Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35260 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 35260 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7296/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE, RAGIONE_SOCIALE, AGENZIA DELLE ENTRATE, COGNOME NOME;
– intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4723/2019 depositata il 11/07/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società COGNOME e l’avv. NOME COGNOME quale proprietario delle quote sociali della suddetta società convenivano in giudizio COGNOME NOME, il Ministero delle Finanze, l’Agenzia del Demanio e l’Agenzia del Territorio onde vedere riconoscere la proprietà della società su alcuni immobili oggetto di confisca trascritta in danno di NOME COGNOME in data 7 ottobre 2004 e, in conseguenza dell’operata revindica, chiedevano il riconoscimento su detti beni della esclusiva proprietà e la non opponibilità della confisca ad essi istanti, terzi proprietari di buona fede.
Gli attori chiedevano, inoltre, la condanna delle Amministrazioni convenute al risarcimento del danno per l’ ‘illegittima trascrizione del peso pregiudizievole della confisca, operata in violazione di legge e per l’illegittimo comportamento diretto ad impedire il godimento degli immobili, danno da determinarsi e da liquidarsi anche in via equitativa, concludendo, conseguentemente, per la cancellazione del peso pregiudizievole, oltre alla condanna per le spese di lite.
Si costituivano i convenuti.
Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Ministero delle Finanze e rigettava la domanda attorea.
La società COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello.
Il Ministero delle Finanze, l’Agenzia del Demanio e l’Agenzia del Territorio resistevano al gravame e proponevano anche appello incidentale.
La C orte d’appello evidenziava che la questione principale , posta tanto dal l’ appello principale quanto da quello incidentale, era
Ric. 2020 n. 7296 sez. S2 – ud. 11/12/2024
costituita dallo stabilire se l’ordinanza emessa dalla C orte d’ Appello di Roma il 23 giugno 2004 in esecuzione della statuizione di confisca degli immobili emessa dalla medesima C orte d’ Appello di Roma il 30 marzo 1999 divenuta irrevocabile il 24 ottobre 2000 costituisse o meno un titolo trascrivibile e se la competenza in ordine alla legittimità della trascrizione appartenesse al giudice civile ovvero al giudice penale e, infine, se la trascrizione sul piano formale fosse corretta.
6.1 Ciò precisato secondo la Corte d’Appello l’ordinanza di cui a ll’ art 666 c.p.p. era strettamente attutiva della sentenza con la quale era stata disposta la confisca. Nella fattispecie, dunque, il provvedimento era indissolubilmente connesso alla detta sentenza, come peraltro risultava dal quadro D delle note di trascrizione.
Di conseguenza la legittimità della trascrizione esecutiva della sentenza nei confronti del terzo COGNOME avrebbe dovuto essere fatta valere dinanzi al Giudice Penale come precisato dalle sezioni unite della cassazione con la sentenza n. 11173 del 2014.
Inoltre, secondo la C orte d’ Appello, era da confermarsi la sentenza del Tribunale in ordine alla correttezza formale della nota di trascrizione. Infatti la suddetta nota di trascrizione del provvedimento che aveva disposto la confisca presentava alcune inesattezze che tuttavia non inficiavano la validità della medesima trascrizione essendo comunque l’eventuale terzo acquirente in condizione di comprendere agevolmente che i beni oggetto di confisca, già appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE, erano oramai di appartenenza del demanio dello Stato in virtù della sentenza della Corte di Appello di Roma del 30.3.1999 passata in giudicato, che ne aveva disposto la confisca, e che la “ordinanza di
confisca” del 23.6.2004 era stata emessa in esecuzione di quella sentenza. Andava quindi esclusa qualsivoglia causa di invalidità della trascrizione, da valutarsi con riferimento al criterio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità.
La società Kepos e Alvaro Selva hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
Il Ministero delle Finanze, l’ Agenzia del Demanio e l’ Agenzia delle Entrate e NOME COGNOME sono rimasti intimati
L’ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 832, 948, in relazione agli artt. 2643, 2644 e 2659 C.C ed all’art. 8 c.p.c .. e 665 c.p.p. Competenza del Giudice Civile a conoscere della controversia.
Secondo i ricorrenti, la questione era di competenza del giudice civile in quanto relativa all ‘ idoneità del titolo alla trascrizione e della collegata nota di trascrizione e la conseguente sua opponibilità a soggetti proprietari di beni non indicati in seno alla sentenza trascritta.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Art. 360, n. 3, c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 832 e 948 c.c. in relazione agli artt. 2643 2644 c.c. ed all’art. 100 c.p.c., inidoneità del titolo ed interesse ad agire.
