Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2217 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2217 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21938/2020 R.G. proposto da :
NOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrenti- contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 234/2020, depositata il 28/05/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiamato in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo al Tribunale di Pordenone di dichiarare l’inesistenza di una servitù di passaggio con qualunque mezzo o comunque di limitare il diritto di transito, di ridurre in pristino un muro e di accertare l’esatta linea di confine tra le proprietà degli attori e dei convenuti; gli attori hanno dedotto di essere proprietari di alcuni beni immobili confinanti con la proprietà dei convenuti che avevano iniziato opere di ristrutturazione di un fabbricato esistente. I convenuti si sono costituiti, negando qualsiasi aggravio della servitù esistente e chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento dell’esistenza di una servitù di transito costituita per destinazione del padre di famiglia o per usucapione, da esercitarsi con qualunque mezzo; hanno chiesto anch’essi di regolare i confini, in conformità alla relazione redatta da un proprio tecnico.
Il Tribunale di Pordenone ha accolto la domanda principale di regolamento dei confini, determinati in base alle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio; ha altresì accolto la domanda di rimessione in pristino di uno scolo delle acque; ha poi respinto la domanda relativa alla servitù di veduta e ha dichiarato l’esistenza di una servitù di transito da esercitarsi con esclusione di mezzi pesanti.
La sentenza di primo grado è stata impugnata in via principale da COGNOME e NOME COGNOME, nonché in via incidentale da COGNOME e COGNOME
Con sentenza n. 234/2020, la Corte d’appello di Trieste ha rigettato entrambi i gravami.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Consigliere delegato dal Presidente della sezione ha ritenuto che il ricorso sia inammissibile e/o manifestamente infondato e ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1 c.p.c.
I ricorrenti hanno chiesto, ai sensi del comma 2 dell’art. 380 -bis c.p.c., la decisione del ricorso da parte del Collegio.
Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza.
CONSIDERATO CHE
Premesso che non sussiste nessuna incompatibilità del consigliere autore della proposta di definizione ex art. 380 bis cpc (v. Sez. U -, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024), osserva la Corte che il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo contesta, in relazione alla determinazione dei confini, ‘erronea applicazione delle norme di diritto con riferimento all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in punto vaglio da parte del giudice d’appello dei motivi di gravame e inoltre errata applicazione degli artt. 880, 950 e 2909 c.c. nella definizione dei confini; omesso esame circa il dedotto possibile contrasto rispetto a sentenza passata in giudicato’: il Tribunale di Pordenone -ad avviso dei ricorrenti si è ‘ pigramente ‘ basato sui risultati della consulenza tecnica d’ufficio, così come ha fatto la Corte d’appello, senza vagliare le obiezioni tempestivamente sollevate con le osservazioni del consulente tecnico di parte poi ampliate nei motivi d’appello; le obiezioni si sono in particolare riferite al muro dell’abitazione originaria e al muretto eretto dalle controparti così come al pozzo e alla pompa stantuffo quanto al confine a-b-c, alla rete metallica quanto al confine c-d-e, alla irrilevanza della rete non quotata quanto al confine a-f, non essendosi verificata la
rispondenza per il punto f tra quello indicato dal consulente d’ufficio rispetto a un analogo accertamento contenuto in altra sentenza già passata in giudicato tra le parti.
Il motivo è fondato nei limiti delle seguenti precisazioni.
Il giudice di appello ha ritenuto che il primo motivo di gravame, attinente all’individuazione dei confini tra le proprietà delle parti, non avesse colto nel segno, in quanto la determinazione dei confini è avvenuta in base ai rilievi topografici che erano stati forniti dai consulenti delle parti, rilievi che il consulente d’ufficio ha ritenuto sufficienti per la determinazione dei confini stessi, pure essendosi anche basato su elementi di fatto reperiti durante il sopralluogo. In particolare, il primo confine a-bc ad avviso della Corte d’appello è stato individuato ‘dopo un attento rilievo metrico di tutti i particolari che si trovavano lungo detto confine e il consulente tecnico ha individuato specificatamente nella muratura che separava le due abitazioni nel muretto del cemento armato e nel pozzo artesiano’; quanto poi alla questione relativa alla costruzione in aderenza -ha proseguito la Corte d’appello ‘va osservato che non vi è prova che possa superare la presunzione di comunione del muro di cui all’art. 880 c.c.’.
