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Conflitto di giurisdizione: quando è inammissibile?

A seguito di una procedura di esproprio, una coppia otteneva una sentenza di condanna al deposito dell’indennità. Di fronte all’inadempimento, agiva in esecuzione ma il giudice rigettava il ricorso, suggerendo la via del giudizio amministrativo. Il TAR, investito della questione, sollevava un conflitto di giurisdizione. La Cassazione lo ha dichiarato inammissibile, chiarendo che il rigetto di uno specifico strumento processuale non equivale a una declinatoria di giurisdizione.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Conflitto di giurisdizione: quando è inammissibile?

La corretta individuazione del giudice competente è il primo, fondamentale passo per la tutela dei propri diritti. Ma cosa accade quando un giudice sembra ‘passare la palla’ a un altro di un diverso ordine giurisdizionale? In questa analisi approfondiremo una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che chiarisce un punto essenziale sulla differenza tra rigettare una domanda e negare la propria giurisdizione, affrontando un presunto conflitto di giurisdizione.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da una procedura di esproprio subita da due coniugi, comproprietari di un fondo rustico. Dopo aver contestato l’indennità offerta, i due ottenevano una sentenza dalla Corte d’Appello che condannava un Consorzio a depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti le somme dovute a titolo di indennità e risarcimenti vari.

Tuttavia, la sentenza rimaneva ineseguita. I coniugi, per ottenere quanto loro spettava, avviavano un’azione esecutiva secondo l’articolo 612 del codice di procedura civile, chiedendo al giudice di determinare le modalità di esecuzione di un obbligo di fare. Il giudice dell’esecuzione, però, rigettava il ricorso, qualificando l’obbligo del Consorzio come ‘infungibile’ e sostenendo che l’unico rimedio esperibile fosse il giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo (TAR).

A seguito di questa decisione, i privati si rivolgevano al TAR per ottenere l’ottemperanza della sentenza. A sorpresa, il TAR, ritenendo che la giurisdizione appartenesse invece al giudice ordinario, sollevava un conflitto di giurisdizione davanti alla Corte di Cassazione.

La questione giuridica: il presunto conflitto

Il cuore della questione sottoposta alle Sezioni Unite era stabilire se la decisione del giudice ordinario dell’esecuzione costituisse effettivamente una ‘declinatoria di giurisdizione’. Secondo il TAR, il giudice ordinario, pur non negandola formalmente, aveva di fatto rinunciato alla propria potestà decisionale in favore del giudice amministrativo. Si era quindi creato un ‘vuoto’ giurisdizionale, un rimpallo di competenze che ledeva il diritto di azione dei cittadini. Spettava dunque alla Cassazione, in qualità di supremo organo regolatore della giurisdizione, dirimere la controversia e indicare il giudice competente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il conflitto di giurisdizione inammissibile, fornendo una motivazione tanto netta quanto illuminante. Secondo gli Ermellini, l’interpretazione del TAR era errata. Il giudice dell’esecuzione non aveva affatto negato la propria giurisdizione.

### Rigetto della domanda vs. Declinatoria di giurisdizione

La Corte ha chiarito un principio fondamentale: una cosa è negare la propria giurisdizione, un’altra è rigettare la specifica domanda presentata dalla parte. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha esaminato la domanda basata sull’art. 612 c.p.c. e l’ha ritenuta inammissibile. La sua decisione si è concentrata sull’inadeguatezza dello strumento processuale scelto (il ricorso per l’esecuzione di un obbligo di fare, ritenuto infungibile), non sulla carenza di potere giurisdizionale in assoluto su quella materia.

Una vera declinatoria di giurisdizione, per essere tale, deve avere ad oggetto la domanda nel suo complesso (il cosiddetto petitum sostanziale), non il singolo rimedio processuale attivato. Il fatto che il giudice abbia poi suggerito quale, a suo avviso, sarebbe stato il percorso corretto (il giudizio di ottemperanza) non sposta i termini della questione e non equivale a una spoliazione della propria competenza.

In sintesi, il provvedimento del giudice ordinario è stato un semplice diniego basato sulle norme processuali, un atto interno alla propria giurisdizione, non un’abdicazione in favore di un altro giudice.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce una distinzione cruciale per ogni operatore del diritto e cittadino. Non ogni pronuncia negativa di un giudice implica una questione di giurisdizione. Il rigetto di una domanda per motivi procedurali (come l’inammissibilità dello strumento scelto) è una decisione ‘di rito’ che rientra pienamente nelle competenze del giudice adito. Il conflitto di giurisdizione sorge solo quando un giudice nega esplicitamente di poter decidere sulla pretesa sostanziale, indicando un altro plesso giurisdizionale come competente. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di scegliere con cura l’azione legale più appropriata, poiché un errore nella scelta dello strumento può portare al rigetto della domanda, senza che ciò apra la strada a un conflitto tra poteri dello Stato.

Quando un provvedimento del giudice costituisce una vera e propria declinatoria di giurisdizione?
Una decisione costituisce una declinatoria di giurisdizione solo quando nega la competenza del giudice a decidere sull’oggetto sostanziale della domanda, non quando si limita a rigettare lo specifico strumento processuale utilizzato dalla parte perché ritenuto inammissibile o infondato.

Perché in questo caso la Cassazione ha dichiarato il conflitto di giurisdizione inammissibile?
Perché il giudice ordinario dell’esecuzione non aveva negato la propria giurisdizione, ma si era limitato a rigettare la domanda basata sull’art. 612 c.p.c., ritenendola inammissibile per quel caso specifico (obbligo infungibile). Non c’era, quindi, un reale conflitto tra due giudici che negavano entrambi la propria competenza.

Il fatto che un giudice suggerisca di rivolgersi a un altro ordine giurisdizionale ha valore di declinatoria di giurisdizione?
No. Secondo la Corte, la circostanza che un giudice, nel rigettare una domanda, indichi quale sarebbe a suo avviso il rimedio corretto da esperire davanti a un altro giudice (in questo caso, quello amministrativo) non trasforma il suo provvedimento di rigetto in una declinatoria di giurisdizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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