale” può creare un sospetto legittimo sulla serenità e imparzialità della commissione, integrando una “grave ragione di convenienza” che impone l’astensione e può portare all’annullamento della procedura.

L’annullamento di una procedura di selezione illegittima dà automaticamente diritto al risarcimento del danno?
No. Il diritto al risarcimento del danno, in particolare per “perdita di chance”, non è automatico (non è in re ipsa). Il candidato escluso deve allegare in modo specifico e poi dimostrare di aver subito un danno concreto, ovvero la perdita di una possibilità reale di ottenere il posto. Una richiesta generica di risarcimento non è sufficiente.

I principi di imparzialità validi per i giudici si applicano anche alle commissioni di selezione nel pubblico impiego privatizzato?
Sì. La Corte ha chiarito che i principi di imparzialità, derivanti dall’art. 97 della Costituzione e riflessi nell’art. 51 del codice di procedura civile, si estendono anche alle procedure selettive gestite dalla Pubblica Amministrazione con poteri di datore di lavoro privato, specialmente quando si tratta di scelte discrezionali per incarichi di rilievo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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