La Corte d’appello non ha però considerato che ad avviso dei ricorrenti il muro non era comune e che anche a volerlo considerare comune il consulente d’ufficio aveva determinato il confine partendo dalla mezzeria del muro, anziché dell’intera area.
Orbene, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, nel caso di proprietà delimitate da un muro comune, la linea di confine non si identifica infatti con la linea mediana del muro medesimo, poiché su di esso, nonché sull’area di relativa incidenza, i proprietari confinanti esercitano la contitolarità del rispettivo diritto per l’intera estensione ed ampiezza (cfr. Cass. n. 26941/2016 e Cass. n. 10041/2010). Nulla dice poi la Corte d’appello in relazione alla contestazione da parte dei ricorrenti
dell’esistenza di una rete di recinzione, essendosi limitata ad affermare che la linea di confine c-d-e come quella a-f è stata correttamente individuata ‘dal consulente tecnico sulla scorta della documentazione reperita e, quando quest’ultima non è stata ritenuta sufficiente, sulla scorta aggiuntiva di elementi di fatto reperiti in loco dopo attento sopralluogo’. In proposito va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’incertezza sul confine tra due fondi può essere eliminata anche mediante un negozio di accertamento per facta concludentia , come nel caso in cui i proprietari dei fondi limitrofi erigano d’accordo tra loro una rete metallica per delimitarli (cfr. Cass. n. 4437/2008).
Si rende pertanto necessario nuovo esame.
Il secondo motivo contesta ‘erronea applicazione delle norme di diritto con riferimento all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. in punto vaglio da parte del giudice d’appello dei motivi di gravame circa il ritenuto aggravamento della servitù di scolo e omesso esame di un fatto decisivo’: si è dimostrato documentalmente, attraverso il richiamo alla relazione di accertamento tecnico preventivo, l’aggravamento derivante dalla successiva installazione di un rubinetto e di una canalizzazione rispetto al deflusso delle acque attinte manualmente che si disperdevano sul terreno.
Il motivo è infondato. Ad avviso dei ricorrenti il normale deflusso delle acque sarebbe stato precluso dalla installazione di un rubinetto e di una canalizzazione, mentre ad avviso dei giudici di merito sarebbero stati i ricorrenti a impedire tale normale deflusso delle acque con l’eliminazione della scolina naturale. I ricorrenti contestano dunque l’accertamento in fatto posto in essere dai giudici di merito, accertamento in fatto che solo ad essi spettava compiere e che, come tale, non può essere sindacato da parte di questa Corte di legittimità.
3. Il terzo motivo denuncia ‘erronea applicazione delle norme di diritto con riferimento all’art. 132 , comma 2, n. 4 c.p.c., in punto
vaglio da parte del giudice d’appello dei motivi di gravame circa la destinazione non agricola dei fondi e in punto rimozione ostacoli frapposti all’esercizio, conseguente all’omesso esame dei restringimenti denunciati dai ricorrenti’: la Corte d’appello ha considerato legittima l’esclusione al transito dei mezzi pesanti, ritenendo invece consentito quello dei mezzi agricoli sul presupposto della ritenuta vocazione agricola dei fondi; in tal modo la Corte d’appello non ha considerato come, a prescindere dal contesto rurale, si tratta di una servitù a beneficio di una abitazione, che in origine coesisteva con un forno da panetteria. Il motivo è fondato.
La Corte d’appello si è limitata (v. pagg. 8 e 9) ad affermare che la ‘destinazione prevalentemente agricola del fondo non era di per sé limitativa del transito ai soli pedoni e/o biciclette, ma proprio per le esigenze di coltivazione del fondo stesso ben poteva essere estesa anche a mezzi di diverse dimensioni come appunto i trattori’, senza così esaminare la specifica contestazione svolta dai ricorrenti con l’atto d’appello (v. il ricorso alle pagg. 24 e segg. nonchè sentenza stessa pag. 6).
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai due motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Trieste, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo, rigettato il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione