Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22845 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22845 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33661/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOMENOME, con domicilio digitale in atti.
-RICORRENTE- contro
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro p.t. , rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, con domicilio digitale in atti.
CONTRORICORRENTE-RICORRENTE INCIDENTALE- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1346/2019, depositata il 03/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso principale, con assorbimento di quello incidentale.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 1346/2019, la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale di Lucca aveva respinto l’opposizione all’ordinanza n. 1/ 2010 emessa dal Ministero dello Sviluppo Economico, ritenendo legittima la confisca della somma di euro 1.194.550,00 percepita dall’ RAGIONE_SOCIALE quale corrispettivo della vendita di due imbarcazioni da diporto, acquistate da cittadini della Repubblica Democratica Popolare della Corea del Nord in violazione de ll’art. 4 del Regolamento n. 329/2006 CE in tema di divieti di esportazione verso P aesi sottoposti all’embargo.
La Corte territoriale ha dapprima respinto l’appello incidentale del Ministero dello Sviluppo Economico, che aveva sostenuto l’inammissibilità dell’opposizione , per non aver la società impugnato la precedente ordinanza n. 1/2009 con cui era stata preannunciata la confisca delle somme; ha poi ritenuto obbligatoria la confisca delle somme al pari di qualsiasi bene negoziato in violazione dell’embargo , benché l’Azimut non fosse stata ritenuta responsabile della violazione e non le fosse stata applicata la sanzione pecuniaria principale.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze con ricorso affidato ad un motivo.
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha resistito con controricorso e con ricorso incidentale basato su un unico motivo, illustrato con memoria, cui la RAGIONE_SOCIALE ha replicato con successivo controricorso ai sensi dell’art. 37 1, comma quarto, c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va esaminato, per ragioni di priorità logica, il ricorso incidentale del Ministero con cui si denuncia la violazione dell’art. 22 della legge n. 689 del 1981 e dell’art. 6, comma 6, del d.lgs. n. 150 del 2011
per aver la Corte territoriale ritenuto ammissibile l’ opposizione all’ordinanza n. 1/20 , negando che la confisca fosse stata già oggetto della precedente ordinanza n. 1/2009 non impugnata e perciò divenuta definitiva.
Il motivo è infondato.
Dal testo dell’ordinanza n. 1/2009 si rileva che con detto provvedimento il Ministero aveva disposto il dissequestro delle imbarcazioni vendute in violazione dell’embargo, intimando alla società di procedere alla rendicontazione delle somme incassate a titolo di prezzo, annunciandone la confisca con successivo provvedimento al momento della futura vendita delle due imbarcazioni, nella misura del prezzo percepito dalla società, assumendo che, ove quest’ultima avesse trattenuto il corrispettivo, avrebbe violato le misure imposte dall’art. 6 del Regolamento n. 329/2007.
Il provvedimento non era direttamente applicativo della misura ablatoria, né quantificava la somma confiscata, ma preannunciava l’ema nazione di un successivo provvedimento di confisca.
La prima ordinanza non aveva prodotto alcun effetto ablatorio delle somme e non era già lesiva degli interessi della società, che non era tenuta ad impugnarla per evitare che la confisca divenisse definitiva, dato che il procedimento sanzionatorio non era già concluso.
Costante è l ‘orientamento di questa Corte secondo cui, in materia sanzionatoria, l’unico provvedimento suscettibile di opposizione è l’ordinanza con cui è definitivamente applicata la sanzione principale o quella accessoria, non anche eventuali atti di avvio (o adottati nel corso) del procedimento, fatta salva, per le violazioni del Codice della strada, l’impugnazione del verbale di accertamento (Cass. SU 16/2007; Cass. 18320/2007; Cass. 9764/2020).
Passando all’esame del ricorso principale, vanno anzitutto disattese le eccezioni di inammissibilità per novità della questione, formulate dal Pubblico Ministero e nella memoria illustrativa del controricorrente Ministero.
Dal testo della sentenza impugnata (pag. 3, par. 1) e dal controricorso (pag. 7, lettera a) e b), emerge che già con l’atto di opposizione era stata denunciata l’illegittimità della misura sul rilievo che l’ RAGIONE_SOCIALE non era stata ritenuta responsabile della violazione, circostanza, quest’ultima , che imponeva al giudice di valutare le conseguenze della carenza dell’elemento soggettivo dell’illecito , dichiarata con il provvedimento di dissequestro delle imbarcazioni, sulla legittimità della confisca, indagandone la natura (facoltativa o obbligatoria), in base alla norma correttamente applicabile.
La questione è di puro diritto e può essere proposta anche direttamente in cassazione, essendo comunque strettamente collegata alle argomentazioni sollevate con l’opposizione ed il cui esame era necessario alla luce della pacifica insussistenza della responsabilità della ricorrente.
2.1. L ‘unico motivo del ricorso principale denuncia la violazione dell’art. 20 legge 689/1981 .
Sostiene la ricorrente che la confisca non poteva esser disposta, non essendo applicabile né il comma terzo dell’art. 20 cit., che consente la confisca facoltativa del prodotto della violazione solo se è applicata la sanzione pecuniaria principale, né i commi 5 e 6 della medesima disposizione, poiché la misura obbligatoria ivi prevista non ha ad oggetto né il ricavato della vendita dei beni, né si applica a beni appartenenti a persone estranee alla violazione delle norme sull’embargo .
Il motivo è fondato.