Si assume l’ inidoneità del titolo posto a base della trascrizione (sent. 30.03.1999) ad aggredire gli immobili di proprietà degli odierni ricorrenti, nonché l’inidoneità dell’ordinanza ‘ Castaldo ‘ del
23.06.04, il cui contenuto è indicato in calce alla nota di trascrizione nel quadro D, a costituire autonomo atto trascrivibile, stante la sua natura prettamente amministrativa (cfr. Sent. 2886/05 della Prima Sezione Penale del 13.07.05 dep. il 02.08.05 in atti),) e l’inidoneità stessa della nota di trascrizione ad integrare contenuto e portata del titolo stesso.
La sentenza 30/03/1999 – conclusiva del procedimento n. 414 7/98 -costituisce titolo pieno ed intangibile, ma statuisce unicamente sui diritti patrimoniali di COGNOME NOME e nulla dice in merito alla posizione patrimoniale di NOME COGNOME. La necessità di un’integrazione del titolo sarebbe data anche dal fatto che, precedentemente alla sentenza, nessun sequestro penale è stato mai stato trascritto e, conseguentemente, nessuna confisca poteva essere riferita (anche per relationem ) ad un precedente provvedimento inesistente. Non esiste quindi, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte D’Appello, alcun provvedimento che abbia disposto e che, conseguentemente, sia stato messo in esecuzione in danno dei suddetti beni.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2659 C.C. nullità della nota di trascrizione.
Il ricorrente riporta tutte le irregolarità che ritiene sussistano nella nota di trascrizione ovvero non sarebbero corrispondenti la descrizione del titolo, la data in riferimento al numero di repertorio e quindi neanche l’indicazione del pubblico ufficiale in violazione dell’a rt. 2659 c.c. essendovi incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto giuridico, a cui si riferisce l’atto o, rispettivamente, la sentenza o la domanda.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: Art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043 c.c. in relazione agli artt. 2659, 2643 e 2644 c.c.
Il motivo è subordinato all’accoglimento dei primi tre ed è relativo alla domanda di risarcimento del danno conseguente alla illegittima trascrizione.
Il sostituto Procuratore Generale ha presentato le seguenti conclusioni: Il primo motivo appare inammissibile. I ricorrenti censurano la sentenza della Corte di merito nella parte in cui, in applicazione del principio sancito da SSUU n. 11170 del 2014, ha dichiarato inammissibile, in punto di legittimità, la domanda relativa alla trascrizione della sentenza esecutiva della pronuncia penale del 1999 sopra indicata. Tale principio non sarebbe applicabile alla fattispecie essendo la domanda volta non a sottoporre «ad un esame dei diritti del terzo, asseritamente proprietario di bene oggetto di confisca, bensì l’idoneità del titolo alla trascrizione e della collegata nota di trascrizione e la conseguente opponibilità a soggetti proprietari di beni non indicati in senso alla sentenza trascritta» (cfr. pag. 14 del ricorso). In particolare, viene rilevato che il giudice di merito non ha correttamente interpretato la domanda, la quale non aveva ad oggetto il contenuto della sentenza penale sulla cui base si era eseguita la trascrizione della confisca con essa disposta, ma esclusivamente la non corrispondenza tra il titolo e la trascrizione stessa, con la conseguenza che doveva riconoscersi la competenza del giudice civile e non di quello penale dell’esecuzione, per come affermata dalla pronuncia del 2014.
Ric. 2020 n. 7296 sez. S2 – ud. 11/12/2024
La censura, seppure formulata quale violazione di legge, in realtà evoca un error in procedendo . Rispetto ad esso il P.G. osserva che, il principio di autosufficienza di cui all’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., impone al ricorrente la trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario, in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Sez. 3 n. 21346 del 30/07/2024 Rv. 671835 – 01), nella specie il suindicato onere non risulta adempiuto.
Inoltre, quanto all’interpretazione della domanda , il P.G. richiama il principio secondo cui «Il giudice di merito, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, non è condizionato dalle espressioni adoperate dalla parte ma deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione» vizi, quest’ultimi, non denunciati (Sez. 3 n. 13602 del 21/05/2019 Rv. 653921 – 01).
Anche con riferimento al secondo e terzo motivo l’Ufficio di procura conclude per l’ inammissibilità delle censure formulate in violazione del principio di autosufficienza, mentre il quarto motivo è assorbito dall’inammissibilità dei primi tre .
I primi tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.
Deve preliminarmente evidenziarsi che l ‘unico elemento concreto che i ricorrenti espongono rispetto al fatto sottostante la vicenda che li ha visti agire in giudizio riguarda l’affermazione che essi sono terzi in buona fede che rivendicano la proprietà del bene soggetto a confisca trascritta nel 2004.
Non vi è alcun riferimento al titolo di acquisto dei ricorrenti che si limitano ad affermare di essere acquirenti in buona fede senza minimamente supportare tale affermazione sulla base di un sia pur minimo elemento di fatto.
Nel ricorso si omette perfino l’indicazione specifica del bene soggetto a confisca limitandosi i ricorrenti a far riferimenti del tutto astratti e privi di ogni riferimento concreto alle ragioni a supporto della asserita estraneità delle statuizioni contenute nel titolo (sentenza di confisca e successivo provvedimento) rispetto al diritto soggettivo leso per l’illegittima trascrizione della confisca operata su beni del tutto estranei alla statuizione della sentenza oggetto di trascrizione.
Si dice, in via del tutto generica e, dunque, inammissibile che la posizione dei ricorrenti è avulsa dal procedimento penale e che la confisca riguardava altri beni, altri soggetti, altre ipotesi, (misura
facoltativa afferente corpo di reato e non misure ablative di prevenzione), senza alcuna altra specificazione.
In tal modo la Corte non può compiere alcun sindacato rispetto alle doglianze sollevate con i suddetti tre motivi di ricorso.
La sentenza, peraltro, risulta conforme alla giurisprudenza di legittimità. In particolare deve richiamarsi il seguente principio di diritto: Il terzo che intenda far valere un diritto sulla cosa assoggettata a confisca penale non può adire direttamente il giudice civile, perché l’art. 676 c.p.p. attribuisce al giudice dell’esecuzione penale la competenza a disporre la restituzione all’avente diritto della cosa sottoposta alla misura reale e prevede l’intervento del giudice civile, su sollecitazione del giudice dell’esecuzione penale, solo ove quest’ultimo ravvisi una controversia sulla proprietà del bene (Sez. 2 – , Sentenza n. 24061 del 03/08/2022, Rv. 665387 – 01).
Nello stesso senso si è detto che anche in caso di procedimento di sequestro e confisca ex l. n. 575 del 1965 ratione temporis vigente, il terzo che assume di essere proprietario del bene può adire il giudice civile per l’accertamento del proprio diritto, solo dopo essersi preliminarmente rivolto al giudice penale della prevenzione o dell’esecuzione, nelle forme ivi consentite, al fine di dimostrare la propria buona fede e ottenere la revoca del provvedimento di confisca (Sez. 2, Ordinanza n. 17813 del 27/06/2024, Rv. 671714 – 01).
Quanto alla diversa questione relativa alla nota di trascrizione la sentenza richiama correttamente la giurisprudenza di questa Corte secondo cui: In tema di trascrizione, ai sensi dell’art. 2665 c.c. l’omessa indicazione dei dati catastali degli immobili – e a
“fortiori” l’indicazione di dati catastali non corretti – determina l’invalidità della relativa nota di trascrizione solo se induca incertezza sui soggetti, sui beni o sul rapporto cui essa inerisce e sempre che non sia consentito individuare, senza possibilità di equivoci, gli elementi essenziali del contratto (Sez. 2 – , Sentenza n. 20543 del 30/07/2019, Rv. 654894 – 01).
Di conseguenza, devono condividersi le conclusioni del P.G. circa l’inammissibilità del le censure perché prive dei requisiti minimi di specificità tali da consentire un vaglio critico della sentenza impugnata.
In proposito deve richiamarsi il seguente principio di diritto: in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, in senso conforme Sez. 3, Ordinanza n. 21346 del 30/07/2024 Rv. 671835 – 01).
Come si è detto, i ricorrenti hanno del tutto omesso di indicare il titolo di acquisto, il dante causa e salvo il riferimento del tutto generico alla nota di trascrizione e alle sentenze che costituivano il
titolo non hanno fornito alcun elemento a questa Corte per poter sindacare la sentenza impugnata.
Il quarto motivo è inammissibile in quanto subordinato all’accoglimento dei primi tre.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese del giudizio di legittimità non essendosi costituita la parte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione