Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5634 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5634 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18344/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
–
ricorrenti- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
–
contro
ricorrente- nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE
–
intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1095/2017, depositata il 15/05/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
L’ingegnere NOME COGNOME ha chiamato i n giudizio NOME COGNOMECOGNOME chiedendo che fosse condannato a pagare euro 29.494,93, quale compenso per l’attività professionale espletata in suo favore in relazione alla costruzione di una villa in Brisighella. Si è costituito COGNOMECOGNOME che nulla era dovuto all’attore, mero interposto del fratello NOME COGNOMECOGNOME impossibilitato ad assumere l’incarico in quanto
dipendente del Comune di Brisighella, e deducendo l’inadempimento del progettista -direttore dei lavori e dell’impresa appaltatrice; il convenuto ha quindi domandato di accertare la nullità e comunque l’inefficacia del contratto di incarico professionale stipulato con NOME COGNOME e l’interposizione fittizia di quest’ultimo nel contratto d’opera dissimulato tra COGNOME e NOME COGNOME, dichiarando l’illiceità e la nullità del contratto dissimulato; ha chiamato in causa NOME COGNOME e l’impresa RAGIONE_SOCIALE e ha chiesto che i chiamati fossero condannati in solido con l’attore a risarcirgli i danni. Si sono costituiti NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare la domanda riconvenzionale del convenuto, e RAGIONE_SOCIALE, che ha domandato anch’essa di rigettare la domanda di COGNOME e, in via riconvenzionale, di condannare quest’ultimo al pagamento del saldo dei lavori. Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n. 69/2008, accoglieva la domanda di NOME COGNOME e condannava COGNOME a pagare euro 27.620,47 a titolo di compenso; accoglieva parzialmente la domanda riconvenzionale di COGNOME e condannava NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE a pagargli euro 2.000 a titolo di risarcimento del danno per vizio dell’opera; accoglieva la domanda riconvenzionale dell’impresa e condannava COGNOME al pagamento del saldo dei lavori, pari a euro 22.881,11, oltre alla somma di euro 797,21 a titolo di rimborso.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME, che ha chiesto l’integrale riforma della pronuncia. Si sono costituiti con distinti atti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME
RAGIONE_SOCIALE. Con sentenza n. 1095 del 2017, la Corte d’appello di Bologna ha parzialmente accolto il gravame di COGNOME. In accoglimento del primo motivo di gravame, il giudice d’appello ha dichiarato la simulazione del contratto di incarico professionale conferito da COGNOME a NOME COGNOME per interposizione di quest’ultimo al fratello NOME COGNOME e la nullità dell’incarico professionale dissimulato conferito a quest’ultimo, che nulla era dovuto da COGNOME a NOME COGNOME in esecuzione dell’incarico professionale; ha poi dichiarato inammissibile perché generico il secondo motivo e rigettato il terzo motivo, che contestava alla sentenza di primo grado di non avere riconosciuto l’inadempimento di NOME (o in subordine di NOME) COGNOME nella esecuzione degli incarichi assunti, ritenendo la ‘correttezza dell’operato del professionista COGNOME ing. NOME‘.
Avverso la sentenza ricorrono, con un unico atto di ricorso e difesi dai medesimi due avvocati, i fratelli NOME e NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, che anzitutto eccepisce l’inammissibilità del ricorso per conflitto di interessi.
L’intimato RAGIONE_SOCIALE non ha proposto difese.
Memoria è stata depositata dai ricorrenti e dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in sei motivi:
il primo motivo lamenta violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., poiché la Corte d’appello ha accertato l’interposizione fittizia di NOME COGNOME a NOME COGNOME nei rapporti con COGNOME in violazione del c.d. giudicato interno, dal momento che il capo della sentenza del Tribunale di Ravenna che aveva condannato l’ing. NOME COGNOME a risarcire a COGNOME i danni cagionatigli nell’esecuzione dell’incarico di direttore lavori non era stato oggetto di impugnazione; COGNOME aveva sì impugnato tale capo di sentenza, ma solo per lamentare il mancato riconoscimento dei danni maggiori;
il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., per insanabile contraddittorietà della motivazione dove, dopo avere accertato l’asserita interposizione fittizia di NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME (e quindi la simulazione dell’incarico professionale), la Corte d’appello ha confermato la sentenza del Tribunale nel punto in cui aveva accertato, e valutato, l’esecuzione da parte di NOME COGNOME dell’incarico professionale affidatogli da COGNOME, così di fatto addivenendo a due accertamenti tra di loro incompatibili;
il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 345 e 183, comma 6, c.p.c., poiché la Corte ha illegittimamente ammesso la produzione dei documenti esibiti da COGNOME all’udienza di precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello senza neppure assegnare termini a difesa, in spregio alle preclusioni processuali ed in violazione del
diritto al contraddittorio; inoltre, nel caso di specie, non sono comunque ammesse deroghe alle preclusioni processuali, legittime solo nel caso in cui il soggetto sia impossibilitato alla produzione in ragione della cronologia temporale;
il quarto motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 654 c.p.p. e 24 Cost., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto conclusiva nel giudizio civile la sentenza penale di proscioglimento per intervenuta prescrizione n. 4390/2011 della Suprema Corte, facendo proprie le considerazioni in fatto del giudice penale senza procedere a una valutazione autonoma degli elementi di prova acquisiti in giudizio;
il quinto motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e ss. c.c., laddove la sentenza impugnata dichiara la simulazione e l’inefficacia del contratto di prestazione professionale tra NOME COGNOME e NOME COGNOME in ragione della sola asserita interposizione di NOME COGNOME a NOME COGNOME, e in difetto dell’adesione del terzo contraente all’asserito patto simulatorio;
il sesto motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., in relazione alla dichiarazione di nullità dell’asserito contratto dissimulato tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, asseritamente concluso in violazione di norma imperativa e, segnatamente, del d.P.R. n. 3/1957, laddove il divieto per i dipendenti pubblici di svolgere la libera professione è sanzionato diversamente dalla stessa normativa per la cui violazione è stata comminata la nullità.
Va esaminata, in via preliminare rispetto ai sei motivi in cui è articolato il ricorso, l’eccezione di inammissibilità proposta dal controricorrente.
L’eccezione è fondata. Come sottolinea il controricorrente, i ricorrenti – che nei gradi di merito erano stati difesi da distinti difensori – fanno valere nei motivi di ricorso censure che sono portatrici di interessi diversi e tra loro confliggenti. In particolare, il secondo motivo contesta la conferma da parte del giudice d’appello della condanna di NOME COGNOME a risarcire il danno per difetto dell’opera, contestazione il cui accoglimento comporterebbe la responsabilità di NOME COGNOME. Al riguardo non vale quanto sostengono i ricorrenti in memoria, ossia che non vi sarebbe conflitto in quanto il capo della pronuncia di condanna al risarcimento era ormai passato in giudicato: COGNOME ha infatti appellato il presupposto della condanna al risarcimento dei danni di NOME COGNOME, impedendo il formarsi del giudicato interno. Il conflitto tra le posizioni dei ricorrenti emerge anche nel sesto motivo ove si asserisce che il contratto concluso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME non sarebbe contratto affetto da nullità, asserzione favorevole al solo NOME COGNOME che si pone come preclusiva rispetto al riconoscimento del compenso a NOME COGNOME (e qui non vale il rilievo, svolto anch’esso in memoria dai ricorrenti, che si tratterebbe di un motivo graduato e quindi destinato ad essere assorbito dall’accoglimento dei precedenti).
La costituzione comune dei ricorrenti da parte di due difensori, ai quali è stato conferito mandato con un unico atto, è pertanto inammissibile, ‘ dato che il difensore non può svolgere contemporaneamente attività difensiva in favore di soggetti portatori di istanze confliggenti, investendo siffatta violazione il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente garantiti’ (così, ex multis , Cass. n. 7363/2018; cfr. pure Cass. n. 6247/2021 e Cass. n. 28427/2023).
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P .R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 4.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della