L ‘art. 11 del RDL 1923/1926, recante l’ unificazione delle disposizioni legislative in materia di divieti di importazione ed esportazione, prevedeva originariamente la reclusione fino a tre mesi e la multa fino a lire 5000, oltre alla confisca delle merci per il caso di violazione dei divieti ivi contemplati.
L’art. 7 della L. 205/1999 ha depenalizzato l’illecito , prevedendo l’ applicazione della sanzione amministrativa pecunia ria da € 413,17 ad € 2.478 ,99.
Ai sensi dell’art. 12 della L. 689/1981, le norme del capo 1, incluso l’art. 20, si osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche se non disposta in sostituzione di una sanzione penale; la norma è applicabile in ogni ipotesi di violazione amministrativa sanzionata con il pagamento di una somma di denaro, salvo che non sia diversamente prescritto (Cass. 3788/1997).
L’art. 20 della L. 689/1981 non solo ha abrogato ogni precedente disposizione in contrasto, anche speciale, ma ha inoltre generalizzato l’istituto della confisca obbligatoria (Cass. SU 6123/1988; Cass. 19437/1992; Cass. 10472/1996; Cass. 8719/1996).
2.2. Ha correttamente osservato la ricorrente che la norma distingue tra confisca obbligatoria e facoltativa: il terzo comma del citato art. 20, nella formulazione applicabile ratione temporis , contempla la confisca facoltativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione, oltre che delle cose che ne sono state il prodotto se appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.
La confisca obbligatoria regolata dal quinto comma riguarda le cose la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione e l’alienazione delle
quali costituisce violazione amministrativa. In tal caso il provvedimento ablatorio deve sempre aver luogo, anche se non venga emessa l’ordinanza ingiunzione, mentre, nel caso in cui la misura non è obbligatoria, si fa luogo alla confisca soltanto se contestualmente si procede alla irrogazione della sanzione pecuniaria (Cass. 9437/1992; Cass. 8517/2011).
A parere di questa Corte n ell’ambito applicativo del comma quinto dell’art. 20 della L. 689/1981 non è compreso anche il prezzo delle imbarcazioni di cui era proibita la vendita a cittadini dello Stato sottoposto all’embargo.
Sul piano letterale il comma quinto sottopone a confisca obbligatoria la cosa oggetto dell’alienazione e non dire ttamente il prezzo.
Rafforza la descritta conclusione il confronto con l’art. 240 c.p. in tema di confisca in caso di reato, norma che distingue la confisca facoltativa del profitto o del prodotto o delle cose che servirono a commettere il reato, contemplata dal primo comma, dai casi di confisca obbligatoria, ma differenziando per quest’ultima, il prezzo del reato (comma secondo, n. 1), dalla confisca della cosa la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce violazione amministrativa, anche se non è stata pronunciata condanna , ipotesi quest’ultima corrispo ndente, anche sotto il profilo strettamente letterale, a quella prevista dal l’art. 20, comma quinto, L. 689/1981, che tuttavia non include tra i casi di confisca obbligatoria quella del prezzo della violazione.
Come precisato dalla giurisprudenza penale di questa Corte, per profitto del reato di cui al primo comma dell’art. 240 c.p. si intende il vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal fatto vietato e si contrappone al “prodotto” e al “prezzo” del reato; esso è caratterizzato da un elemento di pertinenzialità, dovendo derivare
dall’illecito contestato . Il prodotto costituisce il risultato empirico dell’illecito, ossia le cose create, trasformate, adulterate o acquisite mediante il reato. Il prezzo, invece, è il compenso dato o promesso ad una determinata persona come corrispettivo dell’esecuzione dell’illecito. Il termine “provento” ha carattere onnicomprensivo e si riferisce a tutto quanto può derivare dalla commissione del reato (Cass. pen. SU 9/1999), inclusi i cd. surrogati, ossia i beni che derivano dal reimpiego del profitto (Cass. SU 13783/2025), sempre che il provento sia stato conseguito mediante l’illecito.
La disciplina della responsabilità amministrativa degli enti di cui al d.lgs. 231/2001, l’ art. 19, comma primo, prevede invece la sola confisca obbligatoria del prezzo del fatto sanzionato (Cass. pen. SU 26654/2008).
In conclusione, le somme che la società ha ottenuto a titolo di corrispettivo costituiscono il prezzo della vendita, non i beni la cui alienazione è oggetto di divieto, unico caso in cui , ai sensi dell’art. 20 della L. 689/1981, la misura poteva essere disposta senza che fosse irrogata la sanzione pecuniaria principale.
Non si giustifica poi, come sostiene l’amministrazione, una non contemplata confisca per surroga o per equivalente delle somme in luogo delle imbarcazioni, che l’amministrazione ha dissequestrato per assenza di responsabilità in capo alla ricorrente, poiché la confisca per equivalente opera – in presenza di una norma che l’autorizzi – quando non è possibile la confisca diretta del prezzo o del profitto e permette così di evitare che il responsabile si appropri illegittimamente dei proventi ormai indisponibili per una confisca ordinaria, mentre, nel caso in esame, nessuna confisca diretta era legittimo applicare.
Consegue, quindi, l’ accoglimento del l’unico motivo del ricorso principale, con rigetto del ricorso incidentale.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi altri accertamenti da compiere, la causa può essere decisa nel merito con l’ accoglimento d ell’oppos izione e l’ annullamento della disposta confisca.
Le spese processuali dell’intero giudizio restano compensate per la particolarità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
accoglie l’unico motivo del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’ opposizione avverso l’ordinanza n. 1/2010 proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e annulla la disposta confisca.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione