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Conflitto di interessi avvocato: la sanzione è certa

La Cassazione conferma la sanzione disciplinare a un avvocato per conflitto di interessi. Il legale, dopo aver assistito entrambi i coniugi in una separazione, ha poi difeso uno di essi contro l’altro in procedimenti successivi. La Corte ha ritenuto la condotta una grave violazione dei doveri di lealtà e probità, respingendo sia le censure sulla motivazione della sanzione sia l’eccezione di prescrizione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Conflitto di interessi avvocato: la Cassazione fa chiarezza sulla sanzione

Il rapporto tra avvocato e cliente si fonda su pilastri imprescindibili come la fiducia, la lealtà e la probità. Quando questi principi vengono meno, le conseguenze possono essere gravi, non solo per il cliente ma anche per il professionista. Un caso emblematico è il conflitto di interessi avvocato, una situazione che il codice deontologico sanziona severamente. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite è tornata sul tema, confermando la sanzione della sospensione per un legale che aveva assunto la difesa di un cliente contro la sua ex coniuge, precedentemente assistita da lui stesso insieme al marito.

I fatti del caso: dall’assistenza congiunta alla difesa contrapposta

La vicenda trae origine dalla denuncia di una donna al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati. La signora lamentava che il legale, dopo aver assistito in passato sia lei che il suo ex coniuge nelle pratiche di separazione, aveva successivamente accettato di difendere l’ex marito in una serie di procedimenti giudiziari avviati proprio contro di lei. Tali procedimenti includevano cause penali, una causa per la cessazione degli effetti civili del matrimonio e una per inadempimento contrattuale.

Al professionista veniva contestata la violazione dell’articolo 68 del Codice Deontologico Forense, che vieta l’assunzione di incarichi contro un ex cliente. Il Consiglio Distrettuale di Disciplina applicava la sanzione della sospensione per un anno e tre mesi, poi ridotta a un anno dal Consiglio Nazionale Forense in sede di appello.

L’avvocato, non ritenendo giusta la decisione, proponeva ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta carenza di motivazione della sanzione e l’avvenuta prescrizione dell’azione disciplinare.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha rigettato integralmente il ricorso dell’avvocato, confermando la legittimità della sanzione disciplinare. I giudici hanno chiarito due aspetti fondamentali: la valutazione della condotta e la decorrenza della prescrizione.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il controllo di legittimità sulle decisioni del Consiglio Nazionale Forense non può entrare nel merito della valutazione dei fatti o dell’adeguatezza della sanzione. Tale potere è riservato al giudice disciplinare. La Cassazione può intervenire solo in caso di vizi macroscopici, come una motivazione totalmente assente o incomprensibile, evenienza esclusa nel caso di specie.

In secondo luogo, ha respinto l’eccezione di prescrizione, qualificando l’illecito come continuato e non istantaneo, facendo decorrere il termine dall’ultima condotta illecita posta in essere.

Le motivazioni: il conflitto di interessi dell’avvocato e la prescrizione

La Corte ha ritenuto che il Consiglio Nazionale Forense avesse correttamente ricostruito i fatti e applicato le norme deontologiche. La condotta dell’avvocato integrava una chiara violazione dei doveri professionali, in particolare:

* Assunzione di un incarico contro l’ex cliente (art. 68, comma 2): Il nuovo mandato non era estraneo a quello precedente, riguardando le dinamiche familiari e patrimoniali già trattate in sede di separazione.
* Utilizzo di notizie acquisite nel precedente mandato (art. 68, comma 3): Era evidente il rischio che il legale potesse utilizzare informazioni riservate ottenute durante l’assistenza congiunta.
* Divieto di assistere un coniuge contro l’altro dopo un’assistenza congiunta (art. 68, comma 4): Questo divieto è particolarmente stringente nelle controversie familiari e non conosce limiti temporali.

La Corte ha sottolineato che il conflitto di interessi dell’avvocato non è escluso nemmeno quando gli incarichi sono formalmente assunti da altri professionisti dello stesso studio, se emerge una collaborazione e una cointeressenza, come nel caso esaminato. Per quanto riguarda la prescrizione, i giudici hanno osservato che le condotte illecite si erano protratte tra il 2017 e il 2018. L’azione disciplinare era stata avviata nel 2020, quindi ben all’interno del termine massimo di sette anni e mezzo previsto dalla legge professionale. La natura continuata dell’illecito, derivante dalla pluralità di incarichi assunti nel tempo, sposta in avanti il momento da cui far decorrere la prescrizione, che coincide con la cessazione della condotta antigiuridica.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per professionisti e clienti

Questa ordinanza ribadisce la centralità del dovere di lealtà dell’avvocato e la rigidità del divieto di agire contro un ex cliente, specialmente in materie delicate come il diritto di famiglia. Per i professionisti, emerge un chiaro monito: la valutazione sul conflitto di interessi deve essere estremamente rigorosa e prudente, estendendosi anche alle possibili collaborazioni interne allo studio. Per i clienti, la decisione rappresenta una tutela fondamentale, garantendo che le informazioni confidenziali fornite a un legale non possano mai essere usate contro di loro in futuro dallo stesso professionista.

Un avvocato che ha assistito entrambi i coniugi in una separazione può poi difendere uno di essi contro l’altro?
No. Secondo la Corte, l’assunzione di un incarico professionale contro una parte già assistita, specialmente in controversie familiari collegate alla precedente assistenza, costituisce un grave illecito disciplinare che viola i doveri di lealtà e probità. Questo divieto non ha limiti di tempo.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per un illecito disciplinare continuato?
Per un illecito disciplinare strutturato su una pluralità di condotte reiterate nel tempo, come l’assunzione di più incarichi in conflitto di interessi, la prescrizione non decorre da ogni singola azione, ma dall’ultima condotta posta in essere. Nel caso di specie, le azioni si sono protratte fino al 2018, rendendo l’azione disciplinare avviata nel 2020 tempestiva.

La Corte di Cassazione può modificare la sanzione disciplinare decisa dal Consiglio Nazionale Forense?
No, la determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare è riservata alla valutazione del Consiglio Nazionale Forense. La Corte di Cassazione può intervenire solo in casi di vizi di legge, incompetenza, eccesso di potere o se la motivazione è talmente carente da non permettere di comprendere le ragioni della decisione (difetto del “minimo costituzionale”), ma non può sindacare nel merito la scelta discrezionale della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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